Caro Fabrizio, resto femminista, nonostante “Contromano”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

 

Caro direttore Fabrizio Marchi,

oggi ho finito di leggere il tuo libro, “Contromano”.

Una lettura non sempre facile ma sicuramente per certi versi avvincente. E sai perchè? Perchè quasi in ogni capitolo trovavo dei passaggi che mi facevano sorgere domande e il desiderio di controbattere. E poi ancora domande, riflessioni e in alcuni casi anche la voglia di cazzottarti, anche se in misura decisamente minore rispetto a quando ho letto il tuo primo libro, “Le donne. Una rivoluzione mai nata”. Io mi ci sono impegnata parecchio, sai. Ce l’ho messa tutta per trovare una falla nel tuo ragionamento, soprattutto per ciò che concerne la critica all’ideologia femminista perchè, dio mio, mica puoi avere ragione su tutto.

Ma non ci sono riuscita. E sono giunta alla conclusione che sei inattaccabile. Che quel ragionamento non fa una piega.

E questo mi induce a ridefinirmi dal punto di vista semantico nel caso esistesse un altro termine che spiega ciò che sono, o ad accettare quella definizione, cioè femminista, che inevitabilmente si porta dietro anche il peccato originale di essere una ideologia che è uno dei mattoni del sistema capitalista, come tu spieghi.

Termine che in realtà uso raramente ma al quale io attribuisco un determinato significato per me importante.

Per me essere femminista significa essenzialmente non adeguarsi ad un modello femminile predefinito. Un modello che generalmente contempla tre ruoli: moglie, madre, puttana. Ecco, io sento il peso della società che non accetta che una donna possa scegliere di essere se stessa e basta. E che essere se stessa sia il frutto di una scelta consapevole e non un ripiego. E questo comporta la demitizzazione e desacralizzazione della donna, cosa che a parole son tutti bravi (uomini e donne) ad accettare ma che nella realtà lo sono un po’ meno.

Essere femminista per me significa anche essere grata a tutte quelle donne che negli anni 70 sono scese in piazza, derise, sbeffeggiate e offese, per rivendicare il diritto ad una legge sull’aborto.

Se tutto ciò è parte integrante e fondante dell’ideologia femminista, pazienza. Io non ce la faccio a prescindere da tutto ciò. E non posso e non voglio fare distinguo, come tu hai sottolineato più volte, tra il femminismo buono e quello cattivo.

Se una si definisce femminista, deve rivendicare tutto. Anche la parte che non le piace.

Così come se una si definisce comunista ( e io mi definisco tale) deve rivendicare tutto ciò che il movimento operaio ha espresso. Compresi i massacri di Pol Pot.

Spero di poter avere l’occasione di approfondire la questione.

Saluti.

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Fonte foto: NarrAzioni Differenti – Altervista (da Google)

 

25 commenti per “Caro Fabrizio, resto femminista, nonostante “Contromano”

  1. Michele Serra
    25 dicembre 2018 at 13:03

    Essere femministi o comunisti o qualunque altra cosa non è una cosa che ci ha prescritto il dottore: nel momento in cui vediamo che che c’è qualcosa di fondamentale che non funziona, che le critiche avverse sono inattaccabili, sarebbe buona prassi essere capaci di prenderne atto e abbandonare il proprio sistema di credenze. O modificarlo, perché il femminismo o il comunismo o altro non sono leggi divine da prendersi con tutti gli annessi e i connessi e conservare intatti per i secoli dei secoli amen. Sono cose vive e perfettibili, e se non sono perfettibili è meglio abbandonarle e dimenticarle.
    Il femminismo è un fatto umano, e come la mafia e tutti gli altri fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine.
    Non volerne prendere atto significa essere fanatici. Dal fanatismo provengono tutte le cose più brutte.

