Il tempio sulla collina

Eccezionalismo e transumanesimo

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Montecassino

Qualche secolo fa la colonizzazione del continente Americano. Padri Pellegrini e Puritani d’Inghilterra e il loro sogno di realizzare una società ideale, un esempio morale, una “città” che tutti avrebbero osservato dal basso, invidiato ed ammirato, lo splendore della “Città sulla collina”.

La fondazione passava per la liberazione del Far West dalla meno “pura” presenza delle etnie presenti. Un continente vasto e spopolato, ricco di risorse naturali, l’Eden a portata di mano. E quando il territorio divenne troppo grande e l’”uomo nuovo” troppo pigro, arrivarono le macchine da lavoro made in Africa. Ideali elitari e sano cinismo. Il sogno della “Città” prendeva forma. La conquista senza frontiere e una ricchezza apparentemente senza fine. Niente conflitto di classe, semmai il gestibilissimo problema razziale, perché l’elevazione della razza passa per l’espiazione.

Emancipatisi dalla perfida Albione, i “cow boys” scoprirono le virtù del petrolio e l’efficienza della macchina. Il nuovo oro, nero, soppiantava lo schiavo, nero. Le nuove “miniere” del Texas rendevano le vecchie “macchine” da raccolta del cotone, superflue e costose, economicamente per il Pellegrino ed eticamente per il Puritano.

E mentre i Regni d’Europa si sfidavano in colonizzazioni a Sud e ad Est, inviluppandosi nella Prima Guerra Mondiale, i giovani Stati Uniti d’America s’illuminavano d’immenso; sviluppo demografico e tecnologico, benessere sociale diffuso e un’immensa classe media. Con essa l’idea dell’eccezionalismo statunitense.

Sulle macerie dell’Europa prendeva vita la finanza moderna e la teorizzazione del mercato libero come mezzo di arricchimento dell’uomo, la nuova linfa ispiratrice del cammino religioso dei vecchi colonizzatori; le rigogliose risorse naturali delle Nuove Indie avevano sostenuto il sogno dei Padri Fondatori; ora tecnologia e oro nero sostenevano il sogno Americano dei pronipoti. Un nuovo Dio, quello del capitalismo che rimette i debiti ai suoi debitori, i Paesi Europei in macerie; una manna con il conio del dollaro. “Novus Ordo Seclorum” “Annuit Coeptis”, un Nuovo Ordine Secolare approvato da Dio.

E quando l’Europa si consumerà nella Seconda Guerra Mondiale, gli Americani entreranno in gioco come liberatori. Al risveglio il vecchio mondo darà il benvenuto al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, con una moneta di scambio, il dollaro, sempre più petrodollaro. L’Europa ammira finalmente la Città sulla Collina, con un posto in prima fila.

Sarà NATO, WTO e OCSE, accordi di libero scambio e accordi militari, mutuamente interscambiabili. A capo dell’occidente democratico, l’esercito della liberazione, che esporta beni di consumo ma ne delocalizza la propria manifattura. Un munifico piano Marshall ad occultare la natura “stanziale” e strategica del petrodollaro e delle basi militari USA. La globalizzazione è agli albori ma il copione sarà lo stesso qualche decennio dopo, in altre latitudini e longitudini.

Guerra fredda e decenni dominati dal verbo del consumo portatore di una crescita economica sempre più a debito e sempre più energivora. Sono gli anni dell’esplosione della TV, della comunicazione di massa, o meglio, della diffusione di massa. Raggiungere virtualmente tutti, con lo stesso messaggio, non è più un sogno. Prodotti e pubblicità. Ansie e illusioni, il male e la cura. Lo psicotropo perfetto, lo strumento Orwelliano per definizione. Non solo uno schermo, ma anche scienza. Se il XIX secolo aveva dato i natali alla psicologia scientifica, il XX secolo dava alla luce alla psicologia sociale, la base razionale della manipolazione mediatica della psiche. Poter condizionare (esperimento Milgram, 1961) l’individuo ad agire contro il proprio interesse o il proprio codice morale, per un “fine” di interesse superiore, pur di non essere soggetto al ripudio sociale. Un potenziale che diviene immediatamente arsenale dei governi (Operazione Mockingbird, CIA) ma non solo. Una TV armata della psicologia sociale diviene il Quarto Potere. Un potere transnazionale come la finanza, e che da Quarto diviene Primo. Un potere nelle mani di una plutocrazia mediatica finalmente in grado di controllare la psico-sfera, rivolgendosi ai “consumatori” ed “elettori” come a dei “fedeli” e ai governanti come fossero “vassalli”.

Quando il “nemico dell’Est” crollerà i nascenti Stati Uniti d’Europa avranno imparato i “comandamenti“ americani, scoprendo che esiste un Est più a Est ed un Sud più a Sud in cui delocalizzare a basso costo in cambio di energia a basso prezzo.

La macchina del consumo prevede solo debitori, in ogni latitudine e longitudine, cittadini americani ed europei inclusi. A chi l’onere di “rimettere” tali debiti? Forse a coloro che controllano ricchezze superiori a quelle di interi Stati nazionali e che distribuiscono stravaganti premi Nobel per la Pace? A coloro che ospitano nei loro esclusivi club, in platea i governanti e i loro ex cani da guardia ormai da compagnia, e in galleria gli sganciatori di bombe di democrazia targati NATO accanto agli attivisti della giustizia sociale? Tutti assieme convinti d’assistere a cinema d’essai, mentre recitano i figuranti di uno spot pubblicitario.

