Le illusioni del post-modernismo

Breve intervento di Stefano Garroni su “Le illusioni del post-modernismo” di T. Eagleton.

Come è noto, Terence Francis Eagleton, professore di letteratura inglese di orientamento marxista, si è più volte dedicato alla stesura di opere di analisi filosofica e di critica alle ideologie dominanti, di cui appunto il suo “Le illusioni del post-modernismo” (1966) è un importante esempio.

Nell’opera il cosiddetto post-modernismo risulta essere una sorta di senso comune diffuso, che si fa forte del rifiuto delle nozioni classiche di verità, oggettività, progresso e ragione, elaborate dalla riflessione filosofica e scientifica moderna, che sono da esso interpretate come categorie illusorie.

Secondo Eagleton, tale rifiuto ha condotto, in ultima analisi, alla rinuncia di sistemi concettuali che possano interpretare la realtà nella sua interezza, a vantaggio di prospettive di indagine parziali quali le micro-realtà, le identità di singoli gruppi, ecc.

Nell’analisi dell’autore il post-modernismo costituisce l’ideologia nascosta della nostra società, una precisa visione dell’uomo e del mondo che scambia le proprie convinzioni per dati di fatto indiscutibili. Un’ideologia che si vanta di essere astorica e, finalmente, post-ideologica; ma che è ovviamente storicamente determinata e strettamente legata alla vita della società contemporanea.

Eagleton cerca di delineare i caratteri del post-modernismo, mostrandone, nonostante tutto, la ricchezza e la compresenza di punti di vista diversi al suo interno, che hanno a che fare con i dibattiti metodologici sorti nel corso dell’Otto-Novecento sullo statuto di discipline come la letteratura, la storia, l’antropologia, la sociologia, ecc.

Secondo Eagleton, il post-modernismo è caratterizzato dal non contrapporsi e  criticare in maniera radicale il sistema di vita attuale; ma di considerare la società contemporanea come una società pienamente soddisfacente, una società plurale, una società in cui l’individuo è libero di soddisfare le sua aspirazioni e i suoi desideri. Ma, nota l’autore, l’individuo è ridotto a “io” desiderante, a consumatore, che può soddisfare qualsiasi desiderio, recandosi al supermercato.

L’individuo post-modernista elogia il vissuto, il desiderio, cercando di ritrovare nella dimensione affettiva, l’unico elemento di autenticità dell’uomo, che può essere, per così dire, difeso e salvato dal potere capillare del sistema. Quindi abbiamo  l’elogio della sessualità, descritta costantemente come l’unico sbocco accessibile di gratificazione dell’individuo.

Inoltre il post-modernismo, in quanto senso comune della società contemporanea,  sarebbe caratterizzato da un pensiero binario, da un pensiero che opera attraverso opposizioni semplificatorie, che forzano, costringono la realtà delle cose. Ad esempio: noi e loro, occidente e altro, ragione e affettività, potere e individuo, fondamento e convenzione. In questo senso, il post-modernismo risulta incapace di cogliere le sfumature, di cui invece sono ricche la vita e la storia delle società umane.

A ben vedere, pur facendo propri gli aspetti ideologici della società contemporanea, o forse proprio per questo, il post-modernismo non riesce a dare giustificazione ad altri aspetti che sono centrali e che caratterizzano l’attuale fase capitalistica, garantendone il funzionamento. Ossia, mentre da un lato si elogia l’io desiderante, la scelta e il soddisfacimento individuale; dall’altro non si riconosce l’alto grado di razionalizzazione e di progettualità proprie della società attuale, che è governata da centri di potere gerarchico secondo finalità politiche ed economiche ben precise.

Io sono pienamente, totalmente d’accordo con quello che Eagleton dice.

Mi permetto di fare una sola critica: il titolo, secondo me, è sbagliato. Sarebbe più corretto affermare che l’unica grande illusione è credere che l’ideologia post-moderna esista, abbia cioè una sua sostanza propria.

Perché il post-moderno non esiste?