    • Giacomo
      25 dicembre 2018 at 17:07

      Bella risposta

    • Renato
      26 dicembre 2018 at 8:29

      Il tuo ragionamento non fa una piega. Ma alla fine hai citato solo in parte quello che diceva Falcone circa la mafia “…..spero che la fine della mafia non coincida con la fine della specie umana”. Insomma, ormai sappiamo da almeno 100 anni che la razionalità è una parte minima di noi e dobbiamo tenerne conto se vogliamo fare politica. Quindi evitiamo di parlate di femminismo che è un termine troppo caro e sacro per tanti/e/?. Diciamo le stesse cose usando come bersaglio polemico la misandria.

  2. Giovanni
    25 dicembre 2018 at 14:01

    Se vuoi essere te stessa allora sii completamente e liberamente te stessa e non solo parti di te per reazione alla società o ” ai modelli femminili “precedenti…Le donne di 10000 anni fa erano se stesse e non rinunciavano alla loro parte sacra erano ogni cosa e permettevano agli uomini di essere ogni cosa in armonia e non in guerre ideologiche…vuoi essere te stessa allora libera testessa dalle ideologie e dai limiti che tu stessa ti dai volendo definirti…Una donna non è definibile così come un uomo davvero in tutti i suoi aspetti non lo è…bisognerebbe solo viversi nel rispetto e nell’etica(che non è morale è qualcosa che è ognuno ha dentro di se)

  3. giacinto
    25 dicembre 2018 at 14:53

    Tu sì che sei una vera combattente fedele alle persone prima che agli ideali o alla politica, francamente ti ammiro. Per me invece, essere mascolinista, non significa accettare e santificare l’ombra del maschile, in primo luogo la scelta di anteporre il primato della politica alla morale, l’ombra deve essere conosciuta, espressa, esorcizzata e infine redenta, strappare all’ombra ciò che nasconde e portarlo alla luce. In quanto al femminismo, come tutte le cose umane, nascono nobili e muoiono ignobili. La parte nobile del femminismo è passata ora c’è solo ricerca di privilegi e mantenimento di rendite di posizioni.

