Immigrazione: le cause, le soluzioni e i depistaggi

La questione dell’immigrazione è da tempo al centro del dibattito politico. Non ci sorprende. Non esiste argomento migliore per depistare ideologicamente e psicologicamente e spostare l’attenzione dalle vere cause del disagio sociale complessivo, eccezion fatta per il pressing mediatico sul “femminicidio”. Quando poi i due vengono combinati insieme ci troviamo davanti ad un vero e proprio bombardamento a tappeto al quale è difficile sfuggire (e a volte anche i migliori cedono…).

Non solo. Le due questioni (i padroni del vapore non sono mica tonti, loro sì che la fanno la lotta di classe e hanno pure convinto gli altri che è un’anticaglia del passato…), sia pure in forme e da sponde politiche diverse (il combinato disposto di destra e “sinistra”, entrambe funzionali e organiche al sistema…), spingono gli umori o se preferite la “pancia” della gente verso tendenze e soluzioni di tipo securitario, e quindi di destra.

Negli ultimi giorni tutti e tre i maggiori partiti, Lega Nord (da sempre), M5S (soprattutto in seguito alla recente batosta alle amministrative) e anche il PD (che cerca di recuperare terreno, naturalmente a destra…) stanno facendo a gara a chi rincorre di più (a destra…) quella “pancia” di cui sopra che, naturalmente (né potrebbe essere altrimenti dopo quarant’anni di desertificazione e di distruzione sistematica di qualsiasi barlume di coscienza politica), è scivolata inevitabilmente verso “destra” (il termine è improprio, forse, dati i tempi, ma credo che ci capiamo…). E quella “pancia” oggi è molto sensibile al tema dell’immigrazione; problematica reale ma pompata ad arte.

Ho già spiegato in un altro articolo che invito a leggere https://www.linterferenza.info/in-evidenza/proposito-depistaggi-ideologici-limmigrazione/  come a mio parere l’impatto reale del fenomeno dell’immigrazione sulla vita concreta della grande maggioranza dei cittadini italiani sia in realtà modesto, nonostante quello che il versante di destra dei media e del sistema politico vorrebbe farci credere.

Il dibattito sullo ius soli è indicativo e paradossale nello stesso tempo, sotto questo profilo. Le varie destre, millantando di voler frenare in tal modo l’immigrazione, arrivano a negare un diritto fondamentale, quello cioè di considerare cittadini italiani a tutto tondo i figli degli immigrati nati qui, perché questo, secondo loro incentiverebbe l’emigrazione. In realtà sanno perfettamente che l’immigrazione è la necessaria e inevitabile conseguenza del sistema capitalista (di cui da sempre godono i frutti e che si guardano bene dal mettere in discussione), del neoliberismo e delle politiche neocolonialiste e imperialiste che creano esse stesse il fenomeno dell’immigrazione. Però, ovviamente, non possono ammetterlo, a meno di non rinnegare loro stesse. E allora, per coprire tale macroscopica contraddizione, diventa inevitabile per loro arrivare a negare un diritto elementare, peraltro alimentando un “dibattito” che – diciamoci la verità – appena una trentina di anni fa sarebbe stato considerato semplicemente scandaloso e che anche le vecchie forze politiche, a partire dalla Democrazia Cristiana, non avrebbero mai consentito.

Dall’altra parte (quando si dice i geni del depistaggio…) abbiamo una falsa “sinistra”, neoliberista ed europeista che da una parte è garante della governance (infatti è quella che sta al governo), cioè dell’austerity, della precarizzazione del lavoro, della distruzione dello stato sociale e del conseguente impoverimento delle persone, e dall’altra copre la funzione che è chiamata ad assolvere con l’ideologia politicamente corretta. Ecco, dunque, che una questione come lo ius soli diventa l’ennesimo paradossale dibattito fra una destra (e in buona parte anche il M5S) antimmigrazionista che raccoglie però il consenso dei ceti popolari, e una “sinistra” “buonista” con gli immigrati ma “cattiva” con i lavoratori e i ceti popolari autoctoni che infatti non la votano più (e ne hanno ben donde) essendo traslocati o a destra oppure al M5S. Come vediamo la confusione (creata ad arte ) è tanta e la gente non ci capisce più nulla (era ed è questo l’obiettivo…). La destra che diventa “sinistra” (mi viene da ridere…) e che si fa paladina dei ceti popolari e la “sinistra” che diventa destra in tema di questioni economiche e sociali e che però rimane di “sinistra” quando si parla di immigrati, femminismo e diritti lgbt. Sia chiaro, anche questa “sinistra” si guarda bene dallo spiegare che l’immigrazione è la conseguenza delle politiche imperialiste e neocolonialiste perchè altrimenti perderebbe il favore dei padroni del vapore e non potrebbe essere più essere al loro servizio. Per cui l’atteggiamento “della “sinistra” nei confronti del fenomeno dell’immigrazione non è certo di tipo marxista e di classe, bensì è a metà fra una sorta di pietismo caritatevole cristiano e di “buonismo” umanistico. Sentimenti di per se assolutamente rispettabili se non servissero ipocritamente a camuffare quello che abbiamo appena detto.

La confusione è, dunque, tanta. Il compito arduo che hanno quelli come noi è cercare di non perdere la bussola (cosa che a mio parere sta accadendo anche a tanti bravi compagni e amici personali che pure hanno gli strumenti adeguati per una analisi lucida delle cose, e questo, devo dire mi dispiace…) e di spiegare faticosamente agli altri quanto sta accadendo e quanto astuto e perverso nello stesso tempo sia il meccanismo che è stato messo in piedi.

