La sinistra ‘’made in USA’’ e la Russia

L’intervento militare russo in Siria, rivolto contro l’ISIS e le organizzazioni terroristiche legate ad Al Qaeda, ha scatenato una fortissima isteria russofoba da parte dei media occidentali. Una situazione, quella dell’informazione in occidente, tanto drammatica quanto vergognosa che ovviamente non può cogliere la realtà dei fatti.
Nonostante le proposte di mediazione provenienti da più parti – non solo di Putin ma anche del presidente iraniano Rohani, fino al nuovo leader laburista britannico Jeremy Corbin – il presidente americano Obama, davanti alla platea dell’ONU, ha dichiarato che l’obiettivo principale resta la caduta del presidente siriano: il nazionalista Bashar Al Assad. Una politica ottusa e fallimentare che – come ha commentato lo studioso marxista James Petras – si camuffa dietro ad una “retorica populistica e priva di credibilità”. Se la destra americana muoveva guerra a testa bassa proclamandosi “paladina della società occidentale”, Obama – come nel caso della Libia – manda avanti i suoi scagnozzi ( i governanti europei ) salvo, poi, ergersi a mediatore. Una prassi ipocrita che non inganna più nessuno; la Casa Bianca deve abbandonare il suo “suprematismo” – commenta Petras – l’idea che sono speciali e che possono imporre la ‘’pace’’ come vogliono”.
Per l’ennesima volta Washington ha messo in campo il suo immenso apparato mediatico. Questo esempio è eloquente: ben cinque giorni prima del bombardamento i media statunitensi affermano che Mosca avrebbe colpito i ‘’ribelli moderati’’ addestrati dalla CIA e non i terroristi dell’ISIS. Come da copione viene utilizzata una foto falsa.

