In memoria di Stefano Garroni

Nove anni fa, come ieri, il 13 aprile 2014, ci lasciava un autentico intellettuale rivoluzionario, il filosofo comunista Stefano Garroni. E’ stato, in ordine di tempo, il terzo e ultimo dei miei Maestri. Ricordo che ci eravamo sentiti telefonicamente, per l’ultima volta, circa un mese e mezzo prima. Dalla sua voce flebile si capiva che non stava bene. Era debilitato da una lunga malattia invalidante. Ma, ciò nonostante, stava dedicando le sue residue energie all’analisi della crisi di Crimea, tra Russia e Ucraina, che proprio alla fine di quel febbraio 2014 si era inasprita, dopo il Colpo di Stato di Euromaidan a Kiev. Stefano mi chiese se volessi aiutarlo a compilare un dossier dettagliato che sbugiardasse la Propaganda della NATO, lavoro politico-intellettuale che ora è, addirittura, più necessario di allora. Non ci fu il tempo, perché la sua salute peggiorò ulteriormente.

Era nato a Roma nel 1939. Dopo la laurea in Filosofia, rimase a studiare nell’Università come assistente del prof. Ugo Spirito, il quale va annoverato ancora oggi come uno dei maggiori studiosi italiani di Hegel. Ma, insieme agli studi filosofici, Stefano coltivava anche l’interesse per la politica e per il giornalismo. Iniziò a collaborare così, per un certo periodo, con Paese Sera, inventando nei primi anni Sessanta un modo nuovo di fare informazione critica: commentare di contropelo, sul predetto quotidiano che andava in stampa nel tardo pomeriggio, gli editoriali dei giornali mattutini. Così da farne emergere le contraddizioni.

Mi insegnò così il vaglio critico dell’Informazione. Essendo studente, mi assegnò il compito di leggere, due volte a settimana, le pagine economiche di 3 quotidiani diversi (Il Sole24Ore, La Repubblica e Il Corriere della Sera) e di confrontarle, notando le similitudini e le piccole differenze con cui ciascuno dei tre giornali riportava, ogni volta, una stessa e medesima notizia. Fu un apprendistato intellettuale con cui Stefano mi rese abile a comprendere la Propaganda, che usa largamente la censura preventiva e la manipolazione sistematica delle informazioni al fine di orientare l’opinione pubblica a guardare il mondo da un certo punto di vista già precostituito, ovvero a interpretare la realtà secondo un certo preconcetto. E questa è proprio l’azione che svolgono ogni giorno i media mainstream.

La moderna Teoria della Comunicazione e la Psicologia Sociale hanno codificato queste tecniche, insieme a quelle di persuasione, pur non avendole inventate. Infatti, come spiegava Stefano, si tratta di tecniche retoriche già elaborate nel mondo antico, che ritroviamo nei trattati di Aristotele e di Cicerone. E, tuttavia, tali tecniche della tradizione retorica antica sono in uso ancora oggi e risultano efficacissime per costruire un’ideologia dominante che, marxisticamente, va intesa come la falsa coscienza, plasmata sulla base di una serie di preconcetti indiscutibili e/o di credenze semplicistiche che, in quanto vengono continuamente ripetute dal bombardamento mediatico della Propaganda, finiscono per condizionare la mente, penetrando nel suo livello subconscio per la forza stessa del loro immediato impatto emozionale, pur senza possedere alcun requisito razionale di plausibilità e di verosimiglianza.

Su tali tematiche Stefano Garroni pubblicò tre monografie: Su Freud e la morale nel 1983, Sul perturbante nel 1984 e i Quaderni freudiani nel 1988. In tutte e tre affrontò anche la questione del rapporto tra Filosofia e Psicoanalisi, questione che tra il 1968 e il 1994 fu molto dibattuta a livello internazionale. Tornò poi a riflettervi nel corso dell’ultimo decennio della sua vita, fornendo alla ricerca rivoluzionaria quello che, a mio giudizio, è il suo contributo più originale: la ridefinizione dell’essenza dello Stato nella società capitalistica.

