Argentina: le parole del genocidio

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Le parole del genocidio: quarant’anni fa (24 marzo 1976) aveva inizio la dittatura ecclesiastica, neoliberista (*) e militare argentina

I “criminali di stato” di ogni tempo hanno sempre creato espressioni verbali per sostenere la loro infamia. Si è passati dal “dio lo vuole” agli eufemismi coniati negli ultimi anni:“esportazione della democrazia”, “effetti collaterali”, “barriera difensiva ecc.. Espressioni verbali costruite a tavolino per nascondere rapina, orrore e devastazione.
Durante il nazismo, come scrisse Víctor Klemperer nel suo libro LTI – La lingua del Terzo Reich, venne creato a tavolino un linguaggio che in seguito, riveduto e corretto per ogni occasione, divenne uno strumento di propaganda indispensabile per coprire, “culturalmente”, ogni abominio.

Anche la dittatura militare argentina (1976-1983), nascondeva la propria ferocia utilizzando espressioni verbali che nascondevano la realtà degli accadimenti: “guerra sucia” (guerra sporca) è una di queste. Ancor oggi molte persone usano questo termine per definire il genocidio di Stato voluto dai latifondisti argentini, dalla Chiesa cattolica, dal capitalismo neoliberista americano ed europeo ed eseguito dalla giunta militare argentina. Ancor oggi squallidi individui forniscono interpretazioni che calpestano il senso di ciò che accadde in quel periodo: una di queste “interpretazioni è l’esemplare “teoria de los dos demonios” che mette sullo stesso piano sequestratori e sequestrati illegalmente, torturatori e torturati, stupratori e donne stuprate, ladri e derubati, assassini e assassinati.

Nel settembre del 2000 il presidente della Conferenza episcopale argentina l’arcivescovoEstanislao Esteban Karlic, arcivescovo di Paraná, cercò di intorbidire le acque usando la “teoria de los dos demonios”: « Poiché – disse Karlic – il male della violenza, frutto di ideologie di segno opposto, si è presentato in diversi momenti politici, specialmente nella violenza della guerriglia e dell’illegittima repressione che hanno afflitto il nostro paese. »Non ci vuole molto a capire che l’arcivescovo Karlic (colpevole tra l’altro, secondo BishopAccountability.org di aver obbligato al silenzio alcune vittime di pedofilia ecclesiastica), così dicendo pose sullo stesso piano i giovani argentini torturati e gettati dagli aerei nell’Atlantico e coloro che attuarono una “illegittima repressione” ovvero mandanti, istigatori e esecutori delle torture e del genocidio. Il “male della violenza” secondo quanto disse l’arcivescovo di Paraná, è unicamente “frutto di ideologie di segno opposto” e non delPlan Condór ordito da Nixon e Kissinger e avvallato dalla Chiesa cattolica (leggi qui).

Ma c’è qualcosa che va oltre questi tentativi di revisionismo storico che storpiano la verità e mentono sulla realtà umana di migliaia di giovani torturati e fatti sparire: il 2 settembre 1979, Videla, durante una conferenza stampa, rispondendo al giornalista argentino José Ignacio López che gli chiedeva di toccare «el tema de los desaparecidos y los detenidos sin proceso», alterò il termine verbale “desaparecido” trasformandolo in un sostantivo.
In quell’occasione giocando con le parole e con i gesti con scherno e ironia disse «Di fronte al desaparecido, egli come tale, è un’incognita. Se l’uomo sparito apparisse avrebbe un trattamento X e se l’apparizione si convertisse nella certezza della sua morte avrebbe un trattamento Z. Però fintanto che è (mientras sea) desaparecido (sparito) non può avere nessun trattamento speciale, è un’incognita, è (es) un desaparecido, non possiede entità, non c’è (no está) … né morto né vivo, è (está) desaparecido.» (vedi qui il video)

 

