Lo stesso “sistema” che ha inquinato, devastato, sventrato, saccheggiato il pianeta per almeno due secoli, derubando intere popolazioni, provocando effettivamente anche delle modificazioni climatiche, e che se ne è ben guardato fino a pochi anni fa di porre un freno ad uno “sviluppo” dissennato, nonostante le denunce e gli appelli dei movimenti di protesta ambientalisti (quelli veri, non le baracconate mediatiche organizzate dall’alto), ora si inventa paladino dell’ecologismo. E naturalmente ha scatenato il solito bombardamento mediatico per sostenere l’ennesima valorizzazione capitalista camuffata però sotto le spoglie della salvaguardia della natura e dell’ambiente. A tal fine i suoi burattinai hanno preso quella povera ragazzina, le hanno tolto il diritto ad una adolescenza normale e l’hanno fatta diventare l’icona della loro spudorata e inaccettabile ipocrisia. E in tanti, ovviamente ci sono cascati, convinti che questa mobilitazione ecologista fosse il risultato di una rinnovata e diffusa coscienza ambientalista quando è soltanto la risposta a quello che da sempre è l’incubo del sistema capitalista: la caduta tendenziale del saggio di profitto.
E in che cosa si traduce concretamente al momento tutto ciò? Nell’obbligo per la gente comune di buttare le vecchie macchine e di comprarsi le nuove “euro vattelappesca”, oppure le future macchine elettriche, cosa che ovviamente aumenterà i profitti delle varie industrie automobilistiche, da tempo peraltro in crisi. Ipocrisia sull’ipocrisia. Le colpe devono sempre essere scaricate sui più deboli. Del resto il nostro è un “sistema” che si fonda sulla colpa, interiorizzata a livello psicologico, inconscio (che cos’è la spirale del debito se non l’interiorizzazione della colpa?…).
Logica vorrebbe che, preso atto di un modello di “sviluppo” distruttivo per l’ambiente e quindi per lo stesso genere umano, si cominciasse ad invertire veramente la rotta. Ma questo implicherebbe una riforma strutturale del sistema, diciamo pure una rivoluzione totale, non solo ambientale ma politica, che non mi sembra sia all’orizzonte né tanto meno nella volontà di chi sta tirando le fila di questo ennesimo progetto di ri-valorizzazione capitalista.
E quindi, ancora una volta, per l’ennesima volta, si ricorre alla colpa, uno strumento formidabile di controllo delle masse, e alla colpa collettiva in questo caso come in altri. La colpa non è di un modello di sviluppo industrialista fondato sul profitto a tutti i costi, il saccheggio e la devastazione sistematica della natura ma di tutti noi che circoliamo con automobili o moto obsolete. Insomma, va rifatto il parco macchine, e pure in fretta.
Ridicolo. E socialmente iniquo.
Un autentico movimento ambientalista dovrebbe denunciare e ribaltare questa manfrina, imponendo o lottando per cercare di imporre politiche di riconversione dell’economia che salvaguardino ovviamente l’occupazione e il bene pubblico (il che significa, ovviamente e in primis, smettere di saccheggiare quella parte di mondo che è stata da sempre saccheggiata). Dovrebbe lottare per politiche di grandi investimenti pubblici per la costruzione di infrastrutture, ferrovie, metropolitane, per aumentare e migliorare drasticamente i trasporti pubblici urbani (solo questo potrà permettere di ridurre il traffico di veicoli privati…), per la manutenzione e l’ampliamento degli spazi verdi pubblici, per la fine di ogni speculazione edilizia, per la realizzazione di quartieri e città vivibili, ecocompatibili e a misura d’uomo, per la costruzione di una autentica economia sostenibile.
Dove si prendono le risorse per fare tutto ciò? Da chi le ha, in una misura inimmaginabile per noi comuni mortali. E dal momento che hanno fatto mostra di tanta sensibilità ecologica, la traducessero nella pratica (naturalmente non accadrà mai, ma si fa a capirci…).
Fonte foto: Motori Magazine (da Google)