Ma poi chi sarebbero questi ‘’ribelli moderati’’ addestrati dalla CIA (altro che rivoluzione democratica)? Si tratta, niente di meno, che del Fronte Al Nusra, una costola di Al Qaeda attiva in Siria, una delle organizzazioni takfire legate alle petromonarchie. Niente male per i nostri esportatori di democrazia…
L’ONU si rivela per l’ennesima volta il megafono dell’occidente e delle sue mire neocolonialiste, perché di questo si tratta. Lo storico Diego Siragusa, accademico esperto in questioni mediorientali ed autore di numerosi libri su questo tema, commenta in questo modo: ‘’Questa è la situazione miserevole dello stato del DIRITTO INTERNAZIONALE e questa è la condizione di stallo in cui si trova l’ONU, diventata un’ organizzazione che sussurra auspici pacifici, paralizzata dai veti e dal ruolo imperiale degli USA e dei suoi alleati’’.
Domanda: i popoli europei sapranno porre fine a questa sudditanza verso Washington spezzando le catene della NATO? Su questo tema, a sinistra, c’è un senso di smarrimento, un vuoto che certamente è incompatibile con la tradizione comunista e antimperialista.
Bisogna dire che fin dalla fondazione della Terza Internazionale Comunista, i marxisti avevano messo a fuoco il progetto nord-americano, vale a dire la balcanizzazione dell’Europa, indispensabile per legare il vecchio continente alla struttura economica e sociale della super potenza USA.
Il 28 luglio 1924, Leon Trotsky pronunciò uno storico discorso intitolato “Le prospettive di una evoluzione mondiale”. Il leader bolscevico qui rileva che “Il capitale americano ora comanda ai diplomatici. Si prepara a comandare anche alle banche e ai trust europei, a tutta la borghesia europea. A questo tende. Assegnerà ai finanzieri e agli industriali europei determinati settori del mercato. Regolerà le loro attività. In una parola, vuole ridurre l’Europa capitalistica al proprio servizio; in altre parole, indicarle quante tonnellate, litri o chilogrammi di questa o quell’altra materia ha il diritto di comprare o di vendere”. Questa balcanizzazione continua ancora oggi e, nel 1924 come nel 2015, trova il suo migliore diversivo o escamotage nella “americanizzazione” della socialdemocrazia. Un fenomeno “antico” questo, che gli antimperialisti avevano preso in esame con oculatezza; del il garbo degli intellettuali da salotto, dei radical chic post-marxisti, non è mai appartenuto alla sinistra di classe.
Seguiamo ancora la pagina di Trotsky: ‘’La socialdemocrazia prepara il terreno al capitale americano, si fa suo araldo, parla del suo ruolo salutare, gli apre la strada, l’accompagna con i suoi auguri, lo glorifica. Non è un lavoro di poca importanza. Prima, l’imperialismo si faceva spianare la strada dai missionari, che i selvaggi di solito uccidevano. Per vendicare i loro morti, allora, spedivano truppe, successivamente mercanti e amministratori. Per colonizzare l’Europa, per farne il proprio dominio, il capitale americano non ha bisogno di spedirvi dei missionari. Sul posto, c’è già un partito il cui compito è di predicare ai popoli il vangelo di Wilson, il vangelo di Coolidge, le Sacre Scritture delle Borse di New York e di Chicago’’
Oggi l’imperialismo nord-americano presenta i tagliagole addestrati dalla CIA ( Fronte Al Nusra ) come “ribelli democratici” occultando i crimini di questi integralisti. Nello stesso modo, in paesi come l’Ucraina e il Venezuela, appoggia gruppi paramilitari di chiaro stampo neonazista. E’ finito il tempo dei missionari ma, restando in tema, la retorica dei diritti umani proviene sempre dallo stesso megafono: la sinistra riformista. Se Bush mirava alla guerra totale teorizzata da Huntington, il francese Hollande, in compagnia dei numerosi leader della “sinistra” italiana ed europea, parlano di intervento umanitario. Come vediamo, non cambia nulla, l’imperialismo non fa altro che posare il fucile sulla spalla sinistra ma gli effetti delle bombe non possono mutare.
Il fondatore dell’Armata Rossa una volta ironizzò, a riguardo dell’ipocrisia borghese, in questo modo: “Ogni epoca storica ha non solo la propria tecnica e la propria forma politica, ma anche una forma di ipocrisia ad essa peculiare”. Purtroppo tale critica sembra essere aderente anche ai moderni trotskisti o a ciò che di loro rimane. Se, da un lato, gli epigoni di Trotsky ( in Italia PCL, Pdac e Sinistra anticapitalista ) parlano di autodeterminazione dei popoli, dall’altro si oppongono all’intervento russo in Crimea oppure – com’è il caso recente – in Siria. Eppure il gigante russo – nonostante erediti l’apparato militare del “socialismo burocratico” sovietico – non è affatto un paese imperialista: la sua politica estera e la sua politica economica, infatti, non sono paragonabili a quelle degli Usa e degli Stati vassalli europei. Gli stessi interventi militari restano circoscritti nell’area asiatica e l’esportazione di materie prime precede di gran lunga quella dei capitali.
Nel merito abbiamo interessanti pareri di vari studiosi marxisti. Scrive Sukant Chandan: ‘’Il capitalismo esiste in Russia e in Cina e francamente esiste in varia misura in tutti i Paesi del mondo. Tuttavia, è solo con l’esperienza coloniale-capitalista-imperialista europea che vediamo che tale sistema si basa su ciò che Marx descriveva: sterminio di intere popolazioni indigene; riduzione in schiavitù di masse trattate come bestiame (‘beni mobili’ della schiavitù) dei popoli africani; svuotamento di intere regioni del mondo della loro ricchezza’’.
L’intervento russo in Siria dà sicuramente ossigeno agli Hezbollah, alleati del Partito comunista libanese, aprendo importanti margini di manovra ai movimenti antimperialisti. Non capire questo significa, volenti o nolenti, fare il gioco di Washington e di Israele, sempre operativo e particolarmente brutale. E’ evidente che la Russia sia uno stato capitalista ma questo non deve impedirci di osservare la realtà con lucidità e di fare alcune considerazioni: il gigante post-sovietico, riducendo i margini di manovra degli Usa permette in qualche modo alle classi lavoratrici asiatiche e mediorientali di rifiatare, salvo poi la possibilità di riorganizzarsi in un prossimo futuro (quest’ultimo, ovviamente, è un tema che va ben al di là della questione geopolitica).
I trotskisti attual, nonostante Trotsky avesse a suo tempo lanciato la parola dell’ordine della difesa incondizionata dell’Urss, si schierarono negli anni ‘80 con gruppi nazionalistici e antcomunisti contribuendo a portare i paesi dell’est alla rovina. Nessuno di noi può dimenticare il sostegno dato a Solidarnosc, il sindacato giallo finanziato dalla CIA, oppure ai jihadisti afghani contro i sovietici. La LIT ( Lega Internazionale dei Lavoratori ), a cui aderisce il Partito dell’alternativa comunista, si spinse ad invocare una improbabile “rivoluzione islamica” nel cuore dello Stato operaio sovietico. Una posizione vergognosa che ha giustamente screditato il trotskismo, privandolo di qualsiasi credidilità.
Oggi, gli eredi di quelle sciagure politiche esaltano i signori della guerra in Libia e in Siria definendoli ‘”ribelli democratici” eppure, stranamente, non hanno lanciato una parola di sostegno nei confronti della rivolta antimperialista nello Yemen. A cosa si deve tale ipocrisia da cui trapela, a mio avviso, un vero e proprio razzismo ideologico? Che interessi ci sono dietro il moderno (e falso) trotskismo?
Il capitalismo non promette nulla di buono se non miseria e guerra ma è proprio nel campo militare, tanto ben studiato da Trotsky, che si trovano le risposte: ogni sconfitta subita dall’imperialismo di Washington, giorno dopo giorno, non fa altro che avvicinarci al possibile crollo dello stato di cose presente; la prospettiva – comunismo o caos ? – sta a noi costruirla.
http://www.lahaine.org/mundo.php/obama-ha-dejado-a-un
http://diegosiragusa.blogspot.it/2015/10/e-iniziata-la-guerra-mediatica-contro.html
https://www.marxists.org/italiano/trotsky/1917/pacifismo.htm
https://aurorasito.wordpress.com/2015/10/03/la-russia-non-e-una-potenza-imperialista/

