La Francia sta divorando i suoi figli

Distrutta l’URSS, l’imperialismo USA si affidò ai neoconservatori i quali, attraverso Bush padre, teorizzarono, sotto il nome di Nuovo Ordine Mondiale, un inedito pan-imperialismo occidentale guidato dalla super-potenza statunitense. In questa prospettiva, l’alleanza fra Washington, Londra e Tel Aviv divenne strategica.

I neoconservatori misero a punto la globalizzazione del modello capitalista anglosassone; quindi la UE divenne una sorta di ala civile della NATO. I paesi europei, dopo aver visto la trasformazione dei Partiti comunisti in partiti sostanzialmente neoliberali, accusarono un altro colpo pesantissimo: la distruzione controllata dello Stato sociale. Secondo il piano ‘’yankee’’, fuori dal mondo globalizzato, tutti gli stati indipendenti vennero sottoposti alla formula del caos creativo e della guerra permanente: aggressioni neocoloniali, colpi di Stato e ‘’rivoluzioni colorate’’. Si concretizzò, dal 2001 al 2016, il piano di Samuel Hungtinton e David Horowitz: la guerra come condizione permanente.

Il popolo siriano, esterno al neoliberismo pan-planetario, ha respinto l’offensiva imperialista proveniente da più parti: USA, Israele, Gran Bretagna, Francia ed Arabia Saudita. Dice bene Thierry Meyssan: ‘’I siriani sono stati il primo popolo non globalizzato capace di sopravvivere e resistere alla distruzione dell’inframondo di Rumsfeld-Cebrowski’’ 1. La lotta contro l’oligarchia capitalista è ora arrivata anche in Europa. Continua il giornalista francese: ‘’I francesi sono il primo popolo globalizzato a ribellarsi alla distruzione dell’Occidente, sebbene non siano consapevoli di lottare contro il nemico comune all’intera umanità. Il presidente Emmanuel Macron non è uomo che possa affrontare la situazione, non perché porti la responsabilità di quanto fatto dal sistema precedente, ma perché è puro prodotto di questo stesso sistema. Alle sommosse in Francia, Macron ha saputo soltanto rispondere dichiarando che, secondo lui, il G20 di Buenos Aires era stato un successo (fatto non vero) e che avrebbe proseguito con più efficacia nella direzione (cattiva) dei predecessori’’. Macron, di fronte ad una mobilitazione popolare ed inter-classista, ha reagito come una sorta di satrapo islamista.

Qual è la natura sociale del movimento Gilet Gialli? Il Partito della Demondializzazione ( http://www.pardem.org/ un gruppo che si definisce “socialista patriottico”) ha pubblicato una analisi alquanto interessante. Leggiamo:

“I muti, i senza voce ora occupano il centro della scena e mandano in frantumi le fondamenta stesse della Quinta Repubblica. Chiedono con forza il ruolo dello stato. Vogliono democrazia e giustizia. Non credono più nell’alternanza o nei sindacati di sinistra/destra incapaci di porre rimedio alle cause profonde dell’impoverimento, della disoccupazione, delle delocalizzazioni, della deindustrializzazione. Fanno affidamento sui propri punti di forza e indipendenza. Si auto-organizzano. Si coordinano. Hanno ragione. E ora stanno facendo pressioni sui deputati dei loro collegi elettorali, sulle prefetture avanzando le loro richieste. E non sono le briciole lanciate da Macron come mangime per polli d’allevamento che li farà rientrare a casa!” 2

Prima di questa mobilitazione, i popoli hanno reagito attraverso quella che il sociologo Carlo Formenti ha definito la lotta di classe nella variante populista. Abbiamo avuto rivolte elettorali dei popoli contro le elite, un rifiuto del neoliberismo apparentemente aldilà delle categorie di destra e sinistra. La dicotomia destra/sinistra attualmente si trova in uno stato d’eclissi; non scompare, ma ritorna seguendo imprevedibili corsi e ricorsi storici. Riprendo l’articolo di Meyssan:

“Sembra anche che Russia e Cina, malgrado la rivalità storica, siano coscienti di non potersi alleare con gli Occidentali che, dal loro canto, insistono a volerle smembrare. Da questa consapevolezza nasce il progetto «Partenariato dell’Eurasia Allargata»: se il mondo deve scindersi in due parti, che ciascuno organizzi la propria. In concreto significa che Pechino rinuncia a metà della “via della seta” e, insieme a Mosca, la riorganizza facendola passare solo nell’Eurasia allargata’’

La lotta fra destra e sinistra risponde oggi ad inedite linee rosse. Fuori dall’occidente, la dicotomia è fra chi collabora con l’imperialismo americano-sionista (destra) e chi vi resiste (sinistra). La contrapposizione della sovversione wahabita all’Asse della resistenza sciita è una sorta di riproposizione, nel cuore del mondo musulmano, delle categorie europee nate con la Rivoluzione francese anche se i protagonisti di questa dialettica non ne sono consapevoli. La stessa inconsapevolezza ha portato la sinistra occidentale su un binario cieco.