A tal proposito, e mi scuso per la lunghezza ma le cose complesse purtroppo, a volte, sono anche lunghe, ripropongo quest’altro mio articolo, scritto poco meno di un anno fa ma tuttora attualissimo (lo pubblico anche per esteso perché purtroppo molte volte i link non vengono aperti, per pigrizia:

https://www.linterferenza.info/attpol/immigrazione-la-causa-le-soluzioni/

“Il tema dell’immigrazione riemerge costantemente in ogni ambito, anche se si sta discutendo di botanica, e allora ho deciso di riproporre un mio recente articolo con alcune considerazioni aggiuntive. Mi scuso per la lunghezza ma l’argomento è complesso.

Questa lettera di Karl Marx sembra essere stata scritta oggi, per quanto è attuale. E’ sufficiente sostituire “proletari inglesi” con lavoratori italiani (o europei), e “proletari irlandesi” con immigrati ed extracomunitari e tutto ci appare estremamente chiaro.
Scrive Marx:“Ogni centro industriale e commerciale possiede ora in Inghilterra una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi.
L’operaio inglese medio odia l’operaio irlandese come un concorrente che abbassa il suo livello di vita. Rispetto al lavoratore irlandese egli si sente un membro della nazione dominante, e così si costituisce in uno strumento degli aristocratici e dei capitalisti del suo paese contro l’Irlanda, rafforzando in questo modo il loro dominio su lui stesso. Si nutre di pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore irlandese. La sua attitudine verso di lui è molto simile a quella dei poveri “bianchi” verso i “negri” degli antichi stati schiavisti degli Stati Uniti d’America.
L’irlandese gli rende la pariglia, e con gli interessi. Egli vede nell’operaio inglese nello stesso tempo il complice e lo strumento stupido del dominio inglese sull’Irlanda.
Questo antagonismo è artificialmente mantenuto e intensificato dalla stampa, dagli oratori, dalle caricature, in beve da tutti i mezzi di cui dispongono le classi dominanti.
Questo antagonismo è il segreto dell’impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione.
E’ il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere.
E questa classe ne è perfettamente cosciente” (* Lettera di Karl Marx a S. Meyer e A. Vogt 9/4/1870).

C’è ben poco da aggiungere, per quanto mi riguarda se non che ci sono forze politiche, di destra, “neo destra”, populiste o neo fasciste (seppur camuffate), presenti ormai in tutti paesie europei, la cui funzione è proprio quella di depistare ideologicamente i ceti popolari, di convincerli che la causa della loro condizione di precarietà, di malessere sociale e di impoverimento crescente sia dovuta alla “concorrenza” dei lavoratori immigrati e non alle contraddizioni strutturali del sistema capitalista. E’ una filastrocca vecchia come i nostri trisavoli che però riesce sempre a fare presa su molte persone, soprattutto in fasi storiche come queste, dove il livello di coscienza politica delle masse è sottozero e l’offensiva ideologica, oltre che economica e politica, del capitale e dei gruppi sociali dominanti è alle stelle.
Come giustamente sottolineava Marx in quella lettera, è proprio questo “il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere”. Classe capitalista che, come sempre lo stesso Marx sottolinea, “è perfettamente cosciente”, a differenza delle classi subalterne, che non lo sono affatto (altrimenti non sarebbero tali…) e cadono come merli nella trappola.
Sia chiaro, pur condividendo in toto l’interpretazione marxiana, penso che la realtà non sia mai del tutto bianca o nera, e che ci sia sempre una zona grigia.

Personalmente, infatti, credo che ci sia anche tanta gente che ha capito come stanno in realtà le cose ma finge di non capire, per opportunismo, meschinità, egoismo, difesa del proprio micro orticello e in alcuni casi per semplice piccineria esistenziale. E’ questo il caso di settori piccolo e anche medio borghesi ma non di rado anche popolari. Del resto ormai da molto tempo in moltissimi casi il confine fra ceti popolari, proletari o ex proletari e ceti piccolo borghesi è assai labile, dal momento che la trasformazione del tessuto sociale avvenuta negli ultimi quarant’anni è stata profonda ed è diventato molto difficile se non impossibile operare una distinzione netta fra diverse figure e soggetti sociali.
Poi c’è la schiera altrettanto numerosa dei paurosi, di coloro che, sprovvisti di coscienza politica, incapaci di sviluppare un’analisi lucida delle cose, vivono con angoscia il fenomeno crescente dell’immigrazione che avvertono come destabilizzante per la loro stessa esistenza (e questo è umanamente comprensibile).

