Dal sommovimento di marzo al governo di maggio

Analisi concreta della situazione concreta (V.Lenin)

 

Il 4 marzo 2018, le elezioni politiche sono state un sommovimento sociale di grande portata, con una ricaduta forte sulle istituzioni e un’accelerazione del dissolvimento dei partiti e delle loro culture di riferimento. Quello che è successo su tre piani, sociale-istituzionale-politico, pare ora più chiaro, quando alla fine di maggio si conchiude e stabilizza questa prima fase di rottura con la formazione del governo M5S-Lega.

Chi rappresenta i nuovi blocchi sociali

Il voto è stata un’irruzione di temi sociali sul tavolo politico, una simbolica insurrezione. La Lega ha agitato  la battaglia anti-fornero  e partendo dal pieno di voti della classe operaia settentrionale ha raccolto la protesta di tutti i lavoratori vistisi rubare la pensione. Sul M5S si sono riversati invece i consensi dei giovani,del precariato meridionale, attratti dalla parola d’ordine del reddito di cittadinanza. La Lega con il consenso del lavoro salariato rappresenta un settore della società legato al crepuscolo dell’industria, all’estremo prolungarsi della modernità; il M5S è dentro il lavoro precario, che prefigura il semischiavismo della società futura. Si può osservare che: a) in altri periodi, il pronunciamento anti-fornero sarebbe stato facilmente definito “episodio di lotta di classe” si pensi solo alla stagione 1969-72  dei contratti metalmeccanici, l’ultimo periodo nel quale si riuscì ad aver “indietro”, sui salari, parte del plus-lavoro proprio come ora che si vogliono “indietro” le pensioni, che altro non sono che salario differito; b) d’altra parte la stessa protesta meridionale e la richiesta di un salario minimo rientra nella tradizione delle lotte del bracciantato (precari ante litteram) significando richiesta di un minimum per insidiare la paghe del caporalato; c) la creazione di questi blocchi sociali segnala un inversione rispetto al voto d’opinione e ripropone un rapporto organico tra i bisogni sociali e la loro rappresentanza politica, come avveniva nei partiti di massa; d) infine nord/sud, anziani/giovani, pensioni/salario, passato/futuro rappresentano concretamente la dimensione attuale della questione nazionale e lo rigettano al di sopra sul tavolo sovrastante della decisione politica.

Critica e ricerca di un nuovo patto sociale

L’inversione è anche sovversione, gesto simbolico lanciato contro le istituzioni. Il 4 marzo è una critica profonda che il popolo ha rivolto all’aristocrazia politica, un j accuse alla sua autoreferenzialità. Ma allo stesso tempo è già una circostanziata richiesta di nuovo patto. Il popolo ha sanzionato la rottura del patto sociale chiedendo “Dov’è il sovrano? non lo vediamo più”; E’ la commissione non eletta di Bruxelles? O il rating di agenzie anglosassoni? O lo spread manovrato dai tedeschi? O gli accordi per il commercio internazionale? Dove dobbiamo guardare? Questa domanda non è una teoria rivoluzionaria e non sostiene una radicale liberazione ma è realistica ricerca di una sovranità individuabile. “Non vi è peggior schiavitù di quella che s’ignora” diceva Ignazio Silone e di fronte alla liquida e reticolare disposizione del potere del capitalismo attuale, conseguente alla globalizzazione finanziaria, c’è stata la richiesta di ridare concretezza alle istituzionali nazionali, cioè di trovare nella Sovranità nazionale l’ente in grado di difendere il popolo dagli arbitri del mondo. Per questo c’è tanto timore nelle classi dominanti che questa domanda costituente, pattizia, rimetta in questione il ruolo attuale delle istituzioni riassunto nel termine governance, che significa amministrazione territoriale delle decisioni prese nell’iperspazio della tecnocrazia finanziaria. Il lapsus di Gianni Riotta che ha rimosso il secondo comma dell’art.1 della Costituzione (“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”) è molto significativo compendiando la mistificazione di questi anni fatta per l’appunto contro il sovran-ismo e il populi-smo, cioè appunto gli elementi del patto sociale. Il bombardamento mediatico e la piallatura di ogni pensiero critico sono stati smentite dal voto: più delle parole (sofistiche) hanno avuto potere i corpi (esseri).

 

