Islam politico e imperialismo

Intervista a Jean Toschi Marazzani Visconti a cura di Stefano Zecchinelli

 D. (1) Nel suo libro lei delinea la possibilità che, in funzione anti-europea, le differenze fra sciiti e sunniti possano cadere. In che modo l’imperialismo nord-americano trarrà vantaggio da questa – ipotetica – situazione di caos e, soprattutto, che ne sarà dell’asse russo-iraniano, alleanza imprescindibile per la formazione del blocco capitalistico euroasiatico?

R. In realtà non avevo mai pensato che le differenze fra sciiti e sunniti potessero decadere. E’ un’ipotesi sulla quale ho iniziato a riflettere dopo aver intervistato Dževad Galjašević, il notabile musulmano, autore di libri sul terrorismo islamico.

Egli mi spiegava che, in Bosnia-Erzegovina, gli Stati Uniti sembrano essere sicuri che la presenza di queste due entità non sia temibile per i noti contrasti che le separano. Probabilmente il mio intervistato sulla base della sua esperienza ha ragione, con l’abilità diplomatica, affinata durante secoli di colonialismo occidentale, queste due entità potrebbero scegliere una politica comune, in Bosnia, per uno scopo importante quale la porta d’ingresso in Europa. Sembra che agenzie iraniane, molto organizzate, abbiano fatto la loro comparsa e chiamino la Turchia: Madre. Sia salafiti che wahabiti sono presenti in Bosnia-Erzegovina e fanno proseliti attraverso  le rispettive scuole coraniche.

Gli USA hanno affidato una specie di governatorato alla Turchia in Bosnia, convinti che quest’ultima, perseguendo la trasversale verde, quella linea ideale che unisce tutte le aree musulmane dei Balcani sotto la sua influenza, non permetta l’infiltrazione di altri paesi musulmani. A mio parere invece potrebbero sussistere degli intenti comuni o di scambio relativi  alla zona ex jugoslava.

Nell’aprile scorso il direttore della CIA, John O. Brennan, ha fatto una breve visita a Sarajevo, sembra, per frenare i propositi delle frange musulmane più radicali. Qualche giorno dopo, il suo intervento é stato inficiato dalle parole del premier turco dimissionario, Ahmet  Davutoğlu alla cerimonia d’inaugurazione della moschea di Banja Luka il 7 maggio 2016.  Banja Luka, oggi é la capitale della Republika Srpska, una delle due entità che compongono la Bosnia-Erzegovina con la Federazione croato-musulmana.

Nel 1992 alcuni idioti arrabbiati avevano fatto saltare il luogo di culto musulmano, quel sabato lo inauguravano alla presenza del presidente Bakir Izetbegović, venuto da Sarajevo, e di rappresentanti musulmani arrivati da tutti i paesi arabi, probabilmente sponsor della ricostruzione, oltre a notabili europei, britannici e americani.

Interessante é stato il discorso del ex Primo ministro turco Davutoğlu davanti a tutti questi personaggi e in territorio ortodosso. Riassumo in tre frasi:

La Turchia era qui, é qui ora e lo sarà sempre anche in futuro.

Non temano i musulmani di Bosnia, dietro di loro ci sono 75 milioni di turchi.

Infine: Non s’illudano la croata Mostar e la serba Banja Luka di potersi separare da Sarajevo.

Nessuno ha commentato le affermazioni dell’importante rappresentante turco che si pronunciava in un paese straniero, in territorio serbo, come se si trovasse in un possedimento turco.

Gli Stati Uniti sembrano non percepire queste sottili sfumature. La politica estera americana si sviluppa sulla teoria del  here and now ( qui e ora) per ottenere quanto é necessario per mantenere la supremazia commerciale e militare, quello che potrebbe succedere in seguito, non sembra essere argomento di preoccupazione.

Cito Diana Johnstone a pag. 11  del suo Hillary Clinton, Regina del caos (Zambon 2015): Gli ex imperi europei si assumevano alcune responsabilità in relazione ai paesi che conquistavano allo scopo di sfruttarne le ricchezze con maggiore efficienza. Mentre sfruttavano la mano d’opera locale e depredavano le risorse, gli imperi del passato edificarono alcune infrastrutture e introdussero alcune misure positive per facilitare il funzionamento delle colonie. Gli Stati Uniti sono un impero irresponsabile. Devastano paesi e li lasciano in macerie senza dare nulla in cambio. Le loro azioni  sono sempre più distruttive poiché il loro scopo non é in realtà di edificare un impero, bensì di distruggere i loro rivali reali o potenziali, mantenendo così la posizione di superiorità conseguita nella Seconda guerra mondiale.

In quanto all’asse russo/iraniano, é di questi giorni il sorprendente cambio di politica della Turchia verso la Russia e Israele. Questo dimostra che sul fronte delle potenze islamiche tutto é fluttuante, come una partita di scacchi fra giocatori che si osservano per soppesare l’avversario prima di fare le mosse più convenienti.

