Complottismo, capitalismo e controllo sociale

Vorrei chiarire che all’interno della redazione de L’Interferenza, come è legittimo che sia in un giornale che non è e non vuole essere un organo di partito ma un luogo di riflessione e confronto dialettico, ci sono a volte posizioni e approcci analitici e interpretativi differenti rispetto alle cose. Questo differente approccio, molto meno pronunciato in tante altre occasioni, si è invece manifestato in modo abbastanza palese in questa fase dell’emergenza coronavirus.

Questo perché, come già detto, abbiamo avuto interpretazioni diverse innanzitutto sul virus e poi della crisi in atto e delle risposte da dare.

Come prima cosa io personalmente non mi sono mai perigliato di indagare (anche perché non ne ho le competenze) se il virus fosse autentico o un prodotto di laboratorio studiato per essere diffuso ad hoc da questo o quell’altro stato o servizio segreto. Le ipotesi in campo a cui abbiamo assistito in questi mesi sono state le più disparate e a volte anche fantasiose. La maggioranza dei complottisti (che sono, per forza di cose, di destra) ha naturalmente appoggiato la linea Trump per la quale il virus è stato inventato dai cinesi per destabilizzare l’Occidente.

A parti invertite, ci sono state altre ipotesi complottiste. Una esattamente speculare, e cioè che il covid sia un virus inventato dagli USA per colpevolizzare e criminalizzare la Cina. Un’altra ancora – di gran lunga quella più suggestiva – sostiene che il virus sia il risultato del complotto di una sorta di “Spectre” mondiale che vedrebbe insieme le elite dominanti transnazionali americane, inglesi, cinesi, israeliane e russe intente ad ordire un super complotto bio-tecno-capitalista finalizzato a sottomettere il pianeta. Sottomissione – aggiungo io – che peraltro è già in atto ma in forme e dinamiche infinitamente più sofisticate e complesse rispetto a quelle teorizzate dai vari approcci complottisti. Naturalmente, in questa visione, le lobby delle multinazionali farmaceutiche fanno la parte del leone, diciamo pure che vengono individuate come il mattone fondamentale del sistema capitalista mondiale. Tutto il resto, multinazionali del petrolio, delle armi, delle industrie pesanti e leggere di ogni genere, della comunicazione, dei media, della telematica, della logistica, delle industrie aerospaziali, del controllo delle risorse e delle materie prime di ogni genere, del narcotraffico, delle banche, in altre parole tutto, viene a perdere ogni funzione e peso specifico all’interno del sistema, sparisce improvvisamente come d’incanto. La enorme complessità e articolazione (anche ideologica e di capacità di costruzione del consenso) del sistema capitalista viene ridotta alla capacità e alla potenza delle industrie farmaceutiche di condizionare e controllare i governi di tutto il mondo o del mondo che conta (ma quello che non conta obbedisce a quello che conta e dunque…). Il pianeta sarebbe dominato, quindi, da queste multinazionali del farmaco (che indubbiamente sono parte importante del sistema stesso, fanno la loro parte e nessuno lo nega, sia chiaro…) e dalle cricche al loro servizio. Tutto il resto, come dicevo, diventa tutto ad un tratto inesistente e privo di ogni capacità di condizionamento.

Naturalmente, così come cambiano i complottismi, cambiano anche i bersagli. Fino a poco tempo fa la bestia nera era Soros, considerato a capo del complotto cospirazionista per la “sostituzione etnica” (versione “moderna” del piano Kalergi…), e si parlava solo di lui. Ora è Bill Gates, desideroso di vaccinare l’umanità intera per trarne profitti (e questo è del tutto verosimile) ma fondamentalmente animato – sostengono – dalla volontà di sfoltirla pesantemente secondo logiche malthusiane. Ma Malthus – vado sempre con l’accetta per ragioni di spazio e tempo di lettura – sosteneva che per mantenere l’equilibrio del pianeta (e del capitalismo) bisognava lasciar morire di fame e di malattie i poveri. Gates, pur non essendo certo un filantropo, mi pare più motivato dalla volontà di ridurre la crescita più o meno esponenziale della popolazione, quella delle aree povere e dell’Africa in particolare, non di eliminarla (il vero desiderio, sia pure non esplicitamente ammesso, di Malthus). Non c’è dubbio che la logica e l’ideologia che sta dietro a questa idea sia comunque di natura imperialista, ma si tratta di opzioni diverse. I complottisti hanno sovrapposto del tutto i due: Gates è ormai ai loro occhi il moderno Malthus. Ma quel che è grave non è tanto questo accostamento (non sono certo l’avvocato difensore di un super capitalista come Bill Gates, figuriamoci…) quanto l’approccio. E’ di nuovo il singolo, e la volontà del singolo (o di un gruppo limitato di persone, in questo caso lui e la moglie) a determinare le cose, non la struttura, non il processo o i processi dai quali, ovviamente, emergono anche i singoli, anche i vari gruppi che a loro volta sono parte di quei processi. Il paradigma marxiano (ma io direi anche hegeliano…) è completamente ribaltato. Se vogliamo metterla per un attimo sulla battuta, direi che con questo approccio non solo la sociologia weberiana, pur con tutte le sue contraddizioni, ma anche Hegel e Marx vengono buttati nel secchio della spazzatura, anche se i complottisti non ne sono consapevoli…

