ONU, dependance degli USA

Non ho nessuna simpatia per la monarchia assoluta “post-moderna” nord-coreana (come altrimenti definire un regime dove il leader è considerato quasi come una sorta di semidio e il potere si trasmette per via dinastica, di padre in figlio…). Non entro nel merito e rimando al seguente articolo di Riccardo Achilli pubblicato proprio sull’Interferenza e che condivido pressochè in toto: https://www.linterferenza.info/esteri/la-base-dottrinaria-del-governo-nordcoreano/

Fatta questa premessa, trovo molto grave (non che mi sorprenda…) l’atteggiamento di totale subordinazione dell’ONU nei confronti degli Stati Uniti. Proprio ieri il Consiglio di Sicurezza di tale organismo – che così facendo dimostra di essere poco più che una dependance degli USA – ha approvato una risoluzione che prevede ulteriori sanzioni nei confronti della Corea del Nord, la cui colpa è quella di essersi dotata di un arsenale nucleare che la mette al riparo – vedremo fino a quando e fino a che punto – da eventuali aggressioni esterne. Di colpe il regime nordcoreano, dal mio punto di vista, ne ha sicuramente, ma sono di altro genere, e fra queste non c’è quella di essersi dotato dell’arma nucleare che funge da deterrente anche nei confronti della superpotenza americana. Sia chiaro, la querelle in corso da anni fra USA e Corea del Nord è una pantomima, un teatrino mediatico che viene pompato ad arte con lo scopo di tenere sotto pressione e di accerchiare la Cina dal punto di vista militare. Più cresce la tensione con la Corea del Nord e più gli USA hanno l’alibi per potenziare la flotta di stanza in quell’area, aumentare il numero delle portaerei che stazionano nei pressi del Mar della Cina, costruire nuove basi militari e aeronavali e potenziare quelle che già hanno in Giappone, Corea del Sud, Thailandia, Filippine e in tutto il Pacifico.

Anche la Cina ha approvato le sanzioni contro la Corea del Nord perché spera che in questo modo si alleggerisca la pressione militare americana ai suoi confini e in particolare l’allestimento in Corea del Sud del sistema antimissilistico Thaad  http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/asia/2017/09/12/corea-nord-onu-approva-nuove-sanzioni_e17a1cf8-50b8-4d1b-819b-0276732db5eb.html

Di certo, se la Corea del Nord non è stata fino ad ora attaccata è proprio grazie al suo arsenale nucleare e alla sua posizione geografica. Una guerra e una occupazione militare del territorio nordcoreano sarebbe di fatto una dichiarazione di guerra alla Cina. Per questo non credo che, nonostante gli urli e gli strepiti, non ci sarà un conflitto. L’obiettivo di tutto questo battage, come ripeto, è tenere sotto scacco e sotto pressione il gigante (economico) cinese, non ancora in grado di competere con gli USA dal punto di vista militare.

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Fonte foto: LaPresse (da Google)