  4. Fabrizio Marchi
    25 dicembre 2018 at 18:49

    “Un modello che generalmente contempla tre ruoli: moglie, madre, puttana. Ecco, io sento il peso della società che non accetta che una donna possa scegliere di essere se stessa e basta”. (Angela Mori)
    Ecco, questo è proprio il paradigma all’interno del quale si trova o, per meglio dire, è ancora prigioniera, l’attuale sinistra. Ed è per questo che, pur non essendone consapevole, finisce per essere funzionale e organica all’attuale sistema capitalista e neoliberale che ha messo in soffitta quel paradigma vetero borghese (il famoso “Dio, Patria e Famiglia”) all’interno del quale il ruolo della donna era effettivamente quella della “madre, moglie o puttana”.
    Qual è, ora, il busillis? Ce n’è più d’uno, per la verità.
    Il primo.
    Il femminismo si dimentica (ma guarda un po’…) di dire che se effettivamente il ruolo delle donne (o della gran parte di loro) era quello di “mogli, madri e puttane”, quello degli uomini (o della gran parte di loro) era di “bestie da soma e carne da cannone”. Questi differenti ruoli sono stati il risultato della DIVISIONE SESSUALE DEL LAVORO che ha caratterizzato la storia dell’umanità, di pari passo, ovviamente, alla DIVISIONE SOCIALE (CIOE’ DI CLASSE) DEL LAVORO.
    Questo perché il femminismo, partendo da un punto di vista dichiaratamente parziale, osserva e soprattutto interpreta la realtà da un punto di vista unilaterale, né potrebbe essere altrimenti. Diversamente non potrebbe neanche esistere. Quindi siamo di fronte ad una ideologia che parte da un punto di vista parziale e rimane nella parzialità. Anche questa è una differenza STRUTTURALE E SOSTANZIALE sia con la filosofia hegeliana (non a caso Carla Lonzi “sputava su Hegel”…) che con quella marxiana che sono due filosofie universalistiche. Anche Marx parte infatti dalla parzialità ma per giungere alla totalità e all’universalità. Il femminismo, invece, nasce parziale e resta parziale, e non ha alcun interesse alla totalità e all’universalità, né potrebbe averlo. Ovviamente, nel mio libro, approfondisco meglio questo aspetto, proprio in un capitolo dal titolo “Io che non sputo su Hegel e tanto meno su Marx”. (mi si consenta di farmi un po’ di autopromozione, anche perché o me la faccio da solo o me la faccio da solo, tertium non datur… ).
    Il secondo.
    Rimanendo prigioniera del paradigma di cui sopra, la sinistra NON si avvede (incredibile ma vero…) o forse non può o non vuole avvedersi che il sistema dominante (capitalista) ha cambiato il suo sistema ideologico (falsa coscienza) di riferimento, per cui ha dismesso il vecchio “Dio, Patria e Famiglia”, quello che relegava le donne nel ruolo di “mogli, madri e puttane” (e gli uomini – non dimentichiamolo mai – a quello di bestie da soma e di carne da cannone…) per assumere il nuovo, cioè l’ideologia cosiddetta “politicamente corretta” (di cui il femminismo è un mattone fondamentale), giudicato più idoneo e funzionale alla perpetrazione del suo stesso dominio.
    Per cui si trova (la “sinistra”) in una situazione a dir poco paradossale. Questo è dovuto in larga parte ad ottusità ideologica, e cioè all’incapacità e alla difficoltà, anche personale, di mettere mano alle proprie convinzioni, o quanto meno aggiornarle. Il punto è che anche questo è impossibile, perché se anche si limitassero ad aggiornarle, non potrebbero che dichiarare quanto meno ormai esaurito il femminismo, per la semplice ragione che non esistono più le ragioni per le quali è nato. La riproposizione da parte di Angela del paradigma “moglie, madre e puttana”, è la dimostrazione di questa incapacità ideologica, che è peraltro in totale antitesi in primis con la stessa dialettica marxiana che NON è e NON potrà MAI essere una sorta di sistema fisso e fissato una volta per tutte per l’eternità. E chi pensa che il Marx-pensiero sia questo, è senza dubbio un cattivo marxista…Ma infatti non è una novità che il marxismo da pensiero dialettico sia stato trasformato in una sorta di religione secolarizzata ed ipostatizzata…Ed è questo che impedisce a queste persone di osservare la realtà con lucidità, perché la osservano appunto da un punto di vista “religioso” e non dialettico.
    Poi c’è l’opportunismo. Si preferisce coltivare il proprio orticello identitario (a costo di estinguersi lentamente…) piuttosto che aprire una dialettica che porterebbe (e forse lo sanno…) inevitabilmente a mettere in discussione quei dogmi e quelle credenze (i famosi baconiani “idoli del foro”) a cui non possono rinunciare.
    Questo discorso, naturalmente, vale per il femminismo radicale di sinistra, quello a cui appartiene anche Angela Mori. Poi c’è l’altro femminismo, quello oggi ampiamente maggioritario, che è quello liberale e neo liberale o di “sinistra compatibile” o anche di destra… Per questi la contraddizione non sussiste dal momento che non hanno il problema ideologico di coniugare la questione di genere con quella di classe (impossibili da coniugare…), essendo perfettamente compatibili, in tutto e per tutto, con il sistema capitalista e neoliberale dominante.

    • Mario
      26 dicembre 2018 at 20:53

      Eccellente risposta, caro Fabrizio! Ti saluto e ne approfitto per farti gli auguri!

      • Fabrizio Marchi
        27 dicembre 2018 at 9:36

        Grazie, caro Mario, auguri anche a te!

