Quando si parla di crescita perchè non misurare assieme al PIL i danni all’umanità e all’ambiente?
“L’elefante è il capitalismo…naturalmente coloro che siedono sulla groppa dell’elefante hanno un’esperienza diversa della natura del pachiderma rispetto a quelli che vengono calpestati sotto le sue zampe…” Così William Tabb , docente di economia a New York al Queens college .
E’ presumibile ipotizzare che i rampanti economisti onnipresenti nei talk show , nella stampa , nei convegni , nelle assisi di partito…siano sempre seduti sulla groppa dell’elefante e , non avendo nessuna intenzione di scendere , sono completamente ignari di ciò che accade in basso .
Ma per il loro lavoro che consiste innanzitutto nell’elaborare “tecnologie della crescita” possiamo desumere che ciò non sia indispensabile e può essere escluso dalla teoria economica che , come si sa , quando può disporre di un nucleo filosofico/religioso di prestigio come quello rappresentato da “The constitution of liberty” di von Hayek e da “Capitalismo e libertà ” di Milton Friedman ci si può affidare alla “mano invisibile” che regolamenta l’azione egoistica degli imprenditori che , attraverso
la realizzazione del profitto , potranno creare quella ricchezza che dai piani alti scenderà a cascata sui piani bassi producendo benessere per tutta la società .
Gran parte degli economisti che oggi costituiscono l’asse ideologico della politica neoliberista hanno operato , sopratutto in questi ultimi decenni , una scissione violenta della teoria economica dall’analisi dei guasti sociali e delle devastazioni ambientali come fossero elementi non pertinenti alla “scienza esatta” . Come se il miliardo (stima prudenziale) di indigenti che oramai sono diffusi in tutto il pianeta anche nei Paesi “ricchi” non costituisse una ricaduta delle scelte economiche delle multinazionali e dei governi , Come se i 27 milioni di persone in stato di schiavitù e le centinaia di milioni che vivono in condizioni di servaggio anche nei Paesi ad “alto sviluppo” (vedi in proposito Piero Bevilacqua , Il grande saccheggio,2012) non fossero un prodotto della conquista della campagne da parte della Monsanto , della DuPont…e dell’espulsione dei contadini dalle loro terre . Come se il lavoro minorile…come se il traffico di esseri umani…come se il traffico di organi…
Le risposte ipocrite del Potere alle grandi tragedie popolari possono variare ma sono sempre le stesse : indolenza , ignavia , incapacità di iniziativa , retaggi culturali inadeguati , Stati corrotti (chissà da chi?) , eccessiva presenza dello stato …Perciò solo l’abbattimento delle barriere doganali , la libera circolazione delle merci ,la liberalizzazione finanziaria , la creazione di nuovi mercati , la riduzione della spesa pubblica…e così via…un ritornello sempre uguale che va bene per ogni Paese , per ogni latitudine .
Naturalmente le grandi tragedie il neoliberismo le può creare con colpi di stato , con omicidi mirati che decapitano gli oppositori più tenaci ( vedi Cile , Russia , Argentina , Burkina Faso…) o con la guerra (vedi Yugoslavia , Iraq , Libia , Siria…) . Ma sono tragedie mirate alla liberazione dei popoli dallo statalismo ,dalla burocrazia , tragedie finalizzate al futuro benessere delle popolazioni (naturalmente il linguaggio della propaganda parla di “stati canaglia” , di tiranni , di stati falliti , di governi corrotti…) .
Sarebbe interessante una misurazione da parte dei profeti del”progresso ad ogni costo” del quantum prodotto con la “crescita ed il quantum di devastazione ambientale prodotto dalla “crescita” nonché una comparazione quantitativa . Credo che sia un’ipotesi di ricerca completamente al di là del loro immaginario . Un’ipotesi di ricerca che un buon liberista è meglio che non faccia mai per non perdere assieme alla fede religiosa anche la propria autostima …Perché un ricerca di tal genere evidenzierebbe che la “ricchezza” del PIL sarebbe ben poca cosa quantitativamente rispetto ai numeri impietosi dello sfascio ambientale . Risulterebbe in modo palese con calcoli matematici appropriati , data ovviamente la difficoltà della determinazione dei costi per ambiti così differenziati (acque morte ,terre morte , falde acquifere inquinate , vortici di rifiuti negli oceani , fiumi prosciugati o in via di esaurimento , radioattività da fratturazione , sbancamento di cime di montagna e di collina , pioggie acide , inquinamento da diossina ,da cromo , da piombo…) .
Emergerebbe chiaramente che per un presunto passo fatto con la crescita del PIL potremmo calcolare (volendo rimanere nel mondo delle merci) che la devastazione ambientale di passi ne ha fatti cinquanta , cento o anche di più a dimostrazione che il capitalismo politico/finanziario è una macchina potentissima non di costruzione ma di distruzione ( e tralascio per ragioni di spazio le critiche puntuali che verrebbero da S. Latouche , La sfida della decrescita, 2006 e da Maurizio Pallante, La decrescita felice , 2012 sugli sprechi ,sulle opere inutili , dannose di un modello produttivo ossessionato dalla crescita illimitata , del tutto irrazionale per gli abitanti del pianeta e utile solo alle merci e al feticismo delle merci )
Un teoria economica che non pone al primo posto l’ambiente e i suoi abitanti e che non riesce ad esaminare le cause di tanta sofferenza e di così terrificanti disastri è una teoria di una tale miseria morale da rigettare perché funzionale solo agli sparvieri del modo delle merci , siano industriali o speculatori della finanza…
Non sarà facile contrastare un’ideologia che ha saputo costruire una egemonia di grande portata a livello planetario… ma le resistenze anch’esse sono planetarie ,seppure il più delle volte indirizzate verso conflitti settoriali e più che altro finalizzate alla riduzione del danno…ma bisogna comunque non arrendersi mai .
Un terreno immediato di scontro potrebbe essere dato dalla riconquista dei beni comuni che sono stati sottrati in parte dai privati : la scuola , la sanità , la ricerca , l’acqua … Ed allargare il concetto di bene comune : il lavoro , l’occupazione , la casa , il reddito minimo , l’agricoltura … trovare su obiettivi specifici e di non poco conto un terreno comune perché i tanti che sono schierati contro l’apparato politico/finanziario dominante riescano
a ritrovarsi insieme e a riconoscersi nella lotta comune .