“Scontro di civiltà e fine della storia”. Conservatori contro Liberal

Per affrontare la questione del conflitto Ucraino – Russo bisogna andare indietro negli anni. La fine  della Guerra fredda , la vittoria degli USA e il crollo dell’URSS hanno aperto, negli anni 90, un dibattito culturale e politico che oggi ritorna di attualità. Possiamo riassumere quel dibattito avendo come coordinate  i seguenti saggi :  “La fine della storia e l’ultimo uomo” di F. Fukuyama,  “ Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale” di S. Huntington e “ La quarta Teoria Politica” di A. Dugin.  A differenza dei primi due, i quali risalgono il primo al 1992 e il secondo al 1996, il saggio di Dugin è del 2007. Pur essendo quest’ultimo relativamente recente richiama i primi due. Il contesto storico e politico nel quale vengono elaborate le teorie politiche dei tre autori racchiudono l’inizio di un quarto di secolo che con il conflitto ucraino – russo si è avviato alla fine. Fukuyama in più di una occasione ha avuto dei ripensamenti, su ciò che ha scritto nel saggio che lo ha reso noto, sostenendo di essere stato capito e interpretato in modo erroneo. Come vedremo da alcuni dei passaggi più significativi, ai fini dell’economia del mio ragionamento, quella di Fukuyama è per molti versi una filosofia “determinista” per cui la Storia a causa una serie di “meccanismi” tende ad un solo fine e cioè la realizzazione della Libertà da intendersi come trionfo del Liberalismo e del sistema Capitalista. Scrive Fukuyama ne “La fine della storia” << L’attuale crisi dell’autoritarismo non è cominciata né con la perestrojka di Gorbaciov né con la caduta del  muro di Berlino. Essa ha avuto inizio un decennio e mezzo prima con la caduta, nell’Europa del sud, di una serie di governi autoritari di destra. Nel 1974 in Portogallo le forze armate rovesciarono con un colpo di stato  il regime di Caetano. In quello stesso anno in Grecia vennero rovesciati i colonnelli che avevano governato il paese fin dal 1967, e ad essi successe il governo democratico di Karamanlis. E nel 1975, in Spagna , la morte del generale Francisco Franco aprì la strada ad un passaggio quanto mai pacifico alla democrazia, che venne instaurata nel paese due anni dopo. Inoltre in Turchia, a causa del terrorismo che stava inghiottendo la sua società, nel settembre 1980 presero il potere i militari, che tuttavia nel 1983 restituirono il paese al governo dei civili. Da allora  tutti questi paesi hanno tenuto elezioni, libere e pluripartitiche(…)>> Per Fukuyama nella stessa America Latina , a partire   dagli anni 80 con la fine delle dittature militare si avviò un processo di trasformazione in senso liberaldemocratico di quei Paesi partendo dal Perù, per  proseguire con l’Argentina, l’Uruguay, il Brasile per concludersi con il Paraguay di Stroessener e il Cile di Pinochet. Mi chiedo se Fukuyama quando scriveva quelle pagine fosse consapevole del fatto che le dittature militari dell’America Latina erano il prodotto di una precisa scelta politica degli USA passata alla storia come “Piano Condor”. In Cile , in Argentina, in Uruguay ecc. è noto che vi erano governi democraticamente eletti che vennero spodestati a seguito di golpe militari sostenuti dalla CIA. Per inciso il golpe in Cile, che spodestò il Presidente Allende democraticamente eletto, venne organizzato dalla CIA e sostenuto ideologicamente dal liberalismo teorizzato da von Hayeck memore degli insegnamenti di von Mises. Quest’ultimo privilegiando l’economia alla libertà politica era un sostenitore dell’anti democratico ed autoritario Seipel Cancelliere federale della Repubblica austriaca negli anni 20 e leader del partito Cristiano Sociale che annoverava tra le sue fila esponenti dichiaratamente razzisti . Mises pur non amando Mussolini e Hitler sosteneva che <<  Non si può negare che il fascismo e tutte le tendenze dittatoriali analoghe siano animati dalle migliori intenzioni, e che il loro intervento per il momento abbia salvato la civiltà europea. I meriti acquisiti dal fascismo con la sua azione rimarranno in eterno nella storia>>.