Alcune divergenze con Thierry Meyssan: Trump, Kushner e le Resistenze antimperialiste

Il giornalista francese Thierry Meyssan è stato uno dei primi analisti, su scala internazionale, a smascherare l’ambigua tesi ufficiale dei neocon sui fatti dell’11 settembre 2001. I suoi studi sono un contributo prezioso per chiunque voglia combattere il sionismo ed i neoconservatori. Ricchi di documenti di primissima mano, i lavori di Meyssan hanno fatto conoscere agli antimperialisti la pericolosità delle trame USA di dominio planetario. Un merito indiscusso pagato a caro prezzo; l’esilio politico dal proprio paese.

Ciononostante, l’elezione di Trump, personaggio aderente alla classe capitalistica statunitense, ma non all’oligarchia politica, ha infatuato questo eccellente giornalista spingendolo a commettere gravi errori metodologici e di analisi. Per Meyssan ‘’Donald Trump smantella l’organizzazione dell’imperialismo statunitense”, difficile da credersi dato che l’imperialismo non è una semplice politica ma il punto più elevato dello sviluppo, e quindi della potenziale decadenza, capitalistica. Il nostro ha esasperato la contrapposizione del Padronato al complesso militar-industriale rimuovendo una verità storica ‘’sbalorditiva’’: ‘’Per fare la guerra bisogna fare gli affari giusti’’, ovvero strangolare economicamente il paese malcapitato. Il marxista Michele G. Basso ha posto dei rilievi fondamentali per riaprire il dibattito su basi marxiste: ‘’Quale sarà la vera politica militare di Trump – sembra cambiare ogni pochi giorni – lo si vedrà in futuro. Sicuramente continuerà a bombardare, col permesso di Putin o per scelta unilaterale. Non è possibile accettare, poi, l’idea di Meyssan che sia possibile “smantellare” con un decreto l’organizzazione dell’imperialismo americano. L’imperialismo – chiarì Lenin – non è una politica: «… l’imperialismo e il capitalismo finanziario sono una sovrastruttura del vecchio capitalismo. Se se ne demolisce la cima, apparirà il vecchio capitalismo»’’ 1. L’uomo che mesi fa avrebbe dovuto apportare questo straordinario cambiamento era – seguendo i documentati articoli del giornalista francese – Michael Flynn, un losco individuo rivelatosi un lobbista filo-israeliano. Meyssan sbagliava su Flynn ed ora sbaglia, in modo madornale, su Jared Kushner. Leggiamo: ‘’Gli avversari del presidente Trump stanno cercando con ogni mezzo di costringerlo a rinunciare al suo consigliere Jared Kushner. Tuttavia, questi rimane ancora sul posto. Per il momento, è riuscito a porre fine al sostegno saudita ai gruppi terroristici e a risolvere la questione della successione al trono tagliando il nodo gordiano, cioè neutralizzando la famiglia reale. Ci si rammaricherà del metodo utilizzato: appendere dei vecchietti per i piedi e torturarli finché non mollavano i loro conti bancari. Tuttavia, tutte le altre soluzioni, o peggio l’assenza di una soluzione, avrebbero portato a una guerra civile. La colpa non ricade su Jared Kushner, ma su coloro che hanno accettato così a lungo il regime barbarico e medievale dei Saud’’. Questa analisi si fonda su due presupposti errati: (1) il colpo di Stato di Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd avrebbe posto le basi per trasformare – nel breve periodo – l’orrenda monarchia saudita in una ‘’dittatura illuminata’’ nemica del terrorismo wahabita; (2) riporto una citazione tratta dall’articolo ‘’Jared Kushner riordina il Medio Oriente’’. Un po’ troppo asettico per i miei gusti:

 “Allo stesso modo, oggi è estremamente ingiusto, non tanto trasferire l’ambasciata USA a Gerusalemme Ovest, quanto rinunciare a stabilire il governo palestinese a Gerusalemme Est. Anche in questo caso la responsabilità non ricade su Jared Kushner, bensì sulla “comunità internazionale”, e in particolare sui governi sionisti arabi, che hanno lasciato che per 70 anni Israele rosicchiasse la città, appartamento dopo appartamento” 2

