Storia della Formazione professionale pubblica romana da Luigi Petroselli a Virginia Raggi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Il 24 novembre 1981, con delibera 1423, il Comune di Roma della “Giunta Petroselli”, assumeva la gestione dei centri di formazione professionale precedentemente gestiti da enti privati in liquidazione perlopiù legati ad associazioni sindacali o comunque laiche, rilevandone in ogni caso sedi, attrezzature e personale. Nasce così il più grande Ente di Formazione Professionale su tutto il territorio provinciale romano. L’iniziativa del sindaco Petroselli, con le sue 14 strutture formative (CFP) passate al comune di Roma, ha decisamente rafforzato il fronte della Formazione Professionale Pubblica decretandone la schiacciante superiorità, sia in termini quantitativi che qualitativi delle attività formative, rispetto agli enti privati.
Ma ben presto “la politica” viene in soccorso del privato ed in particolare di quello cattolico.
Infatti nel 1992 la Regione Lazio facendo leva sulla necessità di colmare un vuoto normativo in merito alla gestione delle attività, del personale e dei diritti degli studenti, vara la LR23/92 in cui però viene contestualmente decretata la collocazione ad esaurimento dell’albo regionale degli
operatori e la delega delle competenze alle province.
Ciò si è tradotto per il settore pubblico, nel blocco delle assunzioni, mentre per quello privato, nello svincolo da ogni controllo regionale sul reclutamento dei propri docenti.
Per quanto riguarda il passaggio alle province si è dovuto attendere la fine del millennio per vederne il decreto attuativo. Infatti a seguito della LR 14/99 ogni provincia del Lazio, ha poi sceltoper la Formazione Professionale il proprio modello gestionale: Latina e Frosinone hanno costituitociascuna una propria SpA partecipata, Rieti ha (giustamente, trattandosi di scuola) preferito una gestione pubblica costituendo una Istituzione Formativa (art.114 comma 2 del DLgs 267/2000), mentre Viterbo non ha effettuato alcuna scelta continuando a gestire direttamente il settore.
Ciascuna provincia in concomitanza con tale passaggio ha acquisito attività e personale delle strutture formative private presenti sul rispettivo territorio.
Nella provincia di Roma invece, dove sono presenti e forti, numerosi enti religiosi, non si è proceduto ad alcuna analoga iniziativa tranne, come previsto dalla LR14/99, l’acquisizione delle attività e del personale degli ex Centri di Formazione regionali, continuando ad osservare un rigido blocco delle assunzioni anche a fronte delle evidenti necessità legate allo svolgimento dei propri corsi che andavano di conseguenza via via diminuendo di numero.
Il passaggio della Formazione Professionale Regionale alla gestione provinciale avvenne ad inizio millennio con la Giunta Provinciale di centro destra di Silvano Moffa il quale diede vita anche a Capitale Lavoro SpA, una società inizialmente partecipata al 60% dalla Provincia di Roma ed il restante 40% da Formez, in seguito totalmente provinciale. Tale società avrebbe avuto lo scopo di fornire supporto amministrativo alla Provincia a seguito delle nuove competenze trasferite con la LR14/99. Ma ben presto fa sorgere dubbi sulla sua reale funzione e sospetti di un uso clientelare.
Con la giunta provinciale di Zingaretti, questa SpA ha allargato il suo campo d’azione divenendo nei fatti il vertice aziendale della Formazione Professionale della Provincia di Roma ed oggi della Città metropolitana di Roma Capitale.
Il fronte aperto nella gestione privatistica da parte delle province di Frosinone e di Latina non ha tardato a contaminare anche la formazione professionale pubblica in carico ai Comuni sul territorio provinciale romano, desiderosi di avere a disposizione un mezzo, SpA o Srl, per amministrare con maggiore “disinvoltura” fondi, personale e attività formative, bypassando i criteri ed i controlli tipici della pubblica amministrazione. Nascono così Albafor SpA di Albano Laziale (poi fallita per eccesso di “disinvoltura gestionale”) e Tivoli Forma Srl, ovviamente di Tivoli (che, per gli stessi motivi, non se la passa proprio bene).
Si sono salvati invece, per la pronta reazione degli operatori del settore e la insufficiente complicitàsindacale, i comuni di Roma, Anzio, Fiumicino e Monterotondo rimasti ormai l’ultimo baluardo, ahimè “ad esaurimento”, del settore pubblico sul territorio romano.