Un’angoscia che ovviamente viene alimentata ad arte da quelle forze politiche di cui sopra (che hanno tutto l’interesse a farlo, per ovvie ragioni elettorali e politiche), che pigiano sul tasto dell’esasperazione delle differenze etniche e culturali, sull’incompatibilità e sull’impossibilità della convivenza fra popoli e culture diverse e portano avanti tutto ciò facendo leva su una fuorviante, malintesa e deformata idea del concetto di identità, concepita in chiave esclusivista e sostanzialmente razzista, anche se l’appartenenza di sangue, principio cardine del vecchio razzismo “biologico” ormai impresentabile, viene sostituita con una sorta di neo razzismo etnico-culturale.
E’ bene rilevare come questa concezione non torni utile solo alle forze politiche populiste, neofasciste e/o “neodestriste” (come la Lega Nord in Italia, il FN in Francia, e tutte le altre formazioni “neodestriste” e neofasciste europee) ma anche al sistema capitalista dominante, che se ne serve per nascondere la realtà vera, e cioè che è esso stesso causa e fonte delle contraddizioni di cui sopra. La logica dello “scontro di civiltà” infatti, seppur formalmente esecrata dall’apparato ideologico e mediatico dominante all’insegna del “politicamente corretto” (altra forma di falsa coscienza esattamente speculare a quella “neodestrista” e/o neocon), serve a coprire la responsabilità delle grandi potenze occidentali nell’aver determinato l’attuale situazione di “caos geopolitico”, con particolare riferimento all’area mediorientale e non solo.
Il risultato di questa intelligente – va riconosciuto – operazione di scientifica disinformazione e depistaggio ideologico, è che la vera ragione di tutto ciò, cioè la natura strutturalmente imperialista del sistema capitalista (che si traduce nella guerra imperialista permanente), con tutto ciò che ne consegue (fra cui anche il fenomeno massiccio dell’immigrazione, dovuto ovviamente non solo alla guerra ma allo sviluppo diseguale e allo sfruttamento a cui sono sottoposti i paesi e i popoli del cosiddetto terzo mondo) viene occultata.
Il “dibattito” viene quindi scientemente dirottato su un altro piano. Per cui da una parte abbiamo la destra “cattivista” che vuole chiudere le frontiere, alzare fili spinati, muri, sparare sui barconi che trasportano gli immigrati e impedire la penetrazione dell’ “Islam che ha dichiarato guerra all’Occidente” (i danni fatti dalla Fallaci sono enormi, che Dio o chi per lui la perdoni, io non posso…), e dall’altra la “sinistra” “buonista” che invece è fautrice del dialogo, della tolleranza, della convivenza e dell’accoglienza. Tutti concetti validi, questi ultimi, sia chiaro, se fossero coerentemente accompagnati da una visione di classe della realtà e da una conseguente e netta posizione critica nei confronti del sistema capitalista. Nel momento in cui invece, la parte politica che li sostiene, cioè appunto la “sinistra”, è essa stessa garante di quel sistema, è ovvio che tutto quel papocchio suona per quello che è: depistaggio ideologico e produzione di falsa coscienza, speculare a quella “neodestrista” e del tutto funzionale (come l’altra) al sistema dominante.
Infatti, se tutto questo gigantesco teatrino, questo castello mediatico-ideologico di menzogne non fosse stato architettato e posto in essere, i nostri media dovrebbero spiegare ciò che sta accadendo realmente nel mondo. Dovrebbero quindi spiegare che il cosiddetto “scontro di civiltà” fra Occidente e Islam è una balla, e che è in corso una guerra mondiale a bassa intensità dove le potenze imperialiste mondiali (USA in testa, ovviamente) e regionali (Arabia Saudita, Israele, Turchia, Qatar) stanno facendo a gara per spartirsi il Medio Oriente in competizione con l’Iran e con la Russia ma soprattutto fra loro.

Ciò detto, dopo aver spiegato la finzione che c’è dietro la contrapposizione (guerra fra i poveri) creata ad arte fra lavoratori autoctoni e lavoratori immigrati, cerchiamo di capire come affrontare concretamente la questione.

Sempre da che mondo è mondo, la logica ci dice che per risolvere un problema bisogna prima fare una diagnosi, quindi un’analisi corretta delle cause del problema. Dopo di che, una volta individuate le cause, bisogna cercare di eliminarle partendo ovviamente dalla testa, cioè dalla causa prima, quella che determina tutto il resto. L’immigrazione, abbiamo detto, è il risultato dell’organizzazione capitalista del mondo. Le potenze imperialiste sfruttano i paesi del cosiddetto terzo mondo, gli rubano le ricchezze e quando i popoli di quei paesi si ribellano, li bombardano. Ora, è altrettanto logico e soprattutto umano che da un simile contesto di sfruttamento e di sofferenza molti cerchino di fuggire e quindi decidano di emigrare.

Che fare? Come affrontare concretametne la questione?

Proviamo adesso a fare un gioco: una finzione geopolitica. Ammettiamo (magari fosse…) che per qualche oscura ragione o magari per un miracolo, una coalizione politica realmente democratica e socialista andasse al governo di tutti i paesi europei (e quindi controllasse l’UE). Cosa dovrebbe fare per arginare il fenomeno dell’immigrazione?

  • Ritirare tutti i contingenti militari presenti in tutti i paesi. Porre fine a tutte le guerre, a tutte le le occupazioni militari e a tutte le ingerenze nella politica interna degli altri paesi (il che significa uscire dalla Nato…).
  • Contestualmente al ritiro dei contingenti militari, interrompere il rapporto di sfruttamento economico con quei paesi, e quindi smettere di rubargli risorse, di succhiargli materie prime e di sfruttare bestialmente la manodopera locale come fanno tutte le industrie e tutte le multinazionali occidentali (ma anche le piccole e medie aziende, diciamoci la verità…). Sono assolutamente convinto che una simile strategia politica di così grande portata sortirebbe degli effetti molto positivi anche dal punto di vista delle relazioni, dell’immagine dell’Occidente nel mondo che oggi, diciamo la verità, è pessima. L’Occidente è invidiato e odiato nello stesso tempo, né potrebbe essere altrimenti.
  • Costruire con quei paesi dei rapporti di cooperazione e non di sfruttamento. Per la serie. Io, paese sviluppato offro a te, paese non sviluppato, il mio “know how”, come si suol dire, formo i tuoi quadri, i tuoi tecnici, ti aiuto a creare strutture e infrastrutture, oltre che servizi sociali, e tu mi dai le materie prime (che io, paese ricco e potenza colianlista e imperialista, ti ho fino ad ora rubato seza chiedere il permesso) di cui disponi a prezzi concordati. Non solo. Mi aiuti anche a controllare, diciamo a regolamentare, naturalmente non con metodi brutali, il fenomeno dell’immigrazione.

