La principessa sul pisello

Il periodo natalizio, con i suoi tempi dilatati, offre la possibilità di dare un’occhiata più accorta a ciò che in genere si osserva in maniera distratta. E’ il caso della trasmissione 4 Hotel. Un noto chef, categoria ormai assoldata dalla buona società per promuovere i principi costitutivi della vita dinamica del singolo che con creatività “dovrà farcela da solo”, viaggia per l’Italia per giudicare alcune strutture alberghiere. Il nostro eroe con fare smargiasso e beffardo si avvicina all’appuntamento della nuova avventura per testare i nervi delle prelibate cavie che compongono la sfida della puntata. Il meccanismo della trasmissione è ormai consolidato – nel caso specifico si riprende la via pedagogica tracciata dai talent o dai reality – ma presenta delle variazioni sul tema da incorniciare. In genere una pattuglia di questi nuovi aristocratici investiti nella carica dal cosiddetto merito formano un conclave per educare qualche aspirante nobile allo spietato sistema della concorrenza. Il premio è la notorietà momentanea, l’illusione di far parte del club, la pena per la sconfitta è l’oblio. Questa riproduzione è sintomatica di una precisa ideologia. I meritevoli si proteggono da soli, i deboli pagano proprie colpe. Al massimo si potranno affidare alla benevolenza del Re, ma lo stigma dovrà essere loro tatuato addosso. Nel caso dei 4 Hotel la manipolazione assume contorni ancor più classisti. In una dimensione nella quale il lusso rappresenta il grado di giudizio per certificare la dignità, a turno gli apprendisti sono chiamati a simulare il ruolo aristocratico al quale agognano. La loro ferocia si manifesta come quando si porge l’osso a bestie affamate. I loro giudizi sono fanciulleschi, istintivi. Applicano la legge del taglione. Così il vero nobile, lo chef, potrà far notare al popolo la loro inadeguatezza. Quel club è pressoché inaccessibile. Per amministrare la Giustizia occorre applicare sapienza. Solo il ricco può donare benevolenza.
Il nuovo aristocratico così avrà la possibilità di esercitare senza fronzoli il necessario sadismo educativo. Nelle vesti della Principessa sul pisello e dopo essersi accomodato nella suite imperiale, inventa giocose ispezioni per assecondare i propri capricci isterici. Controlla i materassi saltandoci sopra, simula infortuni per verificare la prontezza del personale, ordina friarielli alle sette del mattino. La giustificazione per un esercizio così smaccato dei propri privilegi è la ricerca del talento. Chi aspira all’eccellenza sarà costretto a far emergere quelle che vengono chiamate potenzialità future. Esse non sono costruite attraverso l’esperienza. Si delineano come peculiarità talmente impalpabili da poter essere utilizzate come alibi per l’esercizio dell’arbitrio. Per ovviare alla loro più che probabile condanna a morte è tutto un affannarsi nel mostrarsi accondiscendenti, socievoli, resilienti con sintomi di prostrazione nei confronti dell’autorità. Il valore dell’albergo è commisurato in relazione all’omaggio che il servizio ha reso al Principe. D’altronde per accedere alle reti di protezione della nobiltà occorre dotarsi di particolari tratti della personalità. Una sopportazione accomodante. La trasmissione impagina un galateo che potrà tornare comodo a chi nella vita di tutti i giorni aspira all’impiego.
Ma ciò che determina più raccapriccio è notare il modo in cui vengono considerati i lavoratori. Qui si prendono due strade. Nella prima i malcapitati sono esposti in una teca, silenti e ossequiosi, e vengono così assimilati ai nani che nelle fiere di inizio ‘900 si esibivano in spettacoli lillipuziani mentre i bimbi erano premiati con dello zucchero filato. Nella seconda si torna alla visione dei liberali anglosassoni in salsa ottocentesca quando i lavoratori erano dei servants, privati della dignità di pensiero. Macchine bipedi che legittimavano il diritto di proprietà della comunità edificata dagli uomini liberi. Il gesto sintomatico è il controllo sul granello di polvere nascosto negli anfratti della stanza. Movenza tipica delle ricche signore di un tempo che preannunciava una punizione esemplare per la servitù.
In tempi più politicizzati l’ondata di indignazione che avrebbe accompagnato la messa in onda di tale scempio avrebbe costretto la rete alla chiusura immediata della trasmissione, in quanto reazionaria. E all’esilio i suoi protagonisti. Altro che politically correct.
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