[1] Anche per Fukuyama il dato economico è prevalente rispetto alle libertà politiche, infatti,   scrive << Negli anni ’50 , quando a presiedere la Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina fu l’economista argentino Raul Prebisch, era di moda attribuire il sottosviluppo – non solo dell’America Latina , ma del Terzo Mondo in genere – al sistema capitalistico. Si argomentava che i pionieri europei e nordamericani dello sviluppo capitalistico avevano strutturato l’economia mondiale a loro favore, condannando quelli che erano venuti dopo alla posizione subordinata di fornitori di materie prime. Agli inizi degli anni 90 questa concezione è cambiata completamente. Il presidente messicano Carlos Salinas de Gortari, il presidente argentino Carlos Menem e il presidente brasiliano Fernando Collor de Mello, una volta andati al potere, hanno cercato tutti di realizzare programmi di liberalizzazione economica, riconoscendo la necessità della concorrenza e dell’apertura all’economia mondiale. Il Cile ha cominciato a mettere in pratica i principi dell’economia liberale dall’inizio degli anni 80, sotto Pinochet, con il risultato che quando il paese è uscito dalla dittatura, sotto la leadership del presidente Patricio Alwyn, si è trovato con l’economia più prospera di tutta l’America Meridionale (…)>>[2]. Come è andata l’economia dei paesi sopra citati è cosa nota. Ritornando a ciò che sostiene Fukuyama  anche i cambiamenti avvenuti in Sud Africa con la fine dell’Apartheid, il disfacimento  del Comunismo in URSS a seguito della “perestrojka”[3] e nei paesi dell’ex Patto di Varsavia stanno ad indicare come il “mondo” si stesse muovendo in un’unica direzione e cioè l’ edificazione  della  liberal democrazia e del capitalismo. Da questa tendenza Fukuyama tiene fuori la Cina la quale pur se dopo la morte di Mao Tse – Tung aveva avviato un processo di trasformazione del sistema economico, sociale e politico gli avvenimenti del 1989, le manifestazioni di piazza Tienanmen represse con la forza dalle autorità cinesi, bloccarono il processo, per cosi dire “ automatico” verso l’edificazione della liberal democrazia ma non certamente del capitalismo a conferma di come Liberalismo, Democrazia e Capitalismo non sono strettamente legati come prova quanto evidenziato anche a proposito del Cile di Pinochet  .[4] Per Fukuyama l’idea di fondo che guida la Storia umana è la realizzazione della libertà umana a sostegno di tale tesi richiama Kant, il quale  << descrisse a grandi linee anche il meccanismo che spingeva l’umanità a quel più alto livello di razionalità che è rappresentata dalle istituzioni liberali. Questo meccanismo non era la ragione, ma il suo contrario: l’antagonismo egoistico prodotto da quella “asociale socialità” che porta gli uomini ad abbandonare la guerra di tutti contro tutti per unirsi in società civili, ed incoraggia quindi le arti e le scienze in modo che queste società possano rimanere competitive le une con le altre. E la fonte di quella creatività sociale che deve assicurare la realizzazione di “una vita idilliaca in un’Arcadia ancora de venire” andava ricercata proprio nella competitività e nella vanità dell’uomo, nel suo desiderio di dominare e di governare>> [5]. Il processo attraverso il quale si realizza la “liberazione umana” è quello che Hegel ha definito processo dialettico. La Storia umana è la continua distruzione di civiltà che vede il sorgere di nuove che conservano quegli elementi positivi che portano alla libertà dell’umanità. Facendo appello a Kant e ad Hegel , Fukuyama costruisce la sua filosofia della storia provando a dimostrare che a partire dagli anni 70 del 900 e soprattutto dopo la fine dell’URSS la “Storia è finita” nel senso che il mondo ha raggiunto lo scopo ultimo e cioè il trionfo della Liberaldemocrazia e del Capitalismo come unico spazio di convivenza tra individui i quali in libera competizione tra di loro, possono liberamente dar corso alle proprie aspirazioni. Il modello per eccellenza non può che essere la società americana, l’unica in grado di tenere insieme le istanze individuali legate al merito e il riconoscimento di queste istanze da parte degli altri. L’uguaglianza per Fukuyama è strettamente legata al riconoscimento della diversità. Scrive a tal proposito << Non deve sorprendere perciò che una democrazia liberale come gli Stati Uniti conceda ampio spazio a quanti desiderano essere riconosciuti migliori di altri. Lo sforzo della democrazia di bandire la megalotimia o di trasformarla in isotimia è stato a dir poco incompleto. E’ infatti abbastanza chiaro che se la salute e la stabilità di una democrazia hanno la possibilità di durare a lungo , è grazie alla qualità ed al numero degli sbocchi offerti alla megalotinia dei suoi cittadini (…)>>[6] Il primo e più importanti degli sbocchi è l’attività imprenditoriale, quindi l’economia di mercato e il sistema capitalista. L’abbattimento delle frontiere e la nascita della globalizzazione rappresentano lo spazio principale entro il quale l’individuo può realizzare se stesso, ricevendo il giusto riconoscimento da parte degli altri individui. Altra occasione è la politica democratica. Le competizioni elettorali sono lo strumento attraverso il quale ciascun individuo può esprimere la