Perchè proprio Sahra Wagenknecht?


Relazione introduttiva di Fabrizio Marchi alla presentazione del libro di Sahra Wagenknecht, “Contro la sinistra neoliberale”, avvenuta a Roma sabato 16 Novembre 2024

Abbiamo scelto di presentare il libro di Sahra Wagenknecht perché è sostanzialmente un manifesto politico, il manifesto politico di quello che poi è concretamente diventato un partito che ha ottenuto anche un notevole successo alle scorse elezioni amministrative in Germania e tutto fa pensare che possa bissare se non aumentare significativamente i propri consensi anche alle prossime scadenze elettorali.

Trovo che questo libro/manifesto e il soggetto politico che di fatto ne è scaturito sia la sola vera novità emersa nell’ambito di quella che chiamiamo Sinistra da almeno trentacinque anni a questa parte. Dico subito che sull’utilizzo di questo termine – Sinistra – sarà necessario aprire una discussione specifica e approfondita sia dal punto di vista dei contenuti che ovviamente sotto quello nominale e linguistico e anche storico e storico-politico perché questo termine, concetto o questa categoria, potremmo dire, da almeno quarant’anni ha subìto una mutazione radicale perché definirsi di sinistra ha ormai assunto un significato che non ha più nulla a che vedere con quello che aveva fino a cinquant’anni fa. Al punto che alcuni fra noi sostengono che in seguito a tale mutazione genetica ormai non abbia più senso definirsi di Sinistra o di “sinistra”, fra virgolette, come uso dire io, perché si verrebbe immediatamente identificati con le attuali “sinistre”, siano esse liberali, radicali o anche (pseudo) antagoniste. Del resto, nonostante le differenze, alla fin fine le “sinistre” radicali e anche quelle cosiddette “antagoniste” finiscono per portare acqua a quella liberale e maggioritaria (nell’ambito della sinistra); una sorta di gioco di matriosche, basti pensare, per portare degli esempi, al voto per la Salis candidata con AVS (cioè la costola ancor più rosa e di sinistra del PD) da parte di formazioni come PaP oppure all’eroina della Linke, Carola Rackete, che ha votato al Parlamento Europeo per l’utilizzo delle armi dell’UE sul suolo russo.  Per non parlare naturalmente della sfera ideologica (con particolare riferimento alle questioni di genere, a quella lgbtq, alla maternità surrogata e in generale a tutti i temi che riguardano la cosiddetta sfera dei diritti civili) che vede tutte queste sinistre accomunate sotto la bandiera dell’ideologia politicamente corretta. La qual cosa è una contraddizione in termini di proporzioni macroscopiche per delle forze politiche che si considerano anticapitaliste e antimperialiste ma sono imbevute fino al midollo della stessa ideologia di quel dominio sociale che sostengono di voler combattere e che negli ultimi tre decenni è stata ampiamente egemone. Qui naturalmente bisognerebbe aprire un’altra gigantesca riflessione perché io credo che la mutazione della struttura, e in questo caso mi riferisco soprattutto al contesto geopolitico internazionale, non possa non comportare anche un mutamento della sovrastruttura ideologica. Non c’è dubbio che l’ideologia neoliberale nella sua variante che chiamiamo politicamente corretta sia stata l’ideologia dominante ed egemone dal crollo del socialismo reale (anche se nasce negli anni ’60 del secolo scorso) ed è stata l’ideologia che ha indubbiamente caratterizzato il processo che chiamiamo globalizzazione, che poi null’altro è se non il dominio del blocco capitalista occidentale su scala planetaria. Ma questo processo di globalizzazione si è oggettivamente interrotto per ben note ragioni (la nascita dei Brics e l’affermarsi di grandi potenze come Cina e Russia) e quindi tutto ciò potrebbe comportare anche un mutamento di paradigma ideologico in Occidente, anche se tuttora l’ideologia di riferimento resta comunque quella politicamente corretta. L’affermarsi di una nuova destra radicale (in primis quella trumpiana che è una miscela di tante cose a volte anche apparentemente in contraddizione fra loro, anarco-liberismo, libertarismo, conservatorismo, comunitarismo e antisocialismo nello stesso tempo, sovranismo, neo-nazionalismo) potrebbe portare, sia pur gradualmente e parzialmente, il mondo occidentale a dotarsi di un nuovo abito ideologico, potenzialmente più efficace per combattere stati e sistemi politici e sociali che si sono rivelati impermeabili all’ideologia politicamente corretta. Non penso ovviamente ad una riedizione pedissequa dei vecchi paradigmi ideologici tradizionalisti e conservatori (il vecchio Dio, Patria e Famiglia) ormai definitivamente tramontati, ma ad una rielaborazione in chiave post-moderna dei tradizionali valori occidentali – liberismo economico, ostilità nei confronti del pubblico, culto dell’individualismo, antistatalismo – però parzialmente depurata dalla parte più radicale del calderone ideologico politicamente corretto, cioè l’ideologia woke, il genderismo, la cancel culture e le teorie gender più spregiudicate e anche più strampalate, aggiungo io, che hanno da tempo colonizzato tutto il sistema mediatico-accademico-culturale occidentale (naturalmente non siamo in grado al momento di sapere né i tempi nè le modalità di questo processo né se e in quale dimensione avverrà, perché dipenderà da tanti fattori, in primis la capacità di tenuta della narrazione neoliberale che comunque in questi decenni ha scavato in profondità). L’assunzione di una sia pur parzialmente, per lo meno per ora, nuova veste ideologica potrebbe essere favorita anche da un altro fattore fondamentale, in questo caso di ordine interno. L’ideologia politicamente corretta infatti si è affermata nel momento in cui, dopo l’89 e il crollo del blocco sovietico, sembrava che il processo di globalizzazione fosse inarrestabile e con esso anche la prospettiva di crescita economica sia individuale che delle società occidentali nel loro complesso, con tutto ciò che questo comporta anche e soprattutto dal punto di vista ideologico ma anche psicologico. La fine, oggettiva, della fase espansiva dell’occidente, della crescita economica in linea teorica illimitata e quindi della speranza ma anche della possibilità concreta di poter migliorare la propria condizione individuale, ed anzi la percezione sempre più netta di una regressione e di un impoverimento complessivo della propria esistenza, porta ad un più o meno brusco e amaro risveglio e naturalmente anche all’inevitabile indebolimento di quel paradigma ideologico. Per capirci, quando le condizioni materiali di esistenza si fanno più stringenti potrebbe diventare assai più difficile convincere le masse che le priorità possano continuare ad essere il superamento del binarismo di genere o di un fantomatico patriarcato, di cui peraltro l’attuale dominio capitalistico (che sia guidato dall’attuale “sinistra” o dalla destra è del tutto indifferente) non solo non sa che farsene ma gli è anche di ostacolo…(e infatti se ne è disfatto da tempo anche se in molte/i continuano a tenerlo artificialmente in vita per ragioni ideologiche e politiche strumentali..).    

