Narrazioni tossiche sugli enti locali

I concorsi vanno a rilento e ormai da anni le dotazioni organiche degli Enti locali diminuiscono nei numeri, nel solo 2022 registriamo ben 14 mila dimissioni compensate in piccola parte da nuove assunzioni. Ma nell’arco di 25 anni la riduzione degli organici di tutta la Pubblica amministrazione è stata costante e a farne le spese non solo gli Enti locali ma i centri di ricerca e la sanità a conferma che il contenimento della spesa e le politiche di austerità sono alla base dell’impoverimento degli stessi servizi pubblici.

Occorre considerare che gli stipendi degli Enti locali sono i più bassi di tutta la Pubblica Amministrazione.

Per correre ai ripari sindacati rappresentativi e Governo avrebbero trovato alcune soluzioni come accrescere l’importo di alcuni istituti contrattuali come le responsabilità e le EQ (ex posizioni organizzative) pagandole con il fondo della produttività di tutto il personale. Pochi soldi a un numero limitato di dipendenti a discapito di tutti gli altri che vedranno contrarre la produttività sottoposta per altro alle forche caudine della valutazione, produttività che ricordiamo assai inferiore ad una ipotetica quattordicesima mensilità che manca al settore pubblico.

Le nuove assunzioni negli enti locali prendono in esame soprattutto gli obiettivi del PNRR e non vanno da incrementare i servizi al cittadino, dati alla mano poi molte assunzioni sono a tempo determinato e comunque complessivamente le entrare risultano inferiori ai pensionamenti. Negli enti locali, nonostante le massicce assunzioni soprattutto con il Pnrr, abbiamo registrato 31.800 persone in uscita a fronte di 29-30mila in entrata”.

Se gli stipendi negli Enti locali in media sono più bassi di 200 euro rispetto alle amministrazioni centrali, la sola risposta possibile è quella di porre fine alle disparità economiche tra i comparti della Pubblica amministrazione adeguando i salari ai livelli più alti. Il fenomeno delle dimissioni volontarie viene alimentato ad arte per dimostrare come il posto fisso non sia più l’obiettivo ambito per le giovani generazioni che sarebbero disposte a lavorare di più, senza tutele e orari prestabiliti in cambio di salari maggiori.
Ma anche questa narrazione stride con la realtà perchè molte assunzioni sono a tempo determinato e per sopperire alla carenza di personale hanno ideato l’apprendistato nella Pubblica amministrazione.

E’ innegabile che davanti a due opzioni concorsuali si possa scegliere il posto dove i salari sono maggiori ma si dimenticano al contempo le condizioni di lavoro reali dentro gli Enti locali decisamente peggiori rispetto ad altri comparti. E in tutta la Pa non esistono opportunità reali di carriera e le progressioni interne sono state volutamente ingessate dalle sentenze della Magistratura contabile che ne ha limitato i numeri a una ristretta parte di personale. Molti servizi poi sono sottoposti a processi di esternalizzazione come avvenuto per le attività educative, gli Enti locali hanno affidato nidi alla gestione esterna e le scuole materne allo Stato. Il rischio che corriamo è quello di pensare che la soluzione del problema sia costruire un modello della PA analogo a quello di aziende private senza per altro dire che anche in queste ultime le opportunità di crescita professionale e stipendiale sono assai limitate.

E non si dice poi che la riduzione del cuneo fiscale potrebbe essere vanificata con gli incrementi contrattuali previsti dai rinnovi di CCNL scaduti da due anni fermo restando che la riduzione del costo del lavoro è una misura interamente scaricata sulla fiscalità generale e da rifinanziare anno dopo anno senza effettivi benefici stipendiali e previdenziali, benefici che potrebbero invece scaturire dall’aumento dello stipendio di base e da passaggi automatici di livelli dopo alcuni anni di lavoro.

La storia dei dipendenti pubblici siciliani, sono tanti e tutti bravissimi  - TP24.it

Fonte foto: TP24.it (da Google)

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