Trump/Musk: l’ideologia neoliberale e politicamente corretta ha prodotto la sua contraddizione


Quella che definiamo come ideologia “politicamente corretta” è stata l’ideologia che ha caratterizzato il processo di globalizzazione, cioè il dominio del blocco occidentale capitalista-imperialista a guida USA sul pianeta, dal crollo del muro di Berlino ad oggi. Quel processo che dopo il crollo dell’URSS e del socialismo reale sembrava inarrestabile (la famosa “fine della storia”, come preconizzata da Fukujama), si è invece oggettivamente interrotto a causa dell’affermarsi dei BRICS e in particolare di grandi potenze tecnologiche, economiche e militari come Cina e Russia che costituiscono ormai un polo alternativo per tanti paesi che si stanno gradualmente affrancando dal dominio e dalla dipendenza dal mondo occidentale.  L‘esaurirsi di questo processo comporta anche la fine del concetto stesso di crescita economica in linea teorica infinita e illimitata che lo ha accompagnato. E non controllare più il pianeta da parte del blocco occidentale comporta inevitabilmente il non poter più saccheggiare più o meno impunemente le risorse materiali e umane del globo intero. Una delle conseguenze di ciò è l’inevitabile peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni occidentali che non possono più godere – sia pure in modo ovviamente diseguale – del saccheggio di questa ricchezza sistematicamente estorta da secoli ai popoli dei tutto il mondo. E il peggioramento delle condizioni reali di vita comporta, sempre, un calo o una crisi di consenso per le classi dirigenti.

L’ideologia politicamente corretta ha avuto ottimo gioco nell’affermarsi come ideologia egemone proprio in ragione di quella crescita economica e sociale che sembrava o veniva presentata come inarrestabile. Venendo meno quella crescita, è ovvio che quella stessa ideologia cominci seriamente e inevitabilmente a scricchiolare. Le ragioni di ciò sono abbastanza ovvie. Quando le condizioni materiali di esistenza si fanno più stringenti è ovvio che diventa sempre più difficile convincere le persone che le priorità siano il binarismo o la fluidità di genere e agli occhi di molti queste questioni cominciano ad apparire sempre più per quello che sostanzialmente sono, cioè un diversivo se non addirittura la costruzione di una realtà immaginaria che prima o poi finisce però col cozzare con quella reale.  Fra i molti esempi che potremmo portare di questa realtà immaginifica, i più significativi vanno dalla ottusa reiterazione dell’idea che saremmo tuttora in una società dominata dal patriarcato – dogma inamovibile e bandiera ideologica di tutti i femminismi – fino alla negazione di ogni fondamento naturale del genere maschile e di quello femminile (dalle cosiddette “teorie gender” al “transumanesimo”).

Questa ideologia – che non è nata in un laboratorio ma è il risultato di un processo storico che è quello che ho sommariamente descritto sopra – ha avuto una duplice finalità, interna ed esterna. Quella interna (alle società occidentali) è stata quella di alimentare la più subdola delle guerre orizzontali, quella delle donne e delle minoranze sessuali contro gli uomini eterosessuali accusati di essere in una condizione di privilegio e di dominio a prescindere. Quella esterna è stata quella di camuffare tutte le guerre imperialiste e le politiche neocolonialiste come guerre “etiche”, umanitarie”, per portare diritti, democrazia e liberare le donne dal velo e dall’oppressione dei regimi oscurantisti, totalitari e patriarcali; in pratica tutto il mondo non occidentale o, diciamola meglio,  non controllato dall’Occidente (nel caso invece di regimi amici, anche se si tratta di dittature brutali, la questione non viene neanche sollevata..).   

Come dicevo, l’accanimento con cui questa ideologia, in tutte le sue diverse articolazioni, è stata di fatto imposta, ha raggiunto livelli asfissianti, fino a renderla insopportabile a tanta gente, soprattutto dei ceti popolari. Il corto circuito è avvenuto e sta ancora avvenendo, come dicevo prima, nel momento in cui questa narrazione ideologica sostanzialmente priva di un fondamento concreto (sia pure con qualche verità, altrimenti non sarebbe credibile, come qualsiasi altra ideologia …), entra in contraddizione con la realtà concreta, cioè con le condizioni materiali di esistenza della gran parte delle persone.  A quel punto il re, comincia a essere nudo.  