Di conseguenza, tornando a quanto dicevo, dal momento che tutte le “sinistre” occidentali, nessuna esclusa, hanno sposato quell’ideologia che ha finito per diventare la loro stessa e unica ragion d’essere, diventa necessario, sostengono questi compagni, definirsi in altro modo, comunisti, socialisti, neosocialisti, marxisti, neomarxisti ma non più di “sinistra”. La questione non è campata per aria, non è lana caprina, ha un suo fondamento e quindi va affrontata.  Anche perché ha cominciato a crescere un’area politica e culturale, sia pure tutt’altro che omogenea, che sta da tempo teorizzando il superamento delle categorie di destra e di sinistra, non intese nella loro attuale e concreta determinazione storica e politica (in questo caso sarei e sono del tutto d’accordo) ma in senso metastorico, diciamo così. Questa area politica è molto variegata e variopinta, perché va addirittura da alcuni ambienti fascisti e neofascisti fin dagli anni ’70 fino al primo M5S in salsa grillina passando anche per molti ambienti liberali e neoliberali e anche in buona parte in quell’area di dissenso che comunemente viene definita come “antisistema”. Ciascuna di queste tendenze ha naturalmente colorato in modo diverso questo concetto che però ha un comune sostanziale denominatore, e cioè dichiarare esaurito e superato il conflitto di classe. E questa concezione va a braccetto con i concetti di “fine delle ideologie” e di “fine della storia” tanto cari anche ad autorevoli intellettuali maitre a penser, molto noti, delle classi dominanti. L’andare “oltre la destra e la sinistra” nel senso che ho appena detto, insieme ai concetti di “fine delle ideologie” e di fine della storia” ha questa finalità o comunque finisce per portare acqua al mulino di chi ha elevato il capitalismo ad una sorta di condizione ontologica e quindi sostanzialmente insuperabile o non trasformabile, quanto meno dal punto di vista strutturale.      