4 commenti per “ONU, dependance degli USA

  1. Eros Barone
    13 Settembre 2017 at 14:06

    «Fra i Paesi socialisti che abbiamo visitato personalmente, la Corea è uno dei più straordinari. Forse è quello che più ci ha impressionato rispetto agli altri. Ha solo 10 milioni di abitanti e l’estensione di Cuba, un po’ meno, circa 110mila kmq; la stessa estensione territoriale della parte sud della Corea, però con la metà degli abitanti. È stata devastata a causa di una guerra così incredibilmente distruttiva che delle sue città non rimase nulla, e quando uno dice niente è niente; è come i piccoli villaggi che gente come Merob Sosa e Sánchez Mosquera [due capi militari dell’esercito cubano nel periodo della dittatura di Batista] bruciava qui, e dei quali non rimaneva nient’altro che cenere. Così rimase, ad esempio, Pyongyang, che è una città di un milione di abitanti. Oggi non si vede un solo resto di tutta quella distruzione; tutto è nuovo. L’unico ricordo che resta sono, in tutte le strade, i buchi delle bombe che cadevano una dopo l’altra. Essi mi hanno mostrato molte fabbriche, tutte ricostruite ed altre nuove. (…) La Corea del Nord uscì dalla guerra senza nemmeno un’industria in piedi, perfino senza animali. In un’epoca in cui la superiorità aerea dei nordamericani era tanto maggiore, ormai non avevano nient’altro da distruggere, quindi gli aerei si divertivano uccidendo bovini e ciò che incontravano. Era davvero un’orgia di morte quella che si abbatté sulla Corea del Nord in soli due anni, al terzo anno apparvero i Mig-15 e la cosa cambiò, però questi due anni di guerra significarono forse la distruzione sistematica più barbara mai compiuta.
    Tutto ciò che si può raccontare sulla Corea del Nord sembra una falsità. Per esempio, nelle foto si vede gente con odio, quest’odio dei villaggi quando arriva alla parte più profonda dell’essere, che si vede nelle foto delle caverne dove entrano 200, 300 o 400 bambini, di un’età di 3 o 4 anni, e vengono uccisi lì con il fuoco o con il gas; gli squartamenti delle persone, l’uccisione di donne incinte a baionettate per farle uscire il figlio dal grembo; il bruciare i feriti con i lanciafiamme; le cose più inumane che possa immaginare la mente umana furono compiute dall’esercito di occupazione nordamericano. E arrivò quasi al confine della Corea con la Cina, e occupò in un certo momento quasi tutto il Paese. Sommato al fatto che in ritirata distruggevano tutto, possiamo dire che la Corea del Nord è un Paese che si è rialzato dalla morte. Ovviamente ha ricevuto l’aiuto dei Paesi socialisti, soprattutto dall’Unione Sovietica, in una forma ampia e generosa. Ma ciò che più impressiona è lo spirito di questo popolo. È un popolo che uscì da tutto ciò dopo una dominazione giapponese di 30 anni, da una lotta violenta contro la dominazione giapponese senza nemmeno avere un alfabeto. Sarebbe a dire che, in questo senso, era uno dei popoli più arretrati del mondo. Oggi ha una letteratura e una cultura nazionale, un ordine nazionale e uno sviluppo praticamente illimitato della cultura. Ha un insegnamento secondario fino al nono grado, obbligatorio per tutti. (…)
    È, davvero, l’esempio di un Paese che grazie ad un sistema e a dirigenti straordinari, come è il maresciallo Kim-il Sung, ha saputo uscire dalle disgrazie più grandi per essere oggi un Paese industrializzato.
    La Corea del Nord potrebbe essere per qualsiasi persona di Cuba il simbolo di uno dei tanti Paesi asiatici arretrati. Comunque noi gli vendiamo uno zucchero semilavorato come lo zucchero crudo, ed altri prodotti ancora grezzi come l’agave tessile, e loro ci vendono torni, macchine di ogni tipo, macchine per miniere, vale a dire prodotti che richiedono una elevata capacità tecnica per essere fabbricati. Per questo è uno dei Paesi che più ci entusiasma.»

    Il testo che precede è un estratto del discorso che Ernesto Che Guevara tenne il 6 gennaio 1961 alla televisione cubana al rientro da un viaggio della delegazione cubana nei Paesi socialisti. Non risulta che sia stato pubblicato in Italia, sicché la traduzione è stata condotta sul testo pubblicato in rete nel sito dell’Esercito di Liberazione Nazionale colombiano, che mette a disposizione l’opera completa del rivoluzionario argentino. Infine una postilla: definire la Corea del Nord “una monarchia assoluta post-moderna” può essere forse, in certi ambienti, una ‘boutade’, ma, dal punto di vista storico-politico, è solo una ben misera ‘trouvaille’.

