La Turchia alla conquista del Mediterraneo e del Corno d’Africa

La Turchia, incuneandosi abilmente tra i vuoti della politica italiana ed europea, accoglie la richiesta di aiuto del maggiordomo dell’ONU, uomo di paglia Fayez Al-Sarraj e prende possesso dell’area tripolitana, dove porta, a far congrega provvisoria con bande di miliziani sponsorizzate dai Fratelli Mussulmani (invisi al sultano) al soldo del governo riconosciuto dalla comunità internazionale, le milizie di assassini che bene hanno operato in Siria, particolarmente nella provincia di Idlib, mentre non trascura il Corno d’Africa, dove, da alcuni anni, ha instaurato importanti relazioni diplomatiche e commerciali, aprendo basi militari in Somalia, oltre a quelle già create in Qatar, in Sudan, e ovviamente in Siria, ad evidenziare l’espansione imperiale “ottomana” verso occidente…

A dicembre Fayez Al-Sarraj aveva lanciato un grido disperato (inascoltato dal governo italiano che non riesce nell’impresa di avere una politica estera autonoma all’interno della gabbia NATO). Sarraj non avrebbe potuto resistere a lungo agli attacchi sempre più incalzanti del generale Khalifa Haftar.
Il sultano ha colto la palla al balzo. E’ andato in suo soccorso con migliaia di mercenari, con armamenti pesanti, con droni, con sistemi antimissili. Va rilevato che, dato che l’intervento turco è stato richiesto da uno “stato sovrano” risulta legittimo e non impugnabile per aggressione.

Ma per espandersi ad occidente ed avere il controllo delle coste orientali dell’Africa e dello stesso Corno si rende necessario il “possesso” delle acque dell’ex Mare nostrum.
Dunque un trattato di alleanza con Sarraj per la creazione di un’area adiacente le acque territoriali che, a partire dalla Libia, arrivi addirittura fino alle coste turche per la formazione di zone esclusive marittime (ZEE), ove Erdogan abbia diritti sulle risorse naturali, sull’installazione di strutture artificiali, sulla ricerca scientifica…
Un’operazione arbitraria che ha fatto andare su tutte le furie l’Egitto, la Grecia e Cipro che hanno visto offese le loro prerogative sul Mediterraneo orientale (in effetti anche il Bel Paese risulterebbe danneggiato, ma Conte e il suo evanescente governo hanno altro da pensare).

Il prepotente intervento della Turchia ha complicato ulteriormente la “questione libica” e ha favorito uno strano intreccio di alleanze, determinando una internazionalizzazione del conflitto ancora più ampia
Da una parte, dovrebbero essere schierati a fianco di Sarraj l’Italia, gli States, l’ONU, la UE(?) mentre con il governo di Tobruk, con il primo ministro Al-Thani e con il generale Haftar troviamo i Sauditi, gli Emirati Arabi, l’Egitto, la Francia. la Giordania, combattenti sudanesi e ciadiani…ma anche i Russi che, negli ultimi tempi, non solo hanno esportato militari di alto addestramento e di grande competenza, ma anche i micidiali Sukhoi 6, cacciabombardieri provenienti presumibilmente dalla base aerea siriana di Hmeymin, dove, secondo l’Intelligence yankee, sono stati ridipinti per mascherare la loro origine russa. Si ipotizza che proprio negli ultimi giorni di maggio possano arrivare in rinforzo all’esercito di Haftar da Teheran, via Damasco, milizie scite filo-iraniane ed Hezbollah…

L’intervento dell’aviazione russa preoccupa fortemente il Comando degli Stati Uniti in Africa (Africom) che vede nelle “maligne” operazioni dell’Orso russo il perseguimento di strategie miranti a peggiorare la situazione dei civili e a non migliorarle, come è di solito fare l’azione operativa degli States, come quando ha assassinato il dittatore Gheddafi e distrutto lo stato libico nel 2011, Strategie che il generale Jeff Harrigian ritiene di largo raggio interessando il lato sud dell’Europa(1).
In effetti, secondo un’emittente vicina all’ LNA di Haftar, “Libyan 24″, esisterebbe un patto tra Putin ed Erdogan per garantire alla Turchia la base aerea di Al-Watya che diventerebbe “una “base in comune con il Comando statunitense in Africa (Africom). In cambio, la Russia “otterrebbe la base aerea di Qardabiya a Sirte” e una base navale nel porto della città costiera libica, al fine di garantire a Mosca uno sbocco sul Mediterraneo centrale”(2).
Erdogan allunga le mani, giocando con spericolatezza tra le due superpotenze che frattanto occupano punti strategici, in una sorta di patto di non-aggressione che prefigura – a mio giudizio – assieme a tanti altri punti chiave molto caldi dello scacchiere europeo e mediorientale, l’escalation di una guerra ibrida che coinvolgerà anche la Cina e che sarà terrificante.