Ripensando in maniera più articolata le ben note tesi di Luis Althusser (che qui non è il caso di riassumere), Stefano Garroni ha mostrato i limiti della definizione del moderno Stato capitalistico come mera macchina di repressione, atta a intervenire con la violenza poliziesca in difesa degli interessi precostituiti della classe dominante, ogniqualvolta essi siano seriamente minacciati dalla lotta sociale delle classi. Per Garroni, oltre ad essere un comitato d’affari del grande capitale e una macchina repressiva, lo Stato è una macchina che svolge anche un’altra funzione fondamentale: quella ideologica. Per mezzo dei suoi apparati culturali e pedagogici, lo Stato capitalistico costruisce una ideologia socialmente accettata, necessaria per mantenere la pace sociale rispetto all’ordine costituito, ossia per convincere le masse, senza alcun intervento poliziesco, ad accettare le iniquità di classe esistenti e il ricorrente saccheggio della spesa pubblica da parte della classe capitalistica.

Questo è quanto accade, esattamente, ogni volta che la Propaganda governativa  occulta i veri scopi di un intervento militare o dell’aumento della spesa pubblica a favore della Difesa con il fumo ideologico dei “fini umanitari” o dell’azione richiesta dai “supremi interessi nazionali”. Si pensi, ad esempio, a come, su ordine della NATO, il governo di Mario Draghi ha condotto l’Italia a svolgere un ruolo bellico attivo, fornendo armi a un altro Stato belligerante (cosa vietata dall’art. 11 della Costituzione), per mezzo della parola d’ordine propagandistica di un “sacrificio necessario per costringere Putin alla pace“.

Tuttavia, gli interventi militari e gli scostamenti del denaro pubblico in Bilancio, che avvengono nelle manovre Finanziarie di fine anno (per comprare, ad esempio, nuovi elicotteri da guerra ecc.), rappresentano situazioni-limite o, meglio, occasioni straordinarie, nelle quali la funzione ideologica dello Stato diventa più chiara e visibile (purtroppo, non sempre da tutti). Di norma, questa funzione è sempre all’opera, tutti i giorni h24. E’ quella che sparge i veli mistici dell’ideologia che offuscano la visione delle cose reali. L’esempio più frequente che faceva Stefano è questo: quando le Borse calano, perché i grandi fondi finanziari (hedge funds) ritengono più conveniente vendere che comprare i titoli azionari, la Propaganda mistifica questa nuda realtà umana, fatta di avida speculazione e di ricerca del maggior profitto, dietro i velami di una logica magico-feticistica, affermando che i mercati finanziari “sono nervosi” o “hanno la febbre” o “fibrillano”. Tali espressioni si leggono sempre sui giornali o si ascoltano dalla Tv, quando i listini delle Borse scendono significativamente.  In questo modo si reifica reificando l’attività sociale umana, mentre si personifica magicamente una cosa come il mercato che, in sé, non possiede realmente nessuna personalità cosciente.

Questo è un altro esempio di come Stefano Garroni sapeva rendere vivo il marxismo, in questo caso la teoria del feticismo delle merci e del denaro, utilizzandolo come strumento idoneo per leggere l’attualità e comprendere il senso profondo di come va il mondo.

Infatti, oltre che uomo di rara coerenza morale, Stefano Garroni è stato uno dei maggiori hegelo-marxisti d’Europa e del mondo intero, che si colloca quindi nell’alveo della scoperta, rivelata dagli studi di Roman Rosdolsky e di Helmut Reichelt[1], del profondo legame diretto ed organico che lega il marxismo alla filosofia di Hegel. Di conseguenza, nel corso degli anni Sessanta, Garroni prese una posizione netta contro quella dogmatizzazione scolastica del marxismo che andava in voga sotto il nome di Diamat (o materialismo dialettico). Una vulgata scolastica che aveva sclerotizzato e reso dottrina morta il pensiero di Marx. Un “marxismo volgare” che, purtroppo, ancora persiste in certi ambienti, politicamente settari e filosoficamente arretrati, che pur si rifanno alla tradizione marxista. Un solo esempio tra tutti: il partitino bertinottiano di Marco Rizzo che, per mezzo del suo giovane ed acerbo responsabile alla formazione culturale, ripropone paccottiglie riprese da antiquati manuali sovietici di impronta scolasticizzante!