sua uguale diversità rispetto agli altri individui per vedersela riconosciuta. Le cause  che contribuiscono alla fine di una civiltà e al succedersi di un’altra che tende alla realizzazione della libertà umana sono molteplici. Tra queste sicuramente le innovazioni tecnologiche che trasformano la struttura sociale ed economica contribuendo alla crescita complessiva della ricchezza. Se Fukuyama, in modo forse “ingenuo” traccia la propria filosofia della storia sostenendo che la Storia e quindi l’uomo, da qui l’ultimo, è arrivato al capolinea di un processo iniziato con Hobbes e soprattutto con Locke per proseguire con Smith, Kant ed Hegel il quale ha avuto il merito di definire il processo dialettico attraverso il quale la Storia si è sviluppata di diverso avviso è Huntington. Come è noto Huntington è, con Crozier e Watanuki,  l’autore de “La crisi della Democrazia. Rapporto sulla governabilità delle democrazie alla Commissione trilaterale”[1] . Per comprendere il significato politico di quanto teorizzato da Huntington nel suo saggio è interessante leggere quanto scrive G. Kepel << E’ proprio attorno alla questione mediorientale che nei think – tanks (n.d.r. americani)  si cristallizza, a partire dal periodo che corrisponde al secondo mandato di Bill Clinton e in opposizione a quest’ultimo , la riflessione sui nuovi antagonismi dell’era post – sovietica, e si comincia a definire la linea di demarcazione tra le “nazioni civili e quelle “canaglia” Nel 1993, Samuel Huntington, professore a Harvard, pubblica nella rivista “ Foreign Affairs” il suo celebre articolo sullo “ scontro di civiltà”, suscitando appassionati dibattiti, e facendolo seguire da un libro con lo stesso titolo , divenuto un best – seller mondiale .(…) L’arrivo della teoria dello “scontro di civiltà è una questione di opportunità: esso si verifica nel momento adatto per permettere il trasferimento sul mondo musulmano dell’ostilità strategica ereditata dai decenni della guerra fredda, nel momento in cui l’arsenale accumulato contro la minaccia sovietica deve essere nuovamente dispiegato e ridefinito contro un nuovo nemico. L’analogia dei pericoli del comunismo e dell’islam dà agli strateghi di Wasghington l’illusione di poter fare a meno di analizzare la natura della minaccia islamista, e di poter trasporre gli strumenti concettuali destinati a comprendere l’uno sulle realtà sostanzialmente differenti dell’altro. La corrente neoconservatrice svolge un ruolo fondamentale nell’attuazione di questo scambio retorico e teorico: essa pone questa visione semplicistica dei fatti al servizio di una causa politica precisa, che mira contemporaneamente ad estendere il modello democratico nell’accezione americana al Medio Oriente , l’unica parte del mondo a non conoscere alcuna apertura significativa in questo ambito alla fine del ventesimo secolo, e a modificare  profondamente la politica degli Stati Uniti nella regione, dando la priorità alla sicurezza d’Israele a svantaggio dell’alleanza con la petromonarchia saudita(…)>>[2] Alla luce del conflitto ucraino – russo è possibile affermare che la vocazione religiosa di “esportare” la Liberaldemocrazia non è una prerogativa dei soli conservatori ma anche, forse soprattutto, dei progressisti americani. La teoria dello “scontro di civiltà” di Huntington si presenta come l’antitesi dialettica funzionale al superamento di quelle civiltà che in qualche modo si oppongono alla realizzazione del fine “messianico” della “Storia” teorizzato da Fukuyama. Di questo disegno gli Stati Uniti si sentono investiti in quanto eredi dell’ideale rappresentato dal “primo uomo” del quale parla Fukuyama nel suo saggio e cioè l’uomo Liberale e Capitalista che vede la luce con Hobbes ma soprattutto con Locke. Kepel dichiara che sua intenzione non è quella di approfondire la Teoria di Huntington ma quella di limitarsi ad evidenziare come essa venga percepita come un utile strumento teorico per riempire il vuoto lasciato dal crollo dell’URSS e quindi dalla lotta al Comunismo. Come proverò a dimostrare nel corso del ragionamento che siamo in presenza di un uso strumentale della teoria dello “Scontro di civiltà” da parte delle oligarchie americane, sia conservatrici che progressiste, finalizzate, quindi, all’individuazione di un nuovo nemico che a seconda dei casi è : l’Islam, la Cina oggi la Russia di Putin. A differenza di quanto sostiene Fukuyama, per il quale il mondo tende alla realizzazione della “libertà umana” secondo i canoni occidentali, nel suo saggio Huntington scrive << In sintesi , il mondo post – Guerra fredda è un mondo composto da sette o otto grandi civiltà. Le affinità e le differenze culturali determinano gli interessi , gli antagonismi e le associazioni tra stati. I paesi più importanti del mondo appartengono in grande prevalenza a civiltà diverse. I conflitti locali con maggiori probabilità di degenerare in guerre globali sono quelli tra gruppi e stati appartenenti a civiltà diverse. Il modello dominante di sviluppo politico ed economico varia da una civiltà all’altra. I principali nodi da sciogliere nel campo della politica internazionale riguardano le differenze tra le varie civiltà. Il potere sta passando dalle tradizionali civiltà occidentali alle civiltà non occidentali. Lo scenario politico mondiale è diventato multipolare e caratterizzato da più civiltà.