E’ in queste contraddizioni che le nuove destre americane ed europee si sono inserite – anche e soprattutto in pressoché totale assenza di forze realmente alternative e autenticamente socialiste – e hanno avuto buon gioco nell’attecchire e nel radicarsi fra i ceti popolari, presentandosi come “antisistema”, anti establishment e come difensori degli interessi di quei ceti popolari ai quali il “neoliberalismo in salsa politicamente corretta” aveva promesso quella crescita complessiva che alla prova dei fatti si è rivelata essere un bluff.

Si tratta di una nuova destra, anzi di nuove destre, per certi versi simili e per altri differenti fra loro. La leader del partito di estrema destra tedesco Alternative Fur Deutchland (AFD), Alice Weidel, ad esempio, è una lesbica dichiarata che convive con una donna originaria dello Sri Lanka con la quale ha anche due figli adottivi. La sua ostilità, e quella del suo partito, nei confronti degli immigrati, in particolare quelli islamici, è dettata proprio dal fatto che il mondo musulmano sarebbe portatore di una cultura omofobica, maschilista e oscurantista, arrivando a dichiarare in una intervista all’ex direttore della rivista gay  “Manner” che “L’AFD è l’unica vera forza protettrice di gay e lesbiche in Germania».  Una posizione sicuramente diversa da quella di Trump che nel discorso del suo insediamento ha dichiarato “che esistono soltanto due sessi, quello maschile e quello femminile” con l’intento dichiarato di mandare un messaggio chiaro a tutto il mondo liberal e “woke” americano e occidentale. Tralasciando per carità di patria i deliri come quello per cui Hitler sarebbe stato un comunista perché era uno statalista (dichiarazione di A. Weidel), l’AFD è un partito ultraliberista, ultra filo sionista e ultra filo israeliano, cosa che con la tradizionale vis antisemita dei movimenti fascisti e nazisti ci azzecca ben poco. In questo è naturalmente del tutto allineata con Trump e anche con il partito di Giorgia Meloni, altrettanto ultra filo israeliano (per la cronaca, anche Israele fa della difesa dei diritti lgbtq uno dei suoi cavalli di battaglia in funzione antipalestinese).

La destra trumpiana e “muskiana” americana è invece un coacervo di spinte che vedono insieme la teorizzazione del liberismo più sfrenato (Milton Friedman, von Mises, Hajek, Smith e Ricardo sono fra i principali riferimenti ideologici), dell’antisocialismo (in questo del tutto affini ai liberal) e dell’antistatalismo – inteso ovviamente come stato sociale, considerato fonte di parassitismo e di ostacolo alla libera impresa, al merito e all’iniziativa individuale – la celebrazione sciovinistica dell’individualismo, l’idea messianica declinata in chiave “superomistica” della missione cui sarebbero destinati alcuni pochi determinati individui, di cui Elon Musk è l’incarnazione, chiamati a proiettare l’umanità verso le sorti magnifiche e progressive del capitalismo, anzi, del “tecnocapitalismo puro”, libero da lacci e lacciuoli di ogni genere, l’esaltazione della tecnica a cui l’umanità è sostanzialmente chiamata ad asservirsi (anche se questo aspetto va ben oltre gli schieramenti politici ed è una delle caratteristiche dell’attuale dominio tecno capitalistico al di là se a governare è la destra o la “sinistra”), l’ostilità verso l’ideologia woke e politicamente corretta non per le ragioni per cui anche noi la osteggiamo, cioè in quanto falsa coscienza del dominio capitalistico in una determinata fase storica, bensì perché considerata  una sorta di nietzchiana “ideologia del risentimento” dettata dal rancore e dall’invidia sociale e umana. Aggiungiamo una fortissima dose di nazionalismo, di razzismo, di ostilità e di (neanche tanto) malcelato disprezzo verso tutto ciò che non è americano o anglosaxon e il piatto è servito.  

