Il dissesto idrogeologico minaccia il Bel Paese

Da Sole 24 Ore Enti locali si apprende che solo una minima parte dei fondi stanziati dal 1999 ad oggi è stata utilizzata per la salvaguardia del nostro territorio. Sotto i nostri occhi burocrazia, atavica lentezza e fallimenti, la dimostrazione eloquente sono le alluvioni in Liguria, Toscana ed Emilia Romagna con morti e devastazioni. Il rischio idrogeologico è da decenni conosciuto e in teoria ritenuto un problema da affrontare e risolvere, ma nel corso del tempo si sono stanziati pochi fondi, buona parte dei quali risultano per altro inutilizzati tanto che un grido di allarme arriva perfino dall’Autorità nazionale Anti Corruzione.

Dagli anni pandemici ad oggi il rincaro dei materiali ha determinato il rallentamento ulteriore dei lavori previsti, il Governo è intervenuto già nel 2022 per contenere i costi e la misura è stata poi reiterata anche se è evidente che non saranno norme di salvaguardia delle imprese a risolvere problemi che andrebbero invece affrontati in toto, dalla pubblica amministrazione alla macchina organizzativa e gestionale dei fondi a disposizione che poi si dimostrano sempre insufficienti.

Dal 1999 ad oggi sono stati finanziati ben 25.101 interventi dei quali solo il 32,2% pare sia stato portato a termine, un altro 10,6% risulta in fase di escuzione, oltre 100 interventi attendono l’apertura dei cantieri e, dopo l’aggiudicazione della Gara, aspettano ancora di trasformarsi in cantieri. La parte del leone è rappresentata da progetti ancora in fieri e con tempi di realizzazione tanto lunghi quanto incerti. Di chi sono le responsabilità di questi ritardi? La macchina pubblica per funzionare ha bisogno di fondi e di personale, proprio quello che manca da oltre 30 anni, fatto sta che buona parte dei fondi erogati, o presenti sulla carta, non si è tradotta in opere per fermare il dissesto idrogeologico del nostro territorio.

Ben venga allora la indagine conoscitiva dell’ANAC ma si dovrebbe indagare anche sui limiti della Pubblica amministrazione imputabili alla ignavia e alla disattenzione dei Governi via via succedutisi ricordando che l’attuale Esecutivo privilegia le grandi e sensazionali opere, come l’inutile Ponte sullo Stretto, rispetto ad interventi ordinari e urgenti tanto indispensabili quanto di poca presa sull’opinione pubblica nazionale, non spendibili insomma per la solita propaganda. Non a caso gli sforzi del Governo sono proprio indirizzati all’Alta velocità e al Ponte sullo stretto mentre intere province subiscono danni incalcolabili tra frane e alluvioni.

Altra priorita dovrebbe essere una analisi dettagliata, Regione per Regione, degli interventi effettuati e dei costi finali rispetto a quelli preventivati.

Ci sembra allora evidente che gli indirizzi del Governo non considerino la manutenzione del territorio e la lotta al dissesto idrogeologico una priorità, da qui la spasmodica attenzione per l’Alta velocità (“ce lo chiede l’UE”) o il Ponte dello Stretto, meglio favorire aiuti fiscali e bonus alle imprese invece di mettere a pieno regime la macchina organizzativa e di controllo degli Enti locali che necessiterebbe di personale formato e in organico con una spesa inconciliabile con gli attuali parametri della UE.

E i fondi anti dissesto, il loro mancato utilizzo? Meglio, si fa per dire, concentrarsi sul PNRR dimenticando che i ritardi sono anche dovuti alle inefficienze del pubblico falcidiato negli organici e nei fondi a disposizione da 40 anni di politiche di austerità e di contenimento del debito.

alluvione Emilia Romagna Archivi - Osservatorio Riparte l'Italia

Fonte foto: da Google

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