L’uguaglianza dei sessi in Platone

Lombroso alle porte

La Repubblica (Πολιτεία) d Platone è un libro eterno, perché pone problemi che l’umanità dibatte da sempre, e specialmente, poiché con la potenza critica della Filosofia è capace di staccarsi dalle contingenze della storia per osare soluzioni che rappresentano il limite massimo del pensabile in talune questioni. Il problema dell’uguaglianza tra uomini e donne ci offre un Platone che molto ha da insegnare alla protervia dei contemporanei. Si assiste in questi decenni segnati dal consolidamento del pensiero ad un assottigliamento graduale della discussione e della formazione pubblica. La liberazione da ogni limite, in nome del mercato, sta utilizzando la questione femminile per consolidare il capitalismo. Il genere femminile è descritto come migliore in ogni circostanza, mentre il genere maschile è rappresentato come, nel migliore dei casi, limitato, più spesso come un potenziale e pericoloso reazionario da rieducare. E’ un ritorno a Lombroso: la natura ed i comportamenti conseguenti dipendono dal genere e dalle sue caratteristiche fisiologiche ed ormonali. Si riduce l’essere umano “ad un osso” come affermava Hegel nella Fenomenologia dello Spirito. La violenza della regressione culturale non potrebbe essere più evidente, il pregiudizio più devastante per le relazioni umane e comunitarie. Si sostiene la lotta tra i generi come tra gli animali non umani per strutturare il capitalismo ed occultarne le responsabilità nella devastazione sociale ed ambientale imperante. In tale gioco ideologico le donne sono parte attiva e complice, senza strumenti concettuali ed abbagliate dal modello anglosassone della carriera über alles sono parte integrante del sistema. Non tutte, evidentemente, molte di loro sono manipolate ed usate per poter affermare l’inclusione nel capitale, sono vittime del sistema in posizione di carnefici. La complessità del sistema ha le sue ambiguità che spesso produce effetti difficilmente leggibili. Il sistema Lombroso che stiamo vivendo con il suo riduzionismo legato al genere per non problematizzare le condizioni materiali, in cui ci si muove, cade sotto i colpi argomentati e logici della cultura classica, che non a caso, è attaccata su più fronti ed è ridotta a semplice presenza formale per inibirne la forza etica e critica. In Platone il tema dell’uguaglianza dei generi è trattato con una profondità da cui i contemporanei dovrebbero imparare. La natura dei generi è eguale, in quanto le chiomate ed i calvi appartengono al genere umano, e al di là delle differenze fisiche oggettive possono svolgere entrambi qualsiasi attività. La scelta di un ruolo non dipende dal genere, e non è il genere a determinare impossibili gerarchie genetiche a cui silenziosamente ci stiamo abituando, ma sono i singoli individui con la loro indole a determinare il loro valore ed il loro ruolo sociale:

“«è vero», disse, «questo punto non l’abbiamo indagato». «Pertanto», continuai, «possiamo domandare a noi stessi, a quanto pare, se la natura delle persone chiomate e di quelle calve è uguale e non contraria; e una volta convenuto che è contraria, se i calvi fanno i calzolai, possiamo vietarlo ai chiomati, se invece lo fanno i chiomati, possiamo vietarlo ai calvi». «Ma sarebbe ridicolo!», esclamò. «E per quale motivo», replicai, «se non perché allora non abbiamo definito con precisione la natura uguale e la natura contraria, ma abbiamo solo badato a quella specie di diversità e di somiglianza che ha attinenza con le occupazioni stesse? Ad esempio, abbiamo detto che due medici hanno la stessa natura; (5) non credi?» «Sì , certo». «E invece la natura di un medico e di un falegname è diversa?» «In tutto e per tutto». «Se dunque», proseguii, «il sesso maschile e quello femminile risulteranno differenti in rapporto a una determinata arte o a un’altra occupazione, diremo che l’assegnazione dei rispettivi compiti va fatta con questo criterio; se invece risulteranno differenti solo per il fatto che il sesso femminile partorisce e quello maschile feconda, diremo che per quanto concerne la nostra questione non è ancora stato dimostrato che la donna differisce dall’uomo, ma resteremo dell’idea che i nostri guardiani e le loro donne debbano svolgere le stesse mansioni». «E con ragione!», esclamò. «E in secondo luogo non dobbiamo invitare chi sostiene il contrario a farci sapere in quale arte o in quale occupazione, tra quelle che concernono l’organizzazione della città, la natura della donna e dell’uomo non è la stessa, ma è diversa?» «Giusto». «Forse, come dicevi poco fa, anche qualcun altro potrebbe asserire che sul momento non è facile dare una risposta soddisfacente, ma a un attento esame la cosa risulta tutt’altro che difficile». «Sì , potrebbe dirlo». «Vuoi dunque che preghiamo l’autore di queste obiezioni di seguirci, nel caso riuscissimo a dimostrargli che nel governo della città non esiste alcuna occupazione propria della donna?» «Certamente». «Su, rispondi!, gli diremo: non affermavi che l’uno è portato per natura a una cosa, l’altro no, nel senso l’uno impara con facilità, l’altro con difficoltà? E l’uno, dopo un breve apprendimento, scopre da solo molte più nozioni di quelle che ha imparato, l’altro, pur dopo molto studio ed esercizio, non ritiene nemmeno quello che ha imparato? Inoltre il corpo dell’uno è un buon servitore dello spirito, quello nell’altro gli si oppone? Ci sono forse criteri diversi da questi, con i quali definisci chi è portato per natura a ogni singola cosa e chi no?» «Nessuno potrà citarne altri», rispose. «Bene, conosci qualche attività umana in cui il sesso maschile non è superiore a quello femminile in tutto questo? Dobbiamo dilungarci a parlare della tessitura e della preparazione di focacce e dolci, in cui sembra che il sesso femminile valga qualcosa, e in cui sarebbe sommamente ridicolo che venisse sconfitto?» «Hai ragione», rispose, «ad affermare che il sesso femminile è di gran lunga inferiore all’altro quasi in tutto. Certo, molte donne sono migliori di molti uomini sotto molti aspetti, ma nel complesso è come dici tu». «Pertanto, caro amico, nel governo della città non c’è alcuna occupazione propria della donna in quanto donna, né dell’uomo in quanto uomo, ma le inclinazioni sono ugualmente ripartite in entrambi, e per sua natura la donna partecipa di tutte le attività, così come l’uomo, pur essendo più debole dell’uomo in ognuna di esse». «Senza dubbio». «E allora assegneremo tutti i compiti agli uomini, e alle donne niente?» «E perché mai?» «Invece, credo, diremo che esistono donne portate per la medicina e altre no, donne inclini per natura alla musica e altre no». «Certo». «E non esistono donne portate per la ginnastica o per la guerra, e altre che sono imbelli e non amano la ginnastica?» «Credo di sì ». «E non ci sono donne che amano la sapienza e altre che la odiano? Donne coraggiose e donne vili?» «Anche questo». «Quindi ci sono anche donne guardiane e altre no. Non abbiamo scelto con questo criterio anche la natura dei guardiani maschi?» «Proprio così »[1]