In tal senso, si tratta quindi di trovare un accordo anche dal punto di vista semantico oltre che storico. Storicamente parlando, destra e sinistra possono essere fatte risalire alla Rivoluzione francese e potrebbero essere dichiarate esaurite intorno alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, in seguito al crollo del sistema sovietico. E’ sufficiente per dichiarare morte e sepolte le categorie di destra e sinistra?
Dipende ancora una volta da quale significato storico (e quindi anche concettuale e linguistico) intendiamo attribuirgli. Per fare un esempio (ma ne potrei fare moltissimi altri) ai tempi della rivolta dei contadini tedeschi guidati da Thomas Muntzer nel 1525 contro i principi, le categorie di destra e di sinistra ancora non erano state inventate e di conseguenza non potevano essere applicate per ovvie ragioni alle contraddizioni dialettiche che contraddistinguevano quell’epoca. Tuttavia se scegliessimo, per convenzione linguistica e sulla base di un accordo, di applicare le categorie di destra e di sinistra a quel contesto storico, non potremmo evitare di individuare nei contadini in rivolta (di classe) la Sinistra, e nei principi in difesa del proprio dominio (di classe) la Destra.
Ora, quelle contraddizioni dialettiche (la contraddizione di classe), come già dicevo, sia pur ovviamente in forme e modalità completamente diverse rispetto alle epoche trascorse, permangono tutt’oggi. E da sempre, piaccia o meno, ci si è schierati su un versante o sull’altro, sulla base di quelle stesse contraddizioni.
Si tratta quindi, in ultima analisi, di uscire allo scoperto e di dichiarare senza infingimenti da quale parte ci si schiera, indipendentemente dalla questione nominalistica.
Si potrebbe anche decidere che quella contraddizione dialettica debba essere concettualizzata e rappresentata con altre forme simboliche e linguistiche. A quel punto destra e sinistra potrebbero essere sostituite da una ipotetica e metaforica X” e da un’altra ipotetica e metaforica Y (o qualsiasi altro segno o rappresentazione linguistica…) ma la sostanza non cambierebbe di una virgola.
Nell’impossibilità, al momento, di sciogliere questo nodo (ma il problema rimane), a noi resta comunque il compito di svelare la menzogna ideologica che si cela dietro all’ attuale rappresentazione politica “destra”/”sinistra” ma anche ai cantori del presunto superamento di quella dialettica (mi riferisco ovviamente alla contraddizione di classe) che ha dato vita a quella stessa rappresentazione, anche in termini simbolici, sia pure per un periodo limitato della storia che è quello cui facevo cenno sopra.

Tornando a noi, sulla base di queste considerazioni, mi pare che quanto ho appena detto sia complessivamente, anche se non in toto, in sintonia con il libro/manifesto di S. W. che in tal senso è molto chiaro. W. dice infatti con molta chiarezza che bisogna operare una cesura netta con l’attuale “sinistra” neoliberale e politicamente corretta organica al capitale e all’attuale dominio sociale e che questa cesura è propedeutica anche al fine di combattere la destra che è anch’essa (nonostante millanti il suo essere “antisistema”, basta leggere i programmi dell’AFD o del FN di Le Pen o le politiche del governo Meloni per capirlo) organica al dominio sociale capitalistico. Per prosciugare – dice W. – il brodo di coltura della destra e naturalmente per riallacciare un rapporto con i ceti popolari bisogna innanzitutto rompere con la “sinistra” neoliberale (ma vale anche per quella radicale, come abbiamo già visto) e soprattutto, e sottolineo soprattutto, con tutta la sua paccottiglia ideologica politicamente corretta che null’altro è se non l’ideologia delle classi sociali alte e medioalte.