Come dicevo poc’anzi, dopo mezzo secolo di “controrivoluzione” politica e culturale che ha distrutto ogni forma di  reale criticità sociale e di coscienza  di classe, riducendo le persone ad una massa di atomi separati gli uni dagli altri, queste nuove destre hanno avuto buon gioco nel ricostruire un nuovo paradigma identitario, riuscendo a coinvolgere e ad aggregare larghi settori popolari, che erano stati abbandonati a loro stessi nel mentre erano bombardati dal fuoco mediatico politicamente corretto. In questo sfacelo complessivo, ideologico, culturale e anche psicologico – è il caso di dirlo – una elite di ultra miliardari, esclusivamente animati dalla loro illimitata volontà di potenza, sono riusciti a far credere a tante persone comuni che i loro interessi coincidono con i loro.   Altri multimiliardari, come Bezos e Zuckerberg, fino a poche settimane fa imbarcati sul vascello liberal e sostenitori accesi del politicamente corretto, si sono affrettati a salire sul battello di quella che per ora è la cordata vincente. Altri ne seguiranno, molto probabilmente. Uno spettacolo vergognoso se non indecente, che ci dice quale sia la natura di questa gente e soprattutto del sistema di dominio sociale nel quale ci troviamo.

Questo non significa che l’ideologia politicamente corretta sia finita. La narrazione femminista, ad esempio, che è il suo mattone fondamentale, non verrà a mio parere toccata perché nessuno, neanche Trump e i suoi sodali, hanno la forza e il coraggio di metterla in discussione. Quello che accadrà e che in parte sta già da tempo accadendo è che le destre reinterpreteranno il femminismo in una chiave diversa o parzialmente diversa rispetto a quella delle “sinistre, liberal o radical che siano. Del resto, non mi pare proprio che le donne della destra, dalla moglie di Trump a Giorgia Meloni, passando per Marine Le Pen e Alice Weidel, incarnino la concezione di una donna remissiva e subordinata agli uomini né siano intenzionate e resuscitare il cadavere del patriarcato il quale, anche ammettendo ogni possibile sforzo ideologico, non può essere resuscitato perché le condizioni reali e oggettive lo rendono impossibile, al di là e se a governare e a dettare l’agenda ideologica sia la destra o la “sinistra”.

La battaglia, in ogni caso, non è certo conclusa. I passaggi di fase sono graduali e quindi anche quelli ideologici. L’ideologia politicamente corretta e neoliberale è ancora potente e non mollerà la presa.

La “sinistra”, in tutte le sue articolazioni, continuerà ottusamente a battere sugli stessi tasti non capendo o non potendo capire (perché la sua stessa identità è ormai tutt’uno con l’ideologia politicamente corretta)  che sono proprio quelli che l’hanno portata all’attuale disastro.

Ancora una volta – ma non è una novità – ci troviamo prigionieri di questa tenaglia, di questa polarizzazione sempre più radicale fra destra e “sinistra”, in una fase storica che paradossalmente si dice essere post-ideologica.

Fonte foto: Sky News (da Google)

12 commenti per “Trump/Musk: l’ideologia neoliberale e politicamente corretta ha prodotto la sua contraddizione

  1. Piero
    22 Gennaio 2025 at 20:56

    Ma come detto nella “Società dello spettacolo” il capitalismo è superiore al socialismo in quanto mette in scena più spettacoli, a differenza del socialismo che mette in scena un unico spettacolo , quello ideologico.

    Così, da servi , siamo costretti a parlare solo dei padroni…

    Personalmente cerco di fare da solo, anche se so bene che sbaglio

  2. Knut
    23 Gennaio 2025 at 11:41

    L’analisi non è chiarissima, più che altro non vedo la contraddizione.
    La destra vince alzando i toni sulla vecchio slogan Dio-Patria-Famiglia, rassicurante per il popolo timorato, in questo non è mai cambiata; è cambiata semmai la percezione della destra e la percezione che la destra ha di sé, cioè non è più considerato riprovevole essere nazisti o fascisti, che porta al trionfo dell’ala destra della destra (il fascismo è la manifestazione reazionaria del liberismo, non pensi?).
    E’ sparita la “sinistra”, o meglio: lo spazio che prima era occupato a sinistra dai partiti di ispirazione socialista e comunista è stato occupato dai partiti liberal e radical chic di cui parli (la manifestazione liberale del liberismo) che, avendo aderito alla narrazione dominante, essendo perfettamente integrate nel sistema, possono fare un’opposizione solo di facciata insistendo sui temi di cui parli.
    Però, appunto, non c’è contraddizione in ciò. La destra conquista il potere grazie alla sostanziale indifferenza di larga parte della popolazione: la risposta alla mancanza di alternative sta nel ritiro dalla partecipazione, non in una maggiore adesione alla narrazione reazionaria, vedi le crescenti percentuali di astensionismo.
    Mi pare che l’analisi vada aggiornata con nuove categorie che riguardano le nuove tecnologie di comunicazione in grado di strutturare la realtà, di incidere sulla percezione della realtà dei singoli individui (non esiste più una narrazione di massa, ma infinite comunicazioni personalizzate dall’algoritmo) e, in definitiva, di garantire forme di controllo “individuali di massa”.