Se veramente queste politiche fossero perseguite, sono convinto che nell’arco – realisticamente – di un quindicennio (cioè un lasso di tempo storicamente brevissimo…) il numero delle persone che decidono di emigrare comincerebbe con il tempo a diminuire sempre più fino a rientrare in una dimensione fisiologica e gestibile sotto ogni punto di vista.

Vi invito a riflettere sul fatto che questa non è la politica di un governo bolscevico ma semplicemente di un governo democratico non asservito alle potenze capitaliste e imperialiste. E’ esattamente la politica che stava portando avanti una cinquantina di anni fa l’allora Presidente dell’ENI, Enrico Mattei, democristiano, cattolico, prima di essere assassinato dalle multinazionali del petrolio americane.

Ora, è bene essere chiari. Alternative a questa ipotetica e auspicabile politica non ce ne sono.

Le destre europee che blaterano di chiudere le frontiere con la linea dura e di sparare a vista su chi tenta di entrare, sanno di dire una menzogna. Al confine tra gli USA e il Messico sono state uccise dalle guardie di frontiera americane nell’arco di un quindicennio circa seimila persone (per capire le dimensioni del fenomeno, può essere utile ricordare che il muro di Berlino ha provocato 138 vittime accertate in poco meno di trent’anni…) che tentavano di espatriare “illegalmente” (quindi Trump non si inventa nulla di nuovo…). Nonostante ciò l’immigrazione “clandestina” è proseguita in modo massiccio. In fondo è un po’ la stessa logica del proibizionismo. Se la storia ci ha insegnato una cosa è che si vuole favorire il traffico di una qualsiasi merce (anche quella umana…) bisogna appunto proibirla. Credo sia inutile portare degli esempi…

Come dicevo, non ci sono alternative credibili a quanto prospettato.

Lancio a questo punto una provocazione. Vogliamo chiudere le frontiere, come propongono le destre di ogni specie e risma, perché proprio non sopportiamo la presenza degli immigrati?

Bene, facciamolo, ma contestualmente a quelle politiche a cui facevo cenno prima poc’anzi. Qualcuno di voi ritiene che le destre possano optare per le politiche di cui sopra? Secondo voi le destre sceglieranno di portare avanti una battaglia antimperialista e anticolonialista, di cambiare il rapporto con i paesi del terzo mondo, di uscire dalla Nato, e quindi di rompere le relazioni con gli USA e con Israele? E chi farebbe tutto ciò? Salvini? Che ha votato contro la costituzione dello stato palestinese e ha già cominciato i suoi viaggi in Israele con la kippa in testa per farsi sdoganare? La Le Pen, che sogna il ritorno ai fasti della grandeur”, cioè della Francia grande potenza coloniale (e infatti non confligge affatto con Hollande sulla politica estera imperialista della Francia ma chiede solo il pugno di ferro interno…)? O forse le destre est europee, come quelle polacche, ungheresi o baltiche, fantocci della Nato e degli USA?

Le destre sanno benissimo che quello spazio vitale che vogliono difendere dalle presunte “invasioni barbariche” è il risultato dello sfruttamento (capitalistico) del mondo. E se finisse quello sfruttamento finirebbe anche il loro orticello di benessere. Per questo il loro presunto essere forze “antisistema” è una truffa.

La soluzione (comunque sul medio-lungo periodo) al problema dell’immigrazione è una grande inversione di rotta, una radicale svolta politica democratica e socialista. Tutto il resto sono chiacchiere da bar, arrampicate sugli specchi, sproloqui razzistoidi e soprattutto, come sempre, nero seppia gettato in faccia alla gente, menzogne, balle diffuse ad arte per depistare e manipolare ideologicamente. Chiacchiere e distintivo, come si suol dire…

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Fonte foto: Cristiano Riformisti (da Google)

 

 

11 commenti per “Immigrazione: le cause, le soluzioni e i depistaggi

  1. Riccardo
    13 luglio 2017 at 23:22

    La frittata ormai è fatta. Le Banlieue francesi, i sobborghi inglesi, persino le periferie svedesi, ci dicono che voglia di integrazione non c’è… Poi possiamo discuterne fino allo sfinimento. Ma questa è la situazione. Se poi guardiamo agli USA non si saprebbe dove iniziare. Ora, condivido tutto, solo una cosa no, che ci siano reali possibilità di integrazione. Forse con numeri più piccoli (forse…) sarebbe possibile. Attualmente lo esluderei a prescindere. Qui un articolo dell’anno scorso a Gorizia su un oratorio e se capita li una situazione del genere figuriamoci dalle altre parti.

    http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/08/24/news/fuga-di-bambini-dall-oratorio-dei-migranti-1.14005871

    Credo che si possa dire senza tanto tergiversare che la battaglia sull’immigrazione intesa come estensione dei diritti ecc. sia completamente persa. Forse tra 3 o 4 generazioni ci sarà qualche possibilità. A proposito, meglio non spezzare lance a favore dell’Islam, in quanto religione intendo… Come tutte le religioni sono a favore del potere e intrinsecamente fasciste perciò meglio neanche pensare di dargli cittadinanza e dignità di interlocutore.

    • Mario
      23 luglio 2017 at 17:36

      Sono completamente d’accordo con Lei su tutta la linea e in particolar modo, per quanto attiene la figura dell’Islam, sull’impossibilità di dargli adito, quale interlocutore credibile.