Il problema, dunque, non è quello di costruire un’area grigia, tendenzialmente e forse volutamente ambigua, genericamente né di destra e né di sinistra, ma quello non tanto di rifondare ma di costruire ex novo un nuovo soggetto Socialista, di classe e popolare che al momento non esiste. Perché ex novo? Perché ovviamente quando parlo di una nuova forza Socialista non mi riferisco certo alla riedizione della vecchia socialdemocrazia, morta e sepolta in seguito al crollo del socialismo reale oppure ridotta al simulacro di ciò che era nei suoi momenti migliori, ma ad un nuovo soggetto politico che sappia interpretare correttamente e lucidamente le contraddizioni che l’attuale sistema di dominio produce. In tal senso l’armamentario ideologico sia della “sinistra” radicale che, naturalmente, di quella liberale, è del tutto inservibile e anzi nocivo perché funzionale e organico al sistema stesso; bisogna quindi liberarsene.

Mi pare che queste considerazioni emergano nel libro di W. e possono contribuire a gettare i semi per una futura, ipotetica e auspicabile costruzione anche nel nostro paese di un soggetto politico con le caratteristiche di cui sopra. Io penso che ciascuno di noi sia chiamato a fare la sua parte in tale direzione, per quelle che sono le sue forze e capacità, perché le cose non piovono dal cielo né si determinano in modo meccanicistico se non c’è una volontà, una soggettività che lavora e spinge in tal senso.   

    

8 commenti per “Perchè proprio Sahra Wagenknecht?

  1. Giulio larosa
    18 Novembre 2024 at 7:04

    Purtroppo non sono.potuto venire perché ero a lavoro. Comunque è chiaro che la divisione destra sinistra serve solo a mantenere in vita i due blocchi liberali e liberisti entrambi collaborazionisti di poteri forti extra nazionali. È anche ora di rivedere il concetto di stato e nazione specie per l Italia. Una nuova visione geopolitica è necessaria e una nuova configurazione del territorio italiano anche.

  2. Giulio Bonali
    18 Novembre 2024 at 18:15

    Tralascio per motivi di spazio le molte altre critiche che potrei rivolgere alla W.; ed anche altri seri motivi di dissenso da parte mia, come la tesi insistentemente reiterata del “crollo” del socialismo reale, per me non affatto crollato ma attivamente distrutto al culmine di una settantennale aggressione condotta dal capitalismo imperialistico con violenza inaudita, perfino nelle limitate fasi non tecnicamente “militari-belliche” della stessa (e per me non si tratta proprio per niente di “nostalgia della gioventù” o di una mera questione di lana caprina, ma invece di un problema di comprensione della dinamica storica reale di importanza decisiva per poter comprendere adeguatamente lo stato di cose presente e cercare di contribuire efficacemente al suo superamento; questione storica ignorando o fraintendendo la quale non si capisce niente del presente e del futuro possibile).
    E mi limito a segnalare che dalla lettura del suo libro in questione non mi pare proprio che possa dirsi che la nostra consideri (cito):

    la “vecchia socialdemocrazia, morta e sepolta in seguito al crollo del socialismo reale oppure ridotta al simulacro di ciò che era nei suoi momenti migliori”

    così da poter

    “contribuire a gettare i semi per una futura, ipotetica e auspicabile costruzione anche nel nostro paese di un soggetto politico con le caratteristiche di cui sopra”,

    nel senso che si tratterebbe

    “non tanto di rifondare ma di costruire ex novo un nuovo soggetto Socialista, di classe e popolare che al momento non esiste. Perché ex novo? Perché ovviamente quando parlo di una nuova forza Socialista non mi riferisco certo alla riedizione della vecchia socialdemocrazia”.