    • Fabrizio Marchi
      13 Settembre 2017 at 16:59

      Caro Eros, la mia sarà pure una “misera trouvaille” ma i fatti restano. Come definire altrimenti un paese dove, mi ripeto, il potere si tramanda di padre in figlio da 70 anni a questa parte? Può essere definito socialista un contesto siffatto?
      Ciò detto, il Che scriveva quelle cose nel 1961, cioè 60 anni fa, pochi anni dopo che la Corea del nord era uscita da quella guerra devastante, sostenuta da tutti i paesi socialisti e da tutti i movimenti anticolonialisti del mondo. Eravamo in un’altra fase storica, il Che non poteva sapere quale sarebbe stato lo sviluppo successivo della Corea del Nord e men che meno che il potere sarebbe stato tramandato per via dinastica…
      A Cuba c’era stata da poco la rivoluzione, il mondo era diviso in blocchi, c’erano movimenti di liberazione nazionale anticolonialisti e antimperialisti in tutto il mondo, c’era stata la rivoluzione cinese pochi anni prima e, appunto, la Corea del Nord, a prezzo di immani sacrifici, si era appena liberata dal giogo nordamericano. Cosa avrebbe potuto dire di diverso Guevara rispetto a quello che ha detto? Nulla, ovviamente. Anche io (che non sono nessuno) avrei allora pronunciato esattamente le stesse identiche parole che ha che ha pronunciato lui.
      Ma siamo certi che oggi Guevara, uno che già allora, nonostante l’accerchiamento di Cuba, nonostante la guerra fredda, criticava radicalmente l’URSS accusandola di degenerazione burocratica, oggi si sarebbe espresso nello stesso modo e con le stesse parole nei confronti dell’attuale regime nordcoreano? Non ne sono affatto sicuro, anzi, non credo proprio.
      E quale sarebbe stata, ad esempio, l’opinione di Guevara sulla Cina attuale? Non mi interessa ora aprire una discussione nel merito, se la Cina attuale sia migliore o peggiore di quella di Mao, anche perché bisognerebbe scriverci un articolo ad hoc. Siamo però d’accordo sul fatto che la Cina attuale è una cosa COMPLETAMENTE diversa da quella di Mao? Mi pare di sì, anche perché è evidente. Quale sarebbe stata l’opinione del Che (già critico nei confronti di quella maoista) sul “nuovo corso” (ormai non più tanto nuovo…) cinese?
      Per il resto, nessuno, comunque non io, vuole disconoscere i meriti del popolo nordcoreano, sia per aver resistito all’aggressione imperialista, sia per aver ricostruito il paese dalle macerie. Ma intanto questo lo hanno fatto tutti i popoli usciti da una guerra, e secondo poi non è questo che può far sì che un paese possa essere definito socialista o comunista.
      Un’ultima cosa, più che altro un invito. Cerchiamo di evitare di usare certi toni, certe parole e certi atteggiamenti che purtroppo sono molto frequenti e sono una miscela di supponenza, arroganza e dogmatismo. Che ciascuno esprima la propria opinione, nel rispetto dell’altro. Tu hai la tua opinione sulla Corea del Nord e io ho la mia. Punto. Non direi mai che la tua è una “ben misera trouvaillle”.
      Oltretutto, nell’articolo, ho pubblicato un link che rimanda ad un altro articolo dove si fa un’analisi un po’ più approfondita dello stato e della società nordcoreana, proprio per evitare sciocche semplificazioni e strumentalizzazioni. Immagino che tu lo abbia letto. E allora, perché reagire in quel modo? O debbo pensare che tu sia in malafede da commentare solo quello che ti conviene commentare? So perfettamente che sarebbe errato ridurre la Corea del Nord a una monarchia assoluta e che le cose sono sempre più complesse. Lo so talmente bene che per evitare i soliti commenti strumentali (come purtroppo è stato anche il tuo…) ho postato quell’articolo di Achilli (che condivido) all’interno del mio, che non voleva essere un’analisi della società nordcoreana ma soltanto denunciare l’atteggiamento supino dell’ONU nei confronti degli USA.
      Ma vedo che è stato inutile perché il desiderio di scomunicare l’altro è una pulsione troppo potente dalle nostre parti. Riflettiamo su questo. E’ più importante che riflettere sulla Corea del Nord…

