Libertà e partecipazione

La libertà non è vivere sopra un albero cantava Giorgio Garber, le amministrative ci restituiscono il dato inquietante di un astensionismo in rapida crescita, le amministrative del 2021 hanno decretato che il partito maggioritario è costituito dal 50% di astenuti. Lo scollamento tra politica e popolo è ormai palese, ma la cesura non sembra preoccupare il clero orante dei giornalisti e  degli esperti che commentano i risultati. Niente di nuovo sotto il sole, da decenni il divorzio tra oligarchia, i suoi fedeli servitori ed il popolo si è consumato, il solco diviene sempre più profondo. L’indifferenza verso tale contingenza denota il decadimento dello Stato azienda in cui siamo implicati. La democrazia è in crisi, azzardo un ipotesi, non solo per i quotidiani scandali e colpi di Stato che si susseguono con guanto di velluto, ma anche a causa della globalizzazione, della rottura delle frontiere con il nuovo cittadino del mondo anglofono e privo di identità patria. Le nuove generazioni non partecipano, non votano, sono  in genere indifferenti alle vicinde politiche della propria comunità, poiché sono stati presi in carico dalla globalizzazione. Le istituzioni, in primis la scuola, puntano sul multiculturalismo, si insegna alle nuove generazioni che appartengono al mondo, che con le certificazioni (inglese ed informatica) in tasca c’è un mondo che li attende. Nelle discussioni scolastiche sulla condizione attuale, spesso dinanzi alla corruzione, i ragazzi rispondono che il loro futuro non è nella loro comunità, ma altrove, ovunque, ma non nel bel paese. Non c’è da meravigliarsi, sono educati ad un individualismo senza limiti, sono spinti sin dai primi anni di scuola superiore ad esperienze fuori della nazione: l’intercultura. Pochi se la possono permettere, molti ambiscono a questa esperienza, nello stesso tempo le certificazioni di lingua inglese sono il passaporto per accompagnarli oltre il confine. Tutto congiura, perché si percepiscano come stranieri in casa, li si alleva, in modo che possano andare via. In tale contesto la responsabilità verso la propria comunità che richiede impegno gratuito non rientra nell’orizzonte dei nuovi cosmopoliti. L’astensionismo si radica  in questa tempesta culturale, nella regressione generale del senso sociale. Dinanzi ai problemi sociali ed alle contraddizioni che dilaniano la vita sociale, le nuove generazioni guardano oltre confine: la soluzione è partire. L’astensionismo dei giovani è funzionale al potere, è voluto dalle oligarchie che spingono verso la “società liquida” in modo da garantirsi la stabilità del potere. Le nuove generazioni sono sempre state veicolo di cambiamento, oggi sono  strumento di conservazione. Si preferisce indicare loro la via dell’immigrazione e del disimpegno, e non del voto responsabile, in modo che non possano infastidire gli equilibri oligarchi. Lo sradicamento identitario, molti conoscono meglio l’inglese che l’italiano, è funzionale a tale logica: cittadini del mondo, o meglio del capitale, non si sentono parte di nulla, pertanto rivolgono le loro attenzioni verso una soluzione puramente personale e non politica dei problemi. Il sistema incentiva l’emigrazione, si libera di potenziali rivoluzionari, ma in questo modo è un’intera comunità che vive l’esperienza dell’astensionismo, certo non hanno maestri piccoli e grandi che testimoniano l’impegno politico. Il mondo degli adulti è appiattito verso forme di narcisismo e fatalismo che non sollecitano certo alla partecipazione. L’astensionismo è il declino della democrazia nel mercato globale, quest’ultimo sta cannibalizzando la partecipazione politica con l’illusione che tanto è sempre possibile “andare via”. Per capire lo stato presente bisogna iniziare a dare voce alla tragedia dell’astensionismo, è il negativo che deve affrontare la democrazia che sta assistendo ad ogni tornata elettorale al suo pubblico funerale, e non pare vi siano lamenti e orazioni  dinanzi al suo feretro. Senza partecipazione ed impegno si è interiormente sempre più simili ai musulmani dei campi di stermino, deboli, rassegnati e pronti ad essere bruciati dalla violenza liberista[1]:

“Sapete  già chi sono i ‘musulmani’? Sono gli individui malaticci, deperiti,  dall’aspetto debole, non più  in grado  di  fare       lavori            pesanti. Presto o tardi, probabilmente presto,  tutti  i musulmani  vanno al gas! Quindi, ricordate bene: rasatevi, camminate diritti!  E non  dovrete  avere paura del  gas”.

[1] Viktor E. Frankl Uno psicologo nei lager edizioni Ares pag.30

La libertà non è star sopra un albero, / non è neanche il volo di un  moscone, / la Libertà non è uno spazio libero ,/ libertà è partecipazione  (G. Gaber) –

Fonte foto: In classe capovolti – WordPress.com (da Google)

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