    Dal momento che essa propone (anzi: ripropone; ma in assenza della minaccia alla sopravvivenza di un capitalismo non “adeguatamente” riformato che tale “adeguamento riformistico” aveva imposto alle classi dominanti nei “trenta gloriosi”, e stante l’ erosione in atto dei margini per concessioni riformistiche alle classi subalterne occidentali derivanti dalla rapina e dal supersfruttamento imperialistico delle popolazioni del Sud e dell’ Est del mondo che l’ avevano consentito), migliori condizioni di vita e maggiori chances di “mobilità sociale” per lavoratori dipendenti e ceti medi occidentali in presenza di rapporti di produzione capitalistici (da lei mai messi in discussione, malgrado il lancio di slogan ad effetto come “un nuovo tipo di proprietà per un’ economia innovativa”); in proposito riferendosi anche esplicitamente all’ operato della socialdemocrazia prima che diventasse del tutto subalterna al neoliberismo, indicato come la prospettiva da riprovare e la strada da ripercorrere (salvo ovvii adeguamenti alle novità nel frattempo sopraggiunte).

  3. Renato
    19 Novembre 2024 at 9:51

    A me pare che M. W. si muova nel solco della tradizione socialdemocratica tedesca. La socialdemocrazia, d’waltronde, si è rilevata come l’unico “socialismo reale” ed ora, pur se in una posizione difficile, l’unica alternativa al liberismo. Non mette in discussione il capitalismo ma perché, la Cina lo fa? Dobbiamo fare i conti con la vitalità del capitalismo, possiamo solo cercare di governarlo e mitigare gli effetti negativi e questo è, per l’appunto, socialdemocrazia. Altre terze vie non ce ne sono.

