Felicia Langer, “Con i miei occhi”: una testimonianza della repressione di Israele contro i palestinesi

Il libro di Felicia Langer, Con i miei occhi (Editore Zambon, 2018), ci fornisce una importante testimonianza della repressione israeliana contro il popolo palestinese avvenuta in un lasso di tempo cruciale, 1967-1973, nella storia della colonizzazione della Palestina storica. L’imperialismo israeliano si preparava a diventare una grande potenza su scala mondiale quindi perfezionò le modalità repressive che lo caratterizzarono negli anni seguenti. Dice bene Israel Shahak: ‘’I casi di persecuzione, oppressione e tortura descritti in questo libro non sono solo veri in sé, ma sono caratteristici del dominio israeliano nei territori occupati’’. La Lager, avvocato comunista israeliano, ci offre una profonda analisi, tanto storica quanto giuridica, confrontandosi col più raffinato e perverso strumento nelle mani della borghesia sionista: la propaganda (hasbara). La macchina bellica, ma anche burocratica e repressiva, sionista, dal 1967 in poi, andò perfezionandosi.

 

Chi era Felicia Langer?

Essere comunisti in Israele non è facile, figuriamoci da avvocato difensore dei diritti del popolo palestinese accusati ingiustamente di terrorismo dopo la cosiddetta guerra dei sei giorni (1967). La prefazione alla prima edizione italiana di questa documentazione, una mole complessa di casi giudiziari, venne scritta dallo storico comunista Massimo Massara il quale tenne a ribadire l’inoppugnabilità delle denunce riportate: ‘’Il libro della Langer è una testimonianza vissuta, incontestabile e incontestata, di questa realtà. Esso dimostra in modo schiacciante le deviazioni di una <<giustizia>> mai imparziale e , soprattutto, l’uso sistematico della tortura nelle prigioni israeliane per estorcere confessioni e per intimidire i palestinesi. Testimonianza incontestabile e incontestata, si è detto ’’. A parte le pubblicazioni del PCI nessuna forza politica ha avuto il coraggio di recensirla a dimostrazione di quanto forte fosse, fin dai primissimi anni ’70, la lobby sionista.

Ciononostante Felicia Langer non è imputabile di antisemitismo, tutt’altro. Ci troviamo innanzi ad una limpida figura di comunista, combattente antifascista e difensore dei diritti umani: ‘’Durante la seconda guerra mondiale ha avuto la fortuna di sfuggire allo sterminio nazista rifugiandosi in Unione Sovietica. Nel 1950 è emigrata in Israele dove si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università ebraica di Gerusalemme. E’ sposata con un sopravvissuto del campo di sterminio nazista di Buchenwald e ha un figlio. Entrata nel partito comunista in Israele nel 1951, dal 1971 fa parte degli organi dirigenti del partito come membro della commissione centrale di controllo ’’. Nel libro vengono riportati casi giudiziari rappresentativi di una realtà che non è esagerato definire ‘’agghiacciante’’. Uno studio prezioso, la giurisdizione ‘’ebraica’’ sul banco degli imputati, quindi cediamo la parola a Massara: ‘’I vari casi sottoposti all’attenzione del lettore servono a smontare i meccanismi della <<detenzione amministrativa>>, dei processi prefabbricati in cui sono apertamente violati e irrisi i diritti della difesa, delle espulsioni arbitrarie in Giordania, del vero e proprio terrorismo di massa che da 10 anni colpisce la popolazione dei territori occupati’’. Israele occupa illegalmente dei territori che non gli spettano scontrandosi con la legittima resistenza araba, ma la lobby israeliana capovolge la realtà trasformando in ‘’terroristi’’ dei coraggiosi combattenti. Massimo Massara cita lo storico Bruno Segre: ‘’i palestinesi sono diventati gli ebrei del nostro tempo’’. Cos’è rimasto della dissidenza ebraica al sionismo? Sono passati oltre quarant’anni e la propaganda neo-coloniale sembra aver cancellato la sinistra ebraica, lasciando spazio ad un ‘’laburismo’’ manipolato; ‘’social-imperialista’’, utilizzando una categoria tipica della tradizione marxista-leninista rivendicata dall’autrice del libro. La testimonianza di Felicia Langer è un punto di partenza per l’instaurazione di rapporti umani, giusti e paritari, fra ebrei ed arabi ovvero israeliani e palestinesi. La Resistenza, fino a quando Israele perseguirà politiche razziste e neocolonialiste, è un dovere morale garantitoanche dal diritto internazionale; la nostra militante si muove – giustamente – in questa direzione.