Come dicevo, quando l’emergenza delle emergenze era l’“invasione”, cioè l’immigrazione, il bersaglio dei complottisti (per la grande maggioranza di destra anche quando pensano di non esserlo ma con un nutrito drappello di sinistra) era Soros che finanziava le ONG più o meno taroccate. Secondo questa “narrazione”, una volta messi Soros e le ONG in condizioni di non nuocere l’immigrazione sarebbe terminata.  Siamo quindi di fronte, anche in questo caso, ad un capovolgimento totale delle cose. Non l’analisi delle ragioni strutturali del fenomeno dell’immigrazione che è una delle conseguenze inevitabili, appunto, della struttura stessa del sistema capitalista (e imperialista) ma l’individuazione di un soggetto o di una serie di soggetti che costituirebbero la causa del fenomeno dell’immigrazione.

Questa “narrazione” è depistante e rassicurante nello stesso tempo. Depistante perché, ovviamente, sposta completamente l’attenzione dalle cause strutturali che determinano il fenomeno, finendo per “salvare” la struttura del sistema stesso, indipendentemente dalla buona o dalla malafede dei suoi sostenitori. Se, infatti, la causa non è di natura strutturale ma è da individuare in alcune singole volontà, il sistema è salvo, non deve essere trasformato. Come già detto, è sufficiente, a quel punto, mettere in condizione di non nuocere quelle singole volontà individuali, più o meno forti o organizzate, per risolvere il problema. Incredibilmente, questa tesi ha trovato adepti anche fuori del tradizionale bacino della destra e neo destra, tra le file di una certa sinistra difficile da individuare, anche da un punto di vista semantico, e da derubricare, diciamo a metà fra il sovranista, il populista e il vetero comunista (sto banalizzando, me ne rendo conto, ma non saprei come altro fare…) più pezzetti vari e variopinti.

Un altro aspetto che a me sorprende è, devo dire, l’assertività, l’assoluta granitica certezza con cui tali tesi sono state immediatamente messe in campo fin dall’inizio della crisi covid anche da alcuni comunisti, senza alcuna esitazione. Eppure proprio questi che dovrebbero essere i portatori del dubbio, di una criticità radicale e metodologica e che dovrebbero combattere contro le semplificazioni che lo stesso sistema dominante (nella sua complessità) tende sempre a fare (come anche in questo caso, ovviamente), si sono ritrovati a riproporre la sua stessa metodica, diciamo così, con lo stesso tasso di assertività.

Nella storia del pianeta ci sono stati non so quanti virus, pandemie, veri e propri flagelli, che hanno devastato, decimato e talvolta dimezzato se non annientato intere popolazioni. Credo che non ci sia necessità di portare degli esempi. A nessuno, ad esempio, anche dei critici dell’epoca, è saltato in mente di dire che la peste e il colera fossero stati inventati da una “Spectre” composta da re, regine e imperatori per eliminare i loro popoli (anche perché se li avessero eliminati, chi avrebbero sfruttato?…). E a nessuno è mai venuto in mente di dire che il banalissimo raffreddore, la banalissima dissenteria o l’altrettanto banalissima influenza (e il per nulla banale vaiolo…) che hanno letteralmente sterminato decine e decine di milioni di indios sudamericani, siano stati inventati dalla corona spagnola e da quella portoghese per eliminarli. Al contrario, sia l’una che l’altra li ridussero in schiavitù per inchiodarli ai lavori forzati; dal momento però che morivano come le mosche sia per le malattie obtorto collo importate sia perché non resistevano al lavoro coatto, iniziarono la deportazione degli africani, rivelatisi più robusti e adatti al lavoro forzato.

