Profughe/i di serie A e profughi/e di serie B

L’Europa sta accogliendo e ha già accolto nell’arco di tre/quattro settimane milioni di profughe ucraine con i loro figli (la popolazione maschile dai diciotto ai sessant’anni è stata precettata, come noto, dal governo ucraino).  Il tutto con grande enfasi e squilli di trombe, a partire da quella Polonia già bollata dalla stessa UE (peraltro giustamente, in questo caso) come paese ultra integralista, reazionario, razzista, e omofobo.

Uno stato, quello polacco, che era stato addirittura sanzionato dall’Unione Europea proprio per le ragioni succitate e che è stato riabilitato ed elevato a paladino dei diritti e dei valori occidentali quando ha schierato l’esercito ai confini con la Bielorussia per impedire con la forza ad alcune migliaia di profughi siriani, afghani e di altre aree del Medioriente di entrare in Europa. Naturalmente a nessuno importava nulla di quei pochi migranti (che non rappresentavano certo un problema), né alla Polonia né tanto meno all’UE. Fu fatto un uso sproporzionato e spettacolarizzato della forza da parte del governo polacco, spalleggiato dall’UE, per inviare un messaggio alla Bielorussia e soprattutto alla Russia.

La “riabilitazione” della Polonia, promossa ormai a pieni voti, è giunta a compimento e diciamo anche celebrata con l’attuale crisi russo-ucraina; del resto le superiori ragioni della realpolitik fanno calare l’oblio su ogni altra considerazione.

Fatta questa premessa, mi toccano alcune considerazioni, scabrose, me ne rendo conto, ma inevitabili.

La prima:

è evidente a tutti come la realpolitik faccia sì che esistano profughi di serie A e profughi di serie B. Per capirlo è sufficiente osservare il diverso trattamento che viene riservato, fra gli altri, ai migranti provenienti dalla Libia (dove, fra l’altro, c’è stata una guerra non meno cruenta di quella in corso in Ucraina), rinchiusi in veri e propri lager in loco dalle “autorità” locali con il consenso e la complicità dei diversi governi italiani e dell’Unione Europea. Per non parlare della diversa accoglienza quando gli stessi migranti riescono ad arrivare sulle nostre coste (ma anche quelle di altri paesi europei come Francia e Spagna). Imbarcazioni stracariche di persone lasciate al largo per giorni in attesa del permesso di sbarcare o sugli scogli a “bivaccare”, centri di accoglienza che sarebbe più corretto definire di detenzione, per non parlare del coro di esponenti politici e anche di governo (più guitti mediatici al seguito e a stipendio) che invocano la chiusura dei porti.

La seconda:

i profughi ucraini sono europei e bianchi, a differenza di quelli provenienti dall’Africa o dal Medioriente. E questo, è inutile prenderci in giro, fa la differenza. Siamo pronti ad aprire le porte a chi riteniamo essere a noi vicino per appartenenza etnica e culturale, ma non a chi proviene da altre etnie e altre culture.

La terza:

i profughi ucraini sono, appunto, profughe, perché sono quasi tutte donne, più i loro figli e gli ultrasessantenni. Se fossero stati uomini, nello stesso ordine di grandezza, non avrebbero certo avuto la stessa identica accoglienza. E invece sono donne e bianche, un combinato disposto che fa una grande differenza. Capisco che quest’ultima considerazione è a dir poco urticante ma i fatti parlano da soli.

Ah, dimenticavo, covid o non covid, “tamponati/e” o non “tamponate/i”, vaccinate/i o non vaccinate/i, le profughe e i profughi ucraini passano comunque senza nessun controllo di sorta. Tutti i governi pronti anche ad offrire lavoro, assistenza, casa, corsi di formazione, per imparare la lingua ecc. Ogni altra considerazione che normalmente si fa nel caso di qualsiasi altra ondata migratoria (l’impatto sulle popolazioni locali, i problemi relativi all’occupazione, al lavoro, alla collocazione delle persone immigrate ecc.) viene meno, come d’incanto.

Tutto giusto, sia chiaro, i profughi e le profughe, per come vedo io le cose, devono (dovrebbero) sempre e in ogni frangente godere tutti degli stessi diritti e la solidarietà non dovrebbe avere nulla a che fare con la geopolitica. Pare però che le cose non stiano in questo modo.

P.S. per i “benpensanti” di destra e di “sinistra” che avranno la ventura di leggere questo articolo: prima di iniziare a strepitare e a gridare allo scandalo fate un bel respiro profondo e soprattutto un esame di coscienza.