                                   

Il testo svela il mito del progresso della contemporaneità che riduce ogni realtà a sola quantità senza pensiero e concetto. Solo in un contesto di tal genere è possibile far riemergere lo spettro del giudizio su persone e circostanze filtrato attraverso l’appartenenza al genere ignorando la complessità vissuta di ciascuno e negando la sua specificità in nome di affermazioni ideologiche.

 

Educazione

L’educazione è fondamentale per trarre da ciascuno le sue potenzialità, non a caso una comunità felice è tale se ciascuna persona, a prescindere dal genere e si potrebbe aggiungere dalla condizione sociale, riceve un’educazione finalizzata a sviluppare le sue potenzialità. Non a caso Socrate invitava a conoscere se stessi (eγνῶθι σαυτόν), infatti la parola felicità “eudemonia[1]”, in greco, indica l’ascolto della propria indole. Nulla è giudicato con maggior disprezzo nei nostri giorni che l’ascolto della propria indole, deve parlare il capitale con il suo clero orante, le loro parole sono i dogmi senza i quali nulla è possibile. Le parole di Platone, invece, aprono una breccia negli stereotipi del politicamente corretto:

“«Dunque nella difesa della città la natura della donna e dell’uomo è la stessa, solo che una è più debole, l’altra è più Platone La Repubblica 61 forte». «Pare di sì ». «Bisogna quindi scegliere donne fornite di tali qualità perché abitino con uomini tali e li affianchino nella funzione di guardiani, dato che sono all’altezza di questo compito e hanno una natura affine alla loro». «Certamente». «E alle nature uguali non bisogna assegnare mansioni uguali?» «Sì , uguali». «Dopo tutto questo giro torniamo dunque al punto di partenza e conveniamo che non è contro natura assegnare alle donne dei guardiani la musica e la ginnastica». «Senza dubbio». «Allora le leggi che abbiamo fissato non sono impossibili da realizzare né simili a pii desideri, se davvero la nostra legislazione è conforme alla natura; piuttosto vanno contro natura, a quanto pare, le disposizioni vigenti contrarie alle nostre!». «Pare». «Bene, non dovevamo esaminare se le nostre teorie erano realizzabili e ottime?» «Sì , dovevamo». «E siamo d’accordo sul fatto che siano realizzabili?» «Sì ». «E ora occorre metterci d’accordo sul fatto che siano ottime?» «è ovvio». «E per diventare guardiana una donna riceverà un’educazione uguale a quella impartita agli uomini, tanto più che la sua natura è identica?» «Si, uguale». «Qual è la tua opinione su questo punto?» «Quale punto?» «Supponi che esistano uomini migliori e uomini peggiori, o li ritieni tutti uguali?» «Nient’affatto! ». «Quindi, nella città da noi fondata, quali uomini pensi che siano riusciti migliori: i guardiani grazie all’educazione che abbiamo descritto, o i calzolai grazie all’istruzione ricevuta nella loro arte?» «Fai una domanda ridicola!», rispose. «Capisco», dissi. «Ma tra gli altri cittadini essi non sono i migliori?» «Certamente». «E queste donne non saranno le migliori tra tutte le donne?» «è sicuro anche questo». «Esiste un bene più grande per la città che l’avere le donne e gli uomini migliori in assoluto?» «Non esiste». «E questo risultato sarà prodotto grazie all’apporto della musica e della ginnastica, nel modo che abbiamo descritto?» «Come no?» «Quindi abbiamo stabilito una legislazione non solo realizzabile, ma anche ottima per la città[2]”.

Rileggere i classici è un’esperienza di libertà che consente di visualizzare la barbarie dei nostri giorni, la quale non è fuori dai nostri confini, ma è all’interno di un mondo che si proclama illuminato per non scorgere le ombre che si allungano su di esso.

 

[1] Platone, Repubblica, Ousia, pag. 60

[2] Eudemonia dal gr. εὐδαιμονία, der. di εὐδαίμων «felice», comp. di εὖ «bene1» e δαίμων «demone; sorte»

[3] Ibidem pp. 60 61

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