  4. luciano
    22 Novembre 2024 at 16:50

    premetto che non ho letto il volume, ma ritrovo una sinistra nuovamente innamorata della novità (che tale non è, considerata la storia delle sinistre europee), che non ha affermato nulla di nuovo, che non lo fosse già stato nel corso degli anni passati dalle sinistre “alternative” italiane (ovviamente tutte protese al voto). Ho letto il programma pubblicato per le elezioni europee. Come in ogni parte del mondo, le novità conquistano gli elettori, pur non rappresentando vero “movimento che abolisce lo stato di cose presenti”. Così è stato nelle ultime elezioni regionali in germania, così sarà quando gli epigoni della BSW, sotto altro nome, si proporranno in italia. Leggendo il sito della BSW si evince che ancora non c’è programma definito prima delle politiche 2025, per cui un minimo riferimento possiamo trovarlo su quello proposto per le europee 2024 e la lettura del sito. Un programma che sembra più socialdemocratico, intriso di “law and order”, piuttosto che offrire alternative al capitalismo. Ciò che la BSW presenta come un progetto politico è una sorta di alleanza tra il capitale industriale di medie dimensioni e la classe operaia sulla base di uno stato nazionale forte, che dovrebbe proteggere questa alleanza con misure sociali globali e frontiere chiuse. Porre le questioni politico/economiche attraverso categorie morali, può aiutare nell’immediato a livello elettorale, ma non aiuta strategicamente per un reale cambiamento economico- politico globale. Ma politiche di welfare di shara sinistra e sociali di destra, rappresentano solo un unico fenomeno: il “rossobrunismo”. Quello che non comprendo è come Shara ci sia arrivata oggi, dopo un trentennio di politica professionista ed organica al sistema, seppure militando nella Die Linke. Ancora non abbiamo imparato che entrare nelle istituzioni significa esserne assorbiti, fino a non potersi distinguere dagli altri partiti. O vogliamo pensare che il 14 per cento di voti è sufficiente per il cambiamento? Vogliamo ricordare anche le altre pedine sulla scacchiera: troppo potenti, e consentono solo i cambiamenti che essi stessi ritengono tollerabili. purtroppo non riesco a immaginare che un nuovo partito di sinistra possa avere successo, il vissuto conterà qualcosa. Qualche tempo fa scrissi: “ Negli anni ’70 fino al 1989, la fu Democrazia proletaria non riuscì ad ottenere oltre i 6 seggi, corrispondenti a circa 650.000 voti. venne poi l’epoca di Rifondazione che negli anni ‘80/2000 raggiunse il max di 41 seggi per 2.500.000 di voti, mentre i Comunisti italiani 884.912 voti e 16 seggi, per arrivare con sinistra ecologia e libertà di Vendola a 1.089.409 di votanti e 37 seggi. Per non tener conto della pletora di partitini e “movimentini” con incomprensibile valenza. Alle elezioni si sono presentati il Partito Comunista (PC), guidato dal segretario Marco Rizzo, Sinistra Rivoluzionaria (SR), coalizione fra Sinistra Classe Rivoluzione e Partito Comunista dei Lavoratori, “Potere al Popolo!” (PaP), confluenza di Rifondazione Comunista, Rete dei Comunisti, Partito Comunista Italiano e di numerosi comitati e movimenti associativi, Lotta di popolo la nuova formazione dell’ex pm Antonio Ingroia insieme a Giulietto Chiesa, che hanno raggiunto tutti insieme ( mentre scrivo mancano 3000 seggi da scrutinare), circa 500.000 voti. Colpa di Renzi? Orticelli autarchici ed autoreferenziali, coltivati da presuntuosi portatori di “Verità”. C’è qualcosa che non quadra: per sconfiggere le tirannie si è sempre ricorso all’unione di forze diversificate, questi, marxisti ed anticapitalisti che teorizzano, estremizzandola, la pratica del “NIMBY” (Not In My Back Yard, Non nel mio cortile), non riescono a condurre una lotta per “il bene del popolo e dei proletari”……………..”
    Già! E quanti pessimi allievi ha prodotto la “sinistra”, tanto che per anni non è stata la soluzione, ma il problema. Qunti ne ho conosciuti di “rivoluzionari” pronti a rovesciare il sistema, per poi farsi essi stessi tale. Oggi, morte le diatribe fra scuole filosofiche e cessate le lotte fra “correnti” socialiste, artatamente è stata costruita una sinistra “sovranista”, ma è solo un patetico deja-vu di chi non ha più argomenti che possano far presa sul “popolo”, il quale se ne frega di certe raffinatezze ideologiche e preferisce affidarsi ai più esperti venditori di sogni, piuttosto che ad una sinistra autoreferenziale, autolesionista, personalista, egocentrica e “poltronista”. Dopo la I Internazionale, preludio del masochismo dei comunisti, subito lacerata da scissioni e contrasti tra le varie correnti (marxisti, anarchici, proudhoniani, mazziniani, blanquisti, ecc. ), ne seguirono altre tre, che ribadirono l’esistenza delle diverse “anime” del movimento operaio, ma anche l’innegabile volontà di potere dei singoli e delle associazioni. Decine di “socialismi” validi per ogni angolo del pianeta, con una unica invariabile: l’infedeltà delle azioni conseguenti alle proposte. Ho sempre diffidato degli antisistema (ma non sono coloro che si propongono di rovesciarlo, piuttosto che farne parte?), come non sono fautore ed appassionato di elezioni e deleghe a governare, anche perché, da oltre 40 anni, le politiche liberiste non hanno valide alternative, se non quelle rappresentate da accrocchi pre-elettorali, dove un definito ceto politico si accalca per avere visibilità e, nel caso, riciclarsi, perché dietro peculiari alleanze si nascondono basse motivazioni opportuniste (non leninisticamente intese), con lo scopo di essere eletti e rimanere a galla nell’agone politico; una becera manovra elettoralistica, tendente alla ricerca di un consenso trasversale da parte di alcuni settori della società, che nulla hanno a che fare con il proletariato e la difesa della proletarizzazione di alcune figure sociali, incapace di esprimere temi sostanziali. Si rivendica il sovranismo (lo definirei sciovinismo), presupponendo la svendita dell’Italia a strutture sovranazionali, senza considerare che, nell’ambito di quelle, l’Italia ha giocato un suo ruolo, grazie agli interessi dei suoi apparati economico finanziari e politici, che ben si sono adeguati e favorito, senza imposizioni, alla formazione di un polo imperialista autonomo (la UE), rispetto quello USA, ribadendo la loro natura liberista. L’internazionalismo (diversamente dal sovranismo), non è un’astrattezza ideologica, perché segna il percorso per combattere il capitalismo di casa nostra, come in altri contesti, attraverso la conflittualità e la ricomposizione del proletariato e l’azione di una politica che non desidera istituzionalizzarsi, rischiando l’appiattimento o deformandosi in modo irriconoscibile o perdendosi nell’insignificanza. Formare alleanze elettorali frankenstein non conduce a nulla, se prima non si è praticato il confronto ideologico e cercato convergenze fra le varie anime della sinistra antagonista, supportata da un blocco sociale di riferimento e radicata nelle masse. Il sistema fagocita, in un modo o nell’altro, ed è facile dimenticarsi di “abolire lo stato di cose presenti”. Ma, purtroppo, molto spesso, gli interessi sono più forti delle idee.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Partiti_comunisti_in_Italia

