Marwan Barghuti

Stavo leggendo un articolo sulla situazione dei prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e inevitabilmente mi è venuto alla mente Marwan Barghuti.

Ho avuto il piacere di conoscerlo di persona (e di intervistarlo) nel dicembre del 2001, a Ramallah, in Cisgiordania. Barghuti era decisamente il più popolare e amato (per lo meno a mio ricordo) dirigente politico palestinese.

Dopo pochi mesi da quell’incontro, Barghuti, nell’aprile del 2002, fu arrestato dalle forze di sicurezza israeliane, accusato di diversi omicidi con finalità terroristiche e condannato a cinque ergastoli. Da allora è detenuto nelle carceri israeliane. Precedentemente alla sua ultima cattura, aveva già trascorso circa cinque o sei anni in galera a più riprese, essendo stato arrestato più volte e anche espulso dalla Palestina nel 1987 (gli fu permesso di rientrare in Cisgiordania solo nel 1994 in seguito agli accordi di Oslo).

Le accuse nei suoi confronti sono, ovviamente, del tutto pretestuose. Barghuti è un dirigente politico e non un terrorista. Se è un terrorista lo è nella stessa misura in cui lo erano Nelson Mandela o Giuseppe Mazzini…

Mi colpirono molto la sua umanità, cortesia, semplicità e disponibilità, oltre che il suo grande equilibrio e la sua lucidità politica. Ricordo ancora perfettamente alcune sue parole durante quell’intervista (che ho in un video), che pronunciò con quel sorriso che lo contraddistingueva:” We’ll be here for ever and I think that Israeli we’ll be here for ever too. So, we have to find the way to live together”.

Ricordo anche che quella sera stessa, era l’ultimo dell’anno, era stata organizzata una festa nella piazza centrale di Ramallah, dove lo stesso Barghuti intervenne per ribadire che era necessario porre fine all’occupazione della Palestina. E’ un uomo piccolino di statura, con un viso aperto e sorridente e lo sguardo vispo e intelligente. L’impressione che ebbi di lui non appena lo incontrai (e confermata dopo l’incontro e la lunga chiacchierata), fu quella di avere di fronte, come si suol dire, una gran “bella persona”. Sapere che un uomo di quella tempra e levatura, colpevole di combattere per degli ideali di libertà e giustizia, è sepolto vivo da diciotto anni in un carcere nel deserto, mi inquieta e mi incollerisce.

Non spendo altre parole per raccontare le sue vicende e la sua storia politica perché è sufficiente cliccare il suo nome su Google per sapere tutto su di lui.

E’ necessaria una grande mobilitazione internazionale per liberarlo e restituirlo al suo popolo e alla sua famiglia.

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