[3]>> Huntington cita espressamente Fukuyama nel suo saggio. Scrive << Un modello estremamente diffuso era basato sul presupposto che la fine della Guerra fredda significasse la fine dei grandi conflitti internazionali e la nascita di un mondo relativamente armonioso. La formulazione più discussa di tale modello è la tesi della “fine della storia “ propugnata da Francis Fukuyama (…)>>[4] Il punto è che all’indomani della Guerra fredda iniziarono a verificarsi una serie di conflitti che nulla avevano a che fare con il conflitto ideologico rappresentato da Liberalismo contro il Comunismo. I nuovi conflitti come, ad esempio, quello che ha interessato la Jugoslavia riguarda modelli di civiltà alternativi tra di loro. E’ partendo dal superamento del conflitto ideologico che Huntington prende spunto per teorizzare il possibile, ma non obiettivo, “scontro tra civiltà”. Scrive Huntington <<La distribuzione delle culture nel mondo rispecchia la distribuzione del potere. Il commercio può seguire o meno la bandiera, ma la cultura segue quasi sempre il potere. Nel corso dell’intera storia umana l’espansione del potere di una civiltà si è di norma verificata parallelamente al fiorire della propria cultura e ha quasi sempre comportato il ricorso a quel potere per estendere i propri valori, costumi e istituzioni ad altre civiltà(…)>>[5]Nel corso della storia abbiamo visto come l’ascesa di una potenza ha sempre finito con l’imporre il modello culturale e quindi la propria ideologia ai Paesi e quindi alle culture e alle civiltà conquistate. Per capirlo è sufficiente riflettere su ciò che è successo con la conquista del Messico e del Perù da parte degli Spagnoli. Il processo di conquista di quei territori fu l’annientamento fisico delle popolazioni e delle civiltà conquistate.[6] Stessa cosa dicasi delle altre conquiste operate dalle potenze  Occidentali . La conquista del Congo da parte del Belgio è stato un vero e proprio genocidio. I conflitti che hanno interessato la Jugoslavia negli anni 90, le due Guerre del Golfo con tutte le conseguenze che queste ultime hanno avuto su quell’area geografica rientrano a pieno  in conflitti militari che come fine hanno avuto anche quello di annientare civiltà “altre” rispetto a quella Occidentale. A partire dall’800 l’Imperialismo occidentale ha giustificato l’espansione in nome della propria superiorità militare, economica e civile . A differenza di ciò che succedeva nell’”età degli Imperi” oggi l’egemonia imperiale occidentale, nello specifico americana, viene giustificata in nome del Capitalismo e del Liberalismo condito di Democrazia. In Iraq, massacrato e distrutto da due conflitti bellici, gli USA hanno imposto il proprio modello di civiltà causando sofferenze indicibili a un Paese portatore di una storia millenaria che aveva trovato nel “socialismo arabo” la via nazionale alla “modernizzazione”. L’elemento che differenzia la teoria politica di Huntington da quella di Fukuyama è nel diverso riconoscimento dell’altro. La filosofia della storia di Fukuyama interpreta l’intera Storia umana come il progressivo realizzarsi dell’idea di Libertà propria dell’Occidente, da specificare così come è stata elaborata nel mondo anglosassone ( Locke – Smith)  e dall’idealismo tedesco ( Kant ed Hegel) ( n.d.r. a parere di chi scrive Fukuyama confonde ad arte le due correnti di pensiero )  per poi essere reinterpretata dagli Stati Uniti come sistema ideologico a giustificazione della propria espansione imperiale legittimata come missione storica; dall’altra il realismo di Huntington il quale scrive<< Al livello generale, o macrolivello, la frattura principale è tra “ l’Occidente e gli altri”, con i conflitti più intensi destinati a scoppiare tra le società musulmane e asiatiche da un lato e quella Occidentale dall’altro. Gli scontri più pericolosi del futuro nasceranno probabilmente dall’interazione tra l’arroganza occidentale, l’intolleranza islamica e l’intraprendenza sinica. (…) Via via che il potere relativo delle altre