  5. gino
    25 dicembre 2018 at 21:04

    “Per me essere femminista significa essenzialmente non adeguarsi ad un modello femminile predefinito. Un modello che generalmente contempla tre ruoli: moglie, madre, puttana”

    angela, sicuramente sei lungi dall’essere la peggiore delle femministe.
    non so quanti anni hai ma ti faccio presente che oggi in occidente il modello femminile predefinito nella REALTA’ è esattamente l’opposto di quello che esprimi nella frase che ho virgolettato:
    – metà della gente non si sposa e di quelli che lo fanno oltre la metà divorzia (nel 75% dei casi su volontà Vostra), quindi cade il “moglie”
    – figli non ne fate più, siamo a una fecondità di 1.3 (da estinzione nel giro di 3 generazioni), quindi cade il “madre”
    – sesso (almeno con gli uomini) non ne fate più, quindi cade il “puttana”.

    avete vinto, avete distrutto cose che sono la normalità per tutti gli esseri viventi da miliardi di anni. quindi veramente meglio estinguersi, etnicamente, culturalmente e politicamente.

    p.s. “cazzottarti” nessun uomo potrebbe permettersi di scriverlo oggi a una donna senza la certezza della galera…

  6. Rino DV
    26 dicembre 2018 at 11:25

    Gino mi ha anticipato. Ok in tutto.
    Le DD in Occidente non vivono nella realtà ma nella Matrix costruita dal femminismo.
    Praticamente tutte. La Narrazione femminista ha conquistato la psicosfera.
    Non ne escono neppure coloro che ne pagano le conseguenze, figuriamoci quelle che in essa trovano motivi di risentimento, ragioni di rivalsa e imputazione causale di tutte le difficoltà della vita. In primis quelle che si frappongono al “successo” (mito americano) ed alla “carriera” (mito femminista).
    .
    Racconto che nasce dal rancore covato per secoli contro l’altra metà del mondo.
    Racconto che imputa al maschio ogni male esistito ed esistente.
    .
    Narrazione che nasce dall’odio e che genera odio. Motore della storia.
    .
    Parce subiectis.

    • gino
      26 dicembre 2018 at 16:25

      non si capisce dove, oggi, queste incontrerebbero ostracismi nel caso non vogliano sposarsi o fare figli… e anche ammesso li incontrassero, la vita è fatta anche di contrasti… tranne per i NARCISISTI, che non sopportano l’esistenza di opinioni diverse o avverse.
      io ho i denti storti, da ragazzo mi ci prendevano in giro… ma non m’è rimasto alcun trauma. e non pretendo investimenti statali in “centri antiviolenza pro denti storti”. e non pretendo movimenti mondiali a difesa dei denti storti. e non pretendo che l’avere i denti storti non venga deinito come difetto o che venga cambiata la parola storti con “diversamente orientati”. e non pretendo QUOTE-denti storti nel cinema, nelle fabbriche e uffici.

      p.s. siccome io sono moderatamente freudiano, secondo me sotto sotto sti racconti nascono da omosessualità.
      giorni fa lessi un articolo sulla pubblicazione di un noto sito porno circa i gusti “cliccatori” del popolo italiano:
      – maschi: “mature”
      – femmine: “lesbian”
      per carità, non ne escono bene manco i maschi eh…

    • gino
      27 dicembre 2018 at 12:44

      rino,
      aggiungo un’altra cosa a chiusura: il mondo femminista è solo una fase di passaggio verso il mondo omosessuale, che è solo una fase di passaggio verso il mondo asessuato.
      l’istinto naturale (che è IL BENE) prima lo si distorce e poi lo si elimina.

      combattere FEROCEMENTE contro questo trend mi pare molto più importante e impellente che combattere per qualsiasi altro obiettivo.
      per la salute fisica e mentale delle generazioni a venire (ammesso che si generi…).

