Assange libero, la Clinton in galera!

I ‘’democratici’’, ma soprattutto il clan Clinton, hanno perso la causa contro Julian Assange, assolto dall’accusa d’aver cospirato contro la ‘’sicurezza interna USA’’ e diffuso materiale dannoso per la campagna elettorale di Hillary Clinton nel 2016. Per il giudice Koeltl la pubblicazione di documenti veri è nel pubblico interesse quindi, anche nel caso fossero rubati, l’attività giornalistica è protetta dal Secondo Emendamento della Costituzione nord-americana e non può essere, in nessun modo, punita. La magistratura, lasciando di stucco il mondo dei ‘’politicamente corretti’’ sulla base degli elementi acquisiti, dovrebbe ingabbiare la signora Clinton gettando via la chiave.

La sentenza di questi giorni inchioda il clan Clinton dimostrando che:

  • Hillary Clinton non ha agito in modo neutrale durante la campagna elettorale del 2016: legandosi allo Stato profondo, s’è rivelata una emanazione della lobby israeliana. Adesso il grande pubblico, compresi i lettori di La Repubblica, ha gli elementi per capire il retroterra della liquidazione di Bernie Sanders, candidato debole con posizioni meno guerrafondaie.
  • Il processo ad Assange è un processo politico contro il giornalismo investigativo e, di riflesso, i movimenti antimperialisti dei paesi occidentali.

La giornalista, di La Repubblica, Stefania Maurizi sottolinea un aspetto importante della vicenda:

“E le email di Podesta rivelarono anche per la prima volta i discorsi a porte chiuse della Clinton ai giganti della finanza americana. Pochi mesi prima delle elezioni, il New York Times aveva chiesto invano a Hillary Clinton di rendere pubblici “i discorsi lautamente pagati tenuti di fronte alle grandi banche, che molti americani della classe media ancora incolpano per i loro problemi economici”.’’ 1

La Clinton rappresentava l’anello di congiuntura fra la fazione della finanza speculativa e quella militarista nella, eterogenea, oligarchia USA. Chi si nasconde dietro Hillary Clinton? Il sionismo guerrafondaio, l’estrema destra israeliana, le grandi banche d’affari e le multinazionali. Il sociologo James Petras ha inquadrato, con dati inoppugnabili, il blocco storico ‘’democratico’’:

‘’I pluto-sionisti e gli ideologhi dello “Israele prima di tutto” appoggiano la signora Clinton per ricompensarla delle intense attività dalla stessa svolta, in campo militare ed economico, a favore delle ambizioni di dominazione regionale di Tel Aviv. Il suo contributo al rafforzamento dello Stato ebraico va dalla promozione delle guerre di ampia portata che hanno distrutto l’Iraq, la Siria, la Libia e l’Afghanistan; alle sanzioni economiche e al blocco contro l’Iran (la signora ha minacciato di far sparire l’Iran nel 2007); alle sue ripetute dichiarazioni di sostegno incondizionato ad Israele in occasione delle sue iniziative distruttive per il popolo palestinese di Gaza, distruzioni che sono costate la vita a migliaia di civili e hanno privato di un tetto migliaia di altri. In una lettera al suo banchiere, Haim Saban, Hillary ha dichiarato: «Israele non ha dato una lezione abbastanza dura ad Hamas (il popolo di Gaza) l’anno scorso»’’ 2

 Partendo da questi presupposti è necessario ribadire due punti fermi:

  • La fazione ‘’cosmopolita’’ dell’imperialismo statunitense ha un piano, in politica estera, di gran lunga più aggressivo del neofascismo evangelico dell’Alt Right.
  • La liquidazione politica del clan Clinton, al di là della conflittualità inter-borghese, rappresenta un passo in avanti verso il momentaneo ‘’cessate il fuoco’’ promesso dalla borghesia (‘’intelligente’’) atlantica ai blocchi capitalisti emergenti, islamico ed euroasiatico. Per realizzare questa ‘’tregua’’ è necessario mettere in minoranza lo Stato profondo (USA, Ue ed Israele) ed i settori più cinici della finanza speculativa anglosassone, impresa realizzabile nel medio periodo.

Dall’altra parte, Trump si è rimangiato il 70% delle promesse elettorali riallineandosi ai neoconservatori. Cercherò di spiegarmi meglio citando la giornalista Diana Johnstone, analista antimperialista, che inizialmente appoggiò tatticamente il ‘’trumpismo’’.

‘’La prima cosa che ha fatto Trump è stata quella di rifiutare di portare avanti le indagini su Hillary Clinton, contraddicendo la sua replica durante un dibattito elettorale che lui l’ avrebbe mandata in galera. Alcuni dei suoi sostenitori lo criticano per essere troppo morbido con una donna che ritengono meriti ampiamente di essere perseguita. Dovrebbe essere chiaro che, come si suol dire, il suo abbaiare è peggio del suo morso. (Can che abbaia non morde, in italiano nel testo). Egli deve essere abbastanza pratico da rendersi conto che con tutti i nemici che ha, ha bisogno di essere prudente’’ 3

Trump non morderà mai i suoi simili, come disse il marxista italiano Amadeo Bordiga ‘’Big non mangia Big’’. Il neoconservatorismo statunitense è un fenomeno politico trasversale tipicamente statunitense, quindi va al di là di Trump, Clinton e dei rinnegati ex ‘’trotskisti’’ dell’amministrazione Bush. La politica USA non conosce trasparenza, perfino Kennedy si è sporcato le mani di sangue prima di mettersi contro il complesso militar-industriale pagando con la vita. Il clan Clinton politicamente è quasi finito (sottolineerei quel ‘’quasi’’), ma la fazione che per anni l’ha foraggiato rimane ai vertici della piramide capitalista. Il ‘’corporativismo trumpista’’, per lo Stato profondo, sarà sempre un ripiego e mai una soluzione definitiva.

https://www.repubblica.it/esteri/2019/07/31/news/stati_uniti_i_democratici_perdono_la_causa_contro_trump_e_wikileaks_per_le_email_rubate-232479862/

https://www.ossin.org/usa/1989-chi-si-nasconde-dietro-hillary-clinton

https://liberidiscrivere.com/2016/11/25/un-intervista-con-diana-johnstone-autrice-di-hillary-clinton-regina-del-caos-zambon-2016/

Immagine correlata

Fonto foto: l’antidiplomatico.it (da Google)

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.