Lotta di classe in Palestina

Davanti alla violenza e al cinismo dell’occupazione israeliana, il Movimento di Resistenza Hamas – le cui contraddizioni sono state più volte analizzate proprio su questo giornale – ha ritenuto opportuno impugnare nuovamente le armi: lunedì a Gerusalemme una autobomba, su di un bus, ha ferito 20 passeggeri e un uomo è rimasto ucciso. L’azione è una risposta all’assassinio di un palestinese inerme, avvenuta ad Hebron, da parte di un militare israeliano che – secondo la (in)giustizia sionista – ben presto potrebbe essere liberato. L’occupazione neocoloniale, il terrorismo dei gruppi paramilitari ( tutti di estrema destra ) e gli sproloqui dei sionisti religiosi – che piaccia o no – provocano delle risposte, per quanto dure ci possano sembrare: l’azione di Hamas può non essere condivisa  ma decontestualizzarla con la finalità di criminalizzare questo movimento popolare, nonostante i suoi tratti bigotti e islamisti (integralisti), sarebbe un grave errore politico.

Il popolo palestinese, almeno dagli sciagurati – per lo meno a parere di chi scrive –  Accordi di Oslo del 1993 ( Said li definì come la ‘’seconda Nakba’’ ), non solo deve fronteggiare – politicamente e militarmente – l’imperialismo israeliano ma si trova anche nella condizione di dover resistere all’offensiva ‘’revisionistica’’ dei settori più corrotti e collaborazionisti dell’OLP. Hamas – che certamente non è il movimento antimperialista a cui aspiriamo – risponde a testa alta allo stragismo dei falchi guerrafondai di Tel Aviv mentre Abu Mazen si affretta a definire ‘’sacra’’ la collaborazione fra l’ANP e l’esercito israeliano. Si può rivendicare un diritto – il sacrosanto diritto di autodecisione dei popoli – e nel mentre collaborare con chi ha in mente solo una cosa, cioè la pulizia etnica della Palestina ?

La risposta di Hamas all’atteggiamento servile di Abu Mazen non si è fatta attendere nonostante siano pochissime le agenzie di stampa che gli abbiano dato spazio. Il Centro Palestinese D’Informazione, agenzia di stampa francese, ha questo merito: Le porte parole de Hamas, Sami Abu Zohri, a dénoncé dans un communiqué publié ce  mardi, les déclarations du président de l’AP, Mahmoud Abbas, qui a reconnu l’arrestation de trois jeunes palestiniens à Ramallah dans le cadre de la coopération sécuritaire avec l’armée de l’occupation sioniste 1. 

Hamas, molte volte, si è scontrata a torto con la sinistra palestinese – Fplp, Fdlp, Commando – Generale – eppure di fronte  alle ambiguità dell’ANP è difficile dargli torto su tutta la linea: integralisti o meno, i dirigenti del movimento islamico, in questo caso, hanno ragione da vendere. Abu Mazen per l’ennesima volta tende la mano a Netanyahu, i nazionalisti di Al Fatah ne prenderanno, una volta per tutte, atto optando per una linea più coerente e radicale ? La sinistra palestinese più volte ha indicato nel gruppo dirigente guidato da Abbas l’embrione di una borghesia compradora disinteressata alla lotta politica e sociale. Chi appoggia la linea di Marwan Barghuthi – decolonizzazione della Palestina storica – può continuare a dar credito alle giravolte di Abbas ? La domanda è rivolta anche ai tanti palestinesi che risiedono nei paesi europei, domanda importante che non deve essere travisata: chi rappresenta realmente Abu Mazen? Il popolo palestinese oppure un gruppo di pochi protetti e garantiti ? Un po’ di sano “estremismo” in questo caso non guasta affatto.