  7. Romolo
    27 dicembre 2018 at 20:28

    Cara Angela ,
    concordo con la tua riflessione e su tutto cio’ che hai scritto sul femminismo . La difesa della specificita’ di genere contro tutti coloro che si affannano a teorizzare , da destra o da destra/sinistra , resta , a mio avviso , parte imprescindibile della capacita’ e della forza dell’ universo femminile di ritagliarsi spazi e diritti emancipativi . Se non si fossero affermate quelle istanze e quelle esigenze allora … la condizione della donna oggi , con tutte le contraddizioni sociopolitiche irrisolte , sarebbe rimasta all’ interno di un eterno tradizionalistico “buonavolontismo“ maschile . Meglio avere uomini sofferenti per incapacita’ a gestire il proprio rapporto paritario con il mondo femminile che donne castrate nelle loro esigenza di liberta’ affermazione delle proprie specificita’ .
    D’altronde trovo del tutto risibile e ridicolo l’ accusa al “femminismo“ di essersi impoverito a pura ideologia , addirittura interna al nuovo paradigma di potere neoliberale : ce’ qualcosa che non lo sia ? Siamo tutti impiastricciati da tale impasto : lo sono le sinistre radicali e non , lo sono gli intellettuali , intelligenti o meno , lo sono le religioni , tutte … e allora ? Qui qualcuno , non certo tu , vorrebbe spiegare alle donne come si fa opposizione partendo dalla propria specificita’ … peccato che siano uomini , a cui manca di sicuro , a mio avviso , il senso della misura . Strana , molto strana , la conclusione del sig. Michele Serra ( … proprio quel Michele Serra ? ) che verso la fine del proprio conmento , affermando che tutto prima o poi finisce … accoppia il femminismo alla mafia … perche’ mai tale abbinamento , dopotutto sono due fenomeni sociali molto diversi … o no ?

    • Fabrizio Marchi
      27 dicembre 2018 at 23:12

      Io invece trovo risibile e ridicolo, oltre che scontatissimo, il tuo commento. Sei talmente allineato e coperto al mantra femminista che non riesci neanche a cogliere che in quella lettera di Angela c’è in realtà l’ammissione di una contraddizione, di una lacerazione. Ed è proprio questo che la rende bella, a suo modo. Perché è evidente che c’è anche una sofferenza dietro a quella lettera.
      E invece tu, come se nulla fosse, vieni qui a fare da rinforzo psicologico. Ma scusa una cosa. Perché secondo te Angela ha scritto proprio a noi? A questo giornale? Non ci hai pensato? Pare proprio di no. Eppure, se ti sforzi può darsi che ci arrivi. Ha anche scritto delle cose sulle quali tu sorvoli perché la tua unica preoccupazione è confermare la tua fedeltà assoluta al femminismo, incriticabile, intoccabile, indiscutibile. E invece è proprio Angela con la sua lettera che lo mette di fatto in discussione, che apre una crepa, ammettendo, con coraggio, le sue contraddizioni. E invece tu vieni qui a fare quello più realista del re. Non capisci o fai finta di non capire quello che lei ha voluto comunicare. Sei senza speranza.

  8. Romolo
    28 dicembre 2018 at 11:53

    … “sei senza speranza“ , mi viene detto , a questo punto mi sarei aspettato anche l’ accusa di essere senza fede e carita’ …
    ma andiamo oltre .
    In verita’ lo sono , senza speranza . Ma nel senso che non attendo nessun “verbo“ un cui riporre le mie attese di “illuminazione“ . Anch’ Io , come te , d’altronde , mi rifaccio all’ esercizio del pensiero dell’ umano , tutto umano , all’ interno del quale si alternano considerazioni e costruzioni teoriche corrette e giuste , soddisfacenti , ma anche , a volte … incomplete , travisate , forzate o , purtroppo ideologizzate . Niente di nuovo sotto il sole , per carita’ , ma , al fine di evitare speciose arrampicate sui vetri , permettiamo al “dubbio“ di farci visita … chissa’ che parti del nostro pensare non si fondano su basi artificiose e fallaci . Lo ricordo a me stesso , ma anche al mio interlocutore . Nessun rinforzo psicologico e nessun mantra femminista mi hanno spinto ad intervenire su l’ Interferenza . Ma la semplice condivisione del punto di vista espresso nel Post circa la rivendicazione a considerare valida e cogente , tutt’ ora , l’ eredita’ del movimento di opposizione femminile al Capitale e ai cangianti ruoli culturali e sociali da esso riservati all’ uomo , assieme a tutte le gabbie sociali che continuano ad ostacolare l’ emancipazione femminile . Che il nemico di classe , oggi , continui ad essere sia il capitale , nella sua versione neoliberista , e’ cosa assodata … che l’ altro tradizionale avversario per le donne continui ad esserlo anche l’ uomo/sembiante , che gli vive accanto , con le tutte le sue trasformazioni socioculturali indotte proprio dal neoliberismo e dall’ emergente e vincente neotradizionalismo culturale e religioso … lo e’ altrettanto .

