“Omosessualismo” e capitale

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

 

Dopo quelli del Gender e del femminismo, ci proponiamo ora di analizzare il rapporto fra omosessualismo e capitalismo. Uso la parola omosessualismo e non omosessualità non casualmente. I due termini non definiscono la stessa cosa e non sono intercambiabili.
L’uso del termine omosessualità come tendenza sessuale a se stante è di dubbia valenza scientifica. Risale al positivismo ottocentesco, mentre in precedenza si parlava piuttosto di comportamenti omosessuali, saltuari o costanti, a significare, come sottolinea Paolo Ferliga, che non era stata intaccata «l’unità e la ricchezza simbolica del campo maschile» [e ovviamente di quello femminile]. A rigore dovremmo in realtà parlare di più forme di omosessualità che

<<da un punto di vista psichico, soggettivo e clinico, differiscono sensibilmente. Differiscono anche per quanto riguarda il manifestarsi o meno di un disagio soggettivo. Risulta quindi una forzatura accomunare queste varie forme di omosessualità come se si trattasse di una categoria sociale compatta e coerente. Una simile forzatura ha motivi ben precisi, riconducibili spesso a un orientamento ideologico. >> (1)

Si tratta insomma di una condizione personale sulle cui cause non esiste affatto accordo fra gli studiosi. Va da sé che, qualsiasi esse siano, la persona omosessuale merita lo stesso rispetto che si deve a ogni essere umano, ed ha il diritto di non essere giudicato per queste sue pulsioni, qualsiasi cosa se ne pensi. L’omosessualismo, invece, è la costruzione ideologica eretta sull’omosessualità con lo scopo,
a) di negare la determinazione binaria, maschile e femminile, della sessualità umana. La concezione binaria implica ovvie ricadute in fatto di normazione giuridica delle unioni (concetto di famiglia). Negandola in nome di un ventaglio di scelte equiparabili l’una all’altra (omosessualità maschile e femminile, bisessualità, transessualità, fino alla sessualità cangiante, temporanea e reversibile, denominata queer), ne discendono gli altri obbiettivi dell’ideologia omosessualista;
b) la piena equiparazione, anche giuridica, di ogni forma di unione; e
c) l’auspicabilità, anzi la necessità, dapprima della condanna morale e poi anche giuridica, di ogni pensiero che non accetti la sua piena equiparazione culturale con l’eterosessualità, bollato come omofobico, razzista e discriminatorio. La precisazione è importante per sottolineare una prima evidenza. L’omosessualità è sempre esistita, in ogni tempo e in ogni civiltà, ma mai nessuna società, anche nel mondo precristiano che si dice essere stato tollerante e permessivo, si era mai sognata di normare le unioni dello stesso sesso, men che meno di equipararle al matrimonio fra uomo e donna, la tutela del quale è sempre stata considerata di interesse primario per la società. Semmai si è intervenuti in senso restrittivo quando la diffusione dell’omosessualità ha messo in pericolo l’equilibrio demografico. È solo ora, nell’era del capitalismo globalizzato e pienamente dispiegato, che il tema viene agitato quotidianamente verso l’opinione pubblica e posto all’ordine del giorno dei parlamenti (occidentali). Anche parlando di omosessualismo e capitalismo, come abbiamo fatto col Gender e il femminismo, occorre distinguere fra due piani.
Il primo è quello sociologico, che riguarda i fatti, le manifestazioni pubbliche, i comportamenti esteriori che fanno notizia e che appaiono sui media. Da questo punto di vista i nessi sono, come vedremo, evidenti, plateali e rivendicati. L’altro piano interessa invece i legami più nascosti, e per questo più importanti, che agiscono sulla psiche individuale e collettiva favorendo l’affermarsi di nuovo paradigmi culturali e antropologici.

IL BUSINESS DELLA CULTURA GAY. Sul fatto che l’omosessualità sia ormai sdoganata nell’occidente sviluppato e globalizzato non dovrebbero esserci dubbi. Pubblicizzazione di locali per omosessuali, luoghi di vacanza e d’incontro con tanto di apposite guide, spot pubblicitari ammiccanti quando non apertamente inneggianti alle coppie omosessuali, festival e rassegne cinematografiche dedicate, telefilm girati col preciso scopo di mettere in scena la normalità, quasi la banalità quando non la bellezza e la superiorità dell’amore e del sesso omosessuali, abbondano in questi tempi. Ci si è cimentato persino Roberto Benigni, sfruttando il suo appeal sul pubblico televisivo ma con zero autorevolezza culturale. Gli omosessuali sono diventati un appetibile target di mercato, una categoria da inserire a pieno titolo entro il circuito degli affari anche perché, in genere, non devono confrontarsi con i problemi di mantenimento dei figli e il loro reddito lo possono spendere con più libertà. Perché dunque non approfittarne?
In questo sdoganamento sono in prima fila le grandi multinazionali, e non per caso. A marzo del 2013 abbiamo potuto leggere su Il Fatto quotidiano, che

