La “destra trumpista”, i neoliberali e la Sinistra che non c’è (da ricostruire ex novo)

Ho letto questi due articoli degli amici Pierluigi Fagan https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/18624-pierluigi-fagan-noi-con-trump.html e Andrea Zhok https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/18625-andrea-zhok-cronache-dalla-falsa-opposizione.html che condivido entrambi pressochè in toto (la sola divergenza è rispetto alla posizione di Andrea Zhok sul femminismo nel senso che la mia critica va anche oltre quella alla cosiddetta “seconda ondata”, come è invece per lui, ma su questo rimando alla lettura dei tanti articoli che ho pubblicato e soprattutto del mio libro https://www.linterferenza.info/interferenza/contromano-critica-dellideologia-politicamente-corretta-2/  scusandomi per l’autocitazione).

La questione che sollevano (e che analizzano lucidamente) entrambi è la stessa, e cioè la crescita e l’affermazione nel mondo occidentale (americano ed europeo) di una “nuova” e aggressiva destra “trumpista” (ma non solo…) che si declina in forme politicamente in parte diverse in base ai diversi contesti e paesi ma culturalmente e ideologicamente affine.

Questa destra è la risposta reazionaria (a mio parere ampiamente prevedibile e per quanto mi riguarda – mi scuso per lo scatto di presunzione ma è un fatto – ampiamente e già da tempo prevista…) alle contraddizioni (e alla crisi) di un sistema capitalista che ormai da trent’anni, diciamo dalla caduta del muro di Berlino, ha scelto di declinarsi secondo i parametri dell’ideologia neoliberale e politicamente corretta. Ideologia alla quale ha formalmente e/o di fatto aderito TUTTA (con l’esclusione di piccolissimi e infinitesimali gruppi) la “sinistra”, sia essa liberal, radical o sedicente “antagonista” (una bella contraddizione, in quest’ultimo caso, per chi si spaccia come anticapitalista e antimperialista ma tant’è).

Questa “nuova destra”, in tutte le sue differenti articolazioni (in Italia parliamo della Lega, di Fratelli d’Italia e della neonata Italexit di Paragone), che si spaccia per “antisistema” è in realtà parte organica di esso. La sua critica si ferma agli aspetti “sovrastrutturali”, cioè “culturali” e ideologici”  offrendo risposte e soluzioni, appunto, reazionarie, all’ideologia neoliberale e politicamente corretta. Dal punto di vista “strutturale”, cioè economico (e ovviamente politico e geopolitico) le sue ricette sono sostanzialmente sempre le stesse. Riporto, in questo caso, uno stralcio dell’articolo di Zhok che mi pare sintetizzi al meglio ciò che io stesso sto dicendo:

Il contributo specifico dei movimenti reazionari nello sviluppo della ragione liberale è stato perciò quello di dare l’impressione di rimettere in discussione la tendenza storica, operando in modo “antiliberale” su temi circoscritti, prevalentemente di costume, senza una visione d’insieme e senza rimettere in discussione tratti economici e istituzionali di fondo. Così, ad esempio, le posizioni monarchiche, nazionaliste e antisemite dell’Action Française di Maurras nella Parigi fin de siècle rappresentarono con veemenza la reazione “antiliberale” del periodo, salvo però non mettere in discussione nulla della principale incarnazione istituzionale della ragione liberale, ovvero l’organizzazione economica capitalista. Quasi un secolo dopo il neoliberalismo di Ronald Reagan e Margaret Thatcher gesticoleranno anch’essi impetuosamente in direzione di valori e stili di vita “più tradizionali” o di “valori patriottici”, mentre simultaneamente apriranno la strada allo sventramento socioeconomico delle loro società. (…) L’effetto combinato di questa oscillazione storica tra progressismo liberale e reazione nominalmente antiliberale è di nuovo quello di stabilizzare ideologicamente la ragione liberale, rendendone le tendenze inemendabili. Si crea l’illusione di una “resistenza” ai processi dissolutivi, mentre si tratta in effetti di movimenti sterili, che non deviano di un grado la rotta dei processi liberali, fornendovi anzi copertura. I richiami religiosi, nazionali, comunitari, tradizionalisti, spirituali della “reazione” si appellano spesso a intuizioni profonde, ma nel momento in cui la forma della loro risposta è quella di proporre episodici ed estemporanei “passi indietro”, ciò non fa altro che neutralizzare il potenziale di cambiamento storico, indirizzandolo in un senso dove lo scacco è inevitabile.”