    • Fabrizio Marchi
      28 dicembre 2018 at 12:40

      Amico mio, o caro compagno, fai te…Sei stato tu ad entrare a gamba tesa, in modo perentorio ed assertivo, liquidando le mie posizioni come risibili e ridicole…(cito testualmente:” D’altronde trovo del tutto risibile e ridicolo l’ accusa al “femminismo“ di essersi impoverito a pura ideologia, addirittura interna al nuovo paradigma di potere neoliberale”). Peraltro dando la tua personalissima interpretazione che va ben oltre le parole di Angela Mori che invece non le ha trovate affatto ridicole e risibili e anzi addirittura “inattaccabili” su un piano logico-dialettico (rileggi con più attenzione la sua lettera…).
      Quindi adesso non giocare ad assumere la parte del laico, tollerante, antidogmatico, illuminista e illuminato che ribatte al dogmatico, integralista e intollerante (e magari pure maschilista e reazionario, non lo hai detto ma forse, sotto sotto…). Per prima cosa perché con il tuo linguaggio e il tuo atteggiamento tutto dimostri tranne che di essere tale, e secondo poi perché qui se c’è uno che va controcorrente è il sottoscritto, non certo tu che aderisci in toto alla corrente, al punto tale che se qualcuno ha una opinione differente, tu lo bolli definendo le sue posizioni risibili e ridicole. Quindi, fatti un esame di coscienza, se hai un briciolo di onestà intellettuale, ed evita di assumere atteggiamenti falsi ed ipocriti come quelli che hai assunto in questo tuo secondo commento.

    • gino
      28 dicembre 2018 at 20:37

      “e’ cosa assodata … che l’ altro tradizionale avversario per le donne continui ad esserlo anche l’ uomo”

      a parte che dovresti sforzarti di scrivere in un italiano decente… non è assodato proprio per niente.

  9. Rino DV
    28 dicembre 2018 at 18:27

    “Siamo in crisi di identità perché abbiamo perso il potere” è l’incipit classico delle contestazioni femministe “più articolate” nei confronti degli attivisti del Momas. Le altre motivazioni fanno riferimento ai “problemini” che abbiamo con le FF. Con ciò ogni argomentazione antifemminista viene svuotata. Siamo revanscisti e/o sfigati. Il problema è risolto.
    .
    E’ persino imbarazzante osservare come ci siano DD cui gli argomenti del Momas provocano dubbi e sconcerto e vedere invece come gli UU non vogliono in alcun modo prenderli in considerazione.
    .
    Quando i fatti e la ragione non contano nulla vuol dire che il problema non è di ordine logico ma psicoemotivo. Morale. Lo sappiamo da sempre.
    Ma cos’altro possiamo fare se non argomentare con fatti e razionalità?
    Col mostrare la faccia nascosta della Luna, raccontare una storia diversa, inaudita ed evidenziare le contraddizioni, sia quelle logico-discorsive sia quelle della realtà sociale effettuale?
    .
    Questi sono gli strumenti che abbiamo.
    Pistole ad acqua contro la psiche avviluppata in una membrana idrorepellente.