<<Amazon, Apple, Facebook, Twitter, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Starbucks, sono in prima fila perché L’America cambi: si stanno battendo per convincere la Corte suprema a dichiarare incostituzionale il Defense of marriage act, la legge firmata nel 1996 da Bill Clinton che non riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso ed esclude le coppie gay da oltre mille tra leggi e programmi federali.>> (2)

I motivi economici sono evidenti, così che, inopinatamente, i movimenti omosessuali nati per lottare contro la morale religiosa e borghese sessuofobica e maschilista, nonché contro il capitalismo che le avrebbe fatte proprie e anche su di esse fondato il dominio di classe, si ritrovano alleati con l’antico nemico nel rivendicare quella normalità borghese tanto esecrata come il matrimonio e il suo corollario di diritti civili (l’adozione, la procreazione artificiale), ed anche le provvidenze del Welfare (reversibilità della pensione, assistenza personale, diritto alla casa etc. etc.), pensate per la famiglia tradizionale e che ora si vogliono estendere a diversi tipi d’unione fra persone. C’è un punto importante da mettere in evidenza. Nonostante tutto, la struttura famiglia resiste ad ogni tentativo di distruggerla con una guerra aperta e dichiarata. E allora si preferisce agire per vie trasversali, ossia svuotandola del significato originario e attribuendogliene uno diverso, che la rende un’entità assolutamente altra pur conservandone il nome, magari con un aggettivo accanto, come famiglia arcobaleno o famiglia funzionale. Abbiamo già visto (3 ) che lo stesso fenomeno di riassorbimento e funzionalizzazione nell’orbita del capitalismo è accaduto per il genderismo e il femminismo, ma più in generale per tutti quei movimenti moderni che sono nati come eversori dell’ordine sociale borghese. La cosa mette in evidente imbarazzo gli appartenenti alle associazioni omosessuali e più in generale LGBT, costretti ad arrampicarsi sugli specchi non per negare l’evidenza, cosa impossibile, ma per darne una lettura palesemente assurda e contraddittoria. Leggiamo ad esempio in un documento del 2001 a cura del Centro Sociale Leoncavallo di Milano

<<La presenza intrusiva del capitale mondiale, all’interno delle deboli e talvolta apparenti democrazie del sud del mondo, garantisce e assicura la sopravvivenza di strutture sociale di stampo arcaico/patriarcale che per loro natura esercitano repressione e discriminazione sui corpi e sui desideri degli individui.>> (4 )

Dunque il capitale globale, che da noi ha distrutto ogni struttura sociale e familiare tradizionali, nel sud del mondo, invece, se ne avvarrebbe per i suoi scopi, come se i concetti mentali, i tempi e le regole di vita proprie del capitale, non fossero in aperta, plateale ed evidente contraddizione proprio con quei sistemi di vita arcaici in cui si è impiantato. Qualcosa non quadra, e gli estensori del documento se ne rendono conto. Devono perciò, poco oltre, ammettere che in
<<talune, precise condizioni geopolitiche, il capitale immette nel tessuto civile, ancorato a valori arcaici, i germi di civiltà e di tolleranza che caratterizzano l’aspetto più positivo delle conquiste razionali e della civiltà occidentale: garanzie di tolleranza, di rispetto dell’individuo, del libero arbitrio della persona>> così che, ad esempio in Cina,
<<i maggiori diritti dei gay sono conseguenza della globalizzazione, e non controtendenza, […] l’accettazione delle devianze è possibile in quanto permette di controllarle tramite l’introiezione ecc. In fondo, e giustamente, l’omosessualità rappresenta una grande catastrofe per l’ideologia maschilista, una possibilità di rovesciare dal basso i rapporti di forza e di potere tra i generi.>>