    • Fabrizio Marchi
      23 Gennaio 2025 at 12:54

      Sulla questione della tecnica (e quindi anche sulle tecnologie e sulle tecniche di comunicazione, cioè di costruzione del consenso) mi sono pronunciato esplicitamente nell’articolo (rileggi la parte in cui descrivo sia pure sommariamente le caratteristiche di questa “nuova” destra”). Per quanto riguarda il resto sono complessivamente d’accordo con quanto dici. Forse l’equivoco c’è perchè nel titolo in effetti dico che l’ideologia politicamente corretta ha creato la sua contraddizione, nel senso che destra e “sinistra” sono portatrici di due narrazioni ideologiche diverse, ma comunque entrambe funzionali e organiche allo stesso sistema capitalista. Il senso è: dopo decenni di bombardamento ideologico politicamente corretto, è ovvio che questo abbia provocato una reazione opposta e contraria. Dopo di che, al di là dei proclami ideologici che possono fare sia la destra che la “sinistra” (l’una per riproporlo e l’altra per tenerne in vita il cadavere artificialmente), io sono convinto che il patriarcato sia effettivamente morto e sepolto, perchè le condizioni oggettive, strutturali, lo hanno ucciso e sepolto, ma non da ieri, da molto tempo addietro. Lo stesso Marx, nel Manifesto del 1848 lo dice esplicitamente (proprio all’inizio, nel capitolo “Borghesi e proletari”). Figuriamoci oggi… Proprio su questo argomento, peraltro, verterà la mia relazione al prossimo convegno che terremo sabato 15 marzo a Roma presso il Roma Scout Center, dal titolo “Una lettura alternativa della questione di genere. Per una critica di classe del femminismo”.

    • Fabrizio Marchi
      23 Gennaio 2025 at 12:58

      Peraltro neanche la destra batte più di tanto sul “Dio, Patria e Famiglia”, perchè sanno anche loro che ormai è roba vecchia (in questo sono più avanti della “sinistra” e del femminismo”). I richiami a Dio di Trump sono di tutti i presidenti degli Stati Uniti. Anche Obama diceva che gli USA sono l’unica nazione necessaria al mondo. E’ il messianismo americano che caratterizza la cultura americana.

      • Ros* lux
        23 Gennaio 2025 at 13:37

        @ Marchi…Concordo … è chiaro..Ma…Per evitare malintesi…Bisognerebbe uscire dall’equivoco del “né di destra né di sinistra”…
        Affermando in modo chiaro che Sinistra è …stare dalla parte dei lavoratori e lavoratrici nella lotta di classe per il Socialismo’ egualitario.
        La dialettica politica neol è invece basata sulla contrapposizione tra destra razzista e destra sessista neofemminista (falsa sinistra) ,ecco perché per uscire dal regime bipartisan bisogna demistificare il neofemminismo da punto di vista di classe,per una vera nuova unita tra lavoratrici e lavoratori, per riprendere la lotta di classe unitaria intragenere per il Socialismo’.

        • Fabrizio Marchi
          23 Gennaio 2025 at 14:31

          Sono completamente d’accordo, ovviamente. Non a caso il nostro convegno del 15 marzo a Roma avrà come titolo “Una lettura alternativa della questione di genere. Per una critica di classe del femminismo”. Il fatto che io sottoponga a critica radicale sia la destra che la “sinistra” vuole apunto significare che sono due facce di una stessa medaglia. Da tempo mi dichiaro come un socialista e un “neomarxista” ma non di sinistra, per la semplice ragione che questa parola ha ormai da tempo assunto un significato che non ha nulla a che vedere con quello originario.

          • Giulio Bonali
            23 Gennaio 2025 at 15:08

            Anch’ io sono perfettamente d’ accordo.
            Per evitare equivoci come il preteso superamento della distinzione fra destra e sinistra basterebbe forse chiarire che oggi di fatto, in Italia ma probabilmente anche in tutto l’ Occidente (in senso geopolitico) le possibili scelte per lo meno elettorali non sono fra destra e sinistra ma invece sono fra pseudo”””sinistra””” e destra verace (senza virgolette).