 

1967: un’ aggressione imperialista

 

La guerra del 1967 fu una aggressione imperialista in piena regola. Israele, appoggiato dagli USA, rivendicò la sua sfera d’influenza mostrando al mondo la sua natura guerrafondaia. Leggiamo:

“Non ci interessa alcun tipo di conquista. Ne conosciamo moltissime, per esempio quelle di Gengis Khan e di Napoleone. Qui si tratta di una precisa conquista, quella della sponda occidentale del Giordano da parte dell’esercito di Israele, una conquista che gli imputati non riconoscono. E non solo loro: il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha preteso, il 22 novembre 1967, l’evacuazione di Israele dai territori occupati il giugno 1967. Considerato che l’azione degli imputati non può essere definita infiltrazione, dato che essi sono passati da una parte della loro patria – la sponda orientale del Giordano – a un’altra – la sponda occidentale – una conquista militare non può trasformare un uomo che entra nella propria patria in un criminale’’.

 

Per il giudice la conquista era ‘’un fatto acquisito’’, per il diritto internazionale no. Dopo il 1991, caduta l’Urss, USA ed Israele capovolsero la giurisprudenza internazionale piegandola ai loro interessi. La repressione anti-palestinese ben presto divenne anti-araba per finire anti-comunista: ‘’Tra i detenuti amministrativi ci sono molti comunisti, intellettuali, insegnanti. Un gran numero di loro sono stati espulsi nottetempo in Transgiordania. Uno di loro, Nabil Qabalani, si è presentato nel mio studio portando una convocazione del commissariato di polizia. E’ giovane. Mi ha raccontato che all’età di 14 anni era stato imprigionato per otto anni nel malfamato carcere giordano di Jaffer, riservato ai comunisti. <<Ci ritorno>>, mi ha detto. Ho taciuto. Cosa potevo consigliargli’’. La colonizzazione della Palestina storica assunse – cosa chiarissima nel testo – connotati di classe; l’anti-comunismo diventerà, da lì a poco, l’ideologia ufficiale della borghesia imperialista israeliana. Questo spiega, volgendo lo sguardo all’attualità, l’alleanza fra Israele e l’Alt Right USA oltre all’attrazione di molte organizzazioni neofasciste verso lo Stato ‘’per soli ebrei’’. La Gerusalemme araba era in subbuglio.

 

Il sionismo contro la libertà d’informazione

I giornali delle forze politiche ostili all’occupazione (comunisti, nazionalisti e musulmani) vennero messi al bando. La repressione, come sempre, si concentrò contro i comunisti. Per l’accusa ‘’il partito comunista e le sue pubblicazioni sono vietati in Giordania’’, replicò l’avvocato:

‘’Fate bene ad ammettere chi sono i vostri maestri in democrazia. Come volete che l’imputato sappia che un giornale autorizzato a Gerusalemme è vietato a soli 30 chilometri, a Betlemme? Si tratta del giornale di un partito legale, rappresentato in Parlamento, che si batte per una pace giusta’’.

L’anomalia giuridica è evidente; un partito legalmente rappresentato nelle istituzioni non può diffondere (restrizione ancora in vigore) il proprio giornale. Conclude la difesa: ‘’Non è mia intenzione farvi ridere. In quanto ebrea trovo vergognoso che vengano applicate leggi tanto repressive’’.

Vengono descritte, nelle pagine successive, le percosse inferte ad alcuni prigionieri: ‘’La cosa è durata 21 giorni, i più lunghi della mia vita! E’ successo a Moskovia. Mi hanno colpito con bastoni sulla testa, sulle mani, su tutto il corpo. Ero gonfio. I colpi al cranio non erano forti, ma sempre sullo stesso punto. Dove ora c’è la medicazione ho una piaga suppurata che non riesce a cicatrizzarsi. Credevo sarei impazzito. Dicevano che la sapevo lunga sulle organizzazioni. La verità è che non sapevo nulla. Successivamente mi hanno colpito sulle mani e sui piedi. Mi hanno rovesciato addosso alternativamente acqua fredda e calda. Volevo morire. Quando hanno visto che non riuscivano a ottenere nulla da me, mi hanno abbandonato al mio destino. Potevo bere soltanto acqua sporca. Mi hanno trasferito nell’ospedale della prigione Ramleh solo quando hanno visto che la piaga suppurava. A causa della ferita ho continuamente mal di testa. Non riesco a leggere’’. Stiamo parlando di violenza fisica, ma soprattutto psicologica con l’obiettivo perverso di estorcere ‘’confessioni’’ fasulle. La burocrazia mostra il suo lato peggiore: razzismo etnico e colonizzazione illecita.

 

L’imperialismo israeliano contro i comunisti

I comunisti dei territori occupati non hanno vita facile quando vengono arrestati dalla polizia o dai servizi di sicurezza, scrive Felicia Langer. Il passo successivo merita d’essere riportato: ‘’Gli viene fatto pagare a caro prezzo il loro amore per la patria, il loro rifiuto di capitolare, il fatto di essere partigiani della pace e della fratellanza tra gli uomini. E’ un motivo per colpirli e umiliarli ’’. Le violenze inferte dal sionismo ai patrioti antimperialisti sono analoghe alle modalità di tortura dei nazifascisti. Così facendo Israele si è guadagnata il rispetto del neofascismo mondiale e l’ostilità delle forze progressiste; non poteva essere altrimenti, il processo degenerativo del fondamentalismo ebraico ha completo la sua (triste) parabola.