Con la Legge 53/03 viene avviata a livello nazionale la sperimentazione dei corsi di formazione professionale triennali integrati nella scuola dell’obbligo, andata a sistema con i decreti attuativi negli anni successivi e con la legge n°296/06. Ciò poteva rappresentare per il settore la possibilità di uscire dal ghetto, di scrollarsi di dosso l’etichetta di scuola di serie B, di acquisire pari dignità con gli altri percorsi scolastici e di rivedere finalmente una riqualificazione e una centralità del
settore pubblico.
Ma niente di tutto questo si è poi verificato, anzi…
Dal 2003, ad esempio, le giunte di sinistra della Provincia e del Comune di Roma, i cui assessorati alla formazione professionale erano sistematicamente riservati alla cosiddetta sinistra radicale (PRC), recepivano un subdolo ordine di scuderia politico di non attivare, nelle proprie strutture formative, i percorsi triennali integrati con la scuola, lasciando anche su questo terreno, campo libero agli enti privati i quali, nel giro di tre anni incrementavano del 50% il numero dei propri corsi a scapito delle strutture pubbliche.
Paradossalmente al Comune di Roma con la giunta Alemanno vi è stata una inversione di tendenza con l’apertura verso corsi triennali di IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) che hanno fatto in parte recuperare il terreno perso sul piano delle attività formative ed hanno aperto la strada alle assunzioni, sebbene tra queste vi fossero parenti ed amici dell’assessore competente
Davide Bordoni di Forza Italia che, per non farsi mancare nulla, metteva anche in atto un tentativo di privatizzazione, fortunatamente fallito per la pronta reazione dei sindacati di Base.
Ma tornando a Zingaretti, presidente della Provincia di Roma dal 2008 al 2013 e della Regione Lazio dal 2013 a tempo indeterminato, per il suo impegno a sostegno del privato anche nel settore della Formazione Professionale, si è avvalso della collaborazione di Massimiliano Smeriglio (del PRC, poi SEL, poi PD…), suo fedele vice, sia in provincia che in regione, nonché perenne assessore alla formazione professionale per oltre 10 anni fino al 2019, passato poi al parlamento europeo.
Non è un mistero infatti che questo assessore, particolarmente devoto agli “ordini religiosi”, si sia fatto dettare direttamente dalla presidente di un ente cattolico, la legge sul “Sistema educativo regionale di istruzione e formazione professionale”, tant’è che negli ambienti di via della Pisana era comunemente nota come la “legge della suora”. Impietosi gli interventi in consiglio regionale degli esponenti della cosiddettasinistra radicale, nel sostenere questo fuori programma rispetto alla difesa della laicità dell’istruzione pubblica. Significativo inoltre anche il fatto di aver visto ufficialmente presentare ed inaugurare in pompa magna la suddetta legge, presso un istituto di suore salesiane, ovvero il  CIOFS di via Ginori a Roma.
Fortunatamente l’azione, del gruppo regionale del M5S, in particolare della portavoce Silvana Denicolò, nell’ambito di un serrato confronto in consiglio regionale, attraverso la presentazione di numerosi emendamenti, ne ha mitigato un po’ il testo finale. Nella risultante LR n 5/2015 era stato infatti miracolosamente salvato il ruolo dei Comuni che nella “legge della suora” era invece  completamente assente. Sta di fatto che nella sua applicazione viene tuttora ignorato e la formazione professionale comunale è trattata dalla Regione Lazio alla stessa stregua di quella degli enti privati convenzionati. Ma non mi risulta che Roma Capitale abbia poi fatto nulla per rivendicare una gestione diretta delle proprie attività formative.
Da allora sono passati più di 5 anni e nel frattempo il M5S ha conquistato la guida del  Campidoglio e della Città Metropolitana di Roma Capitale, istituzioni chiave nella tutela di ciò che rimane della Formazione Professionale pubblica, visto che gran parte di essa risiede nell’area
di Roma e provincia.
Ma il diabolico piano di soppressione del settore pubblico, non solo non sembra arrestarsi, ma addirittura pare subire una decisa accelerazione. Capitale Lavoro SpA, ormai accreditata dalla Città Metropolitana nella gestione del personale  docente dei propri Centri di Formazione, espande la sua azione anche sulle strutture formative dei
comuni di Roma e di Fiumicino, fornendo loro, come fosse una società interinale, i docenti  necessari, peraltro a prezzi proibitivi.