La coerenza logica, se poche righe prima avevano scritto che il capitale mondiale (ovviamente maschilista e sessista) garantiva le arcaiche strutture patriarcali, non fa evidentemente parte del bagaglio culturale degli estensori di quel documento. Ma se le vicende del cosiddetto Sud del mondo, costringono a ragionamenti tortuosi per mantenere intatto l’anticapitalismo dichiarato di quei movimenti, ancor più difficile è giustificare, dal loro punto di vista, quanto accade nel Nord del mondo. Leggiamo infatti, sempre dalla stessa fonte, che:

<<Inscenando una perenne spettacolarizzazione/banalizzazione del desiderio erotico gay/lesbo, sfruttando il legittimo bisogno di cittadinanza/visibilità dell’individuo omosessuale, la globalizzazione tende a capitalizzare i nostri bisogni in termini di marketing: oramai addomesticati in un nuovo (e redditizio) target di mercato, a noi gay e lesbiche non resta che la libertà di scegliere se comprare un jeans di Calvin Klein o partecipare a qualche festa in locali alla moda. >>

La consapevolezza che qualcosa non quadra esiste, se si parla di «assimilazione» e di

<<modelli di consumo legati all’aspetto più superficiale dell’immaginario erotico gay/lesbo […] il pensiero unico neo-liberista mira a depurare l’omosessualità di tutta la sua valenza critica, politica, nei confronti dell’assetto maschilista del potere>>,

ma tale consapevolezza rimane sospesa, nell’impossibilità di sfociare in nulla che non sia la ripetizione auto consolatoria della giaculatoria dell’omosessualità eversiva dell’ordine capitalistico. In realtà l’omosessualità che diventa ideologia omosessualista è tutta dentro quell’ordine del capitale che si intenderebbe combattere. Alla fine, quasi sconsolatamente, il documento, dopo aver ammesso che il capitale globalizzato è riuscito, attraverso «il controllo dei mezzi di produzione immateriali, la costruzione millimetrica dell’immaginario collettivo», a anestetizzare «qualsiasi capacità critica nei confronti del reale», si conclude con queste parole:

<<Difficile ribellarsi, in fondo, quando un bel ragazzotto ti occhieggia, da una pubblicità di un profumo, a fare valere la tua «libertà» di gay: comprare.>>
MARIO MIELI E IL MARXISMO LIBERTARIO.
Anche secondo Mario Mieli, il più importante teorico omosessuale italiano e fondatore del Fronte Unito Omosessuali Rivoluzionari Italiani, l’omosessualità è in se stessa trasgressiva ed eversiva dell’ordine borghese capitalistico, poiché la sua Norma mortifera ha mutilato la psiche umana, impedendo di lasciar emergere la transessualità connaturata a ogni individuo. Mieli si propone quindi di dissolvere e ricomporre l’identità umana per approdare a una nuova soggettività androgina e pansessuale.
<<Nelle tenebre del nostro profondo giace repressa la specie che è transessuale, e il desiderio di transessualità/comunità: l’intersoggettività comunista sarà transessuale.>> (5 )

Come nota J. Camatte, su cui tornerò fra breve, allorché si rimette in discussione l’eterosessualità si pone la premessa affinché qualsiasi limite possa venir superato, e anche se ciò non significa certamente che quel superamento venga agito sempre e comunque, è da qui che la soggettività pansessuale di Mieli può sfociare nella pedofilia e nella pederastia:
<<Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino […] l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte, la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro.>> (6)

Ma non solo, chiosa Camatte: <<perché non dovrebbero esserci anche matrimoni tra uomini o donne ed animali, che sarebbe un modo di superare l’antitesi natura cultura sul terreno di quest’ultima? >>(7)

Gli strali di Mieli si rivolgono ovviamente alle strutture repressive del capitalismo e della borghesia, in primo luogo la famiglia di cui auspica il dissolvimento. Nato alla vita pubblica come aderente a Lotta Continua, poi abbandonata per fondare prima il Fuori e poi i Collettivi Omosessuali Milanesi, si può assimilare a grandi linee a quel filone del marxismo così detto libertario fra i cui esponenti era anche Daniel Cohn Bendit, protagonista del Maggio francese ed anch’egli noto per l’ambiguità delle sue idee circa la pedofilia. Massimo esponente del pensiero omosessuale che si richiama in qualche modo al marxismo fu Daniel Guerin, anche secondo il quale capitalismo e omosessualità sarebbero incompatibili, fino a teorizzare, in Omosessualità e rivoluzione, che l’omosessualità sarebbe rivoluzionaria, e caldeggiare un comunismo libertario capace di liberare ogni categoria oppressa, omosessuali, donne, neri, dallo sfruttamento e dall’alienazione capitalistici. Non è compito di questo articolo analizzare se sia legittimo parlare dal punto di vista teorico di marxismo libertario, cosa su cui esprimo personalmente molti dubbi. Mi trovo piuttosto d’accordo con Diego Fusaro quando scrive che ad esempio,