  2. Eros Barone
    14 Settembre 2017 at 23:47

    Caro Fabrizio, nessuna scomunica e nessuna arroganza: solo un po’ di fastidio per il punto di vista, a mio sommesso avviso, sciovinistico, occidentalistico e democraticistico, che mi sembra caratterizzare il tuo approccio alla realtà nord-coreana. In realtà, a distanza di più di mezzo secolo, superato l’arduo frangente costituito dalla grande carestia degli anni novanta del secolo scorso, il giudizio del Che trova la sua conferma negli straordinari successi conseguiti dal regime socialista della Corea del Nord nei più diversi campi. Successi che comprendono la completa abolizione delle tasse, la medicina popolare gratuita e preventiva, l’istruzione obbligatoria fino ai 16 anni, un articolato sistema universitario, la modernizzazione dell’agricoltura e l’espansione dell’industria meccanica, elettrica e siderurgica, senza trascurare la lotta all’inquinamento, la salvaguardia del meraviglioso patrimonio naturale che caratterizza il territorio di questo Paese asiatico e la costruzione di poderose infrastrutture (in Corea del Nord esiste la più grande diga del mondo, lunga 8 chilometri e denominata, con un’espressione che pone in risalto l’importanza del ruolo svolto dalle forze armate non solo nella difesa dell’indipendenza nazionale e nell’economia ma anche negli altri aspetti della vita quotidiana, “Fuoco di Sbarramento del Mare Occidentale”). Queste conquiste sostanziano lo sviluppo di quelle che i dirigenti nord-coreani chiamano le “tre rivoluzioni” (ideologica, tecnica e culturale), e rappresentano la forma concreta in cui si realizza l’idea filosofica del ‘Juché’, sintesi di umanesimo, nazionalismo e comunismo, nonché principio cardine che orienta l’azione del Partito del Lavoro e ne legittima la funzione di guida del regime socialista.
    Solo dopo aver fatto questa premessa sulla natura e sul carattere del regime della Corea del Nord, e tenendo ben presente il principio marxista secondo il quale la politica estera è una proiezione della politica interna e dei rapporti di produzione che la condizionano, è possibile rispondere al quesito, che gli ultimi eventi di questi mesi hanno posto al centro della situazione mondiale, circa il motivo per cui le amministrazioni degli Stati Uniti che si sono susseguite a partire dalla guerra di Corea fino ad oggi hanno sempre condotto nei confronti di questo Paese, senza apprezzabili distinzioni tra democratici e repubblicani, una politica aggressiva e tendenzialmente bellicista. Orbene, la risposta a tale quesito va cercata nella tattica del ‘divide et impera’, poiché non vi è dubbio che il processo di riunificazione della Corea rappresenterebbe una svolta storica non solo in Asia, ma nel mondo intero. Le stesse difficoltà incontrate dai due Stati negli anni novanta del secolo scorso (difficoltà, peraltro, aggravate dal peso crescente della spesa militare sui rispettivi bilanci), la prolungata carestia nel Nord e il crac economico-finanziario nel Sud, hanno messo all’ordine del giorno, da un lato, la necessità della riunificazione e, dall’altro, la sua impossibilità dovuta alla pervicace opposizione degli USA nei confronti di questa prospettiva e alla loro scelta di usare la Corea del Sud come avamposto politico e militare in funzione della loro strategia di contenimento e di attacco alla espansione della Cina e della Russia. In conclusione, occorre riconoscere che, nonostante le pesanti provocazioni militari di cui è stata, ed è, fatta segno, nonostante la sistematica campagna propagandistica, tanto