Purtroppo neppure la nuova leadership capitolina, capitanata da Virginia Raggi, ha mostrato fin dall’inizio di aver compreso a pieno l’importanza politica del settore e la gravità della situazione incui questo versava e versa. Vane sono state le continue segnalazioni e proposte del TdL Scuola di cui faccio parte. Ciò ha fatto nascere inquietanti interrogativi su quanto stava accadendo.
Pochi giorni dopo il fatidico 20 giugno 2016, usciva una sintesi del programma capitolino, in cui però era scomparsa la Formazione Professionale che era invece presente nel programma elettorale redatto in collaborazione con il TdL Scuola.
Passano altri giorni e la cosa diventava ancor più preoccupante quando tra le deleghe assegnate ai vari assessori mancava proprio quella della Formazione Professionale. Eravamo nel luglio 2016 ed il settore necessitava di una guida politica nonché di uno staff motivato e competente per definire le strategie ed affrontare tutte le procedure preliminari, particolarmente delicate per l’avvio dell’anno formativo 2016/17.
Malgrado i vari appelli, anche dei lavoratori dei CFP e delle relative OO.SS., tutto è proceduto sull’onda di una incosciente tranquillità e leggerezza mentre iniziavano le lezioni nella totale confusione, con neppure il 20% dei docenti necessari disponibili, con orari ridottissimi e una situazione di incertezza e provvisorietà che ha poi caratterizzato in modo drammatico l’intero anno formativo, protrattosi in pieno luglio 2017 per recuperare il tempo perduto. Quale effetto pensate abbia avuto su ragazzi a rischio di abbandono scolastico?
A dicembre 2016 è stata “finalmente” assegnata la delega all’assessore Adriano Meloni assieme a quella per il turismo, il commercio, la pubblicità, le attività produttive, insomma nulla a che vedere con scuola e politiche educative e sociali (la Formazione Professionale capitolina vanta  storicamente anche la presenza di attività formative specifiche, indirizzate a soggetti con disabilità).
Ma era evidente come le competenze dell’assessore Meloni, per sua stessa ammissione, erano ben altre ed a farne le veci, anche sul piano politico, è stata la capo dipartimento dott.ssa Maria Cristina Selloni.
Anche l’anno successivo, come se il precedente non avesse insegnato nulla, è iniziato con gli stessi disservizi. Anche stavolta gran parte dei docenti (ben oltre il 70% del totale) sono stati forniti da Capitale Lavoro SpA, costati a Roma Capitale 58 euro l’ora, praticamente il doppio di quanto sarebbero costati se li avesse assunti direttamente il Comune magari attraverso un proprio albo.
Questa serie di “circostanze” ha condotto il settore alla deriva, con consistente riduzione di corsi, riduzione di iscrizioni, centri nel caos, due di essi addirittura chiusi, uno misteriosamente dato alle fiamme, ecc… e inoltre notevole taglio delle ore di docenza/tutoraggio perfino ai disabili, distraendo i relativi fondi regionali verso altri ambiti. Insomma dei 14 CFP donati alla Capitale dal sindaco Luigi Petroselli ne sono rimasti si e no 7 con la prospettiva di diminuire ulteriormente.
Ma come mai i lavoratori stanno così tranquilli? Un tempo si sarebbero agitati se non altro per il fatto di avere un contratto di lavoro (CCNL) legato al comparto Formazione Professionale, quindi alla esistenza di attività formative. Ma da quando l’Amministrazione Capitolina ha promesso loro di procedere all’inquadramento nei ruoli comunali, questo legame tra sopravvivenza dei corsi e garanzia occupazionale è magicamente svanito e la chiusura dei CFP non è più vissuta proprio da tutti come un dramma, soprattutto tra coloro che non lavorando a contatto con gli allievi, non ne comprendono minimamente l’importanza.
Tutto sembra seguire un piano perfettamente preordinato!
Ma era davvero questo il programma del M5S?
Voglio ancora sperare in un finale diverso che non mortifichi i principi su cui il Movimento è nato!

Franco Casale
insegnante della Formazione Professionale Capitolina

Cristian Pardossi / 100 volte P.C.I. / 14 - [Arci - Giornalismo partecipato]

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