La classe operaia argentina di nuovo protagonista, non altrettanto quella cubana.

La gita sudamericana di Obama, successiva a quella di Bergoglio, ha chiamato in causa due governi di opposto orientamento politico: quello socialista cubano e quello neoliberista argentino. Se a L’Avana il presidente nord-americano ha suscitato, contemporaneamente, illusioni ed indignazione, in Argentina il portavoce dell’imperialismo Usa è stato meno fortunato: migliaia di manifestanti hanno gridato lungo le vie della capitale ‘’fuori Obama dall’Argentina’’. Le politiche autoritarie e neoliberiste di Macri non hanno nessuna base sociale, l’esito stesso della sua vittoria elettorale pare minata da possibili brogli. Il leader ‘’democratico’’ di Washington è il bersaglio numero uno dei lavoratori argentini: un popolo martoriato che ancora porta le cicatrici della dittatura militare clerico-fascista tanto voluta e sostenuta dalle oligarchie capitaliste.
Ma dove va Cuba ? Fidel Castro si è affrettato a raddrizzare il timone dell’antimperialismo, in contrasto con l’atteggiamento aperto ( e sprovveduto ? ) di Raul: ‘’Nessuno si faccia l’illusione che il popolo di questo nobile ed abnegato paese rinunzierà alla gloria ed ai diritti, ed alla ricchezza spirituale che ha guadagnato con lo sviluppo dell’educazione, della scienza e della cultura’’ 1. Le parole di Fidel certamente ci aiutano a tirare un sospiro di sollievo, ma non ci esonerano dall’andare a fondo sulla vicenda cubana. Ripropongo la domanda: dove va Cuba ?
L’ultimo presidente Usa che ha visitato l’isola risale al 1928 ma da allora, osserva lo studioso marxista Guillermo Almeyra: ‘’Washington ha poi occupato l’Isola; le ha imposto due dittature, l’ha invasa a Playa Girón [lo sbarco della “Baia dei Porci”]; ha mantenuto una guerriglia nell’Escambray; ha disseminato il dengueemorragico ed altre malattie; ha imposto agli altri paesi il blocco, costato a Cuba 100 miliardi di dollari; ha assoldato spie e controrivoluzionari in abbondanza e offerto rifugio a terroristi assassini, oltre ad organizzare decine di tentativi di assassinio di Fidel Castro; tutto questo passato Obama lo ha appena sfiorato, giustificandolo e minimizzandolo senza autocritica alcuna’’ 2. Raul Castro avrebbe potuto far presente tutto questo ad Obama, perché invece il suo atteggiamento è stato così morbido ? Eppure anche una richiesta di risarcimento dei danni, da parte del governo cubano a quello statunitense, giunti a questo punto, sarebbe anche doverosa.
In Argentina, Obama viene riconosciuto come un reazionario: la classe lavoratrice, dopo oltre dieci anni di paternalismo neoperonista, si riappropria della sua tradizione conflittuale e di classe, che trova le sue fondamenta nel guevarismo e nella resistenza armata alla dittatura militare degli anni ’70 ed ‘80. Macri è un fantoccio neoliberista che, con le buone o le cattive, deve eliminare ( e in parte c’è purtroppo già riuscito ) le riforme progressiste realizzate dai governi Kirchner: il paese deve essere ricondotto nel cortiletto dello Zio Sam. Purtroppo, il discorso per Cuba è in larga parte differente: cambia il contesto, cambiano completamente gli attori.
Secondo James Petras, nell’isola, c’è un ceto medio emergente del tutto ‘’occidentalizzato’’ quindi entusiasta del modello di vita statunitense. La piccola borghesia cubana pensa di poter mantenere lo Stato sociale mentre, nello stesso tempo, accede alla ‘’società dei consumi’’. Si tratta di una illusione, dice Petras: ‘’Están viviendo muchas ilusiones los cubanos, pensando que el sufrimiento que han tenido estos años por el bloqueo se va a mejorar con la participación norteamericana. La nueva generación no tiene ninguna idea de lo que era Cuba antes de la revolución, solo conocen las dificultades de los últimos años, saben que hay una situación difícil en Venezuela que es uno de los países que apoya a Cuba’’ 3.