<<la difesa delle coppie omosessuali da parte della sinistra non ha il proprio baricentro nel giusto e legittimo riconoscimento dei diritti civili degli individui, bensì nella palese avversione nei confronti della famiglia tradizionale e, più in generale, della normalità borghese […] Il principio dell’odierno capitalismo postborghese è pienamente sessantottesco e, dunque, di sinistra: vietato vietare, godimento illimitato, non esiste l’autorità, ecc. […] Se Mozart e Goethe erano soggetti borghesi, e Fichte, Hegel e Marx erano addirittura borghesi anticapitalisti, oggi abbiamo personaggi capitalisti e non borghesi (Berlusconi) o antiborghesi ultracapitalisti (Vendola, Luxuria, Bersani etc).>> (8)
In questa sede ci limitiamo a constatare l’esistenza di movimenti e autori che si richiamano al marxismo e che, rispetto alla questione dell’omosessualità, convergono con un importante filone del femminismo nell’identificare capitalismo, patriarcato, cristianesimo e repressione sessuale, sulla base delle teorie di Wilhelm Reich. Al maschio bianco adulto eterosessuale, si contrapporrebbero tutti gli altri gruppi nella veste di oppressi, mentre sbiadisce o rimane sullo sfondo anche la classica, in senso marxiano, dicotomia di classe. Come è frequente in tutte le teorizzazioni ad alto contenuto ideologico, esiste alla base una estrema semplificazione dei problemi che finisce col perdere di vista le persone reali e le loro problematiche. Per stare al nostro tema, non esistono più le persone omosessuali ognuno con la propria storia familiare, il proprio vissuto, la propria condizione esistenziale di cui ricercare, talvolta dolorosamente o drammaticamente, il senso. Esiste solo, invece, l’omosessualità (con le sue varianti) come tendenza sessuale naturale che in questa società sarebbe repressa. Di colpo diventa così inutile andarne a ricercare le cause e inutili, di conseguenza, anche tutte le teorie che cercano di spiegarla. Se è una delle normali varianti della sessualità umana, si tratta solo di riconoscerla e porla sullo stesso piano delle altre anche in termini di diritti civili e normazione sociale. Poco importa, alla fine, che esista o meno un gene dell’omosessualità, o che si tratti di una scelta, magari temporanea e reversibile a piacere ogni volta che se ne ha voglia, oppure che nasca nell’intreccio di rapporti familiari problematici. L’omosessualità che diventa omosessualismo necessita, per diventare tale, di omogeneizzare nella stessa categoria storie e modalità di vissuti molto diversi l’uno dagli altri. I sentimenti individuali delle persone vengono così sminuiti d’importanza fino ad essere espunti. Alla persona omosessuale viene detto che la sua storia soggettiva non ha alcuna importanza, e che la pur constatabile infelicità di molti omosessuali, la loro ansia e ricerca di senso (che potrebbe sfociare anche in una serena accettazione della propria condizione), non ha motivo d’essere. È la società repressiva, è la non accettazione sociale a creare i problemi e i tormenti personali, che sparirebbero di colpo ove questa repressione non esistesse. In coerenza con questa logica, i movimenti omosessuali si arrogano il diritto di rappresentanza dell’intera categoria ormai vista come un tutto omogeneo. In nome di tutti gli omosessuali si decide chi è l’avversario, e si fa largamente opera di lobbing e penetrazione nei luoghi del potere, nonché di propaganda culturale. Lo schema del femminismo antagonista si ripete identico, anche nell’interdizione di ogni opinione non interamente assuefatta al mainstream e nell’invenzione di nuovi vocaboli il cui semplice uso colonizza l’immaginario e veicola precise concezioni che vengono assimilate dall’opinione pubblica senza alcuna discussione razionale sul loro senso, interdetta dal carico emotivo che evocano. Mentre nel caso del femminismo la parola chiave è femminicidio, per l’omosessualismo è omofobia.