 

5 commenti per “La sinistra ‘’made in USA’’ e la Russia

  1. armando
    7 Ottobre 2015 at 12:19

    “Che interessi ci sono dietro il moderno (e falso) trotskismo?”
    Vista la consistenza numerica e il peso politico, direi che non ci sono interessi. C’è piuttosto un modo di leggere il mondo affine, devo dire, a quello di Trotsky
    Fosse solo un dibattito ideologico poco importerebbe, ma non è un caso se molti neocon americani nascono alla politica come trotskisti. Hanno “solo” applicato quella teoria al capitalismo, e la “rivoluzione permanente”, è diventata la rivoluzione democratica” da esportare ad ogni costo.

  2. MAURIZIO BAROZZI
    7 Ottobre 2015 at 13:59

    FA VERAMENTE PIACERE LEGGERE IL PARERE DI UN COMPAGNO COMUNISTA STEFANO ZECCHINELLI, PUBBLICATO SU un SERIO GIORNALE COMUNISTA L’INTERFERENZA, DOVE SI PRENDONO POSIZIONI E SI ESPRIMOno TESI CONDIVISIBILISSIME. NEL DISATRO DELLa SINSITRA ITALIANA, DAI LIBERAL EX PCI, ALLA IMFAME “SINISTRA PER ISRAELE”, AI FARABUTTI CHE HANNO APPLAUDITO LO SMEMBRAMENTO DELLA LIBIA, FINO AI CENTRI SOLCIAlI ORAMAI RICETTACOLO PER “RIVOLUZIONI COLORATE” MANIPOLATE DA INTELLIGENCE, QUALCOSA PUR SI E’ SALVATO.
    ED E’ì MOLTO IMPROTANTE PERCHè LA SINISTRA VERAMENTE OCMUNSITA, NONOSTANTE NOI NE ABBIAMO UNA DIVERSITA’ IDEOLOCA. NON DEVE LASCIARE A CERTE DESTRE, CHE POI BEN SAPPIAMO SONO GIOSTRATE DA SERVIZI, DI CAVALCARE AMBIGUAMENTEQUESTA SITUAIZONE INTERNAZIONALE.