  5. Piero
    23 Novembre 2024 at 19:40

    Fa sorridere chi accetta le regole della democrazia liberale, la lotta per conquistare il potere nei parlamenti, comitato di affari della borghesia.

    È tutto spettacolo, la signora in questione è attrice fondamentale.

  6. Giulio Bonali
    26 Novembre 2024 at 8:34

    Cito da un autore della destra populista che non gode minimamente della mia simpatia (ma trovo preoccupantemente sintomatico che per conoscere simili notizie si debba ricorrere a fonti di tal genere, essendo ben celate dalla sinistra “antisistemica”; o meglio: sedicente tale; qualunque riferimento ai partecipanti all’ incontro di Roma NON E’ puramente casuale):.

    Germania: il partito BSW di Sarah Wagenknecht si allea in Brandeburgo con la SPD e in Turingia mette in piedi una coalizione sia con SPD che con CDU.

    (omissis)

    Immediatamente, gli elettori hanno deciso di “premiare” Sarah Wagenkenecht per questa scelta facendo registrare, nei sondaggi, un bel dimezzamento dei voti a BSW rispetto soltanto a pochi mesi fa-

    Fonte: Riccardo Paccosi.

    La ripetizione, in forma di barzelletta volgare che non fa ridere alla Alvaro Vitali), della farsa tragicomica degli tsiprivaufachi e dei podemi che fortemente temevo (anche Wagenknecht ruota di scorta o portatrice dì’ acqua per i nemici del popolo d ultradestra malamente camuffati da PSEUDO”””sinistra””” é servita!