Sono solo dei banalissimi esempi, naturalmente. In questo caso invece non c’è dubbio (secondo i complottisti). Il covid è un’invenzione, un prodotto di laboratorio concepito e pensato negli anni da una cabina di regia occulta e diffuso solo oggi. Le ipotesi, anche in questo caso, sarebbero le più disparate. Tralascio quella della “Spectre” trasversale che mi sembra francamente la più fantasiosa.  Vediamo le altre (fra quelle che ho sentito in questi mesi). Vado in ordine sparso.

Il virus sarebbe un parto del capitalismo occidentale in una fase di caduta tendenziale del saggio di profitto. L’obiettivo sarebbe stato quello di diffonderlo in Cina, con il fine di minarla sul piano economico e screditarla su quello mediatico, ma poi la cosa sarebbe sfuggita di mano, come a volte succede, e a farne le spese è stato proprio il mondo occidentale. La Cina ha infatti resistito egregiamente al covid grazie a misure di contenimento draconiane (molto più dure rispetto a quelle applicate in occidente) che in quel contesto vengono giustificate o sottaciute e qui da noi duramente contestate all’insegna della violazione dei diritti costituzionali. Parte della sinistra radicale e cosiddetta “antagonista” si è ritrovata a braccetto con la destra sotto questo profilo, diciamo pure in totale simbiosi. Alla domanda che più volte ho loro rivolto:” Come potete contestare duramente le misure di contenimento adottate in Italia gridando alla violazione dei diritti costituzionali e giustificare le stesse (e più dure) misure adottate in Cina?” non ho mai avuto risposta.

Altra ipotesi. Il virus sarebbe un parto della Cina per disarticolare l’Occidente e indebolirlo ulteriormente. Questa è quella più in voga ed è quella sostenuta da Trump e dal codazzo di destre al suo seguito. Ne ho già parlato e non ci torno se non per dire che i cinesi a partire dall’11 gennaio avevano dato a tutti il RNA decodificato del SARS-CoV2 e pochi giorni dopo avevano blindato l’intera regione di Wuhan (circa 60 milioni di persone). Sappiamo tutti come da quel momento e con quale disinvoltura il presidente americano (ma anche l’inglese Johnson) abbia traccheggiato per almeno un paio di mesi.

Il covid rappresenterebbe un cambio radicale di paradigma. La stella polare del capitalismo non sarebbe più il profitto ma il controllo psico-sociale della popolazione dell’intero pianeta.

Ora, che il sistema capitalista sia una forma di dominio estremamente complessa e sofisticata che va ormai anche oltre la logica del profitto economico (pur fondamentale altrimenti significherebbe la fuoriuscita dal capitalismo) non c’è alcun dubbio e lo sostengo da anni, ben prima anche dei più noti e autorevoli complottisti, molto abili (si fa per dire perché di certo non è mai emerso nulla e sono sempre rimasti alle ipotesi, mai o quasi mai confermate da elementi certi…) nel ricercare le trame occulte di questo o quell’evento (attentati terroristici, stragi, manovre varie di apparati di sicurezza, intelligence e servizi segreti) ma completamente orbi e incapaci di studiare le dinamiche ideologiche e psicologiche di costruzione del consenso e del controllo sociale, prigionieri anch’essi, in questo caso, dei più triti e ritriti luoghi comuni del “sinistrismo” liberal e radical più scontato.

Naturalmente, onde evitare equivoci, non ho dubbi sul fatto che la stragrande maggioranza degli attentati terroristici, specie quelli più eclatanti (pensiamo all’attacco alle Torri Gemelle), compiuti in tante parti del mondo, siano il risultato dell’azione congiunta di questo o quel servizio segreto e di vere e proprie strategie mirate. Ma anche in questo caso, il punto fondamentale non è nell’incaponirsi per scoprire gli esecutori materiali e i mandanti ma il famoso “cui prodest?”, a chi giova? E non c’è dubbio (ma è solo un esempio, ne potrei portare tanti altri) che l’attentato alle Twin Towers sia stato funzionale agli USA che da quel momento hanno avuto buon gioco (anche al fine di ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica interna e internazionale) nell’imporre la strategia della guerra preventiva e permanente cosiddetta “umanitaria” in tutto il quadrante mediorientale e non solo. Ma, anche in questo caso (come in tutti), l’evento, sia esso un attentato terroristico o un “incidente” di varia natura (abbattimento più o meno sospetto di un aereo, uccisione di qualche soldato, scontri al confine, qualche razzo sparacchiato qua e là) è soltanto l’epifenomeno di un processo più ampio e profondo di cui quello stesso evento è un prodotto o uno dei prodotti. Anche in questo caso il complottista capovolge il paradigma. L’approccio investigativo, la ricerca dell’intrigo piuttosto che l’analisi dei processi che hanno portato a questo o a quel determinato evento, diventano la questione centrale.

