La vita, istruzioni per l’uso

Non bisogna avere una laurea in psicologia e/o psicoanalisi per sapere che l’essere umano è abitato da contraddizioni profonde e, spesso, laceranti.

Ognuno di noi possiede una “parte maledetta”, fuori dal controllo della ragione, che non vorrebbe avere. È proprio la parte razionale a ritenere l’altra patologica e quindi da rifiutare. In altre parole, ognuno ha un desiderio inconfessabile e terribile che vuole e deve nascondere agli altri e soprattutto a se stesso.

E allora cerchiamo di sputare fuori di noi quella parte che non vorremmo mai avere e che invece ci abita stabilmente occupando la nostra casa interiore. Buona parte della nostra vita la dedichiamo proprio a dire: no, io non sono quella cosa lì; è una patologia che non mi appartiene! Invece proprio quello è il nostro male nascosto.

Tu chiamale, se vuoi, contraddizioni! Del corpo e della mente.

La modalità più comune per negare quell’ospite repellente che ci abita consiste nello “sputarlo” nell’altro, nel cosiddetto diverso. Accusiamo l’altro di essere quello che noi non vorremmo mai essere. A ben vedere, quindi, il diverso è in realtà l’uguale, cioè colui che incarna la nostra parte maledetta.

Ecco una breve lista di tentativi disperati che facciamo.

Chi si pone a paladino della giustizia è chi ha, o vorrebbe avere, il monopolio dell’ingiustizia. Chi sbandiera ai quattro venti la democrazia e la partecipazione è il peggior tiranno. La donna che sbraita più forte contro gli stupratori è colei che desidererebbe essere presa con la forza. L’uomo che usa più spesso la parola “puttana” come insulto è colui che spende tutti i suoi soldi con quel tipo di donna. Chi ironizza e si schifa degli omosessuali e transessuali è colui che se ne sente irresistibilmente attratto. Chi sostiene il valore della famiglia e la sua sacralità è il primo a desiderare amanti e prostitute. Chi afferma che la vita è sacra, un dono divino che nessuno può togliere, è colui che sente una irrefrenabile pulsione nel dare la morte a se stesso o agli altri e, prima o poi, con qualche mezzo magari indiretto riuscirà nell’intento di darsela o di darla. Chi parla troppo spesso di amore e buoni sentimenti è colui che coltiva un odio viscerale. Chi ha troppe attenzioni per una persona cara è colui che, nel profondo, ne desidera la morte. Chi insiste sulla non violenza è un violento. Chi inveiva furiosamente contro Berlusconi e le olgettine era il primo che avrebbe desiderato partecipare ai bunga bunga. Chi grida contro altre culture e religioni ritenute barbare e arretrate, se ne sente attratto. Chi dà del razzista all’altro con veemenza, è lui razzista. Chi accusa furiosamente l’altro di essere fascista, è chi ha una camicia nera nascosta nelle pieghe della propria carne.

In tutti questi casi, come si capisce facilmente, le motivazioni sono più profonde del semplice pensiero razionale. La parte maledetta sfugge alle argomentazioni del buon senso. Questo è il motivo per cui anche persone estremamente intelligenti, in determinate circostanze che le mettono direttamente a contatto con la sostanza ustionante della propria vita, possono trovarsi a dire fesserie che non ti saresti mai immaginato.

1 commento per “La vita, istruzioni per l’uso

  1. Giulio Bonali
    25 Aprile 2024 at 15:57

    E’ la parte irrazionale di ciascuno di noi (sentimenti, passioni, desideri, ecc.) ad essere molteplice e in moltissimi casi e in larga misura contraddittoria: desideriamo cose in larga misura reciprocamente incompatibili (mangiare ciccioli e cotechini in abbondanza e fumare ma evitare infarto cardiaco e ictus cerebrale, fare sesso con tante belle donne e mantenere la solidità e armonia della nostra famiglia, ecc; in una frase proverbiale “avere la botte piena e la moglie ubriaca).
    La ragione é invece, non affatto in contrasto ma invece complementarmente all’ affettività, proprio la migliore risorsa in grado di tentare (per lo meno) di dirimere le contraddizioni dei nostri sentimenti, cercando di realizzare i migliori (per i fortunati ottimisti; o i meno peggiori, per gli sfortunati pessimisti) compromessi.

    E lo fa da una parte valutando il realismo o meno delle nostre aspirazioni (singole e plurime; in quest’ ultimo caso in particolare innanzitutto la loro reciproca compatibilità o meno; in generale la loro compatibilità con il mondo in cui viviamo) nonché i mezzi attraverso i quali quelle realistiche si possono conseguire; e questa é la parte relativamente facile del problema, in quanto il mondo materiale in cui viviamo é misurabile, conoscibile scientificamente, “dominabile” tecnicamente (ovviamente solo limitatamente e nel senso ben chiarito da Engels nello splendido scritto sul Ruolo svolto dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia di adeguarsi -inevitabilmente- alle leggi oggettive di natura -anziché ignorarle o pretendere stupidamente di forzarle o eluderle- cercando di impiegarle per i nostri scopi).

    E dall’ altra parte cercando di confrontare la soddisfazione che ci darebbe la soddisfazione di reciprocamente alternativi insiemi (intrinsecamente compatibili) di desideri e aspirazioni (estrinsecamente incompatibili gli uni con gli altri) in modo da scegliere il più appagante possibile fra gli insiemi realisticamente conseguibili. E questa é la parte difficile del problema, in quanto la res cogitans, contrariamente alla res extensa, non é propriamente misurabile quantitativamente: mentre gli oggetti materiali si possono letteralmente misurare (ad esempio si può stabilire con ottima approssimazione, almeno in linea teorica o d principio, quanto cemento ci vuole per costruire una casa o un ponte, invece desideri e aspirazioni si possono al più “soppesare” o “ponderare” in senso meramente metaforico (ad esempio già può essere difficile stabilire se il desiderio di avere rapporti intimi con una bellissima ragazza disponibile sia maggiore o minore di quello di continuare un complessivamente felice e soddisfacente menage coniugale e una gratificante esperienza familiare; ma pretendere o cercare di misurare o di calcolare di quanto l’ una alternativa sia preferibile all’ altra sarebbe semplicemente demenziale).

    La valutazione il più razionale possibile degli affetti, della loro realizzabilità e dei mezzi ad essa necessari é dunque il modo migliore per conseguire la felicità e la ragione per la quale le persone realmente più intelligenti sono le più razionali (che non significa affatto le meno sentimentali, ragione e sentimenti essendo qualità umane non affatto reciprocamente escludentisi ma invece reciprocamente compatibili, anzi complementari: si può essere razionalistissimi e al contempo intensamente sentimentali, come si può essere affettivamente aridissimi e al contempo irrazionalistissimi).

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