Perù: perde la dinastia nazista Fujimori (e la “sinistra” politicamente corretta)

Le elezioni peruviane sono state vinte dal candidato socialista Pedro Castillo, contro la dinastia nazista-evangelica dei Fujimori. Il maestro-sindacalista ha aderito al partito Perù Libre, in origine marxista ed ispirato al comunismo-comunitario indio di Josè Carlos Mariategui, ma al momento della vittoria elettorale slittato su posizioni riformiste e socialdemocratiche; lo stesso Castillo (in campagna elettorale, più volte, critico verso il Venezuela di Maduro) ha promesso di mantenere la stabilità finanziaria del paese.

Fedele all’etica comunitaria dei popoli indio, il partito Perù Libre ha stipulato una alleanza, più strategica che tattica, con la borghesia cattolico-popolare contro l’oligarchia nazi-evangelica ‘’vendi patria’’, ha rifiutato l’ideologia post-moderna dichiarandosi contrario all’aborto ed al femminismo imperiale; è bastato il rifiuto del post-modernismo e di una parte dell’ideologia politicamente corretta, per mandare in bestia la ‘’sinistra’’ zombie europea. La ‘’sinistra’’ femminista appoggerà il golpismo della neonazista dei Fujimori: donna, bianca e ben vestita.

Castillo, in passato, si è dichiarato comunista prendendo le distanze dalla guerriglia ‘’maoista’’ di Sendero Luminoso e ricollegandosi alla tradizione delle lotte ‘’campesine’’ guidate da Hugo Blanco (storico dirigente della Quarta Internazionale ‘’trotskista’’) ed al ‘’socialismo militare’’ di Velasco Alvarado. La stampa di destra e la sinistra liberale convergono vergognosamente nel ritenere che ‘’le proposte generali di Castillo e Perù Libero tengono importanti similitudini coi principi della dittatura militare nazionalista di sinistra di Juan Velasco Alvarado che governò il Perù fra il 1968 ed il 1975’’ 1. Il generale Alvarado era un soldato ed antimperialista eccezionale: facendosi promotore dello slogan ‘’né con il capitalismo, né con il comunismo’’ (un po’ come fece Khomeini) perseguì, di fatto, una politica terzomondista e di modernizzazione indipendente rispetto all’unilateralismo ‘’americano-sionista’’ ed all’egemonismo sovietico. Introdusse nelle scuole l’insegnamento bilingue dello spagnolo e delle lingue indigene (nel 1975, il quechua divenne lingua ufficiale accanto allo spagnolo), facendo ‘’carta straccia’’ dell’imperialismo linguistico anglo-statunitense. Destra golpista, ‘’sinistra’’ liberale e gli emuli di Pol Pot siuniscono contro il patriottismo che guarda alla costruzione di un mondo multipolare: auguriamoci che Castillo sappia raccogliere l’eredità di Alvarado.

La vittoria di Perù Libre è anche una vittoria dei contadini ‘’scollegati’’ ad internet, leggiamo dall’interessante inchiesta di due giornalisti investigativi, Lucas Malaspina e Marcos Doudtchitzky come la base sociale (‘’blocco storico’’, in termini marxisti) del ‘’castillismo’’ provenga dal proletariato minerario che simpatizzò per la guerriglia guevarista del MRTA (da non confondere con Sendero Luminoso):

” Per Giovanna Penhaflor, analista politica peruviana e direttrice di Imasen, il fenomeno di Pedro Castillo è associato al peculiare catalizzatore politico del sud peruviano: “È necessario sottolineare che il sud si è manifestato in modo diverso dal resto del Paese in ogni processo elettorale (…) È come una forza che mette in discussione l’ establishment o ciò che è considerato status quo. In altre occasioni, ciò favorì [gli ex presidenti] Toledo e Humala; oggi è Castillo. È necessario ricordare che il terrorismo si è ebbe con maggiore forza nel sud e che lì vi sono grandi miniere, una delle fonti di maggiore generazione di ricchezza del Perù. Dove è presente una grande miniera, Castillo aveva il voto più ampio. Al sud è evidente l’incapacità dei governi di integrare l’attività, tranne che ad Arequipa, che in qualche modo s’inserisce nello sviluppo con la questione estrattiva. L’analisi del fenomeno politico prodotto in quella regione del Paese, soprattutto quando non percepito dall’intelligentzia del Paese concentrata a Lima, si pone. Dato che il vantaggio di Keiko Fujimori è fondamentalmente a Lima e Castillo all’interno, sarà correlato alla minore connettività delle regioni in cui Castillo si è rafforzato? O semplicemente, come indicato in altri casi internazionali, ha a che fare col fatto che nelle reti ci nutriamo di bolle di utenti affini? Da un lato va segnalato che nella regione metropolitana di Lima, tra la popolazione dai 6 anni in su, oltre l’80% si connette a internet, mentre nel resto del Paese questa percentuale supera appena il 40%. Di chi accede, è noto che il 90% lo fa tramite cellulare. D’altra parte, secondo uno studio IPSOS 2020 , “13,2 milioni di peruviani connessi sono utenti dei social network”. In questa massa, la penetrazione è guidata da Facebook col 94%, seguito da WhatsApp coll’86%, Instagram col 60%, Twitter col 29% e TikTok col 18%. […]’’ 2

Un leader indubbiamente popolare, per questo la destra ‘’radical chic’’ ed il mondo ‘’osceno’’ del femminismo aristocratico lo odiano tanto. Le fake news di Facebook e WhatsApp hanno regalato al Brasile il presidente Bolsonaro e l’oscurantismo della mafia nazista-evangelica; il progressismo non è progresso, cosa chiarita alla perfezione dalla letteratura sovietica incentrata sulla critica radicale al cosmopolitismo senza radici. La sconfitta di una candidata donna e fascista rappresenta una dura sconfitta per Washington e per il clan sionista di Kamala Harris, promotori della cyber-destabilizzazione degli stati sovrani.

Castillo cercherà timidamente di abbandonare la politica del ‘’gorillismo’’ contro Cuba e Venezuela, trovando in Messico, Bolivia ed Argentina possibili interlocutori privilegiati, nonostante ciò si è premurato di tranquillizzare la ‘’borghesia nazionale’’: ‘’non sono chavista’’. In Cile, il centro-sinistra (totalmente slegato dalla tradizione marxista) ha rigettato il pinochetismo politico senza intaccare (almeno per ora) il potere dello Stato profondo: è indubbiamente una buona notizia ma, come Guevara insegna, la lotta di classe non si fa (soltanto) per via elettorale.

La politica sudamericana è la politica del pendolo: alla restaurazione conservatrice consegue il rilancio del capitalismo estrattivista, una buona notizia nel breve periodo. Il guevarismo degli anni ’70 (ELN, MIR, MRTA e soprattutto PRT/ERP) è ancora lontano.

https://www.cadal.org/publicaciones/articulos/?id=13665

http://aurorasito.altervista.org/?p=17860

Con lo spoglio al 99%, Pedro Castillo si è dichiarato vincitore delle  elezioni presidenziali in Perù - Il Post

Fonte foto: Il Post (da Google)

 

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