Ora, che la crisi da coronavirus possa rappresentare un possibile e parziale cambiamento paradigmatico, non c’è alcun dubbio.  Dico parziale perché il capitalismo è fuori discussione e non vedo nessun suo superamento all’orizzonte, per lo meno fin dove riesco a vedere con i miei occhi e la mia mente.

Quello che accadrà, a mio parere, sarà l’accelerazione di un processo già in corso da tempo, e cioè l’ulteriore deriva tecnocratica dal punto di vista della gestione politica, soprattutto in totale assenza di una reale dialettica politica, di consapevolezza da parte delle masse e di conseguente assenza di conflittualità politica e sociale, e del dominio sempre più pervasivo della tecnica (in totale simbiosi con il capitalismo). Tutto ciò accompagnato, naturalmente, da un ulteriore processo di potenziamento di quelle ideologie collaterali e funzionali al dominio capitalistico stesso. Non è un caso, ad esempio, che in questi mesi di crisi, l’apparato mediatico, quelle rare volte che non si è concentrato in modo monotematico e maniacale sul coronavirus, lo ha fatto solo per battere sui soliti tasti politicamente corretti che ben conosciamo.

La Cina e la Russia sembrano uscire relativamente irrobustite da questa crisi, il che confermerebbe che ormai il mondo unilaterale a trazione anglosassone sta tramontando o comunque continua a perdere colpi. Nonostante ciò, non credo che le classi dominanti occidentali (che ancora controllano buona parte dei pianeta) fuoriusciranno dal paradigma liberista e neoliberista. Dipenderà anche da quanto durerà la crisi covid. La mia opinione – ma non posso esserne sicuro, non disponendo ancora di dati certi e non essendo un esperto – è che la malattia sia stata comunque sopravvalutata e che non dovrebbero esserci particolari pesanti ricadute. La voglia di tornare a “come era prima”, specie da parte dei ceti e dei gruppi dominanti, prevarrà e non incontrerà particolari ostacoli. Specie se il livello della conflittualità rimarrà quello dell’indignazione per l’impossibilità di fare jogging…

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Fonte foto: Huffington Post (da Google)

2 commenti per “Complottismo, capitalismo e controllo sociale

  1. Gian Marco Martignoni
    22 Maggio 2020 at 22:22

    Il virus ha determinato e sta determinando una ” febbre ” a livello mondiale per via della catastrofe sanitaria dovuta allo smantellamento trentennale della sanità pubblica .Mike Davis, si veda il suo intervento su sinistrainrete, è l’intellettuale che da subito ha fornito un’analisi convincente delle dinamiche che la diffusione del virus avrebbe generato su scala globale.Il complottismo è la scorciatoia a cui ricorrono coloro che rifuggono da un’analisi materialistica della realtà .Lo scrittore ed intellettuale libanese Amin Malouf, l’autore dell’ eloquente ” Il naufragio di una civiltà “, ha scritto domenica sull’inserto La Lettura una serie di considerazioni molto acute, mentre David Harvey e sulla sua scia Riccardo Bellofiore hanno ben approfondito i caratteri della crisi che ha investito l’apparentemente trionfante neo.-liberismo.La situazione è inedita, ed il solo fatto che le banche dovranno generale montagne di denaro dal nulla, la dice lunga sulle contraddizioni dei cosidetti capitani del vapore..

  2. 4 Gennaio 2021 at 19:05

    «Come potete contestare duramente le misure di contenimento adottate in Italia gridando alla violazione dei diritti costituzionali e giustificare le stesse (e più dure) misure adottate in Cina?»

    La risposta è molto più semplice di quanto sembri. Parliamo di due sistemi socio-economici completamente diversi, la Cina è un paese socialista e l’Italia è un paese imperialista. I paesi socialisti si sono semplicemente premuniti contro un’eventualità di guerra batteriologica tramite infiltrazione del virus modificato geneticamente (Cuba ha un’esperienza trentennale di tentativi subiti in questo senso). Diversi gli scopi, diversa l’idea alla base, diversi gli obiettivi. Non si possono mettere a paragone le due cose.

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