OMOSESSUALITÀ E CAPITALE.
Abbiamo già visto come siano i fatti a smentire nel modo più evidente la tesi dell’incompatibilità fra omosessualità e capitale. È anzi quest’ultimo che si fa promotore dell’ideologia omosessualista. Come nel caso del femminismo, occorre però indagare i motivi più profondi del fenomeno, senza soffermarsi esclusivamente al pur evidente interesse economico. Camatte, nell’opera citata, osserva a proposito delle teorie di Mieli, che le sue concezioni sulla sessualità possono finire per
<<fondare l’indifferenziazione che il capitale ci riserva, rendendola attuale fin d’ora, cosa che porterebbe alla negazione della specie umana.>>
La liberazione/emancipazione della specie umana non può consistere nella dissociazione fra amore e sessualità fino a teorizzare come liberatoria dell’Eros la soppressione della procreazione naturale, come pensa Mieli. In tal modo si perderebbe
«tutta la dimensione specifica, paleontologica e cosmica dell’atto sessuale che si sviluppa nello sfociare-aprirsi procreativo».
Si tratterebbe in realtà di una frammentazione dell’essere umano, una sua riduzione a «semplice supporto di diverse funzioni che gli si possono innestare». L’uomo e la donna diventerebbero particelle neutre che «si sessualizzano solo prendendo un sesso al loro esterno», semplici supporti atti a sostenere qualcosa ormai fuori di loro. Esito di questa dissociazione è la riduzione dell’amore a «combinatoria sessuale», programmabile a piacere nel «supermercato dell’amore realizzato dal capitale», il quale realizza il paradosso di celebrare la sessualità ed esibire la pornografia nel momento stesso in cui desessualizza sostanzialmente gli esseri umani, ponendo la loro realtà, le loro differenze, fuori da loro stessi, per spogliarli ed appropriarsene. Ciò che Mieli definisce emancipazione è in realtà <<la riduzione dei nostri esseri a particelle neutre di capitale che accedono a una realtà-realizzazione grazie a una mediazione-capitale.>>

Quella di Camatte appare come una critica radicale non all’omosessualità in quanto tale che è parte del mistero della vita, ma all’omosessualismo elevato a ideologia che, negando il legame psiche-corpo, opera una scissione dell’essere umano analoga a quella compiuta dal capitale quando ne nega l’essenza comunitaria per ridurlo a soggetto astratto slegato da ogni determinazione sociale. Camatte, da una delle possibili origini dell’omosessualità, che potrebbe essere una ribellione contro le costrizioni della società e le sue regole, deduce anche una sua componente di asocialità, che induce uomini e donne a «distruggere il loro essere sociale», di cui porta ad esempio l’insurrezione contro il matrimonio manifestatasi a più riprese nel corso della storia. In effetti l’attacco diretto alla famiglia o, come abbiamo già detto, la sua destrutturazione dall’interno, è oggi uno dei punti programmatici più importanti dei movimenti omosessualisti e femministi. È lì infatti, attraverso il confronto coi principi del maschile paterno e del femminile materno, che si è sempre strutturata l’identità personale, e quindi anche quella sessuale. Distruggendola o rendendola del tutto altra rispetto al suo significato originario, si opera ancora una volta in sintonia con la logica del capitale e della società dei consumi. Come nota Zygmuth Bauman, questa rompe i vincoli e i legami familiari duraturi, dove è intrinseca la consapevolezza del limite ai desideri e della sobrietà degli stili di vita, in quanto ostacolo al suo pieno dispiegarsi. Della sessualità e del desiderio si è occupato anche Jean Baudrillard, collocandoli nell’evoluzione del capitalismo:

<<Liberazione delle forze produttive, liberazione delle energie e della parola sessuale […]. La trafi la della produzione porta dal lavoro al sesso, ma cambiando di binario: dall’economia politica al libidinale (ultima acquisizione del ’68) vi è la sostituzione di un modello di socializzazione arcaico (il lavoro) con un modello di socializzazione più sottile, più fluido, ad un tempo più psichico e più vicino al corpo (il sessuale e il libidinale). Metamorfosi e svolta dalla forza-lavoro alla pulsione.>> (9)

Ed ancora: <<sempre più ogni seduzione […] si cancella dietro l’imperativo sessuale naturalizzato, dietro la realizzazione immediata ed imperativa di un desiderio […]. Questa costrizione di liquidità, di flusso, di circolazione accelerata dello psichico, del sessuale e dei corpi è la replica esatta di quella che gestisce il valore mercantile: bisogna che il capitale circoli, che non abbia più gravità, punto fisso, che la catena degli investimenti e reinvestimenti sia ininterrotta, che il valore si irradi in tutte le direzioni.>> (10)