In occidente, questa dialettica si traduce oggi nella dialettica fra chi è favorevole alla mondializzazione e chi vorrebbe un processo – graduale o rivoluzionario – di demondializzazione. La soluzione, d’altro canto (contrariamente a quello che pensa l’economista Alberto Bagnai), non può essere il populismo anti-elite  neo-conservatore del tutto prono alla lobby sionista e al nazionalismo territoriale israeliano. Donald Trump, Victor Orban e Matteo Salvini sono dei manutengoli di Tel Aviv con cui condividono l’antidemocratico disprezzo nei confronti delle minoranze. Una sorta di sionismo nazionalista all’occidentale, teorizzato dal neofascista nord-americano Steve Bannon. Citando Marx: dopo la tragedia viene la farsa. La sinistra nazionalpopolare si trova ad avere un duplice avversario: lasinistra” neoliberale e organica al sistema capitalista e la destra nazionalista (che negli USA si incarna nell’Alt Right). IL sistema capitalista (e imparialista) è abilissimo nel cambiare pelle; è un “animale” camaleontico e dai numerosi tentacoli.

Conclude il Partito della demondializzazione: ‘’Che i suscettibili, gli scettici, gli esperti della retorica, i rivoluzionari del verbo, i militanti della sinistra col pedigree, le ristrette direzioni sindacali aprano davvero gli occhi e le orecchie: è il popolo, tanto invocato negli appelli a scioperare, nel cui nome avete parlato, sul quale avete tanto dissertato, che è risorto, da solo’’; ‘’ Ora si deve scegliere: “Scegli il tuo campo, compagno”, si diceva anni addietro. Coloro che rimarranno ai bordi della strada, con lo sguardo di un entomologo sui Gilet gialli, avranno scelto il campo dei potenti, dei ricchi, degli sfruttatori, dei dominanti!’’. Un nuovo scontro politico sembra, dunque, che si stia profilando: quello fra la sinistra nazionalpopolare e la sinistra liberal e radical che del sistema capitalista è una delle gambe. Un formulario inedito recita: possiamo massacrare un popolo se abbiamo il movente del progresso. La Francia, in questi giorni, sta divorando i propri figli.

http://www.voltairenet.org/article204207.html

http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4475:cosa-vogliono-e-chi-sono-i-gilet-gialli&catid=125:francia

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Fonte foto: TPI (da Google)

 

2 commenti per “La Francia sta divorando i suoi figli

  1. Giovanni
    10 dicembre 2018 at 15:29

    Articolo interessante, ovvio che il campo in cui stare è quello in cui attualmente si trovano i “Gilet Gialli”, ma sempre cercando di fare l’analisi concreta della situazione concreta. Io mi sento sempre più pessimista ma provo fare delle mie riflessioni peregrine.

    In Francia (ma anche altrove, si pensi ad Italia e Grecia) è certamente presente un malcontento popolare diffuso ed una situazione molto tesa, tuttavia il movimento mi sembra troppo ben organizzato per essere solamente qualcosa di spontaneo. Accanto alla componente spontanea, che ribadisco certamente è presente, c’è anche altro? Io temo di sì.

    1) Oltre al malcontento di vari settori popolari vi è anche il malcontento di parte della classe dominante francese. In un primo tempo, appoggiata dal vecchio establishment USA, ha creduto di potersi infilare nel ruolo geopolitico dell’Italia in Libia lanciandosi nella guerra contro Gheddafi. Adesso con Trump sembra che le cose siano cambiate, le moine di Macron a Trump non stanno avendo il risultato sperato ed egli infatti perde membri del suo stesso governo da mesi. Un tentativo di Trump di far leva sulle contraddizioni italo-francesi per imporre la sua linea strategica in Europa? Non posso dirlo con certezza ma un pensierino su questo ce lo farei.