Il passo successivo è ancora più significativo:

‘’Il 12 agosto 1969, uno di loro, che aveva chiesto di essere messo in libertà dietro versamento di una cauzione, viene condotto davanti al giudice. Si chiama Mahmud Abd Sheqirat. Il suo aspetto la dice lunga sulle sofferenze patite e sul suo livello di esaurimento. Mi confessa di essere stato pestato selvaggiamente nel carcere militare dove era stato detenuto in cella di punizione diversi giorni. I suoi torturatori gli dicevano: <<Sei comunista. Dicci i nomi dei tuoi compagni comunisti>>’’

Continua: ‘’La polizia si oppone alla liberazione di Mahmud. Tuttavia non intende accusare di comunismo un abitante di Gerusalemme orientale, la <<nostra>> Gerusalemme. Pretende dunque che si tratti di un membro di al-Fatah. Mahmud scatta in piedi, dichiarando: <<Anche durante l’inchiesta non si è smesso impudentemente di sostenere questa menzogna. Sono stato interrogato solo sul comunismo>>’’. L’ossessione per il comunismo è endemica nella oligarchia israeliana, una paranoia simile all’oscurantismo antisemita. La documentazione raccolta in Coi miei occhi, se letta in chiave geopolitica, accenna alla crescente ostilità sionista nei confronti dell’Urss, stato socialista che diede un contributo importantissimo – sbagliando – alla nascita dello stato israeliano. Dopo l’inganno del ‘48 (su questo argomento rimando alla lettura di Il sionismo, il vero nemico degli ebrei, del giornalista inglese Alan Hart) arrivò il massacro.

 

1973: la repressione si intensifica

La guerra del 1973 contro la nazione araba (soprattutto la Siria) portò all’intensificazione delle politiche discriminatorie contro il popolo palestinese. La dirigenza israeliana, in preda alle manie militariste, diventava sempre più intollerante. Un super-Stato autoritario con una visione etnica della giurisprudenza. Questo è quello che emerge dalla lettura del testo.

I prigionieri politici vengono rinchiusi, senza nessuna prova della loro colpevolezza, nelle ‘’celle di punizione’’, un obbrobrio giuridico definito dalla magistratura ‘’questione semantica’’. Di contro compaiono i primi obiettori di coscienza, per lo più militanti del Partito comunista israeliano. Negli anni ’60 e ’70 c’era ancora un Israele che si vergognava di se stesso; dov’è finito adesso? Il sionismo nasce a destra e, negli ultimi 50 anni, ha divorato la sinistra; nello Stato ‘’per soli ebrei’’ abbiamo una destra xenofoba legata al fondamentalismo religioso, ed una sinistra “social-imperialista”; perfino il Partito comunista ha perso radicalismo.

La giurisprudenza ha iniziato a morire non appena il sionismo si è posto al di sopra delle Nazione Unite. L’avvocato Felice Langer ha fatto il possibile per mettergli degli argini:

‘’Da parte mia, dico alla Corte che se non emetterà il decreto richiesto, provocherà un grave danno agli imputati. Cito le decisioni della Corte internazionale di giustizia a favore del principio territoriale e critico la modifica della legge che ha reso possibile il processo agli imputati. Ricordo anche la dichiarazione d’indipendenza secondo cui Israele dovrebbe attenersi alla Carta delle Nazioni Unite. Menziono l’articolo 4 della Carta, che vieta qualsiasi attento alla sovranità territoriale d’un altro Stato; rammento che il rapimento ha attentato alla sovranità del Libano. Aggiungo che procedimenti del genere potrebbero avere come ripercussione la creazione d’una legislazione simile negli Stati arabi con cittadini israeliani suscettibili di processo oltre confine’’.

 

Per i sionisti questi rilievi sono ‘’una minaccia’’, ma (cito) ‘’l’articolo 4 della Carta, che vieta qualsiasi attento alla sovranità territoriale d’un altro Stato’’, proprio quello che USA ed Israele fanno da quando esistono. La conclusione è ottimista: ‘’La svolta per l’apertura di una nuova pagina nelle relazioni arabo-israeliane deve essere dunque quella di un cambiamento radicale della politica ufficiale israeliana’’. In poche parole l’abbandono dell’imperialismo, il vero responsabile della catastrofe. La convivenza non soltanto è possibile ma necessaria, e questo implica la fine del sionismo imperialista in Palestina e nel mondo.

https://www.ibs.it/con-miei-occhi-testimonianza-della-libro-felicia-langer/e/9788898582532?fbclid=IwAR2JCXZfBVFB7zmXB6hoPLo4ujaQdcwJ3Dz2Do4SOTZsV-sn2wEwmT00T44

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