Le teorie che, partendo dalla messa in discussione della così detta eteronormatività approdano dapprima alla teorizzazione del transessualismo e poi della sessualità queer, sono inscritte interamente dentro questo processo, qualsiasi cosa credano i loro fondatori.
<<La sessualità è, attraverso i suoi segni, una funzione del piacere e del desiderio; queste funzioni costituiscono una specie di struttura differenziale di maschile e femminile. Oggi c’è la possibilità che queste strutture comincino a vacillare per riflesso dell’oscillazione stessa del ruolo maschile e femminile, attraverso la ridefinizione della sessualità e del ruolo sessuale, che tocca anche la definizione del politico. Ed è in questo modo che la sessualità viene minata profondamente da se stessa>> continua Baudrillard. (11)

Non meraviglia quindi la sua posizione fermamente critica dell’omosessualità, fino ad arrivare a definire l’Aids come «autodifesa della specie umana» contro la «dilapidazione sessuale», per la quale fu oggetto di pesanti critiche. Il che non gli impedì di coniare un aforisma geniale:

<<Du temps de la libération sexuelle, le mot d’ordre fut celui du maximum de sexualité avec le minimum de reproducion. Aujourd’hui, le rêve d’une société clonique serait plutôt l’inverse, le maximum de reproducion avec le moins de sexe possible.>> (12)

Su analoga lunghezza d’onda si muove Claudio Comandini, per il quale:
<<Nel sistema di designazioni contemporanee l’omosessualità ha ampiamente recuperato tanto gli aspetti di civilizzazione quanto di naturalità a lungo negatole; tuttavia, la proliferazione di generi, nel momento in cui mette in gioco lo stesso carattere performativo attribuito alla costruzione dell’eterosessualità, può condurre a forme di dominio anche più oppressive di quelle contestate. I tradimenti di tante presunte emancipazioni sono evidenti: dove la trasgressione è ormai opportunistica tecnica di mercato e l’antagonismo si riduce a semplicistica monotonia, dove mercenariato, pornografia e comunicazione si alleano nell’esaltazione della masturbazione e nell’avvilimento di corpi e sensazioni, dove i media esibiscono stupri occultandone la propria complicità, dove i piaceri disordinati offendono ogni dignità, è proprio la sessualità domestica a mantenere sacralità, intimità, spregiudicatezza, sovversione. >> (13 )

L’omosessualità, per Comandini, non è più un tabù, ma ha perduto quella condizione liminare che era anche condizione del manifestarsi di particolari eccellenze. In compenso si è fatta strada una «gay culture spesso futile e arrogante e molto intenta a cercare consensi». Non è tramite le questioni di genere, continua, che si sovvertono le strutture sociali ed economiche basate sullo sfruttamento. Al contrario, con l’affermarsi dell’ideologia omosessualista,

<<un corpo-cosa manipolabile si impone all’immaginario sociale e diventa perfettamente funzionale al capitalismo finanziario e alla logica dei consumi, in un contesto culturale dove la tecnologia invade la coscienza, o quel che ne resta, conducendola inevitabilmente verso la negazione del proprio inconscio, e si pretende che un c. di gomma e altri aggeggi rappresentino la verità dell’uomo e che ormoni, bisturi, mutande e reggicalze facciano la donna tutta intera. E dato che la riproduzione può compiersi attraverso clonazioni, anche se solo per le pecore, o per spermi artificiali, pur se soltanto per i topi, domani potremmo anche fondare movimenti per estendere agli umani queste pratiche, magari basandosi sull’accoppiamento interspecifico, perché ci sono pure le questioni di specie, attenzione.>>