  2. armando
    14 luglio 2017 at 13:19

    Totalmente d’accordo con la “finzione geopolitica”, ossia le politiche che un qualsiasi paese democratico e non imperialista dovrebbe adottare nei confronti del così detto terzo mondo. Non è necessario sia un governo socialista a farlo, e opportunamente viene ricordato Enrico Mattei.
    Totalmente in disaccordo col commento di Riccardo, per il quale ogni religione è intrinsecamente fascista etc. etc. Non capisce che le religioni, sia pure nelle grandi differenze che le attraversano, sono essenziali fattori di identità culturale dei popoli. Se fossero eliminate resterebbero solo gli individui atomizzati di fronte al potere centralizzato. Ma questo è lo scopo e l’obbiettivo, nonchè la concezione antropologica, del capitale. Piaccia o meno, si deve anche prendere atto che l”identità culturale fondata sull’appartenenza di classe ha mostrato la corda, anzi dobbiamo dire che è fallita. Può risorgere? Non lo so. Ma intanto, comunque la si pensi, ci si deve “arrangiare” con quello che esiste, non coi sogni futuribili.
    Un’ultima nota: che significa “integrazione”? Rinuncia alla propria identità culturale per divenire integralmente occidentalizzati, ossia sradicati e nichilisti come siamo diventati noi? Questa ipotesi, non solo non è praticabile se non con la forza, ma sarebbe anche l’ennesima forma di colonialismo culturale . Allora integrazione può voler dire solo una cosa: rispetto delle leggi del paese ospitante, ma mantenimento delle proprie radici e identità culturali, quindi anche religiose, qualunque siano.
    Ma il mantenimento delle differenze visto come ricchezza e della quale non avere timore, significa anche offrire allo “straniero” la possibilità di prarticarla, quella sua identità, quando le pratiche relative non congfliggano con le nostre leggi. E questo, a sua volta, implica una certa “separatezza”, che non vuol dire steccati o ghetti. Ogni confine, ogni frontiera, mentre segna un limite segna anche un punto di contatto. E i confini si attraversano anche volentieri per curiosità di capire l’altro, quando si sa che si può riattraversarli all’indietro.

    • Fabrizio Marchi
      14 luglio 2017 at 20:10

      Condivido la tua riflessione, Armando.
      La mia opinione è che questa paura dell’identità dell’altro che si traduce nell’ostilità nei confronti degli immigrati, delle loro culture di provenienza e purtroppo spesso nel razzismo vero e proprio e in particolare nell’islamofobia, non sia data dalla presunta invasività di quelle culture ma dalla debolezza della nostra. O meglio, la civiltà occidentale ha una storia millenaria, come del resto altre culture asiatiche, euroasiatiche, mediorientali ecc., e ricchissima. Il problema è che la civiltà occidentale (filosofia, cultura, religioni, arte, Cristianesimo, Illuminismo, Liberalismo, Socialismo, Comunismo ecc.) si sta, tra virgolette, “suicidando”. E questo suicidio è perpetrato proprio dall’attuale forma di capitalismo, che definiamo assoluto, che sta lentamente distruggendo questo enorme bagaglio di storia e cultura. Questo è il punto vero. Il nemico dell’Occidente non sono le altre culture, non è l’Islam. Il nemico dell’Occidente è se stesso. E quando dico se stesso, mi riferisco ovviamente alla forma che l’attuale dominio sociale e ideologico capitalistico ha storicamente ha assunto in questa fase. La storia è spesso paradossale e mi sembra che stiamo vivendo proprio una di queste fasi. E’ già accaduto nel passato (penso ad alcuni dei grandi passaggi da un’epoca ad un’altra). L’attuale dominio capitalistico assoluto, lo abbiamo detto più volte, non vuole ostacoli di nessun genere sul suo cammino, e allora necessariamente deve tendere a distruggere o comunque ad indebolire o al limite ad assorbire, disinnescandone le potenzialità e la natura originaria, tutto ciò che potrebbe rappresentare un legaccio, un impedimento al suo pieno dispiegarsi.
      Questo processo avviene oggi ad ogni livello, come abbiamo già detto tante volte. Il dominio capitalistico interviene non solo sull’agire umano ma sull’umano stesso.
      Del tutto ovvio e conseguente che se da un lato questo processo conduce ad una massimizzazione del capitale in termini economici, diciamo così, o meglio alla mercificazione di ogni spazio, dall’altra non può che indebolire e in molti casi annichilire tutto ciò che, anche se ovviamente il prodotto di determinati rapporti di classe, non era completamente sovrapponibile a questi ultimi.
      In parole molto povere, ciò che voglio dire è che è proprio questo processo che porta paradossalmente ad un indebolimento della civiltà occidentale che nel corso del tempo è andata sempre più identificandosi con il capitalismo. E questi sono i risultati.
      La paura dell’altro è la paura di noi stessi, o meglio della nostra debolezza. Il mondo arabo e musulmano (ovviamente sto semplificando all’inverosimile perché si tratta di una realtà che definire complessa è un eufemismo…) che subisce l’attacco vero, militare in primis, ma anche ideologico, dell’imperialismo occidentale, non vive o vive meno di quello occidentale questo problema. Per lo meno a me così sembra. E questo perché appunto, hanno una radicamento molto più forte alla loro cultura e alla loro identità. L’occidente si scherma (metafora per dire che attacca…) dietro ai carri armati, ai bombardieri, ai droni, agli eserciti supertecnologici, ma alle spalle c’è anche una fragilità che è quella che ho cercato banalmente di spiegare.
      Da questa debolezza la paura dell’altro, che porta a differenti reazioni. Da una parte quella di “destra”, appunto razzista, xenofoba, islamofoba, criminalizzante nei confronti delle altre culture, e dall’altra il solito atteggiamento politicamente corretto che nelle punte più estreme arriva a chiedere alle scuole di non festeggiare il Natale per non urtare la sensibilità dei musulmani (cosa che questi non hanno mia chiesto…). Una prassi sciocca che sortisce il risultato opposto che è proprio quello di esasperare ancora di più il livore e il sentimento xenofobo nei confronti dei musulmani e in generale delle altre culture.
      L’incapacità, dunque, o la difficoltà a confrontarsi e a convivere serenamente nasce a mio parere da questa fragilità del mondo occidentale che tanto più riesce ad imporre il proprio dominio con la forza delle armi e dello sfruttamento economico e tanto più si indebolisce dal punto di vista culturale.