civiltà viene ad aumentare , il fascino della cultura occidentale si appanna, e i popoli non occidentali sviluppano un sentimento sempre più forte di fiducia e attaccamento alle proprie culture autoctone. Dunque, il problema fondamentale nei rapporti tra l’Occidente e le altre  civiltà si può riassumere nella discrepanza esistente tra i tentativi dell’Occidente, e dell’America in particolare, di promuovere una cultura occidentale universale e la sua sempre minore capacità di realizzare questo obiettivo. Il crollo del comunismo ha cresciuto ulteriormente questa discrepanza, rinsaldando nell’Occidente la convinzione che la propria ideologia del liberismo democratico avesse trionfato a livello globale e fosse quindi universalmente valida. L’Occidente – in particolare l’America , che è sempre stata una nazione missionaria – ritiene che i popoli non occidentali debbano convertirsi ai valori occidentali della democrazia, del libero mercato , del governo costituzionale, dei diritti umani, dell’individualismo, dello stato di diritto, e inglobare tali valori nelle proprie istituzioni(…)>>[1]I Paesi che hanno conquistata la propria indipendenza politica, dopo decenni di colonialismo e dopo anni di “ disciplinamento “ ai valori occidentali  si sono rilevati per quelli che erano: strumenti posti a giustificazioni dell’egemonia e dell’imperialismo occidentale. Gli stessi USA che spingevano le potenze europee a concedere l’indipendenza alle proprie colonie non erano meno colonialisti ed imperialisti di Gran Bretagna e Francia. L’indipendenza politica per i Paese dell’Asia dell’Est si è tradotta in crescita economica. Il Giappone è stato preso come esempio da paesi come la Corea del Sud, Taiwan, Thainlandia, Indonesia, Malaysia. Dopo la morte di Mao Tse Tung  anche le classi dirigenti cinesi avviarono un processo di trasformazioni che hanno fatto della Cina il principale competitore mondiale degli USA. Tanto gli stati dell’Asia dell’Est quando il mondo arabo hanno interiorizzato il modello economico capitalista innestandolo nella tradizione e nella propria civiltà. A parte le critiche di Huntington alla filosofia della storia di Fukuyama sono gli eventi che si sono verificati a partire dagli anni 90 a smentirla categoricamente . La trasformazione in senso capitalista del mondo grazie alla Globalizzazione e all’abbattimento delle frontiere , cioè la trasformazione in un sistema “aperto” non ha modificato in senso liberale il mondo. Islam e Cina , per dirla con Huntington incarnando grandi tradizioni culturali molto diverse dai valori occidentali ritengono queste inferiori. In sostanza non è l’accettazione dell’economia di mercato e quindi il capitalismo a trasformare le società che hanno accettato questi modelli in Civiltà Occidentale. In sostanza ad alimentare, sul piano teorico, il conflitto tra civiltà non è il realismo di Huntington mala filosofia della storia di Fukuyama. I due autori hanno scritto, come dicevo i saggi, che li hanno resi famosi,  agli inizi degli anni 90, quando la vittoria degli Stati Uniti e il crollo dell’URSS lasciava intravedere il trionfo totale e assoluto della Civiltà occidentale, le cose sono andate in modo completamente diverso. Scrive sempre Huntington nel suo saggio<< Nell’emergente mondo di conflittualità etnica e di scontri tra civiltà, la fede occidentale nella validità universale della propria cultura ha tre difetti: è falsa; è immorale; è pericolosa. (…) >>[1]  Huntington avanza anche delle soluzioni a difesa della civiltà occidentale, soluzioni che non prescindono dal riconoscimento delle altre civiltà. L’Occidente dovrebbe ripiegarsi su stesso perseguendo l’integrazione con l’Unione Europea incorporando in essa e nella NATO i paesi dell’ex blocco Sovietico fermandosi ai confini della civiltà slavo – ortodossa che dovrebbe essere lasciata alla Russia come potenza regionale con interessi legittimi alla sicurezza dei propri confini meridionali. Il saggio è ricco di cartine geografiche una di queste pone il confine tra la Civiltà slavo – ortodossa e l’Europa Occidentale lungo le frontiere della Bielorussia, l’Ucraina, la Romania e più in generale i Balcani. Nell’analisi che Huntington conduce rispetto al ruolo della Russia e ai rapporti di questa con l’Ucraina emerge in modo chiaro come l’Ucraina fosse di fatto diviso tra una parte occidentale ed una slava e russofona. Altra cosa rispetto a ciò che è successo, in particolare dal 2014 in poi, a seguito del colpo di stato di Piazza Maidan, quando la parte occidentale dell’Ucraina ha voluto imporre, con il sostegno degli USA, un modello che nulla ha a che vedere con la civiltà slavo – ortodossa che interessa la parte orientale