436Kissinger con Videla negli anni ’70

Videla per primo definì i giovani fatti sparire “desaparecido/desaparecidos” utilizzando la parola come sostantivo. I sequestrati, torturati e ammazzati con un metodo che li rendeva invisibili alla percezione del genere umano, secondo la definizione delirante di Videla non«erano né vivi né morti» erano “desaparecidos” una categoria inesistente che dava però loro uno status: lo stato di chi, non essendo vivo non è mai esistito e non può essere neppure morto visto che per morire si deve prima esistere.
Nel suo volgare gioco di parole Videla disse stolidamente «è un desaparecido» annullando la realtà umana di migliaia di giovani. In questo modo egli non inserì gli argentini occultati nella categoria di chi non era “ancora percepibile”. Gli assenti di cui parla Videla, non stavano in uno stato di sparizione, essi erano “degli spariti”, esseri di fatto inesistenti, ne parlò come se potessero esistere degli individui inesistenti. E sotto questo delirio c’è l’alienazione religiosa che fa di ciò che è ciò che non è.

Dalle espressioni verbali e dai toni canzonatori usati da Videla, esce un’immagine subdola e agghiacciante. Egli surrettiziamente instilla nel pensiero di chi ascolta una menzogna: la “cosa” assente è un “desaparecido” e come tale “non possiede entità” , è una mera“incognita”.
In questo modo Videla svuota di contenuto, e quindi di senso, il dramma della sparizione. Se colui che è scomparso non possiede entità, significa che è, o che potrebbe essere, un ente metafisico cioè un’astrazione della mente. Una creazione della mente delle Madres de Plaza de Mayo che infatti, fino alla confessione di Scilingo, non venivano credute e venivano chiamate le pazze, le “locas de Plaza de Mayo”. Le Madres de Plaza de Mayo che rivendicavano la verità sulla sparizione dei loro figli e nipoti, secondo questo pensiero indotto da Videla, altro non erano che delle povere folli alla ricerca di ciò che avrebbe partorito la loro mente sconvolta.

Videla con la sua logica lucidamente criminale, si appellò all’hábeas corpus: un’entità che“non ha corpo” non si può sostanziare legalmente: «Se l’uomo sparito apparisse avrebbe un trattamento X e se l’apparizione si convertisse nella certezza della sua morte avrebbe un trattamento Z. » e «Però fintanto che rimane nel suo stato di sparizione non può avere nessun trattamento speciale».
Il desaparecido di cui parla Videla è una non esistenza e la avrà solo se, e ripeto solo se, se apparirà un corpo vivo o un cadavere. Un pensiero delirante o lucidamente straniante.

Mi chiedo se Videla si rendesse fino in fondo conto della portata semantica di quanto andava dicendo. Certo è che una mente anaffettiva e religiosa come la sua poteva facilmente partorire un pensiero astratto di questa entità. A guardar bene però, il suo discorso, fatto a braccio, sembra troppo lucidamente preciso per un Videla. Penso che tutto sia stato progettato a tavolino, forse anche la domanda del giornalista argentino José Ignacio López che imbocca il genocida.
Non ci sono tracce di un diretto coinvolgimento del giornalista … però José Ignacio Lopez nel 1983 divenne el vocero (il portavoce) del presidente Raúl Alfonsín, cioè di colui che durante il suo mandato perpetrò el desprocesamiento, cioè chiuse i processi contro assassini e torturatori di stato. Alfonsin con la leggi de Punto Final (1986) e della Obediencia Debida(obbedienza dovuta) (1987), fece liberare i militari incriminati. Le leggi di Alfonsin – e l’indulto totale promulgato da Carlos Menem –  sono chiamati in Argentina leyes de impunidad (leggi di impunità).

 

aucencias 1 - CopiaGustavo Germano: dalla raccolta fotografica Ausec∙as (Assenze)

Da qualche tempo non penso più  ai giovani argentini i cui corpi sono stati occultati in vario modo, definendoli “i desaparecidos”. Li penso verbalmente chiamandoli, come il fotografoGustavo Germano, assenze: assenza che prevede un’esistenza, perché un’assenza senza un’iniziale presenza è un’astrazione delirante. Esiste però l’annullamento, vale a dire un delirio anaffettivo che fa sparire anche la memoria della realtà umana di chi è vissuto ma che è stato fatto materialmente sparire.