 

Il Fplp si scontra coi collaborazionisti…

 

Il FplpFronte popolare di liberazione palestinese – organizzazione marxista, ha recentemente attaccato l’ANP per la sua subalternità nei confronti di Israele: ’Il FPLP ha sottolineato che questo sistematico comportamento non dignitoso svela l’asservimento dell’Autorità palestinese alle strutture dell’Occupazione e ai suoi meccanismi di repressione. Si tratta di atteggiamenti che superano ogni limite e calpestano le tradizioni del popolo palestinese, minando il movimento nazionale di liberazione della Palestina, i suoi principi e le sue decisioni, la più recente delle quali è quella del Comitato Centrale di porre fine al coordinamento di sicurezza con le forze di occupazione’’ 2. Nel linguaggio marxista le borghesie ‘’compradore’’ sono i ceti parassitari che fanno il lavoro sporco per conto dell’imperialismo: repressione della classe operaia – che è presente anche in Palestina – e delle forze rivoluzionarie ( tanto patriottiche quanto comuniste ) poco inclini al compromesso. Domanda: se l’ANP partecipa al ‘’coordinamento di sicurezza con le forze di occupazione’’ dimostra – sì o no – d’essere assimilabile a questa casta di parassiti ? L’analisi di Ernesto Guevara sulle ‘’lupin-borghesie’’ è attuale – sì o no – nell’inquadramento di questi contesti ?

La divisione della società in classi non risparmia i popoli sottoposti a dominazione coloniale: se il popolo palestinese ha sostenuto la resistenza del Fronte popolare, della Jihad islamica e dell’ala militare di Hamas, le Brigate Al Qassam, dall’altra parte è stato pugnalato alle spalle dai settori più corrotti dei ceti dominanti. Questa non vuole essere assolutamente una apologia dell’Islam politico: non posso certo dimenticare il tradimento di Khaled Meshaal, leader politico di Hamas, adesso ben coccolato dall’Emiro del Qatar in una lussuosa camera d’albergo a Doha. Il conflitto di classe – come potete vedere – spacca in due anche il movimento islamico: Meshaal, rappresentante della borghesia compradora, si comporta come un perfetto ‘’Abu Mazen islamico’’, bigotto e conformista, mentre Mohammed Deif, capo-guerrigliero delle Brigate Al Qassam, è un antimperialista che – per sua sfortuna – ha scambiato il Corano per un libro di Marx. Il paragone non regge e ha volutamente un suo risvolto ironico, però rende l’idea. I ceti proletari palestinesi sono molto legati alla figura di Deif, uomo come si suol dire ‘’con la schiena dritta’’, contrapponendo il suo stile di vita frugale ai vizi da reuccio di Meshaal.

Gli assassinii del Mossad sollevano questioni politiche: schiacciano la laibertà, l’indipendenza e la sovranità degli Stati, calpestando il diritto internazionale ( cosa che Israele fa dal 1948 ). Ma il marxista Omar Nayef Zayed, rifugiato nell’ambasciata palestinese di Sofia in Bulgaria ed assassinato dai servizi segreti israeliani, non doveva essere sotto la protezione delle autorità palestinesi ? Ecco cosa riporta il sito Palestina Rossa, organo d’informazione vicino ad alcuni gruppi comunisti mediorientali: ‘’Noi del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina riteniamo completamente responsabili di questo crimine scellerato lo Stato sionista e il Mossad israeliano, colpevoli dell’assassinio del compagno Omar Nayef Zayed, così come riteniamo responsabili l’Autorità palestinese e l’ambasciata palestinese in Bulgaria per non essere riusciti a garantirgli la dovuta protezione, riteniamo responsabili inoltre le forze governative e di sicurezza bulgare che hanno perseguitato il compagno Nayef Zayed per oltre tre mesi tentando la sua cattura’’ 3. Se così fosse si tratterebbe di un fatto molto grave. Si può trovare una unità, popolare ed antimperialista, partendo da questi presupposti, con tali dubbi ed incertezze ? A chi attribuire le maggiori responsabilità se non proprio ai cosiddetti moderati.

I nazionalisti, al di là delle antipatie per Hamas, devono essere obiettivi: cooperando con l’imperialismo israeliano non si fanno né rivoluzioni e né riforme radicali, si ritarda soltanto la liberazione del proprio popolo. I popoli, nel bene o nel male, presentano sempre il conto ai gruppi dirigenti: Abu Mazen farà meglio a ravvedersi, se non vuole essere chiamato in causa in seguito per i suoi, molteplici, voltafaccia. Quel che resta di Al Fatah ammetterà – prima o poi – d’aver sbagliato strada ? Il tempo delle autocritiche rischia di volgere al termine, poi ciascuno dovrà fare i conti con le proprie responsabilità storiche.

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