  7. Fabrizio Marchi
    26 Novembre 2024 at 10:30

    Voglio chiarire, per l’ennesima volta, devo dire, agli amici intervenuti che nessuno di noi, e tanto meno il sottoscritto, si è sposato Sahra Wagenknecht.
    Per l’ennesima volta ribadisco che si tratta sostanzialmente di una socialdemocratica, il che non ci fa sognare, per usare una metafora, ma, dati i tempi, è comunque qualcosa rispetto al nulla. E io credo che sia sbagliato lasciar cadere quel qualcosa che è comunque meglio del nulla e soprattutto un pò meglio della “sinistra” neoliberale (ma vale anche per quella radicale…) attuale. Questo è il mio modo di ragionare. Lo scopo di quelli come noi dovrebbe essere quello di favorire ogni processo che possa portare ad “equilibri più avanzati”, come si usava dire una volta. E questo vale su tutta la linea. Esempi pratici? La Russia è forse un paese socialista? No, però in questa fase la sosteniamo, giustamente, perchè si trova oggettivamente ad esercitare un ruolo che porta ad equilibri più avanzati in campo internazionale, e se il processo verso il multipolarismo fa dei passi in avanti, questo è un bene per tutti. Stessa cosa dicasi per l’Iran. L’Iran è forse un paese socialista? No, ovviamente, però in questa fase esercita un ruolo importante soprattutto nell’area mediorientale e nell’appoggio alla causa palestinese e libanese. In modo diverso lo stesso discorso vale in parte anche per la Cina che comunque, anche se governata da un partito comunista, ha comunque delle contraddizioni notevoli.
    Sono solo degli esempi, se ne potrebbero fare tanti altri sia di politica internazionale che di politica interna. Noi siamo un giornale che fa elaborazione e riflessione politica e filosofico-politica, ma questo non ci impedisce di avere un certo “senso della politica” (anche perchè molti di noi hanno fatto militanza politica a suo tempo in partiti e organizzazioni varie) e di entrare in una relazione dialettica, sempre come si suol dire, con la realtà. Il PCI dagli anni ’70 fino alla sua liquidazione non era e non è certamente quello che auspicherei, se potessi scegliere, ma detto ciò farei carte false per avere oggi quel partito, e anche il PSI ante Craxi. La politica non è, per come la vedo io, esercizio di “purismo”, ma prassi e relazione dialettica con la realtà.
    Chiarita, spero finalmente per l’ultima volta, la mia posizione, valuteremo di volta in volta quali saranno le scelte della Wagenknecht. Vuole fare l’accordo di governo con la SPD e la CDU? A mio parere sarebbe un suicidio (che peraltro aprirebbe un’autostrada all’AFD che a quel punto risulterebbe aglo occhi di tanta gente come la sola forza politica cosiddetta “antisistema”, anche se non lo è affatto) e a quel punto la saluteremmo senza nessun patema. Forse, e dico forse, a livello locale, sulla base di alcuni punti e dopo aver chiarito con gli elettori l’eventuale scelta di governo, potrebbe contrattare alcuni punti concreti che stanno a cuore alla popolazione locale e tentare di realizzarli. Ma non c’è dubbio che a livello nazionale e soprattutto strategico questa scelta sarebbe un errore grave e fatale. I sondaggi dicono che andare al governo locale in Turingia o in Sassonia farebbe dimezzare i consensi al BSW? Bene, e allora è opportuno che non ci vada. Punto.
    Per quanto riguarda (qui rispondo a Luciano) il presunto “innamoramento per le novità”, ciò che ci ha motivato all’apertura nei confronti di Wagenknecht è stata la sua rottura radicale con l’ideologia politicamente corretta. E non mi dite che questa non è una novità, perchè lo è, e anche molto importante, perchè per la prima volta un esponente, per di più donna, della sinistra, opera una rottura radicale con l’impianto ideologico neoliberale e politicamente corretto (la sua critica è spietata in questo senso..) di cui TUTTA la “sinistra” occidentale, nessuna esclusa (a parte, appunto, il BSW), è totalmente imbevuta. Scusate se è poco…
    E questo, naturalmente, è ciò che più di ogni altra considerazione, ci ha spinto a promuovere questa iniziativa. Dopo di che, ripeto ancora, e spero di non doverlo ripetere più (per non perdere tempo, non per altro..), non ci siamo sposati nessuno, quindi si vedrà. Valuteremo le scelte che il BSW farà. Se riterremo che il BSW non costituirà quello “strumento” necessario per arrivare ad “equilibri più avanzati” ne prenderemo atto. Ma è comunque doveroso provarci, per lo meno per chi ha un minimo di “senso della politica” e non si limita soltanto alla riflessione politica e politologica (comunque FONDAMENTALE) o, questo sì invece negativo, alla pura testimonianza.

  8. Giulio Bonali
    26 Novembre 2024 at 19:27

    Ma nessuna alleanza con l’ SPD e con la DC può implicare e di fatto implica l’ accettazione da parte di questi nemici del popolo di estrema destra malamente camuffati da PSEUDO”””sinistra””” di qualsiasi riforma (autentica: oggi orwellianamente con questo termine intendendosi “controriforma”) di tipo socialdemocratico.
    Quindi la W: é nulla, e non “qualcosa” (autenticamente) di sinistra.

    Giusta l’ osservazione sulla Russia, l’ Iran e la Cina; e infatti l’ SPD e la CDU, con cui la W si allea, non mettono minimamente in discussione la NATO e le politiche NATO verso questi paesi (e men che meno verso Israele e in generale).

    Nemmeno per me la politica é mai stata professione di moralistico “purismo”.
    Ma men che meno di opportunistica accettazione del peggio dello stato di cose presenti, specie se reiterato dopo innumerevoli fallimenti della pretesa che si tratti del “meno peggio”.

    Ma come si fa a dubitare che la W voglia inciuciare con SPD e CDU, dal momento che a livello regionale ha già realizzato accordi di governo?
    Non é che potrebbe voler inciuciare, é che di già effettivamente inciucia alla grande!

    A parte i fatti (alleanze regionali con SPD e CDU), che sono quello che unicamente conta, la “rottura” della W l’ avevano già proclamata con altrettanta retorica Syriza e Podemos …e si é visto in cosa realmente consistesse alla prima occasione (di governare, cioé fare, anziché parlare).

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