Divide et impera.

Dopo la guerra delle donne contro gli uomini, scatenata dal versante “sinistro” (in tutti i sensi…) del sistema e quella degli autoctoni contro gli immigrati, scatenata invece dal versante destro, un’altra guerra è stata fatta esplodere ad arte già da un bel po’ di tempo ma in questi tempi di covid è stata ulteriormente alimentata: quella dei lavoratori delle aziende private, delle partite IVA, degli artigiani, dei commercianti e dei lavoratori precari contro i dipendenti pubblici (insegnanti, infermieri, medici, impiegati, vigili del fuoco, agenti di polizia, netturbini ecc.), accusati di essere dei garantiti, dei privilegiati e dei fannulloni.

Anche quest’ultima guerra è stata scatenata dal versante destro (e ultra liberista) del sistema ma trova ovviamente appoggi in tanti settori del mondo economico (Confindustria in testa) e politico. Uno degli ultimi “alfieri mediatici” di questa crociata liberista è l’ex radicale e da tempo “forzista” Daniele Capezzone, un personaggio ridicolo sotto ogni profilo che imperversa sulle reti Mediaset che qualcuno ha deciso di ripescare dal nulla in cui era finito. Evidentemente da quelle parti sono a corto di personale…

La parola d’ordine di questi “soldati” del libero mercato (in primis la Lega) è ovviamente “meno stato e più mercato”. Naturalmente il leit motiv ideologico di questa (ridicola) battaglia è quello del “lavoro produttivo” contro il “lavoro improduttivo”. Come se la sanità, l’istruzione, i trasporti, la pubblica amministrazione, l’ordine pubblico fossero “lavoro improduttivo”.  Il dipendente pubblico, in quanto tale, è concepito da questi signori come un “fancazzista” e un assenteista per definizione.

E’ stupefacente. Ci troviamo in questa drammatica emergenza dovuta al covid proprio perché negli ultimi trent’anni la sanità pubblica è stata smantellata (con tutte le conseguenze sull’economia…) e questi invocano l’ulteriore riduzione dello stato.

Forse non sanno (in realtà lo sanno benissimo ma se ne fregano) che meno stato significa minori risorse alla sanità e alla ricerca, e quindi meno ospedali, macchinari, medici, infermieri e ricercatori, minori risorse alla scuola, all’università, e quindi meno insegnanti, meno scuole, meno formazione, e ancora, meno agenti di polizia, meno vigili del fuoco, e quindi minor sicurezza, meno lavoratori del settore edilizio pubblico, e quindi meno strade, meno infrastrutture, minori risorse per i trasporti pubblici (autobus, metropolitane), e via discorrendo.

Eppure proprio in questa fase di crisi covid i lavoratori pubblici (così come quelli privati di tanti settori…) sono stati fondamentali per mandare avanti la baracca. E proprio questa crisi drammatica che stiamo vivendo ci ha dimostrato che è il lavoro e non il profitto il fattore fondamentale su cui poggiano le basi di una società e di una convivenza civile. L’articolo 1 della Costituzione recita testualmente che “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. Sul lavoro, non sul capitale o sul mercato. Il linguaggio è come la matematica, le parole pesano come macigni e certamente gli estensori di quella Costituzione non hanno scritto casualmente quelle parole.

Eppure tanta gente, come al solito, casca nella trappola. E quindi ecco l’ennesima guerra fra poveri scatenata ad arte. Vogliono mettere lavoratori contro altri lavoratori e purtroppo ci riescono.

E i padroni del vapore se la godono, come sempre…

GUERRA TRA POVERI. INTERINALI CONTRO INFERMIERI IN ATTESA DI MOBILITA' -  CompartoSanita.it

Fonte foto: USB (da Google)

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