del Paese. La domanda è quindi perché gli Stati Uniti hanno operato ispirandosi a Fukuyama ed usando in modo strumentale Huntington per proseguire la propria politica imperiale verso l’Europa dell’Est ridimensionando la Russia e soprattutto umiliandola? Citando sempre Huntington la risposta possibile è che << I fautori del monolitismo culturale a livello planetario vogliono rendere il mondo uguale all’America. I fautori del monolitismo culturale domestico vogliono rendere l’America uguale al mondo. Un’America multiculturale non esiste perché un’America non occidentale non sarebbe americana. Un mondo multiculturale è inevitabile perché l’impero planetario è qualcosa di inconcepibile. La preservazione degli Stati Uniti e dell’Occidente richiede una rinascita dell’identità occidentale. La sicurezza del mondo richiede l’accettazione del pluralismo culturale  su scala mondiale>>[2]. Una parte non indifferente del possibile conflitto tra civiltà è da attribuire alla Postmodernità. La destrutturazione delle ideologie e la riduzione delle relazioni tra individui e Stati alla logica liberalcapitalista è parte integrante della narrazione post modernista. La riflessione sulla relazione che intercorre tra “ Conservatorismo e postmodernità[3]” che fa Dugin è per molti versi la stessa di Huntington. Anche il secondo è fortemente critico verso la Postmodernità. Scrive Dugin <<(…) gli Stati Uniti d’America sono l’avanguardia della libertà e la locomotiva della transizione alla postmodernità.>>[4].   Continua Dugin << (…) l’unico polo del mondo unipolare sono gli Stati Uniti e l’Europa ( come organizzazione meramente geopolitica), cioè in particolare l’idea della massima libertà, e il movimento verso la realizzazione di questa libertà costituisce il significato stesso della storia dell’umanità, per come è percepita dagli occidentali europei. La civiltà dell’Europa occidentale è riuscita nell’impresa di costringere il resto dell’umanità in questa concezione del significato della storia.>>[5]. Al Postmodernismo americano Dugin contrappone la “conservazione” delle tradizioni e dell’identità della propria civiltà, è quindi il rifiuto dell’idea insita nell’idea di libertà del liberalismo che esclude la possibilità di dire no al liberalismo perché in contraddizione con il modello sociale, economico e politico liberalcapitalista. Huntington anticipa il “conservatorismo” di Dugin che per gli Stati Uniti è la conservazione dei propri valori , delle proprie tradizioni rifiutando di trasformare la società americana e più in generale l’occidente in qualcosa di diverso da ciò che storicamente è stato. Il potenziale scontro tra civiltà anche per Dugin non è  da attribuire al pluralismo di civiltà ma alla volontà occidentale, nello specifico americana, di voler imporre la propria weltanschauung liberalcapitalista al resto del mondo. Dugin riconosce nel Liberalismo la parte più raffinata, l’essenza stessa della civiltà occidentale. Ed è nella relazione con la postmodernità che si comprende meglio il ruolo che il Liberalismo riveste oggi nel mondo. Scrive Dugin << Dopo aver sconfitto i suoi rivali, il Liberalismo ha (re) imposto un monopolio nel pensiero ideologico: è divenuto l’unica ideologia, che non consente nemmeno l’esistenza di alcuna ideologia rivale. Si potrebbe dire che è passata da un programma a un sistema operativo comune.(…). Il contenuto del Liberalismo cambia, passando dal livello dell’espressione a quello del discorso. Il Liberalismo non è più liberalismo ma sottofondo, tacito accordo, consenso. Ciò corrisponde alla transizione dall’epoca della modernità a quella postmoderna. Nella postmodernità il liberalismo, mantenendo e perfino aumentando la sua influenza , sempre più raramente rappresenta una filosofia politica liberamente scelta e compresa, diviene inconscio, istintivo e non del tutto consapevole. (…) Dai principi classici del liberalismo, che sono diventati inconsci ( “ l’inconscio di riserva del mondo”, in analogia al dollaro come “valuta di riserva del mondo”), sono nate le pose grottesche della cultura postmoderna. ( n.d.r. la comicità di Zelensky, lo stile dei Maneskin, il ruolo  degli influenzer,  NETFLIX e i tanti canali Tv che danno una falsa rappresentazione della realtà, la cancel culture e il politicaly correct ). Questo è già un post-liberalismo sui generis, che segue la vittoria totale del liberalismo classico e lo conduce alle sue estreme conclusioni(…)>>[1] Agli gli orrori post – liberali, Dugin, ascrive: il post – individuo frutto di combinazioni di parti diverse ossia organi, cloni, fino ai cyborg e ai mutanti [2]; la proprietà privata idolatrata; il contrattualismo come fondamento di tutte le istituzioni; l’economia come destino. L’Ucraina come “il Bengodi europeo della maternità surrogata” è il prodotto del liberalismo: bambini nati da madri che avevano affittato il proprio utero rifiutati dai genitori committenti ne è l’esempio più eclatante.