La Libia sta abbandonando i migranti nel deserto senz'acqua

Fonte foto: Fanpage (da Google)

6 commenti per “Profughe/i di serie A e profughi/e di serie B

  1. Enza
    28 Marzo 2022 at 17:45

    Totalmente d’accordo con te.
    Mi permetto di aggiungere una osservazione, non fatta da me, ma da altri, tra cui la mia zia ultraottantenne.
    Queste profughi con bambini, sarà un caso, ma sono tutte ben vestite, con capelli a posto, bimbi imbottiti di tutto punto. Spesso anche il trasportino per il gatto. Qualcuno dirà che c’entra.
    C’entra, sempre quel discrimen tra neri e bianchi, che se ben vestiti e con le nostre fogge, sono uguali a noi… per cui non scatta l’espulsione dell’altro ( mi servo del titolo di un saggio del filosofo Han).
    La Rai e il resto dei media della disinformazione e propaganda, danno una grossa al “profughismo” di serie A e B.
    Che lo dico a fare?

    • Enza
      28 Marzo 2022 at 19:23

      Vorrei riscrivere in modo corretto, ora che rileggo. Ma credo che si comprenda ugualmente.
      Intanto, tra le notizie che riguardano la solidarietà ai profughi ucraini, furti in centri raccolta viveri.
      Qui da noi, ha organizzato il punto di aiuto, una furbacchiona loro connazionale con il compagno italiano…Non voglio malignare ma mi hanno riferito che non vogliono abiti perchè né sono pieni, ma farmaci, parafarmaci, alimenti, giocattoli e soldi.

  2. Giulio Bonali
    28 Marzo 2022 at 19:45

    Intere famiglie con non possono più vivere sulla loro terra per guerre o miseria
    si possono certamente chiamare a ragione “profughi”.
    Ma questi familiari di soldati combattenti, che non hanno perso la possibilità di vivere nel loro paese, sia pure in guerra (una guerra in corso e non una guerra persa; in corso appunto perché loro posano continuare a vivere nel loro paese, secondo quanto proclamano essi stessi con più o meno sfacciato compiacimento per le “gesta” dei loro congiunti), e che, allontanandosi ma non interrompendo i loro legami familiari con chi combatte ne agevolano le operazioni belliche consentendogli di guerreggiare più efficacemente, senza la preoccupazione, anche materiale, per la sorte dei propri civili, sono davvero da cosiderarsi propriamente profughi?
    O non piuttosto sostenitori attivi dei loro congiunti impegnati in guerra?
    Io propenderei per la seconda ipotesi, sia pure con qualche dubbio, giacché questo fenomeno mi pare del tutto nuovo (ma non sono esperto di storia militare e potrei sbagliarmi): i profughi -autenticamente- in fuga da guerre mi pare che finora siano sempre stati costituti da interi nuclei familiari (magari purtroppo incompleti per l’ uccisione di alcuni di loro) per così dire “non combattenti nella loro integralità”.
    Mentre i parenti dei combattenti che cercavano di mettersi in salvo dagli orrori della guerra (una guerra non persa ma in corso, attivamente combattuta appunto dai loro congiunti) finora sono sempre stati chiamti “sfollati”; e come tali solitamente rifugiati in zone più sicure dei loro paesi in guerra o di paesi alleati ai loro paesi in guerra; mentre profughi di guerra erano piuttosto quelli che, in seguito ad una sconfitta subita dai loro paesi e a conseguenti persecuzioni da parte dei vincitori non potevano più vivere in patria.
    E se così fosse, se si trattasse in realtà di sfollati assistiti da paesi “terzi” che in questo modo agevolerebbero tangibilmente, materialmente lo sforzo bellico di una delle parti confliggenti, vi contribuirebbero attivamente, beh, allora si tratterebbe inequivocabilmente di un indubbio atto di guerra da parte dei paesi “ospitanti” contro una delle parti in conflitto, e perfino più grave della stessa fornitura di armi alla parte avversa.

    • Marcus
      29 Marzo 2022 at 23:12

      Egregio Sig. Bonali,

      dal vocabolario Treccani:

      pròfugo s. m. (f. -a) e agg. [dal lat. profŭgus, der. di profugĕre «cercare scampo», comp. di pro-1 e fugĕre «fuggire»] (pl. m. -ghi). – Persona costretta ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi come eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, ecc. (in questi ultimi casi è oggi più com. il termine sfollato) […]

      a Lei che in continuazione ci rammenta l’importanza di evitare l’uso di termini inglesi nella nostra lingua (opinione che per altro condivido), consiglio:

      1) di controllare meglio il significato dei vocaboli della lingua che tanto apprezza prima di intraprenderne improbabili esegesi.

