Le destre in guerra

Forse qualcuno ha pensato, maldestramente, che l’assalto a Capitol Hill rappresentasse una sorta di carnevalata. La preoccupazione di presentare gli Stati Uniti d’America come la culla della democrazia, il porto della libertà, ha dato agio ai vati dell’occidentalismo di operare una minimizzazione senza precedenti. La parola d’ordine era nascondere. Dissimulare la guerra civile americana. Sotterrare le contraddizioni, mai sopite, connaturate all’espansione dell’americanismo.
A fronteggiarsi due destre. L’una individualista e darwinista ma libertaria e cosmopolita. L’altra individualista e darwinista, ma reazionaria e tradizionalista. La prima imbevuta di sogno americano che conquista reti grazie all’intraprendenza creativa, l’altra attaccata al mito della frontiera dei padri pellegrini che difende la terra grazie alla laboriosità del proprietario. Entrambe concordi su pochi punti cardinali. L’ordine sociale è determinato dal mercato e solo il soggetto può combattere per scardinarlo. A proprio uso e consumo.
La miscellanea tra queste mentalità è ben rappresentata dal fascismo. Che sì, si espanse nell’Europa continentale, ma trovò i suoi riferimenti ideali, il proprio concime dottrinario nei manuali filosofici dell’evoluzionismo anglosassone. Oggi le premesse sono ancor più preoccupanti. Il progressismo evoluzionista, alleato del mercato auto-costruttivo, ha disarticolato la resistenza del movimento dei lavoratori. Trasformare l’idea di progresso e agganciarla all’inclusione nei mercati, immiserendo il concetto di inclusione sociale, ha modernizzato la vulnerabilità personale.
Quando, insomma, le lotte per i diritti civili sono disallineate al terreno del Reale, possono trasformarsi in soddisfazione di capricci. Il generico diritto ad avere diritti, in una compulsione solipsistica, mette a rischio tutte le conquiste novecentesche ottenute dalle masse. Non solo quelle sociali ma anche quelle individuali. Provoca, nell’ambito di una guerra civile perpetua, recrudescenze reazionarie. E le fortifica.
La sentenza della Corte Suprema che nega il diritto all’aborto si inserisce in questo contesto. Che, occorre ribadirlo, è contesto di guerra. E che, causa la sbornia bellicista, ha riscoperto la funzione storica del fascismo. Rilegittimato moralmente da quel laboratorio dell’Internazionale nera di casa in Ucraina. Questa riabilitazione mette i contendenti, yankee e dixies, improvvisamente d’accordo. La difesa dei valori occidentali può diventare una somma. Libero commercio e moralismo confessionale. Confessionalismo e liberismo nutriti dall’anti-socialismo e paradossalmente dall’eresia anti-clericale.
Non è un caso che il progetto di un’Europa ridisegnata secondo le priorità statunitensi trova nella Polonia lo Stato baluardo che segna il confine della civiltà. Cuore, la Polonia, di quella religiosità imbevuta di superstizione cattolica, poco incline nel confrontarsi con l’apostolato vaticano.
L’assenza del movimento dei lavoratori, la derisione del marxismo, trasformato in passatismo poco al passo con la modernità, hanno reso la democrazia un gioco per signori, dove il conflitto trova fessure vitali solo nella pretesa dell’effimero. Così mentre il capitalismo smuove l’indignazione sul diritto alla percezione di sé, foraggia al contempo la reazione esatta e contraria. Che colpisce il diritto all’aborto. Che non è solo un diritto individuale. Perché senza l’aborto legale saranno i poveri a cadere. E a cui verranno negate le cure.

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Fonte foto: da Google

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