    • gino
      28 dicembre 2018 at 20:40

      io non sono preda di alcuna crisi d’identità…

  10. Ani.
    30 dicembre 2018 at 13:32

    Dichiarazione sincera che fa onore a l’essere femm.ista (in quella maniera).

    “E sono giunta alla conclusione che sei inattaccabile. Che quel ragionamento non fa una piega.”

    Oddio, dopo aver letto questa frase mi ha fatto venire voglia di leggere il libro, anche se so, che quello che sembra inattaccabile “orizzontalmente”, lo è “verticalmente”…

    Sulle varie risposte potrei aggiungere qualcosa ma lasciamo perdere, insomma, non mi interessa.

    Complimenti a Fabrizio per essere colui che sulla Qm, ha portato avanti una delle linee più originali fin ora mai prodotte (a mio parere ancora incomplete, vedi sopra, unione di piano orizzontale con quello verticale) ma cmq…un gran bel lavoro.

    • Fabrizio Marchi
      31 dicembre 2018 at 9:54

      Ti ringrazio per i complimenti.
      Per il resto, non esiste un sistema filosofico che non abbia delle crepe o delle aporie, anche minime. Devo dire che io sono consapevole di quelle presenti nella mia elaborazione, ma questo è dovuto soprattutto alla necessità di darle un “binario” concreto, quindi anche un possibile sbocco politico. Questo mi ha obbligato ad approfondire in misura relativamente minore alcuni aspetti che attengono alla sfera ontologico-antropologica rispetto a quella socio-culturale. Del resto, come ripeto, ciò si rende necessario se si vogliono dare della gambe concrete alla Questione maschile e uscire dal mero dibattito teorico.

      • Ani.
        31 dicembre 2018 at 20:10

        >Devo dire che io sono consapevole di quelle presenti nella mia elaborazione,

        Anche questo ti fa molto onore, dico davvero.

        Del resto, forse ricordi come “la penso” : “Se Cristo avesse detto la verità (cioè, tutto quello che c’era da dire), nessuno l’avrebbe seguito”.

        E già così….si fatica….

        Buon Anno Fabrì

  11. Renato
    31 dicembre 2018 at 21:13

    Mi sembra che l’autrice dell’articolo colga nel segno quando afferma che, nonostante tutto, rimane femminista così come rimane comunista.
    Coglie nel segno perché parla ad una “platea” di comunisti che cercano, anche loro (noi) di conciliare i propri ideali di giustizia con la tragica esperienza storica e, guarda caso, lo fanno distinguendo il buono dal cattivo (stalinismo) oppure giustificando le schifezze varie con la necessità storica.
    Questo attaccamento ai principi nonostante la realtà potrebbe essere classificato come irrazionalismo ma non cambierebbe la sostanza. Non c’è niente di più irrazionale che considerare l’essere umano come razionale e poi chi ha detto che la ragione ha sempre ragione?
    Per es.: un ex sanculotto dopo il congresso di Vienna se avesse usato la ragione avrebbe concluso che i suoi ideali rivoluzionari erano totalmente falliti; infatti c’era stato il terrore con tutti i suoi crimini, poi una prima restaurazione con Napoleone e, per finire, il ritorno dell’ancien regime. Se invece avesse “ragionato” romanticamente sarebbe restato fermo nelle sue convinzioni e la storia gli avrebbe dato ragione.
    D’altronde se, come è stato osservato, le idee nascono nobili e finiscono ignobili che senso ha crearne delle nuove che avranno lo stesso destino? tanto vale tenersi quelle vecchie ed aggiustale via via.
    Tornando al femminismo, perché vogliamo per forza ottenere un’ impossibile abiura da chi lo considera sacro? Non è più politico spostare l’obbiettivo sui diritti negati agli uomini e combattere la cultura misandrica? Su questo terreno sono sicuro che potremo coinvolgere tanti/e che si proclamano femministi/e.
    Non si tratta solo di tattica ma di un modo di intendere la politica in modo laico non pretendendo un’ adesione “totalitaria”. Alla fine degli anni ’70 un compagno sapeva cosa doveva pensare, come vestirsi, quale musica ascoltare, ecc.. Non ripetiamo gli stessi errori, facciamone altri.
    .