Stiamo parlando di una destra esplicitamente filo atlantica, filo USA e filo Trump in particolare e la sua posizione “sovranista” nei confronti dell’Unione Europea (è già una contraddizione in termini spacciare per sovranista una posizione che ribadisce la fedeltà assoluta all’Alleanza atlantica che nega, per definizione, ogni barlume di sovranità agli stati che ne fanno parte…) ha in realtà l’obiettivo di indebolire l’UE stessa per rimetterla sotto l’ombrello americano più di quanto già non sia (è bene ricordare, appunto, che tutta l’Europa, occidentale e orientale è occupata militarmente da decine, forse centinaia, di basi militari americane). E’ quindi una destra che si inserisce nella dialettica che attualmente “intercorre”, diciamo così, fra gli USA e l’UE (soprattutto la Germania e i suoi alleati), schierandosi con i primi, cioè con i padroni di sempre, per lo meno dalla fine della seconda guerra mondiale in poi.  La finalità è frustrare le velleità espansionistiche europee e in particolare della Germania (dal punto di vista economico e commerciale) chiudendo o limitando fortemente le relazioni commerciali con la Cina e con la Russia (gasdotti e Via della seta) per ribadire che l’Europa non può e non deve uscire, neanche e soprattutto dal punto di vista economico e commerciale, dall’orbita americana e anglosassone. Se questo significa essere sovranisti, io affermo con cognizione di causa che gli asini volano…

Naturalmente ha buon gioco nel fare ciò, perché specula abilmente sul disagio dei ceti popolari e piccolo borghesi europei impoveriti e impauriti dalla crisi economica, dalle politiche neoliberiste dell’UE e dall’incapacità delle elite dominanti europee di offrire una risposta adeguata a questa crisi complessiva. Questi ceti popolari, pur completamente sprovvisti di una vera coscienza di classe, hanno però da tempo cominciato ad annusare la truffa ideologica con la quale quelle stesse elite dominanti camuffano il loro dominio. Sto parlando – lo avete già capito – dell’ideologia cosiddetta “politicamente corretta” che a sua volta si compone di vari mattoni di cui ho già parlato tante e tante volte: femminismo, “cosmopolitismo” (che nulla ha a che vedere con l’internazionalismo proletario), diritti civili a senso unico, donne (come se queste fossero una sorta di categoria in sé e per sé…), lgbt, migranti, dismissione del conflitto di classe e dei diritti sociali ecc.”.

Altrettanto naturalmente, in totale assenza (che è diventata drammatica…) di autentiche forze di classe, popolari, socialiste, capaci di elaborare una critica adeguata e radicale all’attuale sistema dominante e alla sua ideologia (quindi, in primis, all’ideologia politicamente corretta e neoliberale) e costruire un blocco sociale in grado di sviluppare una egemonia politica, è evidente e direi inevitabile che quei ceti popolari cadano nelle braccia della neo destra né più e né meno di come un frutto cade a terra dall’albero quando è maturo.

Ora, due riflessioni, per non essere troppo prolissi. La prima, anche di carattere un po’ personale, e mi scuso per questo. Da parecchio tempo alcuni di noi, pochissimi, hanno elaborato, da un punto di vista socialista, marxista o neomarxista una critica all’ideologia politicamente corretta e neoliberale (di cui, voglio sottolinearlo ancora, è intrisa anche la sinistra cosiddetta e sedicente “antagonista”…) ma hanno ricevuto in risposta solo chiusure aprioristiche e atteggiamenti sprezzanti, quando andava bene, oppure insulti beceri quando andava male (il più delle volte…). Adesso questa “sinistra” (in tutte le sue varianti) piange lacrime di coccodrillo di fronte alla crescita della destra, ma è del tutto incapace di capirne le ragioni perché completamente autoreferenziale, e quindi men che meno capace della benchè minima autocritica.