[3] Scrive sempre Dugin<< Attualmente, il mondo è unipolare, con l’Occidente globale come suo centro e gli Stati Uniti come nucleo interno. Questo genere di unipolarità ha caratteristiche specifiche geopolitiche e ideologiche. Dal punto di vista geopolitico, la caratteristica principale è il dominio strategico sulla Terra dell’iperpotenza americana e lo sforzo di Wasghington di organizzare l’equilibrio delle forze sul pianeta in modo da essere in grado di governare il mondo intero assecondando i propri interessi nazionali imperialistici. Ciò è un male perché depriva gli altri stati e le altre nazioni della loro sovranità(…)>>[4] anche questo passaggio è molto simile a quanto sosteneva Huntington. Ciò che ho provato a delineare, utilizzando, i saggi che hanno resi famosi Fukuyama, Huntington e Dugin, è utile per la comprensione del conflitto ucraino – russo, il ruolo del blocco atlantico rappresentato dal mondo anglo – americano e l’insipienza dell’Unione Europea.  I media di regime continuano a chiedersi quali sono gli obiettivi di Putin, per capirlo non ci vuole molto. L’obiettivo di Putin è il recupero del ruolo della Russia come paese guida della civiltà slavo – ortodossa. L’Ucraina è una nazione con due anime, negli ultimi otto anni ha prevalso quella occidentale, sostenuta dagli Stati Uniti, su quella orientale.  Dalla caduta dell’Urss, gli  Usa hanno esercitato non solo potere politico ed economico sulle ex Repubbliche che formavano l’ Urss ma anche un forte potere culturale. Il soft power del quale parlava J. Nye negli anni 90[5]. Putin come scrive Dugin non ha avuto grandi difficoltà nella sua ascesa politica. Al di là della narrazione falsata dei media ,Putin ha un notevole consenso tra le masse russe ragioni semplici: nel corso degli anni ha messo in campo politiche redistributive a favore delle masse popolari massacrate da politiche neoliberiste e nel contempo ha recuperato i valori della civiltà russa . Quando Putin venne eletto presidente la prima volta i dati sulla povertà in Russia erano impressionanti, già durante il suo primo mandato le condizioni erano mutate in positivo[6]. Putin ha anticipato le politiche economiche e finanziarie  che i governi degli Stati occidentali hanno messo in campo a partire dalla crisi degli hedge found e poi con la crisi dei “debiti sovrani”. I grandi complessi industriali – finanziari – minerari ecc. ecc. ” regalati ‘ ai suoi amici è una narrazione dei fatti falsa e tendenziosa. Le liberaldemocrazie occidentali, sempre di più liberaloligarchie hanno fatto, anche prima di Putin, la stessa cosa. Cosa sono state le privatizzazioni in Italia? Obama il primo provvedimento che varò da neo presidente fu il salvataggio del sistema bancario[7]. Nell’UK il Governo di Gordon Brown nazionalizzò le banche inglesi[8]. Per non parlare dell’ intervento del governo italiano a favore della Monte dei Paschi di Siena e di altre banche. Il Jobs act del governo Renzi, di fatto a favore della Fiat, che cosa è stato se non un aiuto ad una famiglia di oligarchi? La privatizzazione della sanità può essere considerata o no funzionale  gli interessi del gruppo De Benedetti e non solo ? Gli Usa dalla fine della guerra fredda perseguono l’ obiettivo di eliminare i modelli culturali altri dopo aver vinto la guerra sul piano militare ed economico. Le ragioni sono chiaramente strettamente economiche. Il Liberalcapitalismo Occidentale e americano considerano le altre civilità delle esternalità che impediscono il regolare funzionamento  del loro “mercato”.  Gli Usa hanno voluto e quindi costruito lo scontro di civiltà come la nuova weltanschauung funzionale a giustificare e legittimare il loro potere imperiale. La globalizzazione, summa dell’ ideologia americana, a distanza di tre decenni, ha prodotto la propria antitesi. Seguendo il ragionamento di Fukuyama l’ antitesi non porta alla sintesi rappresentata dall’egemonia della civiltà occidentale ossia al Liberalcapitalismo occidentale. La sintesi è la vittoria si del modello economico capitalista ma adattato e interpretato dalle specificità delle singole civiltà. La crescita di ricchezza ha messo nelle condizioni le altre civiltà di rifiutare il post moderno, il Liberalcapitalismo, l’ individualismo , i modelli MacDonald e Netflix. Il capitalismo ha vinto ma non nella sola versione occidentale. Il conflitto ucraino – russo ha messo a nudo il re. La Globalizzazione ha prodotto