furibonda quanto grottesca, scatenata a furia di mistificazioni, falsificazioni e denigrazioni contro di essa e, in ispecie, contro il suo governo e contro il suo attuale ‘leader’, Kim Jong-un, la Corea del Nord ha finora ottenuto un grande successo su tutti i fronti della politica estera: verso gli USA, poiché ha dimostrato che solo il possesso dell’arma nucleare può scoraggiare le aggressioni dell’imperialismo (come dimostrano ‘e contrario’ le vicende politico-militari dell’Iraq, della Jugoslavia e della Libia); verso la Corea del Sud, poiché ha saputo calibrare con la tattica del bambù (massima flessibilità quando soffia il vento, massima durezza quando è il momento di colpire) le sue relazioni con la propria consorella; verso la Cina, della quale, in queste ultime settimane, ha messo a nudo la linea opportunistica nel campo della politica estera. Perciò, i comunisti, gli autentici pacifisti e i sinceri democratici di tutto il mondo, nel riconoscere la funzione giusta e progressiva assolta dalla Corea socialista sia nella politica interna sia nella politica estera, hanno il dovere di schierarsi al suo fianco nella lotta contro l’imperialismo.
    Nei decenni intercorsi a partire dalla guerra di Corea, scatenata dall’imperialismo USA sulla penisola coreana e sfociata nella divisione tra il Nord e il Sud, la Repubblica Popolare Democratica di Corea, diretta prima da Kim Il-sung e poi da Kim Jong-il, ha tenacemente perseguito l’obiettivo della riunificazione, mentre all’inizio degli anni novanta il dissolvimento dell’URSS e di altri paesi socialisti ha contribuito ad accentuare il carattere nazionale della ‘via coreana al socialismo’. Che questa, per i dirigenti nord-coreani, fosse una scelta obbligata si capisce facilmente, se si tiene conto sia della posizione geopolitica della penisola coreana, la quale si trova nel punto di intersezione di quattro grandi potenze (Cina, Russia, USA e Giappone) sia della storia, la quale ha visto ripetutamente scontrarsi tali potenze in quest’area (dalla guerra russo-giapponese del 1904-’05 al dominio giapponese che ebbe inizio nel 1910, dalla guerra degli USA contro la Cina e l’URSS fra il 1950 e il 1953 all’occupazione statunitense del Sud). In conclusione, occorre riconoscere che, nonostante le pesanti provocazioni militari di cui è stata, ed è, fatta segno, nonostante la sistematica campagna propagandistica, tanto furibonda quanto grottesca, scatenata a furia di mistificazioni, falsificazioni e denigrazioni contro di essa e, in ispecie, contro il suo governo e contro il suo attuale ‘leader’, Kim Jong-un, la Corea del Nord ha finora ottenuto un grande successo su tutti i fronti della politica estera: verso gli USA, poiché ha dimostrato che solo il possesso dell’arma nucleare può scoraggiare le aggressioni dell’imperialismo (come dimostrano ‘e contrario’ le vicende politico-militari dell’Iraq, della Jugoslavia e della Libia); verso la Corea del Sud, poiché ha saputo calibrare con la tattica del bambù (massima flessibilità quando soffia il vento, massima durezza quando è il momento di colpire) le sue relazioni con la propria consorella; verso la Cina, della quale, in queste ultime settimane, ha messo a nudo la linea opportunistica nel campo della politica estera. Perciò, i comunisti, gli autentici pacifisti e i sinceri democratici di tutto il mondo, nel riconoscere la funzione giusta e progressiva assolta dalla Corea socialista sia nella politica interna sia nella politica estera, hanno il dovere di schierarsi al suo fianco nella lotta contro l’imperialismo.