Diciamo allora che le concezioni transumaniste sono già sulla buona strada. Abbiamo premesso che scopo di questo articolo non è sceverare tutte le possibili teorie sull’origine dell’omosessusalità, bensì di far risaltare le connessioni pratiche e teoriche fra omosessualismo e capitale, tuttavia è impossibile non notare che sullo sfondo della questione omosessuale si staglia ancora una volta la questione del padre. Se il capitale ha la necessità di eliminarlo nella sua funzione simbolica di limite al godimento immediato e onnipotente, per Giancarlo Ricci (14) <<godimento smarrito>>, stiamo andando verso una società contrassegnata non più dall’Edipo ma dal parricidio teorizzato da Deleuze e Guattarì. Tuttavia il desiderio desiderante, e la machine de guerre, non appartengono a nessuna rivoluzione,
<<ma proprio alla felice schizofrenia del capitalismo, nel quale gli ordini sociali si assestano evocando il fantasma del padre, il cui spazio resta privo di nome, disponendo in maniera alquanto capricciosa un sistema di valori di pure immanenze in cui si dispongono uomini macchina reversibili e ricorrenti.>> (15)
Come i diversi movimenti femministi, così quelli omosessualisti polemizzano aspramente col patriarcato e col fallocentrismo. Entrambi si ritrovano uniti nel
<<minimizzare la rilevanza simbolica del padre, quasi per mettere in evidenza che la filiazione si svolge secondo un codice materno […]. Parallelamente non possiamo fare a meno di chiederci quanto tale posizionamento materno produca una sorta di omosessualità indotta.>> (16)
È un fatto che il pansessualismo e il polimorfismo sessuale, la confusione identitaria, la ricerca di sempre nuovi godimenti, avvengono contemporaneamente al tramonto dell’ordine simbolico del padre e al ri-prevalere di quello della madre, e che entrambi i fenomeni sono coevi e funzionali all’affermarsi dell’ordine simbolico del capitale globalizzato incarnato nella forma merce. Questa contemporaneità riguarda anche la diffusione dell’omosessualità, quali che siano le sue origini soggettive e le sue diverse forme di manifestazione, ed al netto della sua ideologizzazione in cultura gay. Non stiamo affermando, naturalmente, che il padre è sempre buono. Sappiamo bene che, come esiste la figura archetipica della Grande Madre Terribile, esiste anche quella del Padre Terribile, che castra e divora i figli, come narra il mito di Crono. Ma non è questo il punto. Si tratta invece di comprendere, per ricostruirlo, l’autentico valore simbolico della paternità. A questo proposito è stato alimentato ad arte il malinteso che la legge del padre sarebbe l’interdizione del godimento e il controllo del desiderio. Al contrario, il no paterno, che certamente pone un limite e traccia un confine, proprio per questo «apre la serie infinita dei sì, orizzonte di inaudite possibilità». Il desiderio che il padre schiude al figlio è il desiderio vitale, autentico in quanto diretto verso l’altro e non narcisisticamente verso se stesso, come accade quando il figlio è trattenuto nella simbiosi col materno.
<<Del resto troppo spesso i padri ritengono di dover cedere il passo alle madri, confermando e celebrando l’idea che tra madre e figlio c’è qualcosa di naturalmente inscindibile e simbiotico. Come se il rapporto madre figlio fosse l’emblema trionfante di una dualità fusionale riuscita, dove la figura paterna risulterebbe superflua. Non dimentichiamo che ogni dualità speculare esige il duello, figura della reciprocità e della contrapposizione ma anche di una dipendenza mortifera.>> (17)
Del resto, basta leggere la letteratura clinica per capire quanto, in moltissimi omosessuali, la figura paterna è svalutata, vilipesa o disprezzata, mentre è esaltata quella materna oggetto di un amore disperato e castrante perché inibitorio del desiderio verso la donna femmina. Valga per tutti la poesia di Pier Paolo Pasolini, A mia madre. Che poi questo desiderio narcisistico e onnipotente venga ampiamente indirizzato e utilizzato dalla società dei consumi, e che essa sia funzionale alla riproduzione allargata e illimitata del capitale, dovrebbe essere cosa sotto gli occhi di tutti.
BREVE CONCLUSIONE.
Al termine del trittico di articoli (Il Covile n. 799, 804 e il presente) sui rapporti fra Gender, Femminismo, Omosessualismo e Capitale, risulta evidente che esiste un substrato che li accomuna: la volontà di dissoluzione di ogni forma e di ogni struttura solida. Nel caso del Genderismo, del Femminismo e dell’Omosessualismo, perché contrarie al loro malinteso concetto di libertà individuale absoluta, sganciata da ogni determinazione naturale e sociale. Per il Capitale perché limite ed ostacolo all’unica forma che ammette, quella della merce e della sua illimitata libertà di circolazione materiale e psichica. E poiché la prima forma, che è anche il primo e ultimo limite invalicabile col quale ogni soggetto si trova a fare i conti, è il proprio corpo sessuato maschile o femminile, con tutte le sue implicazioni psichiche, ecco che diventa decisivo il passaggio concettuale da essere un corpo, ad avere un corpo del quale fare ciò che si vuole alla stregua di un oggetto. Come se questa scissione fra essere e avere, non costituisse lo stadio supremo di alienazione da sé. Abbiamo tentato di mettere in evidenza i nessi sociologici e concettuali fra i diversi fenomeni. Abbiamo tentato di evidenziare la straordinaria capacità del capitale di far proprie, elaborare, inglobare al suo interno e restituire, normalizzate, tutte quelle istanze che erano nate con intenti di trasgressione e di eversione rispetto al suo ordine. Da questi fatti scaturisce la necessità di riconoscere che il capitale, e la cultura a cui da luogo, non sono affatto, ormai, sinonimi di repressione. Anzi riescono ad intercettare, far proprie e liberare, portandole alle estreme conseguenze, istanze e pulsioni che sono già dentro l’uomo e che, lasciate libere di manifestarsi senza limite, diventano distruttive dell’ordine culturale perché regressive e tendenti all’indifferenziazione, come nel caso del rifiuto della differenza sessuale e della cancellazione dell’ordine simbolico paterno. Ed è proprio l’indifferenziazione, la cancellazione di confini e differenze, quindi di limiti, sosteneva René Girard, che sfocia nella violenza indifferenziata e nella crisi della civiltà. La natura dell’uomo è intrinsecamente contraddittoria, pulsioni e istinti distruttivi convivono con altri di segno opposto. E poiché è essere morale (o etico), è chiamato costantemente a scegliere ed a farlo sulla base della ragione, di cui solo lui è dotato. Per ciò che qui interessa, razionalità e onestà intellettuale chiamano allora coloro che, almeno a parole, non si riconoscono nell’ordine del capitale, ad una scelta fondamentale. Rilanciare continuamente nel tentativo di non farsi scavalcare, dando luogo a ciò che Gomez D’Avila così descrive: <<In pochi lustri l’avanguardia offre il delizioso spettacolo della sua indignazione al vedersi trasformata in retroguardia>>, oppure fermarsi a, finalmente, ripensare. Ripensare istanze, modi di concepire la vita e i rapporti con gli altri, ed infine stili di vita, che il capitale non possa far propri perché irriducibilmente contrari alla sua logica ed ai suoi scopi. Ma non solo loro sono chiamati a pensare e scegliere. Lo sono anche coloro che credono, altrettanto illusoriamente, di riuscire a conciliare la logica capitalistica con istanze, principi e valori (ad esempio il valore intrinseco della vita fin dal suo concepimento, la differenza sessuale, la necessità del limite paterno, e così via in un lungo elenco) che invece gli sono estranei, e che costituiscono l’ostacolo maggiore al suo sviluppo senza più alcun limite esterno.

