La Jihad connection sbarca ad Istanbul

Le vittime innocenti dell’attentato di Istanbul non hanno suscitato nessun ‘’je suis’’ occidentale ma la complessità della vicenda, tutta interna al conflitto inter-capitalistico fra gli Usa ed il blocco capitalistico ‘’euroasiatico’’, mi obbliga a rimettere in discussione la tesi ufficiale corrente fra i media europei.

In primo luogo è corretto precisare che la Turchia e lo Stato ‘’per soli ebrei’’ sono, a livello militare e d’intelligence, in ottimi rapporti da diversi anni. Il deputato iraniano Alaeddin Boruyerdi, dichiarò, diversi mesi fa, che ‘’La continuación de las políticas de apoyo (de Turquía) a Israel siempre puede considerarse como una amenaza contra la seguridad de los países financiadores del terrorismo’’, come ebbi modo di segnalare in un mio, ormai non più recente, articolo 1 pubblicato sull’Interferenza.info. Ha confermato la mia analisi il giornalista Davide Rossi, studioso del mondo islamico, che ha il merito di prendere seriamente in esame la contraddittoria politica estera turca: ‘’La tesi secondo cui gli attentati siano una sorta di reazione alle nuove relazioni di Erdogan con Israele regge solo in parte in quanto, nonostante le scaramucce mediatiche, gli accordi fra Turchia e Israele non sono mai realmente entrati profondamente in crisi, diversamente da quanto invece avvenuto con la Russia e la Siria’’ 2.

Quindi ciò che disturba l’imperialismo nord-americano è il ripristino delle relazioni commerciali fra la Turchia ed il colosso russo, il tutto reso possibile dall’allontanamento di Davutoglu dall’esecutivo islamista. Ma chi è Davutoglu? Questi è la lunga mano di Gulen, uomo dell’FBI ed amico di Hillary Clinton, sull’esecutivo dell’AKP. Non per nulla Rossi cita Soner Polat – sempre dal suo articolo: ammiraglio in ritiro della marina turca, diplomato al collegio della NATO di Roma e attualmente dirigente dell’USMER, un centro di analisi geostrategica di Istanbul – il quale, dall’alto della sua esperienza, avverte che “attentati del genere possono avvenire solo con l’appoggio di uno Stato e di un servizio segreto”. Domanda: come mai l’intelligence turca – il MIT – non ha aumentato i controlli, quanto meno negli aeroporti subito dopo l’avvertimento del consolato statunitense di Istanbul che, il giorno prima della strage, aveva messo in guardia sulla concreta possibilità di attentati jihadisti? Siamo di fronte al fiasco dei ‘’servizi di sicurezza’’ (fra molte virgolette) turchi, oppure dobbiamo dare per certa la collusione di ampi settori del MIT con gli Usa e, con tutta probabilità, con Casa Saud?

Ecco ciò che non torna nella ricostruzione governativa della strage:

(a) Gli attentatori si presentavano in abiti invernali e con armi ben in vista. Gli agenti di sicurezza non possono non averli notati. Il giornale online Antidiplomatico osseva che: ‘’Così, come avvenuto per l’attentato a Bruxelles, più che la geometrica potenza dei carnefici, colpisce la totale vacuità degli apparati di sicurezza. Che rende facile come fare una scampagnata la realizzazione di una strage. E dire che sulla sicurezza si organizzano summit internazionali e altro’’ 3.

(b) Una delle pochissime cose certe di Daesh è che rivendica sempre le proprie stragi. Come mai, questa volta, non c’è stata nessuna rivendicazione? Il governo turco – o una parte di esso – voleva attribuire alle milizie curde il massacro, operazione di disinformazione fatta abilmente saltare dai media ‘’alternativi’’ russi? Proprio qualche giorno prima della tragedia, nel territorio turco si sono introdotti mercenari jihadisti asiatici 4. Come mai i media di Ankara non hanno reso nota questa interessante notizia?

I jihadisti, come è stato documentato, si addestrano e si armano in Turchia ma rispondono ad una centrale terroristica molto più attrezzata della marcia famiglia Erdogan: Casa Saud. I wahhabiti possono dare in noleggio all’AKP una parte di Daesh ma la titolarità dell’organizzazione resta di Riyad. Lo stesso vale per i mercenari asiatici. Domanda: i Saud, davanti al ripristino delle relazioni commerciali fra Ankara e Mosca, si sono ricordati che il ‘’neo-ottomanesimo’’ è un ostacolo geopolitico alla nascita del Califfato? In pochissime parole: il mandante della strage non sta nell’esecutivo islamista turco ma deve essere cercato nei palazzi reali sauditi, il tutto con il consenso statunitense (e di Gulen?). In questo modo – per far quadrare il cerchio – si spiegherebbe anche la volontà di scaricare la responsabilità di questo crimine sulle milizie curde alleate, da quasi un anno, di Mosca. Domanda: la sinistra siriana si è da poco dichiarata disposta a riallacciare le relazioni con la Turchia – usando come intermediario il ‘’post-maoista’’ Vatan Partisi – ma, nello stesso tempo, ha condannato il separatismo dell’YPG curdo. Questa strage, dato il contesto politico, non è un po’ ‘’troppo utile’’ ai soliti noti ambienti atlantici per essere congedata con qualche articolo di facciata?

Il fondamentalismo sunnita dei Fratelli Musulmani non è un blocco monolitico, come non è ‘’omogeneo’’ il wahhabismo. L’imperialismo statunitense, fino a questo momento, è riuscito a gestire la ‘’jihad connection’’ insanguinando, indirettamente, il Medio Oriente e spappolando gli Stati laici non allineati al proprio modello socio-economico. Cosa succederà quando l’‘’eterodirezione’’ verrà meno? Avremo un ricompattamento del fondamentalismo sunnita o nuove lotte interne fra i sostenitori del Califfato e gli apologeti dell’Impero ottomano? Una cosa è certa: i militarismi di Washington, Londra e Tel Aviv cercheranno d’imporre la volontà delle proprie multinazionali, mietendo nuove vittime fra l’indifferenza dell’ormai narcotizzata opinione pubblica.

1.

https://www.linterferenza.info/esteri/3388/

2.

http://www.sinistra.ch/?p=5116

3.

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=13941&pg=16353

4.

Gli autori della carneficina dell’aeroporto Atatürk sarebbero dei Turchi dell’Asia centrale… Accolti da ‪#‎Erdogan per condurre la jihad in Siria. Fonte viene dalla polizia turca sulla base della donna arrestata. Yavuz Batur (ucciso ieri) e migliaia di altri jihadisti turchi combattono in Siria con l’appoggio di #Erdogan
#‎Ataturk

Fonte: Bahar Kimyongur

 

 

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