    Una osservaizone: il discorso di Totzsky è errato laddove indica nel capitalismo un manovratore dell’Alta finanzsa. Era invece vero proprio il contrario. Dagli anni ’10 la grande finanza, dopo l’accordo tra i Rothschild e i Rockefeller, compesi i Morgan, grazie alla grande importanza assurta dal petrolio controllato dalle banche, divenne capitale monopolistico e prse a fagocitare il vecchuio capitlismo che oggi infatti ha del tutto ingoiato. OGGI NON C’0Pè PIà IL APITALSITA CON NOME E COGNOME E LUOGO DI RESIDENZA MA UN CAPITALE ANONIMO, COSMOPOLITA, NUMERI E AZIONI, DOVE NEPPURE I CONsIGLI DI AMMINiSTRAZIONE DELLE SPA SONO I VERI PROPRIETARI. ED AVULSO DEL TUTTO DAL MONDO DEL LAVORO.

  3. Stefano Zecchinelli
    8 Ottobre 2015 at 16:35

    ”Hanno “solo” applicato quella teoria al capitalismo, e la “rivoluzione permanente”, è diventata la rivoluzione democratica” da esportare ad ogni costo”

    Scusa Armando, ma stai sbagliando:

    (1) Trotsky non ha mai parlato di ‘esportazione della rivoluzione democratica’ tanto è vero che – cosa poco conosciuta – spinse l’Urss a stringere accordi economici con la Turchia di Mustafa Kemal Ataturk ritenendo che in Oriente non ci fossero le condizioni oggettive per un processo rivoluzionario sul modello bolscevico.

    (2) La polemica contro quei trotskisti che divennero neoconservatori la inizia Trotsky stesso, smontando le tesi sul ”collettivismo burocratico” di James Burnham e costringendo ( fallendo ! ) i suoi seguaci ad abbandonare i suoi seguaci nel SWP. Su ciò consiglio a tutti quelli che volessero approfondire l’argomento di leggere, sempre di Trotsky, (1) La rivoluzione tradita ( 1936 ), In difesa del marxismo ( 1938 ). Sul ruolo reazionario del (falso)trotskismo ho appena scritto un articolo in cui entro giornalisticamente nel merito, mentre, non ho tempo per entrare nel merito del pensiero politico di Trotsky anche perchè voglio occuparmi di temi storici e giornalistici. Detto questo resto sempre disponibile ad un confronto ed eventuali dibattiti.

    • armando
      9 Ottobre 2015 at 14:27

      Stefano, è anche vero, però, che Trotsky non credeva possibile la vittoria del comunismo (nel lungo periodo, ovviamente) se la rivoluzione non si fosse allargata in ogni luogo del mondo e soprattutto nei gangli vitali del capitalismo. Come gli Usa ritengono oggi rispetto alla loro “democrazia liberale”. le questioni tattiche e contingenti sono altra cosa. Se è per questo Trotsky fu anche l’artefice della pace di Brest-Litovsk allo scopo di salvare la rivoluzione d’ottobre. Ma la diifferenza fra la sua e la concezione staliniana del “socialismo in un solo paese” mi pare evidente.

  4. Stefano Zecchinelli
    8 Ottobre 2015 at 16:38

    Maurizio, ti ringrazio di tutto anche io ti seguo sempre. Dico solo una cosa: Trotsky era un marxista classico, l’accettazione delle sue lezioni è, in sè, l’accettazione del marxismo coi suoi punti forti come – ovviamente – i suoi punti deboli.

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