Quando nel maggio del 2019 il primo ministro dell’allora governo ad interim di Tobruk Abdullah Al-Thani venne intervistato da Vanessa Tommasini 3), sembrava allora che le questioni militari di Haftar, tra alti e bassi, andassero verso la conquista d Tripoli e che quindi l’unificazione della Libia fosse non più un’utopia ma un obiettivo realizzabile con tanto di elezioni universali. Al-Thani si dimostrò ottimista. Le elezioni si sarebbero finalmente fatte (candidato lo stesso figlio di Gheddafi).
Al Thani che asseriva davanti alla giornalista che il suo governo controllava l’80% della Libia, quindi non solo la Cirenaica ma anche il Fezzan, dove si era operato bene non solo diplomaticamente ma anche materialmente con la costruzione di strade, di ospedali, di scuole, con importanti interventi di liquidità.
Rimaneva Tripoli con le milizie in mano ai Fratelli Mussulmani, milizie che governavano di fatto la regione tripolitana e che rendevano succube Fayez Sarraj e il suo governicchio, milizie che, tra l’altro, governavano i campi di tortura dove stavano ammucchiati e affamati i migranti recuperati dalla guardia costiera finanziata dal governo italiano, avendo ovviamente ottimi rapporti di complicità con i trafficanti di bambini, di donne, di uomini…

Abdullah Thani non immaginava certo che il Sultano sarebbe sceso in campo – ridicolizzando con una mossa spericolata e umiliante l’Occidente – in soccorso del traballante governo di Tripoli e che le sorti del conflitto sarebbero cambiate radicalmente. Dopo tante vittorie e tanti passi in avanti verso Tripoli, Haftar non solo sarebbe stato fermato ma addirittura respinto indietro. E dopo la favorevole Conferenza di Berlino del gennaio del 2019, ora arrivano a maggio i fulmini della Procuratrice generale della corte penale internazionale dell’Aja Fatou Bensouda che possono incriminare il Generale per l’alto numero di vittime civili 4)
Haftar, che, in questa per lui durissima fase, viene aspramente criticato anche dalle forze gheddafiane ancora presenti e forti nella regione, con accuse di incompetenza sul campo e di tradimento a favore di agenti esterni.

Certo è che le milizie del GNA (governo di accordo nazionale) di Sarraj hanno occupato località precedentemente in mano al LNA (esercito nazionale libico) di Haftar e si sono impadronite dell’aeroporto di Al-Watya. La ritirata ha costretto le forze di Tobruk a minare il terreno abbandonato e a disporsi ben distanti da Tripoli con un riposizionamento tattico che gli ufficiali del LNA giudicano provvisorio.
L’unificazione del Paese, auspicato da Abdullah Thani, allo stato attuale, appare impraticabile. L’esercito turco con l’aiuto della sua aviazione, con i droni, con i cargo, con i sistemi antimissili, ha preso possesso, credo in modo duraturo, dell’area tripolitana e Fayez Al-Sarraj non può far altro che la comparsa di Erdogan.

Non ci sarà un’unica Libia, almeno per un tempo non breve. Sia Tripoli che Tobruk dovranno vedersela con grandi potenze che cercheranno di imporre i loro desiderata. Mi sembra comunque che Tobruk, che non dispone delle risorse energetiche di Tripoli, controllate appunto dalla banca di Tripoli, non potendo usufruire della stessa ricca dotazione di terminali, abbia acquisito uno spirito di indipendenza nazionale, un senso dello stato, una legittimazione militare, uno spirito di patria che la trascina fino al lontano Fezzan e che fa dell’area cirenaica- presumo- l’area principale di riferimento per la costruzione di una Libia libera, unita, indipendente.

Come la Libia di Mu’ammar Gheddafi, come la Libia della Gran Giamahiria Libica Popolare Socialista. Questa almeno è la speranza dei molti che credono a quel progetto che forse non è stato distrutto per sempre e che costituisce forse per la nuova Libia l’asse prospettico di partecipazione popolare da cui ripartire.
Una Libia quella che creava panico per l’imperialismo neoliberistico, in quanto quella Libia costituiva, con i suoi ideali, con i suoi capitali, con le sue risorse, l’area nevralgica da cui far rinascere tutto il Continente africano. Da qui l’ammirazione di Nelson Mandela per “il grande rivoluzionario africano”. Da qui l’odio pervicace dell’Impero e dei suoi più rapaci rappresentanti, da Hillary Clinton a Sarkozy e a Napolitano…espressione del più feroce colonialismo, continuatori di quell’ambizione di massacro che ha stravolto il Congo, l’Algeria, il Sudan…che ha assassinato Cabral, Lumumba, Sankara…

NOTE
1) Intopic 26/05/20)
2) Gianandrea Gaiani ” L’inarrestabile escalation…” AnalisiDifesa 22/05/20
3) Vanessa Tomassini ” Primo ministro Al-Thani…” speciale Libia.it 19/ “Guerra in Libia 2020…” 27/05/20
4) Lorenzo Bagnoli ” Guerra in Libia…” Osservatoriodiritti
27/05/2020

Nuovo allarme Libia | L'HuffPost

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