    • Fabrizio Marchi
      16 Settembre 2017 at 10:26

      Caro Eros, in tutta sincerità questo tuo ulteriore commento non aggiunge e non toglie nulla a quanto ci eravamo già detti. Ma soprattutto hai ripetutamente glissato sulla questione da me posta. E’ vero o non è vero che da 70 a questa parte, cioè da quando è stata fondata la Repubblica Popolare di Corea, il potere si è tramandato di padre in figlio fino ad oggi? Questo, secondo te, è possibile in una democrazia socialista? A mio parere, NO, e questa, per quanto mi riguarda, è già di per sé una contraddizione strutturale.
      Ciò detto, sono da molto tempo ormai convinto che non esista un modello di socialismo universale valido per tutti e infatti sono molto critico nei confronti di quei marxisti (a mio parere, dogmatici) che pensano che la costruzione di una società socialista possa avvenire applicando alla lettera i “sacri testi” di Marx, indipendentemente dal contesto, dalle condizioni ecc. Sono anche stato criticato per questo. Una critica a mio parere priva di ogni fondamento perché allora dovrebbe essere rivolta a tutti i marxisti post Marx, a cominciare da Lenin, il primo “revisionista” fra i marxisti (come ha giustamente rilevato, in senso positivo, ovviamente, anche Gramsci, parlando della Rivoluzione russa come della “rivoluzione contro il Capitale”, quello di Marx…). Per non parlare del “revisionismo” di Mao o di Castro o di Chavez ecc. …
      Quindi non sarò fra quelli che si mette a dire “La Corea del Nord non è un paese socialista perché ecc. ecc. …”. A mio parere non lo è. Ma non lo è neanche nei presupposti dottrinari, come è spiegato in questo articolo che a questo punto mi vedo costretto a riproporre https://www.linterferenza.info/esteri/la-base-dottrinaria-del-governo-nordcoreano/ , perché non è un sistema e una ideologia fondata sul concetto di classe, di dialettica di classe e di lotta di classe (e quindi neanche di dittatura del proletariato). Siamo di fronte ad una variante ideologica (molto) condita con altri elementi (appunto lo Juchè e il Songun) che diventano gli elementi principali e che costituiscono il nerbo dell’intera costruzione ideologica e dottrinaria della scoietà nord-coreana. A mio parere, questi due con la concezione marxista e comunista hanno a poco a che vedere e hanno molto di più a che vedere, come ha giustamente sottolineato Achilli nel suo articolo, con una concezione confuciana (quella che peraltro Mao ha cercato giustamente di combattere e debellare anche in Cina senza purtroppo riuscirci, e mi pare che i risultati di quel tentativo fallito si vedano oggi…).
      Ma, ripeto, non mi interessa più di tanto questo tipo di riflessione. Per te la Corea del Nord è uno stato e una società socialista? Io non lo credo ma ammettiamo pure che così fosse. Allora diciamo che a me quel modello di socialismo non piace per niente per tante ragioni nelle quali ora non entro.
      Questo non significa che non difenderei la Corea del Nord da una aggressione da parte degli USA. Se è per questo ho difeso e difendo tutti quegli stati, anche non socialisti, che sono oggetto dell’aggressione imperialista. Penso alla Siria di Assad. E’ forse uno stato socialista? No, però lo difendiamo comunque, ci mancherebbe altro. Difenderei anche l’Iran degli ayatollah se fosse aggredito, e ci mancherebbe altro. E’ forse socialista Hamas? Men che meno, però comunque prendo le sue difese rispetto all’aggressione e all’occupazione israeliana. Mi sembra scontato.
      Tu dici che la Corea del Nord è stata da sempre attaccata dagli USA per ragioni ideologiche, cioè per quello che rappresentava? Io non credo, o lo credo solo in minima parte. Gli USA hanno sempre attaccato tutti quegli stati e quei paesi (certo, anche e in primis quelli socialisti) che si opponevano al loro dominio. Specie dal crollo del muro di Berlino è stato così, come è evidente. Prima del crollo del muro, è ovvio che fossero maggiormente attaccati i paesi socialisti, per la semplice ragione che ce ne erano molti di più (senza contare i movimenti di liberazione nazionale e anticolonialisti), mentre oggi ce ne sono molti di meno.
      A mio parere, gli USA battono sulla Corea perché il vero obiettivo, lo ribadisco, è fare pressione sulla Cina, il loro vero obiettivo, non solo negli ultimi vent’anni, ma anche prima, anche se ad un certo punto Nixon aprì a Mao in funzione antisovietica (e la cosa fu reciproca; grande errore di Mao, a mio parere, ma questo è un altro discorso che ci porterebbe lontanissimo…).
      Tu dici che la Corea del Nord ha lavorato per la riunificazione con la Corea del Sud? Mah…ci credo poco a dire il vero, anche perché sono convinto che una eventuale riunificazione finirebbe probabilmente come quella delle due Germanie, anche se in effetti sarebbe più difficile appunto perché la società nord-coreana ha veramente dei tratti molto peculiari e la vedo assai difficile che possa in qualche modo integrarsi con quella della Corea del Sud. Non ho mai capito su quali basi potrebbe avvenire questa riunificazione, ma questo è un altro discorso ancora.
      In conclusione, la mia analisi sulla natura della società e dello stato nord-coreano non ha nulla a che vedere con il fatto che comunque deve essere difesa da una eventuale aggressione americana e dalla pressione che gli USA stanno facendo da sempre in quell’area (come in tutto il mondo…). Non ho i dati ma mi pare di poter dire che la presenza militare USA in Asia e nel Pacifico sia addirittura superiore a quella in Europa, Medio Oriente e altri teatri geopolitici. Quindi, sotto questo profilo, nessun tentennamento. Ma questo, lo ripeto ancora, non ha nulla a che vedere con l’analisi del contesto nord-coreano che, per quanto mi riguarda, è decisamente distante dal mio modo di concepire una società socialista. Avrò ben diritto a pensarla in questo modo senza necessariamente essere considerato uno sciovinista occidentalista democraticista? Dopo di che, che dirti, pensalo pure, non ho il potere né l’intenzione di cambiare il tuo pensiero e mi guardo bene dal tracciare giudizi sul tuo modo di vedere le cose.

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