La “rinascita” e la ricomparsa in forze sullo scenario politico europeo e occidentale della destra (che poi di veramente nuovo in fondo ha poco o nulla…) indubbiamente aggressiva e revanscista è, dunque, la risposta fisiologica alla ideologia e allo schieramento neoliberale di cui l’attuale “sinistra” è parte organica (i “sinistri antagonisti” non ne sono neanche consapevoli…). La destra, contro cui lo schieramento neoliberale chiama alle armi non è che l’altra faccia del sistema capitalista.  Lo schieramento neoliberale con “sinistra” inclusa, avrà ora a sua volta buon gioco nel chiamare a raccolta il suo elettorato contro l’avanzare della destra. E così il gioco delle parti (la lotta per la gestione del potere senza minimamente incrinarne le fondamenta…) continuerà. Non sono in grado di dire ora chi prevarrà, ad esempio, nelle prossime elezioni in USA. Quello che mi preme è spiegare quale sia la dialettica politica in corso.

A mio parere sarebbe un errore cadere nella trappola del “turarsi il naso” per l’ennesima volta e scegliere per il “meno peggio”, per la semplice ragione che lo schieramento neoliberale con “sinistra” inclusa non è la soluzione ma uno dei problemi. E’ la sua esistenza (e l’inesistenza di una forza autenticamente socialista) ad aver causato la crescita della “nuova” destra.

Io non credo che la “destra trumpista” possa ottenere la maggioranza dei consensi in Europa (più facile che li ottenga in paesi periferici o relativamente tali, e fra questi ormai c’è anche l’Italia, ma non in Germania e in Francia), e penso che non sia scontato che ciò avvenga neanche negli Stati Uniti.  Penso comunque che sarebbe in ogni caso un errore optare per “turarsi il naso e votare per il meno peggio” (cioè lo schieramento neoliberale), non solo per le ragioni finora spiegate ma perché questo non farebbe che confermare (facendo il gioco proprio della destra) che alla fine anche quelle residue forze di classe e socialiste finiscono per essere subalterne al fronte neoliberale. Una opzione che non potrebbe che indebolirci più di quanto già non lo siamo e che scaverebbe un fossato incolmabile con quei ceti popolari con i quali bisogna innanzitutto faticosamente riallacciare quel dialogo e quel filo che è stato spezzato ad arte, e in un secondo momento cercare di riconquistarli e ricollocarli in una logica di classe.

E’ evidente che abbiamo di fronte un lavoro che si dispiega sul lungo e lunghissimo periodo anche se – e l’obiezione è affatto peregrina – abbiamo delle impellenze immediate (perché la storia non aspetta certo noi e continua a marciare di suo) alle quali non siamo in grado di dare una risposta concreta. Tuttavia, e lo dico senza di certo rallegrarmene perché sono perfettamente consapevole della gravità della situazione (stretti come siamo fra queste due opzioni, entrambe “peggiori”…) non abbiamo alternative. Il nostro obiettivo strategico deve essere quello di lavorare per gettare le basi per la costruzione di quella nuova e moderna forza socialista e di classe di cui oggi purtroppo non v’è traccia, con tutte le devastanti conseguenze che abbiamo sotto gli occhi.

Paragone e Lega insieme: l'unica alternativa sovranista per salvare il  paese | Francesco Amodeo

Fonte foto: Radio Radio (da Google)

1 commento per “La “destra trumpista”, i neoliberali e la Sinistra che non c’è (da ricostruire ex novo)

  1. Gian Marco Martignoni
    6 Settembre 2020 at 21:34

    Mi trovo completamente d’accordo sul piano tendenziale, con questa specificazione : una forza anticapitalista, di classe e social-comunista.

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