Il golpe in Turchia é fallito e adesso si rimpallano le responsabilità sui mandanti fra il presidente Erdogan e gli Stati Uniti. Molte voci  suggeriscono che sia stato organizzato da uomini dello stesso Erdogan. E’ indubbio che il presidente turco ne  esca rinforzato, dopo essere riuscito a muovere le piazze a rischio di una  guerra civile. Comunque ci sono stati morti, feriti e non scommetterei sulla vita dei molti arrestati. Sull’onda dell’emotività il presidente Erdogan potrebbe finalmente cambiare la Costituzione e ottenere una repubblica presidenziale. A quel punto, come Hamed il Magnifico potrebbe incominciare a ricostituire l’impero ottomano, estendendo la sua influenza anche ai paesi vicini.

 

  1. D. (2) Zevad Galjasevic, da lei intervistato, ha dichiarato che ‘’l’Iran sta cercando di penetrare nel movimento wahabita, e può succedere’’ ( 202 ). Lei ritiene possibile una ‘’wahabizzazione dell’Islam sciita’’? La Repubblica Islamica dell’Iran come fa a coniugare la lotta contro Daesh (organizzazione terroristica spalleggiata da Usa e Turchia) e la Resistenza all’imperialismo israeliano con la collaborazione con i servizi d’intelligence statunitensi in Bosnia?                                                                                         R Se questo dovesse accadere, riguarderebbe principalmente la Bosnia-Erzegovina per le ragioni sopra indicate. Ma non si può escludere. Mi sembra che in Medio Oriente tutti i Paesi principali giochino su più tavoli. In Bosnia-Erzegovina i giochi politici si svolgono senza maschera e senza che i media informino il pubblico europeo. Siamo noi occidentali a voler dare delle definizioni precise a una politica medio orientale  fluttuante.  La Turchia, membro importante della Nato, ha mostrato un atteggiamento molto complice verso il califfato e persegue i curdi che si battono contro di esso. Penso che termini come resistenza e imperialismo, oggi, diventino  quasi arcaici di fronte all’accelerazione e alla facilità con le quali cambiano le alleanze seguendo la convenienza geopolitica del momento, per cui i ruoli si alternano mentre il pubblico internazionale rimane all’oscuro.

(3) L’Islam politico, alla luce dei documenti analizzati, é sempre – o quasi sempre – uno strumento dell’imperialismo occidentale contro gli Stati laici ed indipendenti. Lei ritiene possibile la ‘’democratizzazione dell’Islam’’? Le chiedo un ulteriore approfondimento: l’involuzione assolutistica é un problema che riguarda soltanto la religione islamica oppure questa critica deve essere estesa anche alle altre religioni monoteistiche? Faccio un solo esempio, certamente importante: lei ha studiato con attenzione la collaborazione fra il Vaticano ed il nazifascismo. Possiamo rinvenire una simbiosi ideologica fra il fondamentalismo cattolico ed il razzismo imperialistico italiano e tedesco?

R Che gli Stati Uniti nel corso degli ultimi venticinque anni abbiano distrutto gli Stati laici e indipendenti é una realtà, basta ricordare l’Iraq, la Jugoslavia, la Libia e il tentativo con la Siria, e anche vero che, per farlo al meglio, hanno usato dei partner islamici, però io farei risalire questa necessità di mettere duramente fuori gioco queste nazioni a una teoria del PNAC (Project for a New American Concept):

La storia del XX secolo avrebbe dovuto insegnarci che é importante plasmare le circostanze prima che le crisi emergano e affrontare le minacce prima che diventino tragiche. La storia di questo secolo avrebbe dovuto insegnarci ad abbracciare la causa di una leadership americana. (…) stabilire una presenza strategica militare in tutto il mondo (…) scoraggiare l’emergere di qualsiasi super potenza competitiva, lanciare attacchi preventivi contro qualsiasi potere che minacci gli interessi americani.

 Nel 1989 un dinaro iracheno valeva tre dollari.

In Libia, Gheddafi preparava un progetto di unione panafricana con una moneta propria, per cui il dollaro US avrebbe perso il controllo sui mercati africani dei paesi che avessero aderito al progetto.

Il caos é  il brodo di coltura per corruzione e servilismo, nel quale é più facile mantenere le situazioni sotto controllo.

Alla democrazia si deve arrivare per convincimento, non può essere imposta. Ovviamente le popolazioni con un governo teocratico sono più chiuse e di conseguenza più governabili, dove la laicità é impossibile perché contraddice la religione. Forse con il tempo e con un’istruzione più libera questa nozione può essere assorbita ed elaborata dall’Islam, anche se il democratico occidente non é sempre un buon esempio.