la sua antitesi che è in primo luogo di tipo culturale. Ed è tale perché gli Usa hanno condotto contro il resto del mondo una guerra di tipo anche culturale a sostegno del loro modello. Il sistema economico liberalcapitalista è un modello culturale e di valori che non ammette altri modelli e altre visioni del mondo. Il Liberalcapitalismo è una ideologia totalitaria. A distanza di anni si è verificata una scissione tra il modello economico capitalista e la cultura liberale interpretata dagli Usa. Se il conflitto non fosse anche di tipo culturale la Cina non sarebbe mai potuta diventare la grande potenza economica che è, la Russia non si sarebbe potuta rilanciare come potenza mondiale. Stesso ragionamento vale per la Turchia, l’Iran, i BRICS ecc. La Globalizzazione ha creato le condizioni per il suo stesso superamento. Cosa uscirà fuori da tutto questo? Le soluzioni possono essere più di una , spero che non sia quella nucleare. La reazione sul piano ideologico allo scontro di civiltà è la quarta teoria politica di Dugin. Lo scontro di civiltà di Huntington, ribadisco, teoria utilizzata in modo strumentale dalle oligarchie occidentali principalmente USA, è utile a giustificare il nazionalismo americano. La teoria del suo allievo Fukuyama è utile a giustificare la società aperta di Popper e Hayek come “destino ineluttabile dell’Umanità”, dove il capitalismo finanziario può scorazzare liberamente come “destino dell’Umanità”; di contro le “civiltà” non occidentali cresciute economicamente non sono disposte a rinunciare alla propria identità. La guerra ucraino – russa è anche “scontro di civiltà”: la civiltà occidentale, nello specifico anglo – americana contro la civiltà euro- asiatica che ha nella Russia il punto di forza. Il dramma è l’insipienza dell’Unione Europea e governi come quelli finlandese e svedese espressioni di quella sinistra postmoderna che da tempo ha rinunciato alla propria missione e cioè la lotta contro il Capitalismo secondo l’insegnamento di un grande leader Socialdemocratico come Olof Palme.

 

Bibliografia

  • Fukuyama. La fine della storia e l’ultimo uomo. La Democrazia liberale è il culmine dell’esperienza politica?. BUR 1992 pag. 35
  • Wasswerman I rivoluzionari marginalisti. Come gli economisti austriaci vinsero la battaglia delle idee. Ed. NeriPozza pag 169 – 2019
  • von Mises Liberalismo pref. di D. Antiseri Soveria Mannelli , Rubettino, 1997 pp. 82-88
  • Il Futuro della economia sovietica. Le vie della perestrojka. Ed Rizzoli 1989
  • Napoleoni Maonomics. L’amara medicina cinese contro gli scandali della nostra economia. Rizzoli 2010
  • Castronovi . Un passato che ritorna. L’Europa e la sfida dell’Asia. Editori Laterza
  • Cotesta Europa, America e Asia nell’interpretazione weberiana del capitalismo moderno: nuove critiche e prospettive analitiche. 1. Il ritorno della Cina sulla scena globale pp. 219 – 250
  • Samarini . La Cina del Novecento. Dalla fine dell’Impero a oggi. Giulio Einaudi 2004
  • Breslin – G. Gabusi . “ Whatever it takes”: la polititical economy del Partito comunista cinese. Orizzonte Cina I Volume 12 (2021) n. 1
  • Coase – Wang N. – Come la Cina è diventato un Paese Capitalista . IBL Libri 2014
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  • P.Huntington . Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale. Ed. Garzanti Elefanti 200 pag. 25
  • H. Prescott La conquista del Messico . Newton Compton  Editori  s.r.l. 1977
  • H. Prescot . La conquista del Perù. Newton Compton Editori s.r.l. 1992
  • L. Bacci. Conquista. La distruzione degli indios americani. Ed. il Mulino 2005
  • Dugin . La Quarta Teoria Politica. Ed. NovaEuropa 2017
  • J. Haraway. Manifesto cyborg. Ed. Feltrinelli 1995.
  • Lyotard. La condizione postmoderna ed. Feltrinelli 2002
  • it . La storia. Utero in affitto in Ucraina. Bridget e gli altri bimbi rifiutati. Di Antonella Mariani 23 agosto 2019.
  • S. Nye Jr. Smart Power. Ed. Laterza 2012
  • M. Nuti . La transizione nell’economia Russa. www.treccani.it/enciclopedia, Roma 2009
  • key4biz.it Nel 2021 il Pil della Russia è crescito del 4,7% I dati si riferiscono al 1993 – 2021 Fonte:Fmi, Istituto      Russo di Statistica
  • Comito – L’economia russa post – sovietica Sbilanciamoci 17 marzo 2022 Sezione: Economia e finanza.
  • Russia, sanzioni economiche e finanza privata: qualcosa va cambiato – 20 marzo 2022
  • Ciarrocca. I Padroni del Mondo. Ed. chiare lettere 2013 pp. 85 – 86
  • Verso la nazionalizzazione delle banche inglesi – il Sole 24 Ore del 12 ottobre 2008
  • Mossa choc di Londra: nazionalizzate 8 banche- il Giornale.it del 9 ottobre 2008

 

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