Il nostro sociologo fa benissimo a menzionare la ‘’situazione difficile’’ del Venezuela. Domanda: la strategia Usa comprende la separazione di Cuba dal Venezuela (post)chavista ? Se così fosse ci sarebbe ben poco da gioire, anzi, l’esatto opposto: il governo venezuelano cosa aspetta – e lo ribadisco nuovamente – a (ri)radicalizzarsi intensificando l’offensiva politica nei confronti dell’ipocrita oligarchia economica e sociale ‘’vendi-patria’’ ? Oggi il conflitto di classe è destinato a ripresentarsi e a riacutizzarsi, smentendo le illusioni di chi crede che l’attuale crisi possa essere risolta per via “diplomatica”. Il progressismo sudamericano – più socialdemocratico che marxista – è consapevole di tutto questo ?
Uno dei problemi maggiori di Cuba è l’assenza – a differenza dell’Iran khomeinista (l’esempio è iperbolico trattandosi di un contesto completamente differente) – di una cultura antiamericana fortemente radicata nella popolazione civile. Ernesto Guevara, vero artefice della Rivoluzione del 1959, provò a ‘’marxistizzare’’ la classe lavoratrice facendola diventare la colonna vertebrale dello Stato socialista. Il ‘’Che’’ riteneva che il compito degli antimperialisti non fosse quello di ‘’creare docili salariati del pensiero ufficiale, né «borsisti» che vivano al riparo dei finanziamenti statali, beneficiando di una libertà tra virgolette’’. La formazione ideologica assumeva un ruolo di primo piano: ‘’Il rivoluzionario, motore ideologico della rivoluzione in. seno al partito, si consuma in questa attività ininterrotta, che finisce solo con la morte, a meno che il processo non si estenda su scala mondiale. Se il suo impegno rivoluzionario si affievolisce quando i compiti più urgenti vengono realizzati su scala locale e l’internazionalismo proletario viene dimenticato, la rivoluzione che egli dirige cessa di essere una forza propulsiva e affonda in un tranquillo letargo, di cui approfitta il nostro inconciliabile nemico, l’imperialismo, per riguadagnare terreno. L’internazionalismo proletario è un dovere, ma anche una necessità rivoluzionaria. Così educhiamo il nostro popolo’’. ( Ernesto Guevara, Il socialismo e l’uomo a Cuba, 1965 ).
Che lezione spera di dare Raul Castro, abbracciando calorosamente Obama? Domanda: se l’esperienza social populista (Evo, Correa, Maduro ) dovesse terminare, che possibilità ci sarebbero per un ritorno al ‘’foco guerrigliero’’ ? E se così dovesse essere, che posizione assumerà la ‘’nuova’’ Cuba: appoggerà le guerriglie come negli anni ’70 o ripiegherà – magari sostenuta dalla Russia – su posizioni campiste ?
Il giornalista italiano Fulvio Grimaldi esprime un giudizio durissimo, forse eccessivo, un vero e proprio campanello d’allarme, leggiamolo: ‘’Il superamento del disastro sociale ed economico è stato cercato, prima, in una vera e propria controrivoluzione che ha ridotto di metà la quota pubblica dell’economia (in gran parte, del resto, in mano ai militari) e messo in mezzo a una strada mezzo milione di dipendenti statali, riqualificati “cuentapropistas”, cioè imprenditori privati, in effetti privati di ogni agibilità economica. E’ su questa nuova piccolissima borghesia, aspirante a diventare media, che punta Obama, facendosi fotografare, somma ingiuria, sotto il ritratto del Che in piazza della Rivoluzione. E’ la quinta colonna destinata a frantumare, con gli appetiti che verranno soddisfatti dalle multinazionali del turismo, delle costruzioni, dell’industria pesante, delle telecomunicazioni, dell’alimentazione, dell’azzardo, quanto rimane del socialismo cubano. Che, a parte il partito unico, è poco’’ 4. Quindi Grimaldi, a differenza di Petras, non crede che i ceti medi possano essere ricondotti sul giusto binario dell’anticapitalismo; questi ultimi ricoprono il ruolo di quinta colonna neocolonialista, sempre labili e flessibili verso la propaganda ideologica del polo imperialistico più forte. Forse, nei prossimi anni, Cuba – socialista o meno – si troverà a dover fronteggiare la strategia delle ‘’rivoluzioni colorate’’ vale a dire la ‘’destabilizzazione morbida’’, il “soft power” secondo il linguaggio della geopolitica. Il gruppo dirigente (post)castrista dovrebbe esserne consapevole.
In breve, i lavoratori argentini tornano sula scena politica e riaccendono il conflitto sociale, mentre i cubani retrocedono. Per andare dove?

