Le fabbriche disumane

Cosa ci insegna lo Studio Legale che tripudiante si è lanciato in un’autocelebrazione a seguito della ricezione di un premio – in perfetto stile Hollywoodiano – per aver condotto egregiamente – a suo dire – la messa in esubero di 430 dipendenti della GKN?
Intanto che il diffuso sentire comune, oggi molto progressista, sulle salvifiche proprietà individuali ispirate al coraggio imprenditoriale, alla dedizione competitiva, all’ottimismo darwinista ha potuto espandersi nelle coscienze benpensanti o civilizzate, grazie alla scomparsa della combattività di classe. O meglio grazie al deperimento di tutte quelle particolari attitudini collettive che un tempo rendevano le classi subalterne fonte di preoccupazione per il Potere. Queste attitudini, riassumibili in una coscienza politico/conflittuale, portavano conseguenze culturali e di prassi che incidevano sull’intera collettività.
In quel periodo lo Studio Legale in questione avrebbe preferito rimanere nell’ombra senza pubblicizzare più di tanto l’incarico, anche se ritenuto prestigioso nell’ambiente professionale di riferimento. Il consiglio al pudore sarebbe stato veicolato dalla generalizzata riprovazione pubblica che avrebbe investito i ligi esecutori di una condotta ritenuta moralmente inaccettabile. Ancora rimanevano in piedi – grazie alla cultura marxista ma anche alle inclinazioni misericordiose del cristianesimo contemplate persino da una certa discrezione borghese – retaggi del mondo pre-capitalista, quando i mercanti erano descritti come la quintessenza dell’avidità, della meschineria, dell’invidia e della piccolezza umana. L’apparizione sulla scena dell’industrialotto, sempre orgoglioso nel non perdere tempo, era incarnata da una maschera di teatralità grottesca. In buona sostanza, un fesso.
L’orizzonte del sogno individuale, il miraggio della conquista di una solipsistica indipendenza dai condizionamenti burocratici della morale collettiva, hanno pian piano reso l’impudicizia un buon piatto di conversazione stellata. La prestazione è a-valoriale, entra in classifica esclusivamente se proporzionata al successo. Il prestigio è misurabile con assunzioni applicabili a qualsiasi ambito. Le parole d’ordine “squadra”, “passione”, “dedizione” fanno parte di un armamentario ideologico declinato da una vasta letteratura non solo allineata ai vademecum sulla managerialità, ma anche indirizzata all’attenzione spasmodica sullo stile di vita, sulla rigenerazione purificatrice, sulle diete corroboranti. Pragmatismo dal sapore esoterico. Spiritualità convertibile in dollari.
Fanno sorridere infatti quei commentatori, quegli antagonisti che ancora immaginano, sollevati e de-responsabilizzati, di doversi difendere da una oppressiva morale cattolica. La disinvoltura con cui lo Studio Legale annuncia la propria insolente affermazione non presuppone sensi di colpa. L’espansione illimitata di sé non prevede alcuna considerazione dell’Altro, inteso sia come autorità morale che come soggetto dialettico. In questo ambito la violenza non nasce dagli obblighi di una società disciplinare o dalle privazioni materiali ma è obesa nella sua espansione perché punta all’istituzionalizzazione del poter essere qualsiasi cosa. Imperatività permissiva.
Tal buon senso comune è intrinseco alla mentalità delle classi dirigenti contemporanee. Quelle cresciute a pane e razionalità manageriale. I tratti di assonanza con la cultura nazional-socialista sono sempre meno dissimulati. Nel memoriale scritto da Rudolf Höß, comandante del campo di sterminio di Auschwitz, si possono ammirare tutti i luoghi comuni ispirati all’efficienza prestazionale asettica. Anche lì gli esseri umani diventavano esuberi. Si edificava attraverso la spietata concorrenza una fabbrica disumana. Che oggi torna ad essere, con le debite proporzioni, bagaglio culturale condiviso dalla società civile. Per un costume spietatamente à la page.
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3 commenti per “Le fabbriche disumane

  1. Giulio Bonali
    28 Novembre 2021 at 20:37

    Per favore, lasciamo in pace il buon Darwin una buona volta!
    Mica é colpa sua se la sua scienza é stata fraintesa e indebitamete utilizzata ideologicamente dalle più svariate correnti reazionarie (fra l’ altro di anche peggio, ignorantissime in fatto di scienza).

    P.S.;Il termine “squadra” (come tanti altri a cominciare da “tendenza”) é stato abolito dagli anglomani del pensiero unico politicamente corretto filocapitalistico-filomercantilistico e temo che nelle prossime edizioni dei dizionari di italiano non figurerà (-nno) più, sostituiti dagli orrendi “team” e “trend” e così via offendendo tutti gli Italiani con un minimo di senso della dignità personale e nazionale.

  2. Mario Galati
    29 Novembre 2021 at 14:42

    Articolo eccellente.

  3. Giulio Bonali
    29 Novembre 2021 at 14:47

    Ma secondo voi ci sarà ancora nelle prossime nuove edizioni dei vocabolari di “italiano” (sic!) “stadio” o “tappa” di uno sviluppo per gradi o per fasi distinte o per l’ appunto “grado” oppure “fase” (quanti sinonimi nel ricchissimo lessico della fu lingua italiana! Compreso il metaforico “passo”) o non sarà stato invece imposto l’ orribile, monotono e senza sinonimi e sfumature “step”?

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