  3. Patrizia
    14 luglio 2017 at 19:29

    Farei a meno di flirtare col neocoloniasmo e cercherei di capire meglio cosa succede nelle nostre periferie, nei centri di accoglienza, lungo le rotte mediterranee per dare concreta solidarietà ai migranti. È una domanda insinuante chiedersi se si risolve il razzismo offrendo know how, formando tecnici, creando strutture, infrastrutture e servizi sociali per prendersi materie prime in loco? Davvero è pensabile che sia democratico, oltre che possibile, controllare il fenomeno dell’immigrazione? Il legame sociale con la terra e di conseguenza il tema delle migrazioni è il più elusivo di tutti nella storia del capitalismo. Si può dire che le considerazioni di Fabrizio Marchi sono poste in un contesto assai elevato, ma non si dimentichi che l’”altra” intelligenza, quella di pancia che tanto viene criticata qui, è strettamente legata alla disponibilità o meno ad accogliere lo straniero. In una società stanziale, l’altro che mi alita sul collo “è di fatto un concorrente che vuole abitare la mia terra”. Davvero è d’aiuto leggere le realtà migranti ricorrendo all’idea di depistamento ideologico? La metamorfosi della storia in epoche precedenti al capitalismo suggerisce una risposta alle mie domande, come ricorrentee reiterata rimozione nella storia di tutti i tempi: gli spostamenti in gruppo di neri rom ebrei arabi eccetera eccetera fanno da specchio agli stanziali per sentirsi migliori, civilizzati contro selvaggi, dirigenti contro subalterni, stupratori contro violentati, per rinsaldarci tronfi nei nostri iddeali dde sinistra. Reciprocamente: se gli stranieri che si devono arginare grazie a quadri autoctoni e al potere militare sono come “cose da controllare”, “fenomeni” che legittimamente vanno “controllati”, è possibile che i luoghi che abitiamo e l’immagine di noi che li abitiamo continuino a riflettersi fissi e granitici nella nostra memoria fino a diventare soluzione neocoloniale. Ma noi che a casa vediamo il bicchiere sempre mezzo pieno figuriamoci se ci preoccupiamo della pancia.

    • Fabrizio Marchi
      14 luglio 2017 at 21:21

      Farei a meno di flirtare col neocoloniasmo e cercherei di capire meglio cosa succede nelle nostre periferie, nei centri di accoglienza, lungo le rotte mediterranee per dare concreta solidarietà ai migranti. (Patrizia)
      Non ho capito con chi ce l’hai. Boh…Se ce l’hai con me o non hai capito nulla del mio articolo oppure io non sono in grado di esprimermi.
      Ciò detto, sulla questione dell’immigrazione tutti invocano delle soluzioni concrete e io ho cercato di darle con una sorta di “programma minimo”. Pensa che per la gran parte delle persone quello che per me è un programma minimo e che per te è ancor meno che minimo, per loro è addirittura un’utopia, non un “programma massimo”, un’utopia.
      Ora, nell’attesa della rivoluzione proletaria mondiale che risolverà tutti i problemi del mondo, perfino i maremoti, e in direzione della quale il sottoscritto cerca di mettere il suo microscopico mattoncino, credo che quelle da me prospettate siano soluzioni pratiche, attuabili da un governo e da uno stato democratico, si spera (io per lo meno lo spero) socialista. Uno stato che non è appunto colonialista, che non va ad occupare e a saccheggiare né tanto meno a bombardare, ma che costruisce con i governi di quei paesi un rapporto paritario, all’insegna della cooperazione e dello scambio fra pari. Questa politica, che per te pare essere acqua fresca, se non addirittura una sorta di colonialismo che rinasce sotto altre forme, sarebbe al momento invece rivoluzionaria perché presuppone l’uscita dalla Nato, dall’UE, dall’euro e la costruzione di una rete di rapporti appunto all’insegna della cooperazione e non dello sfruttamento a senso unico. Ma magari si arrivasse ad un governo di questo tipo, altro che storie… Dopo di che so perfettamente che il tema del razzismo è più profondo, ha altri risvolti ecc. però…
      A volte certe critiche come la tua, devo essere sincero, mi lasciano interdetto…Non so veramente dove volete andare a parare…
      P.S. sottolineo ancora una volta che l’allora Presidente dell’ENI, Enrico Mattei, fu assassinato per aver provato a fare una politica simile…”programma minimo”? Bah…

      • Patrizia
        15 luglio 2017 at 12:45

        Risponderei in sintonia con la tua qualità di giornalista: qual è il significato profondo della soluzione politica da te proposta rispetto al rapporto tra cittadinanza, migrazione e politiche dello sviluppo, proprio in un momento nel quale l`attività dissuasiva e repressiva attivata dall’UE disvela la profondità di atteggiamenti razzisti di tali governi? Non si rischia forse di ridurre il processo ai soli termini dell’UE (era questo il senso del flirtare col neocolonialismo)? Anche quest`indirizzo delle sinistre al governo che vanno a destra avvalora l’impressione di guerra in corso del Nord contro il Sud (e conseguenti rigurgiti razzisti, funzionali al sistema, come dici tu). O la questione del privilegio si presenta oggi in termini puramente di classe? Per capirci meglio, salto su un`altra materia: qual è la politica migratoria dei governi? Non c`è, la fanno gli eserciti. Ecco, il fenomeno è peggiore perché più strutturale ai rapporti di classe. Mi sono soffermata sul tuo articolo e sarò propensa a vedere il lato positivo se approfondiamo i limiti posti in paesi come il nostro all’autodeterminazione di classe. È un nodo che riguarda la sinistra, non i governi. Grazie.