Tutto vero, eppure c’è un corollario; con Trump, Israele è più forte. Come mai? Le dinamiche interne al lobbismo statunitense – in verità si tratta di ‘’scontro fra elite’’, con una chiara prevalenza di quella israeliana – sono mutate; la lobby sionista spadroneggia. Il sociologo James Petras ci offre una spiegazione di gran lunga più articolata: ‘’Lo speculatore immobiliare Jared Kushner, il genero viziato di Trump e un completo succube di Netanyahu, è diventato il consulente senior per il Medio Oriente. Kushner ha fatto pressione sul Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, Michael Flynn, perché intervenisse sulla Russia a favore della presa di Gerusalemme da parte di Israele. Flynn è stato successivamente processato per aver discusso le relazioni globali degli Stati Uniti con la Russia e il ‘buon soldato’ sta inciampando sulla propria spada a causa dei Sionisti. Non sorprende che i Democratici del Congresso, l’FBI e il Procuratore Speciale abbiano trovato più facile perseguire Flynn per la sua discussione sull’allentamento delle tensioni delle relazioni US-Russia provocate dall’amministrazione Obama rispetto alle sue discussioni con il Cremlino a sostegno del sequestro di Gerusalemme da parte di Israele!’’ 3. E continua: ‘’Le armi operative di Netanyahu nel manipolare la politica americana coinvolgono Jared Kushner, i miliardari primi donatori pro-Israele, l’AIPAC e l’ambasciatrice delle Nazioni Unite Nikki Haley. Tel Aviv è riuscita a garantire l’impegno di Trump nei confronti dell’agenda israeliana, nonostante l’opposizione di tutto il Consiglio di Sicurezza Nazionale delle Nazioni Unite e della stragrande maggioranza dell’Assemblea Generale’’. Il piano di Kushner prevede: (1) la colonizzazione totale della Palestina storica su basi etniche ed imperialistiche. Jared Kushner ed Ivanka Trump fanno da garanti presso l’AIPAC ed i rabbini oscurantisti, universo reazionario dal quale provengono; (2) la trasformazione dell’Arabia Saudita in una dittatura militare di tipo pinochetista. L’epoca delle ‘’guerre per procura’’ è terminata; i Saud, benedetti da Netanyahu, preparano l’aggressione contro Iran e Siria. Thierry Meyssan ha commesso il più grande di tutti gli errori: scambiare l’isolazionismo, il discorso geopolitico sul ‘’mondo multipolare’’, per antimperialismo. Il progetto saudita e neoconservatore ha qualche possibilità (sarebbe una catastrofe) d’andare in porto? Basso ha i suoi dubbi: ‘’L’esercito gli sarà fedele se potrà contare sulla vittoria, ma, a giudicare dall’ossessiva propensione alla guerra del nuovo despota, è pensabile che il favore dell’esercito non duri a lungo. La rottura con i militari non avrebbe conseguenze rivoluzionarie, se l’esercito restasse sotto la tutela americana; se invece riuscisse a liberarsi di questo asfissiante controllo, le conseguenze andrebbero ben oltre i confini dell’Arabia Saudita, e ciò significherebbe la fine dell’egemonia americana in Medio Oriente (che frettolosi critici ammiratori di Putin hanno prematuramente data per avvenuta). Nei paesi in cui la borghesia è troppo debole o, come accade spesso, è infingarda, l’esercito può iniziare la rivoluzione borghese, che non va fino in fondo senza l’intervento del proletariato e delle classi sfruttate’’ 4. Altro che ‘’dittatura illuminata’’. L’orrenda monarchia saudita può essere spazzata via, in ordine: (1) da una rivoluzione socialista; (2) tramite un golpe militare repubblicano, quindi d’ispirazione pan-arabo; (3) con una guerra anti-wahabita guidata dai Guardiani della Rivoluzione iraniana. Quest’ultima ipotesi estenderebbe il modello anti-colonialistico sciita alla penisola arabica. Kushner è destinato a fallire.

Il giornalista francese non ha preso in considerazione lo spirito antimperialista del popolo palestinese, ritenendo le rivolte spontanee di questi giorni organizzate dall’elite militare sciita. Per la precisione: ‘’I Guardiani della Rivoluzione, quanto a loro, hanno replicato convincendo l’alleato siriano a condurre l’operazione contro i Servizi israeliani nel Golan occupato; facendo poi annunciare dallo Hezbollah libanese che l’operazione segnava una svolta nella strategia della regione; e, infine, spingendo Hamas a organizzare una manifestazione al confine di sicurezza israeliano a Gaza’’ 5. La Siria ha il dovere, un obbligo morale, di liberare il Golan occupato, mentre (contrariamente a quanto scritto dal presidente della Rete Voltaire) la rivolta palestinese è spontanea (ed anche eroica, dato il contesto). Hamas ed i Guardiani della Rivoluzione debbono dargli una direzione politica, altrimenti qualsiasi sforzo di de-colonizzazione risulterebbe vano. Il nostro sovrappone la diplomazia alla conflittualità sociale, non prendendo con la dovuta criticità in considerazione il contagio capitalistico ‘’yankee’’, che ormai connota i sistemi economici islamici ed euroasiatici. La sua analisi, da un anno a questa parte, ha perso la carica antimperialistica d’un tempo malgrado il suo indiscutibile valore giornalistico.

La sinistra ‘’radical chic’’ diffama Thierry Meyssan in quanto a loro dire ‘’rossobruno’’; questi pennivendoli non arrivano alle ginocchia del preparatissimo analista francese. Chiarito ciò è necessario tracciare una linea di demarcazione fra gli antimperialisti radicali e la geopolitica fine a se stessa; un approccio certe (spesse?…) volte fuorviante.

https://www.linterferenza.info/esteri/le-crisi-astinenza-bellica-della-borghesia-americana/

http://www.voltairenet.org/article199091.html

https://albainformazione.com/2018/01/12/18947/

https://www.linterferenza.info/esteri/arabia-saudita-rivoluzione-unica-salvezza/

http://www.voltairenet.org/article201202.html

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Foto: Voces del Periodista Diario (da Google)

 

 

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