Perché, in realtà, l’ideologia contemporanea, o se vogliamo la cultura contemporanea, è una riduzione a livello del supermercato di quei grandi temi raccontati e discussi nel corso dell’Ottocento da autori, come Kierkegaard o Nietzsche, per esempio. In essi troviamo una tematizzazione profondissima, ricca, densa di tutti i problemi che noi stiamo vivendo.

A mio modo di vedere, l’ideologia post-moderna è il frutto di  un vero e proprio impoverimento culturale, di cui innanzitutto dobbiamo ritenere responsabile la sinistra europea. Nel corso del Novecento la sinistra ha, infatti, appoggiato idee e filosofie irrazionalistiche, proposte da personaggi come Foucault. Ha appoggiato tutto il processo di critica delle componenti più solide della nostra storia, della nostra tradizione culturale, ha avallato menzogne intorno, per esempio, all’illuminismo.

Nel ’68 era un luogo comune la critica al soggetto cartesiano, perché ritenuto un soggetto autoritario, unilaterale, che implicava la dittatura della ragione. Ma  tale posizione si basava semplicemente sull’ignoranza di ciò che scrisse il grande filosofo francese. Gli intellettuali di sinistra non hanno, semplicemente, letto il Discorso sul metodo, non sanno nulla dell’arbitrarismo teologico di Cartesio.

In definitiva il filosofo francese ha scritto: “a noi è sicuramente evidente che uno più uno fa due, non c’è dubbio. Perché è evidente? Perché così Dio ha voluto. Ma avrebbe potuto volere altrimenti”. Cartesio ha cioè ammesso che la costruzione del mondo possa basarsi sulla volontà arbitraria di Dio, con buona pace della dittatura della ragione, dell’unilaterale ragione che tutto soffoca!

E, ancora, pensate a Kant: nella sua riflessione filosofica la ragione è un progetto, è un qualcosa da costruire, è un impegno morale. Se la ragione è un impegno morale, vuol dire che essa non è nei fatti. È un impresa in cui io mi butto e devo rischiare: vinco, perdo; non so.

Tutta la cultura moderna è piena del senso del dramma, dell’ambiguità, della complessità, delle drammatiche contraddizioni che caratterizzano la società industriale. Per esempio, in  Nietzsche o in Schopenhauer troviamo formidabili analisi sulla democrazia e sul parlamentarismo, che prefigurano chiaramente il dramma del totalitarismo, dell’alienazione, di quell’appiattimento della personalità che la società democratica comporta.

E, potremmo dire, che il post-modernismo trae linfa anche da tale appiattimento della personalità, dallo svuotamento di senso della vita contemporanea.

Ma una cosa interessante, e qui chiudo, un motivo guida, un”idea forte del post-moderno è la critica all’assoluto, che si porta avanti con orgoglio come fosse una grande novità. Ma la critica all’assoluto è già contenuta in Aristotele! Se voi leggete la logica di Aristotele noterete l’estrema adeguatezza di quel testo alle pratiche scientifiche moderne.

La realtà è che il post-moderno, essendo un prodotto dozzinale, immagina gli altri in modo dozzinale, e che non ha compreso nulla delle tradizioni filosofiche, scientifiche e, più in generale, culturali che hanno saputo descrivere, analizzare e criticare la società capitalistica.

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Foto: labont.it (da Google)

 

 

 

1 commento per “Le illusioni del post-modernismo

  1. Gian Marco Martignoni
    3 Novembre 2018 at 22:30

    Avete fatto bene a riprendere la preziosa recensione di S.Garroni all’ottimo libro di T.Eagleton, che va letto sulla scorta dell’altro testo fondamentale di Fredric Jameson “Il Postmodernismo.Ovvero della logica culturale del tardo capitalismo “, ripubblicato da Fazi Editore.L’espulsione di ogni possibile critica al ” mostro ” capitalistico, per riprendere un termine caro al filosofo Alain Badiou, è la caratteristica dominante del Postmodernismo, unitamente alla cancellazione della filosofia marxista, per via dell’esaltazione irrazionalista del soggetto desiderante.

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