    2) Bannon sta girando l’Europa il lungo ed in largo cercando, insieme a Trump, di imporre una linea strategica diversa incentrata sull’idea dell’america first invece che sulla globalizzazione. Qualcosa starà facendo e del resto le manifestazioni di simpatia ai Gilet Gialli sia di Bannon che di Trump coi suoi apparentemente strani tweet non si sono fatte attendere. Mettiamoci anche la dichiarazione di Pompeo di voler restaurare il ruolo degli stati nazione nell’ordine liberale internazionale. Facciamo bene attenzione alle parole che non sono usate a caso: “restaurare” e “liberale”, non lasciano presagire nulla di buono. Le cosiddette rivoluzioni colorate le faceva il vecchio establishment, non ce ragione per non ipotizzare che anche il nuovo establishment Trump/Bannon non cerchi di usare la medesima tecnica di manipolazione delle sofferenze sociali realmente esistenti, per sfruttarle e poi gettarle via.

    3) Inutile dire che mentre in Francia il vecchio apparato è riuscito a resistere inventandosi Macron, in Italia i cosiddetti “populisti” sono riusciti a formare un governo, ed anche qui Bannon non ha certo nascosto la sua soddisfazione. Chissà che sottobanco non sia stata anche usata la minaccia di disordini simili ai Gilet Gialli qualora la manovra non fosse riuscita, questo non possiamo certo saperlo ma fare ipotesi è pur sempre legittimo. Osserviamo però che qui non c’è nessun bisogno di scatenare sommovimenti, hanno già il governo che desiderano. Infatti i giallo-verdi (soprattutto i verdi) gettano acqua sul fuoco, Salvini dichiara che “noi siamo qui per evitare che in Italia accada la stessa cosa” mentre cerca di moderare i toni pure sull’euro e l’UE resuscitando l’altreuropeismo, ma dubito che le sue intenzioni siano le stesse di quelle del predecessore Tsipras. Mentre Tsipras era vicino al vecchio establishment globalista Salvini è vicino al nuovo establishment pompeista restauratore e liberale. Sembra piuttosto voler portare avanti un superamento socialmente gattopardesco dell’attuale UE senza sommovimenti almeno in Italia, mutatis mutandis mi ricorda le intenzioni del vecchio manifesto europeo di solidarietà a suo tempo firmato da Bagnai e Borghi.

    Cosa implica tutto questo? C’è uno scontro fra old establishment e new establishent, ma tutto interno all’establishment, che dal centro dell’impero di Washington si sta riproducendo anche nelle nazioni europee. In Italia è già in vantaggio il “new” mentre in Francia resiste quello “old” ma in modo residuale. Gli ambienti trumpiani vogliono certamente abbattere questa europa ma per rifondarne una nuova ma sempre sotto la loro sfera di influenza, intende forse questo Salvini quando parla di riformare l’Europa? Io sospetto di sì, altro che Tsipras. In questa eventuale nuova Europa come si collocherà la Germania che da tempo cerca di allacciare rapporti energetici e politici con la Russia? Ma soprattutto, i Gilet Gialli che autonomia hanno rispetto a queste manovre? Cosa accadrà se e quando tali manovre avranno ottenuto in Francia il risultato che si prefiggono?

    Insomma secondo me l’attuale UE sta per essere davvero superata ma le vere esigenze popolari sono ancora fuori. Certo la fase multipolare sarà tutt’altro che stabile e prima o poi creerà i suoi anelli deboli ed anche le opportunità per inserirvi le rivendicazioni popolari autentiche. Teniamolo presente, stiamo certamente con i Gilet Gialli senza però lasciarci andare a facili ottimismi che sarebbero fuori luogo.

    • Giovanni
      11 dicembre 2018 at 22:08

      Ed il figuro ha pure dichiarato che gli Hezbollah sarebbero dei terroristi, non si può sentire. Sembra essere nient’altro che la pedina di Trump.

      A quanto ho scritto sopra aggiungo, ma in fondo era sottointeso, quale autonomia hanno i nostri sedicenti “populisti” rispetto a queste manovre atlantiche? L’impressione è che siano semplici pedine, spero però di sbagliarmi.

      Il problema purtroppo non è semplicemente degli occasionali figuri Salvinih o DiMaioh, ma tutta la classe dirigente italiana di cui costoro sono in fondo espressione. Classe dirigente che riesce solo a farsi pedina di manovre altrui pur di mantenere intatti certi propri privilegi riversandone il costo sulle classi subalterne.

      Ho sempre più l’impressione che stiamo passando dalla padella dell’unione Clintoneuropea che fu alla brace dell’unione Trumpeuropea che sarà, anche se in altra forma e magari con un altro nome.

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