      2) di serbare un po’di humana pietas per chi, a differenza di Lei, si è ritrovato o rischia di ritrovarsi la casa distrutta ed i familiari uccisi al fronte, quale che sia la condotta del loro capo di governo.

      • Giulio Bonali
        30 Marzo 2022 at 9:14

        L’ umana pietas io (e spero anche lei), contrariamente a tanti altri “pietosi a senso unico”- la provo per TUTTE le vittime di questa guerra, a cominciare imparzialmente in ordine di tempo dalle prime, e cioé dai russofoni del Donbass bombardati e dai comunisti e dagli altri antifascisti di tutta l’ Ucraina soggetti a pogrom nazisti (non solo a Odessa, che é il caso più noto) almeno a partire dal colpo di stato nazista di “Euromaidan”, allorché é iniziata la guerra in corso.

        Quanto all’ “esegesi”, richiamandomi alla definizione da lei lodevolmete citata, rilevo che chi é in contatto con parenti combattenti (in generale; in particolare per un governo nazista nella fattispecie, fatto per me non irrilevante anche se non a proposito della condizione di profughi dei loro parenti), rilevo che per lo meno nella loro generalità le donne e i bambini ucraini qui (fuggiasci in occidente; ma non sono certo gli unici fuggiaschi!) accolti a braccia aperte (ben diversamente dagli Africani e dagli Arabi di tutte le età e di tutti sessi, perché non lasciano in patria uomini adulti combattenti), non sono “costretti ad abbandonare loro terra, il loro parese, la loro patria IN SEGUITO AD EVENTI BELLICI”; ma invece ad allontanarsi da combattimenti IN CORSO (nei quali sono attivamente impegnati i loro congiunti) onde scampare ai pericoli che comportano per le popolazioni ciovili; eventi bellici il cui esito, attualmente non ancora raggiunto, (con la forza delle armi) deciderà se e chi sarà costretto ad abbandonare la patria PER I MOTIVI DI CUI LA DEFINIZIONE DEL TERMINE “PROFUGO”.
        Per ora almeno sono costretti a mettersi in salvo dai PERICOLI DELLA GUERRA IN CORSO e NON ad abbandonare la loro terra, il oro paese, o la loro patria IN SEGUITO AD EVENTI BELLICI, PERSECUZIONI POLITICHE O RAZZIALI” (e mi auguro non solo per ora; ma non ho motivo di credere che così non sarà anche dopo la fine delle ostilità, se, come spero, la guerra verrà vinta dalla Russia e loro non sono nazisti -o meglio: per quelli di loro che non sono nazisti- bensì onesti democratici disposti ad accettare la convivenza democratica con tutti gli altri Ucraini).
        La invito serenamente a riflettere se questa condizione non sia piuttosto simile a quella di chi fugge da cataclismi come eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, ecc. “casi [dice il vocabolario Treccani da lei opportunamete citato] “questi ultimi” nei quali “oggi é più comune il ternime sfollato”).

        Spiegazione probabilmente pleonastica: uso, come da grammatica, l’ iniziale maiuscola per le denominazioni delle popolazioni usate come sostantivi, la minuscola se usate come aggettivi.

  3. Gian Marco Martignoni
    28 Marzo 2022 at 22:01

    Ho partecipato settima scorsa a due dibattiti sull’Ucraina, denunciando la solidarietà pelosa nei confronti dell’Ucraina e l’assurda demonizzazione mediatica di Putin.Ma come è chiaro a chi è ancora in grado di discernere, il bombardamento mediatico che accompagna questo conflitto è spaventoso.Basti pensare all’intervista ai “partigiani ” ucraini sul Tg2 di questa sera, tra i tanti servizi allucinanti di queste settimane.In quanto al trattamento riservato di serie A rispetto a quelli di serie B, solo uno stolto lo potrebbe negare.Solo che in Italia ci sono 260.mila donne ucraine in qualità di badanti ( di cui ventimila hanno chiesto nel 2020 la regolarizzazione ) regolarmente in nero, e ciò scatena quello che stiamo vedendo in tutta Europa.

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