        • Fabrizio Marchi
          15 luglio 2017 at 13:47

          Bene, mi pare che ci siano ora i presupposti per confrontarsi un po’ più serenamente.
          Allora, La mia proposta non è “tecnica”, ma Politica e con la P maiuscola. La premessa per poter applicare quella politica è proprio l’uscita dalla UE e naturalmente dalla Nato. Non mi sembrano due questioncelle da poco. Significa un cambiamento di rotta di 360°. Significa cambiare politiche economiche, politica internazionale, alleanze, partnership ecc. ecc. ecc. In altre parole sarebbe una rivoluzione. La piattaforma di Eurostop, ad esempio, di cui la principale organizzazione promotrice è la Rete dei Comunisti, prevede l’uscita dalla UE e la costruzione di una Europa mediterranea a tre o quattro (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia). E’ una ipotesi praticabile in linea teorica, perché no. Un blocco di questo tipo potrebbe cambiare alleanze e partner economici e politici, potrebbe avere relazioni con i BRICS, con la Russia, la Cina, L’India, il Brasile. Chi lo ha detto che fuori dalla UE e dall’abbraccio con gli USA non c’è salvezza? Questo è quello che ci raccontano, per ovvie ragioni. Ma oggi potremmo realisticamente andare verso un mondo multipolare e non vedo perché non dovremmo spingere in quella direzione.
          Ora, è ovvio che questo è un processo estremamente complesso e lungo, non è mica una barzelletta. Qualcuno ci sta provando sebbene le condizioni siano molto, molto difficili. Però la direzione di marcia a mio parere è quella. Certo, l’assenza di un grande soggetto politico, di classe, in grado di esercitare egemonia e di costruire un fronte popolare che vada in quella direzione, è una mancanza gravissima e purtroppo decisiva. Che ti devo dire, non sono stato io a distruggere la Sinistra. Se ci troviamo nella situazione in cui siamo – compreso il razzismo strisciante e dilagante che serpeggia in tanta gente – è proprio dovuto alla drammatica assenza di quel soggetto di cui sopra.
          Ma io sono convinto che già la presenza dei vecchi partiti della Sinistra, il PCI e il PSI (ma io ci metto anche la DC), che pure erano partiti non più di classe nel senso marxiano del termine, sarebbe stata un deterrente enorme contro questa deriva e certamente la questione dell’immigrazione sarebbe stata affrontata in modo ben diverso. Quell’Italia governata da quei partiti, anche se era nella Nato, riusciva nei limiti a sviluppare una sua politica relativamente autonoma. Ad esempio io non credo che quell’Italia avrebbe mai mosso guerra alla Libia, perchè comunque si era ritagliata un certo ruolo nel Mediterraneo e nell’area mediorientale. Un ruolo che se vuoi, da un certo punto di vista, per un gioco di pesi e contrappesi, faceva anche comodo agli USA per un certo verso, e però comunque lo svolgeva. Mettici anche una certa dose di abilità politica, questo ha portato l’Italia ad avere ottimi rapporti pressochè con tutti i paesi dell’area del Maghreb e del Medioriente (è con Israele che non erano proprio splendidi, paradossalmente…).
          Ora è inutile guardare indietro. Si tratta di guardare avanti. Il discorso di classe che fai è a monte. Ma ora si tratta anche di prospettare delle possibili soluzioni politiche ad un problema reale, e io credo che la strada sia realisticamente quella che ho cercato di abbozzare. L’alternativa non esiste. A meno di non considerare alternativa i muri, i fili spinati con l’alta tensione, i poliziotti con i doberman, i carri armati alle frontiere, le navi da guerra che mitragliano i barconi. Questo è ciò che alla fin fine, anche se non detto in maniera esplicita, prospettano le destre. E’ quindi nostro dovere lavorare concretamente ad una alternativa.