    • Fabrizio Marchi
      1 gennaio 2019 at 10:24

      Ciao Renato, non so se ti riferissi a me ma io non voglio ottenere nessuna abiura da chi considera sacro il femminismo né pretendo che si sposino le nostre posizioni in merito.
      Personalmente la sola cosa che pretendo è che questa nostra posizione critica nei confronti del femminismo (ampiamente argomentata ed elaborata) venga riconosciuta e accettata. Tutto qui.
      Tutto qui, si fa per dire, naturalmente, perché riconoscere e accettare la critica al femminismo significa automaticamente e contestualmente non considerare più il femminismo come la Verità Epistemologica e Assoluta (di fatto ormai una Verità di Stato, il femminismo si insegna di fatto ormai anche nelle scuole e da tempo nelle università) ma come una interpretazione della storia e della realtà come altre. E certamente anche lottare per i diritti negati agli uomini e contro la cultura misandrica è di fondamentale importanza per arrivare a quell’obiettivo.

  12. Lorenzo
    9 gennaio 2019 at 5:00

    “Un modello che generalmente contempla tre ruoli: moglie, madre, puttana. Ecco, io sento il peso della società che non accetta che una donna possa scegliere di essere se stessa e basta. E che essere se stessa sia il frutto di una scelta consapevole e non un ripiego. E questo comporta la demitizzazione e desacralizzazione della donna, cosa che a parole son tutti bravi ad accettare ma che nella realtà lo sono un po’ meno”.

    Ah… la metafisica contemporanea della soggettività individuale. Cos’è ‘me stesso’: un personaggio in cerca di autore? e la ricerca di me stesso non ruota attorno a ciò che già sono? e ciò che sono non dipende in grandissima parte da ciò che la società in cui vivo ha fatto di me? e quando avessi compiuto una scelta consapevole, cosa mi garantisce che i rapporti costrittivi perduranti nella (a)soci(ali)età post-sessantottina mi consentano di realizzarla? Se ‘scelgo’ di essere un playboy di successo o un ricco redditiero e sono brutto e povero cosa resta della mia ‘scelta consapevole’?

    Guardando le cose dall’altro capo della barricata, non sarà che qualsiasi costruzione sociale (e il social-ismo è socialità per eccellenza) riposa sull’omogeneità comportamentale dei consociati e questa sia realizzabile solo attraverso quegli strumenti semplificatori e standardizzanti che sono il mito, la religione (eventualmente secolarizzata in ideologia) e la stereotipizzazione dei ruoli? Che l’aspirazione a una (sia pur parziale e contraddittoria) autodeterminazione, dissipando l’irriflesso senso di appartenenza ed autosacrificio che caratterizza le società olistiche, e a maggior ragione l’emancipazione femminile, forzando la dissoluzione del nucleo familiare e il crollo delle nascite, costituiscano i motori quintessenziali di ogni processo di decadenza?

    Può essere che ogni costr-uzione sociale presupponga una trama di rapporti costr-ittivi (e per questo catalizzanti) il cui dissolversi per via emancipativa consegna il soggetto a una sorta di nulla topico, a quello stato di paralisi nevrotica prefigurato dall’equazione sartriana fra libertà e angoscia (e che riemerge nell’Urlo di Munch)? Che le energie messe in circolo da questo tracollo schizofrenico dell’identità e quindi della personalità, elaborando un proprio fiat linguistico, assumano la forma di ideologemi autocastranti e autodistruttivi (in primis per coloro che li rivendicano) come la mattana femminista?

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