Invece, è proprio questa linea morta, volgare, dogmatica e sclerotizzata del marxismo che bisogna  abbandonare e definitivamente archiviare perché, come diceva Stefano Garroni (ad esempio, in “Marxismo e stagnazione”, Napoli, Laboratorio politico 1994), essa ha determinato non solo un colossale fraintendimento del pensiero di Marx (e, ovviamente, anche della filosofia di Hegel, che è costitutiva del marxismo), ma anche il suo impoverimento teoretico fino al punto da renderlo incapace di leggere adeguatamente la dialettica del presente o, meglio ancora, di comprendere la direttrice di movimento dello stato di cose esistente che, hegelianamente, è sempre storicamente e fisicamente in trasformazione. E, se è vero che questa è l’idea rivoluzionaria di fondo della filosofia di Hegel, come si può ancora contrapporre, stupidamente, Marx ad Hegel, dal momento che il primo non definì in altro modo il Comunismo se non come “il movimento reale che abolisce (ossia supera e trasforma), lo stato di cose esistente” ? Quanti kg di intelligenza bisogna avere per capire che con quel “movimento che abolisce” Marx intende significare l’Aufhebung hegeliano, cioè il movimento dialettico che supera e trasforma l’esistente, l’ordine socioeconomico dato? Anche un orbo, intellettualmente parlando, non può non cogliere questa presenza profonda della filosofia hegeliana nel marxismo.

E’stato proprio a causa della sua fossilizzazione nel Diamat, ripeteva Stefano Garroni, che il marxismo, a un certo punto, non è riuscito più a parlare del mondo in maniera eloquente: perché è stato scippato via e poi tenuto lontano dalla radice dialettica della filosofia hegeliana, che costituisce la sua genuina linfa vitale. Concetto fondamentale sul quale Stefano si è soffermato in opere quali Tracciati dialettici: note di politica e di cultura, Roma, Kappa 1994; Dialettica e differenza, Napoli, Città del Sole 1997; Dialettica e socialità, Roma, Bulzoni 2000; Ripensare Marx, Roma 2010.

Per rimediare a quest’immiserimento del marxismo, disceso quasi fino al grado zero, Stefano si dedicò nella seconda parte della sua vita a realizzare un lavoro politico-filosofico di grande importanza: curare la formazione di nuovi quadri dirigenti, all’insegna del marxismo autentico, in grado di ricostruire una rete internazionale anticapitalistica e antimperialistica; obiettivo politico che oggi è attualissimo e di sempre più stringente necessità.

Alla realizzazione di questo compito collegò la lotta contro le tematiche irrazionalistiche della cultura antiscientifica del Postmodernismo che, fuoriuscite da quel gran calderone che fu il Sessantotto, si sono infiltrate nel movimento internazionale della Sinistra: rinascita dello scetticismo; neo-stoicismo degli indifferenti apatici che conducono la vita nella noia esistenziale; epicureismo sodomitico; femminismo becero; fanatismo eco-apocalittico; diritti civili (fasulli); pensiero debole; revival feticistico di astrologia, magia, spiritualismo esoterico, veganesimo, ecc. Alcune definizioni, le più colorite, sono mie, perché sono sicuro che Stefano le approverebbe, dato che, nell’agosto 2013, l’ultima volta che ci siamo visti a Roma di persona, mi affidò parte dei suoi appunti, numerosi abbozzi di ricerche incompiute, affinché ne facessi buon uso.

Sotto questo punto di vista, mi piace concludere questo breve ritratto, non esaustivo, della figura intellettuale del mio Maestro, ricordando il giorno in cui, dopo la replica del Fusaro (https://youtu.be/FrR2Y11SYoo) alle critiche rivolte da Stefano al suo “Bentornato Marx”, nel corso della controreplica (https://youtu.be/FrlisEk7U88) Garroni lo qualificò come uno “squallido intellettuale”, ritenendo che, con mala fede, Fusaro avesse provato a snaturare Marx, piegandolo a una lettura politica di tipo nazionalistico. Stefano Garroni ritenne necessario mettere i puntini sulle “i”, lettera con cui inizia il termine Internazionalismo, che è connaturato al marxismo.

Giuseppe Casamassima

 

[1] L’influenza di Lukacs avvenne solo a scoppio ritardato, al pari di quella di Isaak Rubin i cui Saggi sulla teoria del valorefurono conosciuti a livello mondiale solo negli anni ’70.

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