    • ARMANDO
      15 luglio 2017 at 13:58

      Non capisco cosa ci sia di neocoloniale in scambi alla pari. con paesi che necessitano di tecnologie e hanno invece le materie prime che a noi mancano. Sarebbe forse meglio che, come l’occidente ha sempre fatto in combutta con la birghesia compradora di quei paesi, spogliarli delle loro ricchezze in cambio di briciole che rimangono nelle tasche di quella loro borghesia corrotta? E poi, magari, accogliere indiscriminatamente le immigrazioni bibliche da noi stesse prodotte perchp così ci sentiamo buoni e democratici? Forse, nelle condizioni di oggi, controllare il fenomeno migratorio non è possibile, ma certo sarebbe giusto e anche democratico, L’unico modo è quello di rompere con le politiche di rapina e fare in modo che quei paesi possano usare le loro risorse a proprio vantaggio. Chi migra lo fa per necessità, non per piacere.
      Ma non illudiamoci che l’immigrazione di massa non crei problemi o lo crei solo perchè saremmo razzisti etc. etc. Piaccia o meno, ogni sistema culturale tende a credere di essere il solo in cui si realizza l’umanità. Che non sia così è ovvio, ma non significa nulla rispetto alla percezione dei popoli. In alcune culture era definito Uomo solo l’individuo appartenente alla propria cultura. In Cina lo straniero era chiamato “diavolo”. L’osmosi culturale c’è sempre stata ed aggiungo che è cosa giusta, ma è del tutto evidfente che una vera osmosi si realizza solo in tempi lunghi e quando le diverse culture non si sentono minacciate l’un l’altra. Il resto è, nel migliore dei casi, poesia, illusione di anime belle destinata a rovesciarsi in senso opposto alla prima occasione. Ho conosciuto molto bene soggetti di questo tipo, incarnazione perfetta del pacifista de sinistra, buonista, cosmopolita, accogliente, tutto (anzi tutta) “peace e love”. Ma è bastato aver impattato con un/una migrante disonesta ( è ovvio che fra gli immigrati, come da noi, c’è di tutto), per sentire con le mie orecchie frasi di un razzismo tale che un reazionario oscurantista come me non dico avrebbe mai pronunciato, ma neanche lontanamente pensato. Io mi preoccuperei, pertanto, di questo tipo di pancia, il più pericoloso. I casi sono due, e solo due.
      1)Si considera ogni cultura identitaria sbagliata in se stessa, automaticamente escludente le altre, razzista, xenofoba etc, etc, , ed allora viva le migrazioni bibliche che diventano un grimaldello per la loro distruzione e dissoluzione in un magma informe nel quale non esistono credenze, usi, consuetudini, tradzioni condivise, corpi intermedi (famiglia, associazioni, etc, ) ma solo individui deidentificati e deculturizzati di fronte ai quali si ergono: il mercato come unico mediatore fra le persone, e lo Stato centralizzato quale garante del mercato. Inutile dire che è lo sceanario perfetto per il capitalismo planetario. E quì si innesta il discorso delle strategie del capitale, per il quale la deculturazione dei popoli è un obbiettivo primario, perchè ogni cultura è in sè un ostacolo al pieno dispiegarsi della sua logica mercificante. Merci, denaro, persone, debbono scorrere fluide e intercambiabili nei “non luoghi” del capitalismo (anche il discorso sui luoghi/non luoghi ha importanti implicazioni che non è possibile trattare qui), mascherate sotto lo schermo della democrazia, dell’accoglienza etc. L’occidente capitalistico, dapprima ha deculturizzato intere civiltà tradizionali, specie in Africa, tramite la penetrazione economica e culturale,trasformandole da povere (rispetto ai nostri standard di consumo spesso stupidi e insensari) a misere e sradicate (non lo dico io ma Serge Latouche che certo non è un reazionaio oscurantista). Poi, usa le immigrazioni in qualche modo volute e favorite, per farla finita con quei pochi residui culturali nostrani, completando l’opera. Il problema tragico è che non c’è alcuna consapevolezza di quel che accade, da parte in primo luogo della politica, e poi dei giornali e dei media in genere. Salvini e co, invesicono contro l’immigrazione che vorrebbero fermare con la forza, ma, a) non si rendono conto che i primi nemici di noi stessi siamo noi.b) Non fanno nulla di strutturale per tentare di risolvere i problemi alla radice. Per contro, ci si mette anche la Chiesa, che avrebbe fatto meglio a contrastare in tempo utile il colonialismo piuttosto che, a tempo scaduto, lavare i propri sensi di colpa con l’accoglienza indiscriminata. Oppure
      2) Si rispetta ogni cultura e si crede che ogni popolo abbia diritto a vivere come vuole, darsi le proprie istituzioni anche quando non sono confromi alle nostre, ed evolversi secondo tempi e modalità proprie, senza che qualcuno esporti loro la democrazia”. Fra l’altro, solo qiessta concezione può essere alla base del diritto internazionale e quindi della convivenza fra diversi. In tal caso con quei popoli si interloquisce da pari a pari, cercando vantaggi reciproci nel rispetto. Quello che faceva Enrico Mattei era proprio questo. Altro che colonialismo” Sappiamo com’è finito.
      Non che sia comunque facile, al punto in cui siamo.
      La verità è che siamo in una morsa terribilmente difficile da allentare, stretti fra accettare la fine di ogni identità in nome dell’emergenza umanitaria (che esiste, sia chiaro, e non può essere trascurata), e la paura dell’altro (in parte giustificata, lo ripeto, causa le dimensioni e la repentinità del fenomeni). Non ci sono soluzioni miracolistiche immediate, ma certo neanche a medio lungo termine se non si ha la consapevolezza dell’origine dei problemi, degli interessi strategici coinvolti, del significato culturale di ciò che è in atto. Nel frattempo il capitale giosce. In fondo, “divide et impera” (e, aggiungo, maschera sotto le sembianze dell’umanitarismo), è una strategia che sa usare benissimo.

  4. Mauro
    16 luglio 2017 at 7:16

    Analisi perfetta che rispecchia in toto quello che ho sempre pensato.
    Purtroppo una visione di questo tipo non la vedremo mai in tv e gran parte della massa continuerà a cadere nel tranello del sistema del divide et impera. Eppure basterebbe un attimo accendere il cervello, osservare, riflettere…
    Ho scoperto da poco questa rivista online e devo dire che offre veramente delle riflessioni interessanti, complimenti!

    • Fabrizio Marchi
      17 luglio 2017 at 9:05

      Ti ringrazio molto, Mauro, cerchiamo di fare del nostro meglio. Una cosa è certa: non prendiamo né indicazioni né tanto meno ordini da nessuno…

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