Ai nuovi “coloni” i confini nazionali stanno stretti. Basta con i nazionalismi, il mondo ha bisogno d’ordine. Né stati poveri né stati ricchi ci racconterà l’evangelizzatore Bill Gates, ma non stati senza poveri. La produttività ha bisogno di flessibilità assoluta, senza differenze, senza culture, senza identità. La fluidità dei flussi di capitale deve riflettersi nella flessibilità della produzione e quest’ultima nella disponibilità uniforme del capitale umano. Almeno fin quando le macchine non permetteranno l’emancipazione dall’orpello organico.

L’agenda non prevede ostacoli. Ci provi il governante di turno a mettere i bastoni tra le ruote e, in men che non si dica, salterà fuori un passato o un presente disdicevole, vero, presunto o semplicemente falso. Educare il “leader” è ormai prassi. Più complesso educare il popolo, perché il popolo è fatto di molti, forse di troppi.

Al popolo un nuovo codice morale, anzi una riprogrammazione. Dei nuovi comandamenti. Dei diritti umani, uguali per tutti in ogni luogo. E per chi non rispetta i diritti umani, le bombe sono già in arsenale. E così l’ONU, inutile ago della bilancia della guerra fredda, diviene macchina della propaganda; i suoi adepti ovviamente le NGO, lautamente finanziate dai mecenati della finanza, ormai i veri evangelizzatori in ogni latitudine.

E’ tempo di controllo demografico, perché il consumo non si discute, semmai il numero di consumatori. E’ tempo di agenda climatica, perché i peccatori crescano col senso di colpa, non i loro padroni. E la meraviglia delle meraviglie, il Gender Mainstreaming, incubato per decenni nei Gender Studies Statunitensi e poi finalmente avallato dal bollino blu marchiato ONU (1995). Una visione della società divisa in due classi in conflitto. L’uomo oppressore e la donna oppressa, e la negazione della radice biologica dell’identità. Uomo e donna non esistono, puri stereotipi. La mascolinità un fattore di rischio sociale. Follia ideologica o capolavoro di riprogrammazione psichica? Il conflitto di genere fa sparire il conflitto di classe. Non più poveri e ricchi, ma oppressori ed oppresse, una narrativa da fiaba per un popolo di ebeti. Via uomini e donne, nessuna identità, nessuna certezza, neanche quella biologica. Il primo passo verso il transumanesimo, la distruzione dell’ultimo confine tra l’organico e l’inorganico, la barriera da abbattere per dare alla macchina la dignità umana e, ovviamente, il viceversa.

E che ci provino ad opporsi; il populista, l’estremista, il radicale, il nazionalista, il negazionista, il cospirazionista, lo xenofobo, il misogino, il razzista, l’omofobo, il conservatore, il retrogrado, il terrorista. La macchina mediatica è già pronta col colpo in canna.

Tutti in fila, a testa bassa, oppressori ed oppresse, in pellegrinaggio al seguito delle nuove muse ispiratrici. Che sia tabula rasa della vostra identità e dei vostri pensieri, la processione è un cammino di religioso silenzio verso l’agognata Città. Un cammino in salita perché l’espiazione è elevazione.

Giunti alle pendici del colle, alzerete finalmente lo sguardo per ammirare l’opera ultimata, la magnificenza di una Città dalle sembianze di un Tempio.


2 commenti per “Il tempio sulla collina

  1. 7 giugno 2014 at 0:40

    Interessante articolo e congratulazioni all’autore. Solo una piccola obiezione, ……”E mentre i Regni d’Europa si sfidavano in colonizzazioni a Sud e ad Est, inviluppandosi nella Prima Guerra Mondiale, i giovani Stati Uniti d’America s’illuminavano d’immenso; sviluppo demografico e tecnologico, benessere sociale diffuso e un’immensa classe media. Con essa l’idea dell’eccezionalismo statunitense”
    Sviluppo demografico e tecnologico si, ma l’immensa classe media e’ un’esagerazione. Basta leggersi le condizioni a New York, Chicago, nonche’ leggere la letteratura dell’epoca, da Dreyer a (un po’ dopo) Steinbeck, per rendersi conto che l’immensa classe “media” era media per chi volesse considerarla tale. L’America ha storicamente proiettato una visione tipo “fata morgana”. Quello a cui l’Europa anelava, veniva immaginato esistente in America – a partire dal 1776. Basta leggere le descrizioni fanta-scientifiche dei giornalisti europei d’allora.
    Cosi’ si esprime in proposito uno scrittore belga, che doveva aver letto Virgilio,

    Mi dicono che nella Virginia i rappresentanti scelti per formare un nuovo governo, si radunarono in un bosco placido e tranquillo, nascosti alla vista del popolo, in una radura preparata dalla natura, circondata da rive erbose e in questo angolo silvano deliberarono su chi avrebbe dovuto presiedere.

    E in una pagina eroi-comica un giornalista francese, che doveva aver letto Plutarco, scrive,

    Il giorno in cui Washington abbandonò il comando nella sala del Congresso, qualcuno aveva adagiato una corona incastonata di gioielli sul libro della costituzione. D’un tratto, Washington prese in mano la corona e la scagliò per terra rompendola in mille pezzi di fronte all’assemblea. Come sembra piccolo e ridicolo l’ambizioso Giulio Cesare di fronte a questo eroe americano.

    • fabriziaccio
      7 giugno 2014 at 8:53

      Lei ha sostanzialmente ragione in merito all’immensa classe media.
      Il mio “immenso” è ovviamente relativo rispetto alla contingenza Europea. In effetti il concetto di “medio” dipende dagli “estremi” inferiore e superiore.

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