L’harakiri di Giuseppe Conte

Non c’è dubbio che Elly Schlein abbia ottenuto il suo primo risultato politico: mettere nell’angolo Giuseppe Conte, per lo meno per il momento. Considerando che è stata eletta pochi giorni fa alla guida del PD, non è male.

Sia chiaro, Conte ci si è messo da solo con il suo tatticismo politicista e un po’ vetero democristiano. Ma quelli, i vecchi democristiani, se lo potevano permettere intanto perché avevano il potere nelle loro mani e poi perchè erano abilissimi nell’arte della mediazione, del compromesso e degli intrighi di palazzo. Ma i tempi sono cambiati e forse Conte non se ne è reso conto.

Aveva tutto sommato incassato un buon risultato alle scorse politiche puntando i piedi sul reddito di cittadinanza e facendo capire, relativamente alla guerra in corso, che non era entusiasta della totale subalternità del paese nei confronti della NATO. Successivamente però, invece di premere sull’acceleratore in tal senso, ha preferito cincischiare arrivando addirittura ad allearsi con il PD alle regionali in Lombardia. Un errore macroscopico figlio di quelle anacronistiche logiche tatticiste e politiciste di cui sopra.

Pochi giorni fa Travaglio, nel salotto della Gruber, ha detto che ora con la Schlein si creeranno per il leader pentastellato le condizioni  migliori per riaprire un rapporto con il PD. Ma non credo proprio che gli abbia fatto un favore esprimendosi in tal senso. Al contrario – non so se consapevolmente o meno (ma non mi pare Travaglio il tipo che non sa quello che dice…) – gli ha tirato uno sgambetto.

Infatti, per come la vedo io, l’unica possibilità per il M5S di tornare a giocare un ruolo importante nello scenario politico era e resta tuttora quello di operare una cesura netta sia con la destra che con la “sinistra” e in particolare con il PD. La coppia Casaleggio-Grillo aveva avuto questa intuizione ma gli aveva dato un taglio qualunquistico e apolitico; quell’andare oltre la destra e la sinistra dichiarando superate le ideologie, tesi già priva di ogni consistenza, si è rivelata alla lunga un fallimento, né poteva andare diversamente.

Conte ha avuto il merito, sia pure per un breve periodo, di fuoriuscire da quella logica qualunquistica e di fare del M5S una sorta di partito di opposizione sociale, sia pure timida e contraddittoria. Ma non appena incassato il risultato delle urne ha iniziato a traccheggiare, e ormai non è più tempo di traccheggio. Non solo. Non ha preso in considerazione la possibilità che Schlein potesse prevalere su Bonaccini e questo lo ha trovato del tutto impreparato. Non ha neanche calcolato che una parte del suo elettorato del centro-nord (non quello del sud), quello di provenienza “girotondina” per capirci, si recasse ai gazebo del PD per votare la Schlein, la quale gli ha già rubato la scena giocando la carta di colei che riporterà al centro della sua azione politica i diritti sociali contestualmente a quelli civili. E’ una balla, naturalmente, ma è la sola carta che può giocarsi in questa fase, perché è perfettamente consapevole che quello è il punto di maggiore fragilità e criticità del suo partito e non basterà certo suonare la grancassa del femminismo e/o della fluidità di genere per recuperare consensi. Ha alle spalle una larga parte del carrozzone mediatico e anche una buona dose di “ambienti che contano” ma è stata abile (anche e soprattutto grazie all’appoggio dei media) a recitare la parte dell’outsider. Anche quei giornalisti che subito dopo la sua elezione dalle pagine di alcuni “giornaloni” l’hanno criticata sostenendo che sarebbe troppo radicale e troppo di sinistra (viene da ridere…), le hanno in realtà fatto un favore. Lo stesso che le ha fatto Giorgia Meloni telefonandole per congratularsi ma di fatto per consacrarla come sua legittima antagonista.  Un tacito gioco delle parti.

Assisteremo quindi ad una ulteriore radicalizzazione della falsa (perché continuerà ad essere falsa) dicotomia destra-“sinistra” che avverrà ovviamente sulle solite questioni ideologico-culturali che oppongono i due schieramenti che continueranno comunque a convergere sulle questioni strutturali, cioè economiche e di politica internazionale. La Schlein farà di tutto per bollare la Meloni come un reperto archeologico del più rigido conservatorismo di destra, ma non credo che quest’ultima cadrà nella trappola.

Conte paga i suoi errori, la sua incapacità o meglio non volontà di assumere una linea netta e l’assenza di una vera strategia. Se non cambierà radicalmente rotta rischia di sparire insieme al M5S. Ma ci vuole ben altro per riallacciare un rapporto con i ceti popolari e costruire una autentica forza Socialista in grado di costruire una alternativa politica e una reale opposizione sociale (e mettere fuori gioco il PD…). E credo che Conte non abbia né la capacità nè la volontà politica di fare questo lavoro.

P.S. sempre pronto e felice di ricredermi ma insomma….

Giuseppe Conte a Milano per sostenere Majorino: “Partita aperta,  un'occasione concreta per voltare pagina” - La Stampa

Fonte foto: La Stampa (da Google)

 

2 commenti per “L’harakiri di Giuseppe Conte

  1. Giuseppe Casamassima
    5 marzo 2023 at 12:20

    Siamo perfettamente d’accordo !

  2. Gian Marco Martignoni
    6 marzo 2023 at 22:22

    Conte ha giocato da par suo la partita del 25 settembre, favorito indubitabilmente dall’insipienza del Pd. Ma oggettivamente la personalizzazione della politica può funzionare solo in determinate contingenze.In assenza sia di un partito che di qualsiasi movimento sociale alla lunga questa personalizzazione si rivela pura apparenza senza sostanza. Ora la Schelein può giocare sul fattore novità, ma non essendo il prodotto di un movimento sociale, e perdurando la mina vagante del partito Pd, con i medesimi quadri e dirigenti, il rischio di una mancata inversione della linea di tendenza è, parliamoci chiaro, dietro l’angolo.Effettivamente l’unico che può pagare un prezzo alla Schlein è Giuseppe Conte, perchè gioca una partita , per le cose che ho detto, da solitario..

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