Quando lo Stato o le istituzioni vengono meno, nel disagio e nell’incertezza le popolazioni si rivolgono alla religione come ultimo caposaldo. A quel punto la religione si trasforma in politica. E abbiamo potuto costatare  come una religione distorta dalla sua essenza possa guadagnare l’entusiasmo di giovani frustrati fino a  far loro commettere crimini insensati o correre incontro a una morte  omicida, tutti con il sorriso sulle labbra grazie al captagon (la nuova droga che viene fornita ai combattenti, chiamata anche la droga del sorriso). Un modo assurdo e disperato per ottenere una dignità.

Sul versante cristiano, vorrei fare un parallelo con i 120 frati cattolici croati che in nome di Dio, della chiesa cattolica e della Croazia, fra il 1941 e il 1945, partecipavano alle persecuzioni contro gli ortodossi e gli ebrei dimenticando il compito di carità della loro veste. Frate Miroslav Filipović Majstorović aveva ammesso durante il suo processo di aver mandato a morte quarantamila esseri umani durante il periodo in cui aveva comandato il campo di sterminio di Jasenovac. Tutto questo avveniva senza che l’arcivescovo della Croazia, Aloys Stepinac intervenisse o rifiutasse la benedizione agli ustascia di Ante Pavelić.

Fino al Papa attuale, indubbiamente la chiesa cattolica ha guardato alla destra come a un interlocutore con cui  era più facile dialogare, sperando anche di poter essere garantita dal pericolo comunista, laico e ateo e dalla sua persecuzione, individuata nel sequestro dei beni della chiesa.

E’ molto interessante quanto scrive Marco Aurelio Rivelli nel suo ottimo Dio é con noi.

Il 30 aprile 1930, il nunzio pontificio a Monaco di Baviera, monsignor Pacelli, scriveva al Segretario di Stato vaticano che un gruppo  di bolscevichi armati, capeggiati da un orribile tipo di delinquente avevano violato l’extraterritorialità della nunziatura e tentato di rubare la splendida carrozza con gli stemmi pontifici, l’auto del nunzio. Erano anche state lanciate minacce contro la nunziatura al punto che monsignor Pacelli e monsignore Uditore erano stati costretti a lasciare la sede per la notte, temendo per la vita.

Sembra che questa  avventura abbia in seguito influenzato il giudizio e le decisioni di Papa Pio XII.

 D. (4) Qual é la situazione attuale dei movimenti d’orientamento marxista nei paesi dell’ex Jugoslavia?                                                                                                           

 R. Hanno vita difficile. Praticamente, non esistono più. In aggiunta le popolazioni sembrano incolpare il periodo socialista per le difficoltà che devono affrontare e subire oggi. In fondo rimpiangono gli ideali sfumati, ma si ribellano contro le stesse idee se riproposte adesso.

D.(5) Lei ha più volte citato lo studio di Diana Johnstone – Hillary Clinton, La Regina del Caos, Editore Zambon, 2016 – quindi, per concludere, le chiedo cosa potrebbe accadere se la Clinton diventasse il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America? James Petras ha recentemente definito la lady di ferro ‘’una spia sionista’’: secondo lei il ruolo della lobby sionista, negli Usa, é tanto forte da sopraffare gli stessi interessi capitalistici statunitensi?

R Hillary Clinton si dovrà adeguare, come tutti i presidenti prima di lei, alla linea comune influenzata da forze e poteri superiori, Diana Johnstone li ha definiti MIC (Military/ Industrial Complex). Alcuni potrebbero ritenere esagerata la definizione di James Petras… Negli Stati Uniti le lobby sono molto forti, guadagnano potere quelle più disponibili a finanziamenti ai partiti e ai politici. La lobby ebraica é molto determinata, ma quelle dei regimi islamici sembrano essere importanti rivali nel gioco politico americano. Anche se la lobby ebraica riesce spesso a ottenere quello che vuole dall’apparato politico americano, mentre il rapporto fra i regni e gli emirati del golfo – seppure in evoluzione – ancora oggi sembrerebbe un rapporto di sudditanza.

Tanto più evidente, leggendo la pag. 240 del libro della Johnstone. Si apprende che fra i maggiori sponsor a otto cifre della Fondazione Clinton – attraverso la quale é stata finanziata la campagna della candidata – si trova l’Arabia Saudita con, é vero, un ucraino filo israeliano, Viktor Pinchuk e la famiglia Saban. Però, seguono con uno zero in meno il Kuwait, gli Amici dell’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti insieme alle compagnie di petrolio, alla sempre presente Goldman Sachs, e ad altre società e banche statunitensi. La fondazione Soros, fra l’altro, é fra gli ultimi contribuenti. In questo caso, mi chiedo chi fra i maggiori investitori presenterà per primo il conto? Potrebbe essere una gara interessante. Certamente non per l’Europa.

 

Jean Toschi Marazzani Visconti è scrittrice e saggista. Il suo ultimo libro, La porta d’ingresso dell’Islam: Bosnia-Erzegovina, un Paese ingovernabile (prefazione di Paolo Borgognone, postfazione di Manlio Dinucci, pp. 301, 18 €) è in uscita per i tipi di Zambon Editore.

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