“Contromano” di F. Marchi: il ragno che strappa la tela da lui stesso tessuta

Ho iniziato la lettura di “CONTROMANO – Critica dell’ideologia politicamente corretta” di Fabrizio Marchi, perché Fabrizio lo conosco, anche se da poco, e mi ha colpito la sua verace apertura mentale e la gradevolezza che si accompagna al conversare con lui.

Trattasi di un libro consistente (e non solo per le pagine, quasi quattrocento) che si può leggere anche prendendo i capitoli a caso perché l’oggetto che ha di mira, il “politicamente corretto”, diviene (sicuramente per merito dell’autore perché la cosa sfugge ai più) un “intero connesso” man mano che si procede (ripeto: anche a caso) nella lettura.

La tentazione di rimandarla ad altri tempi, che spesso mi prende in questa fase della vita per molti libri, non mi è mai seriamente venuta; anche quando mi è apparso chiaro che è il libro di un uomo di chiara formazione marxista scritto innanzitutto per i marxisti (ma non solo, ovviamente…).

Anzi, devo confessare che la cosa, tra l’altro rara di questi tempi di hegeliana notte in cui tutte le vacche sono nere, è stato motivo di ulteriore stimolo alla lettura per me abituato (da spettatore più che altro) negli anni ’70 e ’80, sulle scalinate della mitica Facoltà di Lettere e Filosofia di Roma, alle interminabili dispute delle varie fazioni della allora cosiddetta sinistra extraparlamentare.

Anche la familiarità a motivo della mia adolescenziale passione per Hegel con il termine di contraddizione ricorrentissimo nel libro, ha giocato un ruolo importante nel rendermelo interessante. E devo dire che non mi è stato difficile procedere già quasi ad un terzo del libro ad una sorta di applicazione di quella che è una parola inseparabile, in Hegel, dall’aggettivo “dialettica” a quella dialettica dei Generi che l’autore considera un “copia-incolla” di quella hegelo-marxiana. Ma perché non è mai esistita nella storia umana “come tale”? (per restare nel linguaggio del filosofo tedesco) O perché le donne in Occidente hanno ormai vinto su tutta la linea? In questo caso non riesco a capire la “fiducia” dell’autore circa il fatto che “la più sofisticata delle ingegnerie sociali e antropologiche-genetiche creerà la sua contraddizione”.

Mi sono reso conto a questo punto che le mie resistenze adolescenziali alla tentazione di divenire marxista traevano la loro forza dal mio scetticismo sulla capacità della realtà storica di trarre in modo endogeno da sé la molla che fa scattare il processo dialettico.

Mi è sorto il dubbio che il “copia-incolla” che l’autore attribuisce ai ricorrenti “padroni del vapore” sia responsabilità sua, una sorta di esperimento mentale, magari non del tutto consapevole, che Marchi fa per meglio “vedere” operare nella realtà quello schema che è lui felicemente a creare e che in realtà “intriga” profondamente anche il sottoscritto, desideroso di non darla vinta al “Genere Unico” o al transgenderismo, che dir si voglia, e perciò auspicante un secondo tempo della partita.

Insomma mi domando, anche grazie ad altre felicissime consapevoli simulazioni mentali con cui il Marchi “gioca” con il lettore, se le famose contraddizioni non debbano essere (quasi come lo fa lo scienziato quando elabora un esperimento) ri-costruite in forma controllata da noi che il mondo lo vogliamo cambiare. Ma non è ciò che fanno gli uffici studi delle multinazionali, anche e soprattutto quelle della Silicon Valley?

Mi allontanai definitivamente dalla tentazione marxiana quando Lucio Colletti mi convinse che le opposizioni dialettiche non stanno nella realtà che è sempre “continua” ma nella mente; il passo successivo fu la convinzione che il “successo” dell’ateismo marxista fosse dovuto allo stesso motivo di fondo del “successo” del materialismo cristiano: voler tenere assieme l’impossibile, nel primo la Lotta di classe e nel secondo il dogma della Trinità.

Da questo punto di vista e, ripeto, da questo punto di vista che è mio e solo mio, parafrasando il Vangelo, se un movimento storico si vede dai suoi frutti, l’albero del Cristianesimo ha prodotto e continua a produrre dai suoi frutti, quello del marxismo sicuramente no, ma solo, nella sua versione cinese, gadget in abbondanza per il supermarket globale!