Note

1 Giancarlo Ricci, Il padre dov’era. Le omosessualità nella psicanalisi, Sugarco Edizioni, 2013

2 M. Quarantelli, «Usa, legalizzare i matrimoni gay? Le multinazionali si battono per il sì», in Il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2013.

3 Il Covile n. 799, «Gender e capitale» e n. 804, «Femminismo e capitale».

4 www. ecn. org/reds/globalizzazione/omo0110globglo. html.

5 Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, a cura di Paola Mieli e Gianni Rossi Barilli, Feltrinelli, 1999. La prima edizione del libro risale in realtà al 1977, come rielaborazione della sua tesi di laurea in Filosofia Morale. La data è importante perché a quell’epoca non erano ancora ben visibili gli sviluppi del capitalismo globalizzato e finanziarizzato.

6 ibidem p.62

7 Jacques Camatte, Il disvelamento, La Pietra, 1978.

8 D. Fusaro, Se il capitalismo diventa di sinistra, www. lospiffero. com/cronache-marxiane/se-il- capitalismodiventa-di-sinistra-

9 Jean Baudrillard, Dimenticare Foucault, Cappelli Editore, Bologna 1977, p. 73–74.

10 Ibidem, pp. 76–77

11 «Intervista a Baudrillard, L’anagramma del senso», in Tra, bimensile, n° 3, 1978.

12 Jean Baudrillard, La transparence du mal. Essai sur les phenomenes extremes, Galilee, 1990.

13 Claudio Comandini, Le parole del sesso taciuto, www.claudiocomandini.net/le-parole-del-sesso-taciuto/

14 Giancarlo Ricci, op. cit. Per una recensione più completa del libro si veda in www.maschiselvatici.it/index.php/libricinema-musica-eventi/abbiamo-letto/196-il-padre-dovera

15 Claudio Comandini, op. cit

16 Giancarlo Ricci, op. cit., p. 159.

17 Ibidem, p. 159.

 

Fonte articolo: https://www.ilcovile.it/scritti/COVILE_808_Ermini_omosessualismo.pdf

‘L’indice dei libri di Amazon’: censurate le opere anti Lgbt e anti gender

Fonte foto: da Google

 

 

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