          • Fabrizio Marchi
            23 Gennaio 2025 at 16:02

            Cioè sostanzialmente fra due destre…Una palese e un’altra camuffata…

  3. Enza
    24 Gennaio 2025 at 14:53

    Sono d’accordo con la tua analisi, caro Fabrizio. Hai abbracciato con una chiara sintesi ciò che è accaduto da 50 anni circa a questa parte fino al corto circuito attuale, mi permetti, solo apparente.
    Gli strepiti di Trump, per ora, danno la certezza che nulla cambierà.
    E noi nella morsa, soprattutto in Europa per ragioni su cui tanto è stato scritto e detto.
    Gli sviluppi? Tutti da vedere, per quanto , personalmente, sono scettica su sussulti e ribellioni a macchia d’olio.
    Poco fa, al tiggí, ho sentito che gli italiani ricorrono, in misura crescente, a prestiti personalizzati, non finalizzati, per divertirsi, andare in vacanza, in palestra ecc. E che consumano ora per pagare tra sei mesi. Rendo l’idea?

  4. Alessio Balbo
    25 Gennaio 2025 at 10:10

    Interessante analisi, anche io credo che la destra e la sinistra attuali siano sostanzialmente due facce della stessa medaglia.
    L’attuale sinistra non ha più niente a che vedere con la matrice socialista di un tempo e porta solo acqua allo stesso mulino della destra, quello del capitalismo-liberismo.
    Le sue battaglie, pur mantenendo apparentemente intenti nobili (i diritti civili, la salvaguardia dell’ambiente, ..) sono spesso percepite come finte ed ipocrite alimentando l’esasperazione di tanti che, o rinunciano a votare, o votano a destra come reazione e protesta.

    Semplificando di molto il ragionamento, qui in occidente ci siamo privati di uno dei due modelli di riferimento di organizzazione della società e che faceva da contrappeso all’altro.
    Il modello sopravvissuto, il capitalismo, si è appropriato di entrambi gli spazi ideologici e soffia accuratamente sulla polarizzazione e divisione dell’opinione pubblica, scongiurando qualsiasi minaccia alla sua tenuta.

    In questo modo si è rafforzato sempre di più e con lui le sue degenerazioni iper liberistiche, il primato del profitto sopra ogni valore, la finanziarizzazione dell’economia, la concentrazione di potere e ricchezza, il consumismo sempre più sfrenato, la perdita di potere delle nazioni, lo strapotere delle corporation.

    Disgregazione sociale, caduta dei diritti, impoverimento e tensioni interne (lotta tra cittadini) ed esterne (guerre) mi sembrano più la conseguenza di questa perdita di equilibrio che avevamo quando le due alternative erano entrambe attive e collocabili in aree geografiche distinte (fino al 1989, addirittura divise da un muro…) che non all’avanzata della “destra” a discapito della “sinistra”.

    Ridurre tutto il dibattito tra destra cattiva e sinistra buona mi sembra che ci tenga ancorati ai mali del secolo scorso e non ci permetta di affrontare il vero male di questo secolo: un occidente in balia di se stesso e in preda ad un delirio iper capitalista e liberistico che non ha più freni né nei meccanismi di partecipazione democratica (dove il prevalere dei sistemi maggioritari, degli sbarramenti all’ingresso, dei collegi uninominali ha aumentato la distanza tra cittadini e loro rappresentanti) né nell’etica e nei valori, che sono stati soppiantati con forza da immagine, soldi e potere.

    Ripartirei per il viaggio solo dopo aver dato una sistemata i freni: riformando la partecipazione democratica alla vita pubblica e riscoprendo il primato di valori universalmente riconosciuti.

  5. Miriam Teodori
    25 Gennaio 2025 at 12:20

    Come si può partecipare al convegno il 15 marzo? Mi interessa moltissimo, grazie

    • Fabrizio Marchi
      25 Gennaio 2025 at 18:07

      Basta venire sabato 15 marzo a Roma al Roma Scout Center (fermata metro Bologna) che si trova fra Piazza Bologna e Piazzale delle Province (vicinissimo all’Università La Sapienza). L’Ingresso è libero e tutti possono partecipare d intervenire. Si comincerà alle 9,30 per la sessione mattutina fino alle 14, poi una pausa pranzo e alle 15 riprendiamo fino alle 19,39. Sono previsti diversi relatori e relatrici e uno spazio per il dibattito sia la mattin che il pomeriggio.

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