Sulla spinta di simili riflessioni sono saltato al fondamentale capitolo intitolato “Struttura e sovrastruttura”, dove ho potuto constatare (ma più o meno consapevolmente lo prevedevo) come l’ “albero Fabrizio Marchi” sia capace di dare buoni frutti: qui, con una chiarezza davvero encomiabile, con poche parole semplici e mirate, l’autore ci mostra tutta la inadeguatezza della Economia Politica Classica e delle sue grandezze, in primis il valore d’uso e il valore di scambio, per passare al concetto di utilità marginale, su cui anche Marx aveva elaborato parte delle sue teorie. Categorie ormai inservibili a descrivere quella che Fabrizio chiama la “psico-sfera” consumistica, dove non solo si attenua il rapporto tra forze produttive (struttura) e idee, mentalità, costumi, attitudini, comportamenti (sovrastruttura), ma a volte si rovescia per cui può succedere (secondo il divertente – ma non troppo – esperimento gioco del Marchi) che tutti, per effetto di un orchestrato bombardamento mediatico-pubblicitario, si mettano a cercare nei supermercati la pipì di gatto giapponese per i suoi benefici effetti sulla pelle…

In questo caso la sovrastruttura costringerebbe la struttura (i produttori di cosmetici) a orientare la produzione in un senso determinato. Qualcosa di simile avvenne in Italia  begli anni ’80 quando, per effetto di una trasmissione di successo di Renzo Arbore, molti italiani chiedevano nei negozi il “Cacao Meravigliao”, titolo della canzone di testa della popolare trasmissione.

A questo punto, tornato indietro, è diventata godibilissima la lettura delle pagine in cui Fabrizio si è confrontato con i mostri sacri (mi sia consentito l’aggettivo) della sinistra – sinistra degli anni ’70 e ’80, in particolare Tony Negri e Bifo (Franco Berardi), ora convertiti al globalismo contro le “tribali” vecchie concezioni dello Stato e della Nazione. Io in realtà riconosco ai due (che pure hanno delle diversità) una linea di coerenza simmetrica all’ indubbio convergere parallelo (di morotea memoria) che si intravede sempre più nelle elite occidentali e in quelle confuciane verso una conduzione “previdente” e oculata del pianeta. Dove gli stessi dogmi del liberismo concorrenziale perderanno di senso sostituiti da algoritmi che dovrebbero garantire a tutti la possibilità di partecipare sempre di più e meglio al banchetto consumistico. E’ qui il ragno che strappa la tela che lui stesso ha tessuto (mi perdoni l’autore l’ardita metafora):” La mia idea di superamento del capitalismo francamente è un’altra e non si limita a questa sorta di redistribuzione dei consumi ma ad una diversa concezione del vivere e dello stare al mondo, che non mi pare di scorgere nelle tesi post-operaiste. Anzi, quando li ascolto, devo essere onesto, provo un certo senso di tristezza”.

Coerentemente Marchi afferma che bisogna riconoscere il diritto ai popoli di uscire da organismi sovranazionali come la UE che palesemente ormai producono gabbie dorate fatte di libertà dal bisogno e schiavitù mentale.

Non mi ha affatto sorpreso, per concludere queste bevi note, l’elogio di Fabrizio della politica che stava portando avanti una cinquantina di anni fa l’allora presidente dell’ENI, Enrico Mattei, democristiano, cattolico, prima di essere assassinato dalle multinazionali del petrolio americane.

La lettura della seconda metà del tuo libro, è stata per me altrettanto interessante della prima. Ma, devo dire che contrariamente a ciò che mi aspettavo, mi ha generato una certa irritazione.

Non certo contro l’autore che continua ad essermi gradevolmente simpatico come la persona, ma contro l'”irritazione evidente dell’autore” nei confronti del “copia-incolla” operato dal movimento femminista della dialettica “hegelo-marxiana” (sostituzione dello scontro di classe con lo scontro tra i generi).

Ma se trattasi di un malriuscito fuorviante sbiadito copia-incolla perché accanirsi contro di esso al modo di un pugile che riempie di furiosi cazzotti il sacco con cui si allena?