Nel 1981 scrisse poche righe di un racconto mai dato alle stampe in cui narrava di una città costruita cancellando le tracce un antico cimitero. Lo scrittore argentino scriveva che «dopo qualche tempo gli abitanti del racconto cominciarono a sentire i sintomi di una strana inquietudine. (…) Finalmente i più sensibili si rendono conto di abitare sopra la morte e che i morti a loro modo sanno come tornare, come entrare nelle loro case, nei loro sogni, nella felicità degli abitanti. Ciò che sembrava la realizzazione dell’ideale dei nostri giorni, cioè il trionfo della tecnologia, della vita moderna avvolta nell’ovatta dei televisori e dei frigoriferi, nell’abbondanza di denaro e nella autosoddisfazione patriottica, si sveglia lentamente nel peggiore degli incubi, nella fredda e viscida presenza di una maledizione che non si esprime con parole … ma tinge di un indicibile orrore tutto ciò che quegli uomini hanno eretto su una necropoli.»

1269da sinistra: Massera, Videla, Agosti

Quarant’anni fa , il 24 marzo 1976, iniziava in argentina il terrorismo di stato che avrebbe cancellato un’intera generazione di giovani intellettuali in grado di cambiare le sorti del paese.

Trentamila giovani sono “spariti”. La loro sparizione è iniziata quando erano ancora liberi e vivi.

La loro sparizione ha preso forma nella mente dei latifondisti e dei capitani d’industria argentini alleati ai dirigenti delle corporations americane e europee che volevano eliminare sul nascere la presa di coscienza sociale delle classi subalterne.

La loro sparizione è stata fortemente auspicata dalla Chiesa cattolica impaurita dal fenomeno del terzomondismo clericale sudamericano che metteva in evidenza l’incoerenza e la disumanità di quelle società in cui la diseguaglianza e l’ingiustizia generavano odio e disordine sociale.

I militari argentini sono le mani insanguinate dei mandanti. Mani e braccia violente che hanno fatto materialmente sparire chi intralciava il “disegno divino” dei gerarchi della Chiesa cattolica e la logica utilitaristica delle classi dirigenti che volevano massimizzare le proprie rendite.

Come disse Videla, i militari fecero sparire chi «pretendeva cambiare il nostro sistema di vita, un sistema di vita inspirato giustamente in una visione cristiana del mondo».

La “sparizione” è poi continuata, e ancora continua, nella mente di chi ha annullato e continua ad annullare questa storia orrenda credendo di poter farla sparire insieme a coloro che ora vengono definiti con il sostantivo “desaparecidos”.
Ma essi esistono. Esistono nella memoria che se pur immateriale è inscindibile dalla realtà umana. Memoria storica affettiva che rende esistente chi oltre ad aver subito l’orrore della tortura e del massacro ha subito e continua subire l’oblio dell’annullamento. Loro, i giovani argentini scomparsi, vivono dentro di noi, sono i “passeggeri” che abitano nella mente di chi non li ha traditi…

(*) è di oggi la notizia  del ritorno, dopo dieci anni di libertà, dell’Argentina sotto il dominio del Fondo Monetario Internazionale (FMI) guidato dall’algida Christine Lagarde (leggi qui l’articolo di Pagina12 : Tornare al FMI come se nulla fosse successo)

Fonte: http://www.igiornielenotti.it/?p=30822

 

1 commento per “Argentina: le parole del genocidio

  1. Animus
    25 Gennaio 2016 at 0:51

    La teologia della liberazione, che trovava terreno fertile nei movimenti/uomini di sx (vedi lo stesso ), rischiava di spostare dall’aldilà all’aldquà, alcuni “concetti” (e diritti)….che dovevono invece rimanera nel regno dell’aldilà (dal venire), cioé restare confinati nella Speranza.
    E questo …. non si fa.

    Per questo la Chiesa, li ha visti da subito come il fumo negli occhi, arrivando, da una parte, ad allontanare i “sovversivi” al proprio interno (vedi Ivan Illich), dall’altro,per una “pulizia più generalizzata”, portando al potere i generali…per far fare loro il lavoro più sporco…

    Morale, se non ci si libera, prima di tutti, di questi grandi criminali, l’umanità, non sarà veramente mai libera…

    E lo dico, sapendo che è proprio così, cioè senza riporre alcuna speranza.

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