La “mappa” perduta

Foto: www.infoaut.org

Il 25 maggio del 1975, Alberto Brasili, un giovane studente lavoratore di 26 anni, venne vigliaccamente assassinato a colpi di coltello da una squadraccia di cinque fascisti “sanbabilini” mentre stava facendo una passeggiata con la sua fidanzata, Lucia Corna, nel centro di Milano. Anche Lucia fu ripetutamente colpita ma per un puro caso, riuscì a salvarsi, dal momento che la lama che l’aveva colpita le sfiorò di pochissimo il cuore. Alberto, Uno dei tanti dimenticati.

Non amo e non ho mai amato le ricorrenze né gli anniversari, a parte rarissimi casi, più che altro momenti e fatti altamente simbolici che hanno fatto la Storia, come si suol dire, e l’hanno “fatta bene”, dal mio punto di vista.

Ho voluto però ricordare, in questo caso, il barbaro assassinio di Alberto per un’altra ragione. Dal dopoguerra ad oggi sono centinaia gli studenti, i lavoratori, i militanti di sinistra, uccisi dalla polizia, dai carabinieri o dai fascisti. Non sto parlando di persone che hanno scelto la strada del terrorismo o della lotta armata. Sto parlando di giovani che stavano semplicemente partecipando a delle manifestazioni che culminavano in scontri di piazza con la polizia, molto spesso colpiti alle spalle, mentre fuggivano, come Piero Bruno a Roma o Rodolfo Boschi, a Firenze.

Ho voluto ricordare la tragica vicenda di Alberto perché è uno di quelli finiti nell’oblio, come quelli che ho appena ricordato, come la maggior parte di tutti gli altri, e sono centinaia. Non so per quale oscura ragione, soltanto alcuni di loro sono ricordati, mentre la grande maggioranza è finita nel dimenticatoio.

L’omicidio di stato di Giorgiana Masi è salito agli onori della cronaca, come si suol dire, perfino i media ufficiali se ne occupano, a distanza di quarant’anni.  Ma chi si ricorda di Jolanda Palladino, bruciata viva nell’abitacolo della sua macchina da una bottiglia molotov scagliata da un gruppo di fascisti a Napoli, oppure di Mario Salvi, colpito da un proiettile alla nuca da un poliziotto che lo rincorse per centinaia di metri in pieno centro a Roma per sparargli alle spalle?  Eppure sono tragici fatti, purtroppo normali per l’epoca, accaduti in quello stesso periodo, a distanza di pochi mesi o settimane l’uno dall’altro. Carlo Giuliani, ucciso da un carabiniere durante il G8 a Genova nel 2001 è conosciuto e ricordato da tutti. Ma chi si ricorda di Fabrizio Ceruso, ucciso nel 1974 dalla polizia mentre difendeva le occupazioni delle case a San Basilio, un quartiere popolare e periferico di Roma?

L’elenco potrebbe essere, purtroppo, lunghissimo, e ve lo risparmio.

Mi chiedo, debbo dire, da tempo, le ragioni di questa “dissonanza”. Perché le luci vengono accese per alcuni e non per altri? Che lo facciano i media ufficiali posso capirlo. Evidentemente alcuni fatti vengono ritenuti politicamente e/o mediaticamente più funzionali. Non riesco però a comprendere come questo strabismo possa riguardare anche quello stesso mondo, anche se oggi assai più circoscritto, a cui quei giovani appartenevano.

Fossimo anche noi vittime, magari inconsapevoli, del sistema mediatico, della sua complessa e pervasiva macchina propagandistica, della sua capacità di condizionamento?

Riflettiamoci.

 

 

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