La fine dei partiti liberisti, l’egemonia dei partiti concreti

Sono quasi le idi di marzo 2018  quando si chiude la stagione dei partiti politici d’opinione, apertasi con le elezioni di marzo 1994. Da quella data si perse progressivamente ogni riferimento alla questione sociale per giungere  dopo il golpe Monti alla chiusa autoreferenza . Siamo con l’alleanza M5S – Lega alla costituzione di un centro costituente con il taglio delle ali: alla destra, al sistema corruttivo berlusconiano, già in crisi deve provvedere Salvini in quanto contiguo elettoralmente; alla sinistra sta provvedendo Renzi, che ha le maggiori chance elettorali nel raccogliere i cocci del berlusconismo (corruzione materiale) e quelli del pensiero corretto e padronale della ex sinistra  (corruzione intellettuale), scimmiottando Macron. Ovviamente ci sarà necessità di una nuova Sinistra popolare e socialista per mantenere alte le rivendicazioni che le culture dei due contraenti tenderanno a loro volta a obliare pressati dal sistema di dominio internazionale e dalla corruttività privatistica delle classi dirigenti italiane. Tuttavia ora è l’anno zero, dove sono precipitati e ricombinati conflitti, istituzioni, culture politiche. I due partiti al governo hanno recepito il principio leniniano, perché a loro modo sono partiti concreti: la Lega è un partito radicato territorialmente e somiglia ai partiti di massa della prima repubblica mentre il M5S ha più caratteristiche giacobine e d’avanguardia, sottolineate dalla sua integrità morale e dal centralismo democratico. Perciò entrambi hanno un nesso con la “situazione concreta”. Invece la sinistra è iniziata a finire quando alle “analisi concrete”, come avveniva nelle relazioni, dai livelli di direzione alle sezioni, che gerarchicamente affrontavano le questioni e partendo da quella internazionale giungevano al lavoro e al  sindacato, ha sostituito la “cosa” di Occhetto o i sogni di Veltroni, le faccette di Renzi; al concreto dei conflitti tra uomini, l’astratto degli algoritmi finanziari.

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Foto: Grotte 5 Stelle (da Google)

 

 

3 commenti per “Dal sommovimento di marzo al governo di maggio

  1. luca massimo climati
    26 maggio 2018 at 9:51

    Complimenti per l’analisi .
    Vorrei rispondere alla sollecitazione del “concreto” e del “leniniano” , che oggi sono oggettivamente contrapposti alla “sinistra trans-genica” ,citata anche dall’estensore dell’articolo, che estenderei anche ai sinistrati più radicali o velleitariamente pseudo-anticapitalisti, ma cosmopoliti nella sostanza e gruppo elettrogeno di riserva della UE .

    Non sarà facile, dopo 40 anni di macerie , ricostruire un sentiero “socialista”, ispirato al meglio, prodotto dal Movimento dei Lavoraori nel secolo scorso. Noi, tutti noi, abbiamo vissuto, chi più , chi meno una età dell'”ORO”, dove un sentimento soggettivo di Rivoluzione veniva accompagnato con mano da “benessere”. le prospettive dei figli erano nettamente migliori dei padri: siamo cresciuti senza guerra, fame e bombardamenti , con l’unico problema del consumismo e della americanizzazione ,interpretata magistralmente dal veltronismo e delle solitudino conseguenti, divenute oggi depressione di massa. Ora gentilissimo estensore dell’articolo , vedo un pericolo, nel comprensibile tuo auspicio : il timore che il desiderata di una nuova creazione (da zero o non funzionerà ,con un nuovo percorso teorico forte) di una ipotesi nel senso socialista- non diventi il nuovo giochetto della ricerca del santo Graal rivoluzionario, mentre intorno a noi il mondo scorre di nuovo, forse , velocemente ….un anziano signore di 82 anni, espressione di sapienza , esperienza, ma ambiente governativo e di potere ,è diventato, forse suo malgrado, l’ago della bilancia tra stagnazione o movimento ,in Italia .

  2. Roberto Donini
    26 maggio 2018 at 16:53

    Certamente caro Luca, il pericolo di stagnazione è trasformismo in Italia c’è, l’ho appena accennato. Ovviamente sono più tranquillo del 5stelle perché il giacobinismo testimoniale è tratto fondativo. Posso rassicurarti non cerco il Graal, anzi molto mi accontenterei di arrivare ai due obiettivi sociali (pensioni, reddito citt.) e la progressiva ripresa di sovranità nazionale. Sono passaggi realistici ma di radicale discontinuità. Grazie e un caro saluto

  3. ARMANDO
    27 maggio 2018 at 16:54

    la sinistra (intendo quella autentica e non l’attuale, ovviamente) potrà risollevarsi solo rimettendosi in discussione integralmente. Sul piano teorico del pensiero socioeconomico 1) rileggendo Marx per individuarne, se possibile, un filo di pensiero alternativo a quello del comunismo novecentesco, 2) riconsiderando le dinamiche della lotta sociale e delle sue manifestazioni attuali, assai diverse per forza di cose da quelle precedenti (insomma, non c’è più la fabbrica fordista che di per sè era fattore di unificazione nonchè spazio concreto e vivo di lotta) nonchè delle connesse rappresentanze politiche.
    Ma anche, ancor più a fondo, sul piano culturale generale, potremmo dire antropologico, recuperando uno sguardo sul mondo e sulle persone e sui legami sociali, profondamente disassato da quello della modernità. “Non si può essere più moderni del capitalismo”, ha scritto Mario Tronti. In tal senso andrebbe rivisto anche il giudizio positivo di Marx sulla borghesia come classe oggettivamante progressiva, che testimonia di una filosofia della storia finalistica e deterministica. Questo non significa , ovviamente, inneggiare all’ancien regime, ma comprendere che non esiste un finalismo della storia, che può anche essere regressiva, e che non sempre il nuovo è meglio per definizione dell’antico.

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