http://antoniomoscato.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2582:almeyra-obama-a-cuba-la-gita-del-padrone&catid=8:lamerica-latina&Itemid=16

http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3578:2016-03-29-09-01-01&catid=145:cuba

http://www.lahaine.org/mundo.php/en-argentina-abuchearon-a-obama

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/03/bruxelles-bastone-alleuropa-havana.html

4 commenti per “La classe operaia argentina di nuovo protagonista, non altrettanto quella cubana.

  1. ALESSANDRO
    1 Aprile 2016 at 10:39

    Mi sembra una – analisi – Superficiale …. retorica …. Impolitica … a CUBA Obama era OSPITE …. in Argentina – SPONSOR – della DESTRA ….. R I F L E T T E R E ….. l’ Infantilismo … la Tifoseria NON serve all’ EMANCIPAZIONE UMANA …. tanto meno all’ Antimperialismo …. Ciao …

    • Fabrizio Marchi
      1 Aprile 2016 at 12:08

      Caro ALESSANDRO (lo scrivo maiuscolo per distinguerti da un altro Alessandro che ci segue sistematicamente e pubblica anche numerosi commenti), naturalmente sarà cura di Stefano risponderti.
      Quello che mi sento di dirti è che non tutti gli articoli possono essere dei trattati enciclopedici. Mi pare che tu segui il nostro giornale anche con una certa assiduità e avrai notato che alterniamo analisi più approfondite e particolareggiate con articoli più brevi, tipicamente giornalistici, diciamo così che a volte, all’occhio attento di un osservatore con notevoli doti analitiche come sei tu, possono sembrare un po’ superficiali . Anche perché il nostro pubblico, come è giusto che sia, è molto variegato. Molti ci hanno chiesto e ci chiedono articoli più brevi e anche meno impegnativi dal punto di vista concettuale, altri invece preferirebbero un taglio specialistico o addirittura ultraspecialistico. Entrambe le richieste sono assolutamente legittime, sia chiaro. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio per provare a rispondere ad entrambe, proprio perché vogliamo fare un giornale per tutti. A volte ci riusciamo e a volte meno. Come ho avuto modo di dire, L’Interferenza è un cantiere aperto, quindi ben venga anche il tuo contributo che ho sempre auspicato e che ti ho anche personalmente invitato a dare più volte, come ben ricorderai.
      Nel merito. Mi pare di poter dire che Stefano, sia pur nelle modalità che abbiamo detto, abbia posto delle perplessità più che legittime che in molti, non certamente soltanto noi, ci poniamo,in particolar modo tutti quelli che hanno a cuore il processo rivoluzionario cubano. Poi è ovvio che ci siano delle legittime diverse interpretazioni su quanto sta avvenendo ed è bene e giusto che ci si confronti.
      Spero ovviamente che le cose vadano per il giusto verso però non possiamo escludere la possibilità di una deriva del percorso socialista cubano. Personalmente sono stato a Cuba tre volte, l’ultima circa 15 anni fa e già si poteva toccare con mano quanto potente fosse lì’influenza ideologica capitalista su larghi settori della società cubana, in particolare sulla gran parte dei giovani e sui cosiddetti “ceti emergenti”. Mi pare, anche dalle notizie di amici e compagni che vi sono stati di recente, che questa tendenza si sia enormemente amplificata. Ora, naturalmente, non voglio con questo bollare aprioristicamente le riforme o le aperture come una sorta di aperta controrivoluzione in atto. Tuttavia penso che le perplessità di alcuni compagni, preoccupati per il futuro assetto sociale e politico di Cuba, siano assolutamente legittime e vadano discusse.
      Prossimamente, e forse a breve, una nostra analisi più approfondita sulla questione.

  2. Stefano Zecchinelli
    1 Aprile 2016 at 11:53

    La domanda principale è questa: il sistema socioeconomico cubano sta cambiando ? La risposta è sì. Cito – per essere preciso – i Lineamientos de política económica y social del partido y la Revolución dell’aprile 2011. Il testo è lunghissimo ma alcuni compagni che l’hanno studiato nell’analitico sono stati cortesi a segnalarmi alcune parti salienti:

    art. 17: «17. Las empresas estatales o cooperativas que muestren sostenidamente en sus balances financieros pérdidas, capital de trabajo insuficiente, que no puedan honrar con sus activos las obligaciones contraídas o que obtengan resultados negativos en auditorías financieras, serán sometidas a un proceso de liquidación o se podrán transformar en otras formas de gestión no estatal, cumpliendo con lo que se establezca al respecto»

    Fonte: http://www.cubadebate.cu/noticias/2011/05/09/descargue-en-cubadebate-los-lineamientos-de-la-politica-economica-y-social-pdf/#.VJn1ezYAKw

    Questo che cosa significa ? Semplice, la progressiva liquidazione delle imprese statali. Faccio notare che Cuba non è la Cina, quindi il passaggio da una economia statale ad una privata comprometterebbe anche l’indipendenza nazionale.

    Tu dici ”Obama era ospite”, certo. Però la visita a Cuba era in continuità con quella in Argentina e del tutto interne ad un progetto imperialistico che alterna l’utilizzo della forza con quello della diplomazia. Non entri nel merito delle questioni poste, ad esempio Grimaldi dice: ”l superamento del disastro sociale ed economico è stato cercato, prima, in una vera e propria controrivoluzione che ha ridotto di metà la quota pubblica dell’economia (in gran parte, del resto, in mano ai militari) e messo in mezzo a una strada mezzo milione di dipendenti statali, riqualificati “cuentapropistas”, cioè imprenditori privati, in effetti privati di ogni agibilità economica”. A te risulta questo ?

    Allora le cose sono due: (a) puoi smentire questo dato di fatto ?; (b) il socialismo, se viene meno la proprietà statale dei mezzi di produzione, perde o no di significato ?

    Entra nel merito.

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