Certo il” sacco” contenente la vulgata-popolarfemminista con annesso conto giornaliero delle donne uccise (femminicidio) + intoccabilità di Israele col corollario dell’Olocausto eletto a male assoluto (…ma cosa vuol dire male assoluto? Cosa differenzia il genocidio degli armeni, degli indiani del nord-america, degli aztechi, dei tibetani etc.. etc…dall’altrettanto tragico ed efferato genocidio degli ebrei?) è assolutamente indigesto anche a me, ma sappiamo bene dai tempi del fondamentale  “PSICOLOGIA delle Folle” del  1895 di Gustav Le Bon, come la  madre di tutte le  successive scoperte, dal  Vapore alla Energia Atomica,  quella energia costitutiva di quella che lui stesso definisce  “PSICOSFERA”, abbia bisogno di essere alimentata dai MITI  (bugie che divengono verità – secondo la nota espressione del nostro collega fallito professore di filosofia, Goebbels –  ove vengano scritte ad ogni angolo di strada….)

E i miti moderni, si sa, girano alla larga dal famoso quadrato logico di aristotelica memoria coi suoi tre principi cardine, ancor di più dei miti platonici!

Comunque, vivaddio, ci sono molti punti in cui la tua “irritazione” si dirada e guardi (qualche volta a tua insaputa, forse) oltre le maglie strette della rete che ti-ci imprigiona e in cui tu-noi nel tentativo di liberarci ci impigliamo sempre di più.  Novelli virtuosi – hegelianamente – in lotta con il CORSO del MONDO? (speriamo di no…….!)

Così, contro quanto affermato solo la pagina precedente dove scrivi:”il capovolgimento operato dal femminismo  è stato totale”, a pag.  278 serenamente affermi:” …Il terreno sul quale ci stiamo muovendo non è quello della logica e della dialettica. O meglio, lo è ai fini della comprensione delle cose e riguarda il lavoro che deve essere portato avanti, con gli uomini e con le donne, sapendo che il luogo di questo scontro è un altro ed è un luogo sconosciuto alla grande maggioranza degli uomini. Questo luogo è quello che abbiamo definito come “psicosfera”, quel luogo dove il logos, il principio di identità e non contraddizione, non è di casa”

Non c’è dubbio che questo luogo non appartenga al vecchio caro (soprattutto alla retorica forense e parlamentare) principio di non-contraddizione e non possa appartenere totalmente neppure alla da te definita dialettica hegelo-marxiana.

Sicuramente se il Paradiso non è caduto in terra, qualcun altro, più abile di noi, sulla testa ci ha fatto cadere l’OLIMPO, mettendo assieme la Téchne che i Greci maneggiavano con preoccupazione ed il DENARO che in origine sembra servisse a pagare soprattutto le prestazioni delle Prostitute del Tempio!

Quindi certo occorrerà rifrequentare i sentieri troppo frettolosamente abbandonati della Psicoanalisi, considerare come la cosiddetta “Liberazione sessuale” della donna occidentale si veda splendidamente anticipata nella “separatezza” di Diana Cacciatrice, nel diabolico lancio del “pomo” della Discordia, nella “condivisione” del bel Adone da parte di Afrodite a primavera-estate e Proserpina in autunno-inverno! E si potrebbe continuare…

Mi viene in mente che l’Italia è uno dei paesi europei col maggior numero di locali per i cosiddetti “scambisti” (lo  “scambio di coppia ” sarebbe praticato in Italia da quasi 2 milioni di persone,  fonte:  IL FATTO QUOTIDIANO  23- febbraio- 2016).

Liberatasi dalle precauzioni” umane” in cui era avvolta, la strana coppia TECNICA-CAPITALE – e qui, caro Fabrizio, come darti torto – dilaga impossessandosi come solo l’acqua può fare, di ogni anfratto, anche il più inaccessibile. Distrutto il vecchio ordine e le vecchie forme non può fare altro che risucchiare e drenare ciò che resta: atomi monadi zombies nei suoi “buchi neri”, dove va ad infrangersi quella speranza di liberazione che la società libera dal bisogno del pane postula.

E’ compito – tu lo scrivi – di uomini e donne assieme. Si tratta di cominciare ad arare il terreno come sempre tu stesso affermi. Non più fortunatamente, aggiungo io, schiavi della necessità, ma liberi di inventarci nuovi “umani più umani” bisogni!

In fondo, dagli alberi della savana siamo appena discesi! Forse abbiamo avuto fretta, fretta di “domare” il nostro istinto animale. Ora – per dirla con Nietzsche – si tratta di “affinarlo”, e chissà che allo scopo non dobbiamo invero rivalutare anche i lottatori di sumo e gli esperti di arti marziali da te evocati sul finire del tuo lavoro.

Con stima sincera

Pasqualino Del Grosso

9788898582686 marchi

 

 

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