Kurdistan, il “secondo Israele”

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Foto: Controinformazione (da Google)

 

Un milione di Siriani è rientrato in Siria (evidentemente non scappavano, come ci hanno detto Mediaset, Rai, Repubblica…da Assad). Ciò che ritrovano in patria è un ammasso di rovine. Ma ritornano in un Paese che ha saputo opporsi alla barbarie. Assad ha vinto ma gli anni futuri non saranno di pace.

Stati Uniti, Israele ed Arabia saudita in particolare, non molleranno la presa. Si tratta non di cambiare strategia che è sempre la stessa: destabilizzazione, gas e petrolio, istigazione alle lotte fratricidi, genocidio, ma di cambiare le forze antagoniste all’asse della Resistenza (Siria, Hezbollah, Iraq, Iran) nonché alla Federazione russa.

Stati Uniti ed Israele non sembrano avere dubbi. Lo stato islamico è stato sconfitto. Ora si tratta di salvare i suoi capi e gli “addestratori” europei, di tutelare i militanti rimasti impegnandoli in altre imprese (vedi Filippine e Myanmar) e di puntare su altri soggetti.
Il Kurdistan iracheno e i Curdi siriani sembrano i prescelti.
Il Kurdistan iracheno è stato già riconosciuto dallo stato sionista. Del resto i rapporti con il clan Barzani sono di lunga data, fin dagli scontri negli anni ’60/’70 contro le forze governative irachene. E negli anni più recenti, con lo stato islamico nella sua espansione, almeno tre quarti del petrolio rubato all’Iraq arrivavano nei depositi israeliani attraverso la Turchia che si impossessava del resto del malloppo.
Ma Israele pensa in grande, come del resto gli States. Il Kurdistan iracheno e possibilmente il Rojava potrebbero costituire la piattaforma per una continua aggressione di disturbo contro l’Iran e i suoi alleati. E’ in tale prospettiva che i Sionisti hanno già progettato l’invio di truppe dal proprio territorio come anche dall’Europa dove si preparano ad arruolare volontari per “difendere” ll Kurdistan.

Gli States non hanno riconosciuto la legalità del referendum. Sarebbe stata un’idiozia diplomatica che avrebbe irritato Turchia e Iraq, indispensabili alleati a geometria variabile. Puntano maggiormente sul Rojava dove hanno costruito basi militari che gli permetteranno di controllare il territorio qualora i Curdi si ribellassero all’egemonia yankee.
Trump e la sua giunta militare sanno che non possono porsi frontalmente contro la Russia, allo stato attuale egemone sul piano diplomatico nella Regione e perciò puntano non sulla nascita di uno stato curdo-siriano che magari si espanda fino al Mediterraneo, quanto piuttosto sulla creazione di una federazione all’interno dello stato siriano. Tra l’altro non possono contare su una possibile fusione con il Kurdistan dei clan Barzani e Talebani, dato che il PKK e il PYD giudicano criminale la politica dei due monarchi feudali.

Un’area federale con ampie autonomie potrebbe costituire un cuneo per destabilizzare nuovamente la Siria. La Russia si opporrà. Uguali diritti e autonomia amministrativa. Non di più e stato siriano unitario. Nel puzzle mediorentale la Siria potrebbe contare sul piano diplomatico sulla Turchia che in cambio potrebbe ottenere una sua presenza (che c’è già) nel territorio siriano.

Si possono fare altre ipotesi su un tale scenario. Ci limitiamo a farne due che in realtà sembrano certezze.

Innanzitutto. I Curdi sono finiti in un vicolo cieco, data la loro politica suicida. Accerchiati da Turchia, Iran, Iraq, Siria, per quanto possano essere aiutati da States ed Israele, il loro destino è quello di essere stritolati, a meno che non cambino strategia. L’alleanza con l’asse della Resistenza, alleanza certo difficile per la presenza di minoranze curde di peso oppresse in Iran, in Iraq, in Siria, avrebbe creato prospettive favorevoli nel lungo periodo. Un cambio di strategia comunque non è impossibile.

In secondo luogo, States ed Israele, costituite le loro piattaforme, alimenteranno il caos. Possono far rientrare i jihadisti ed impedire l’unità politica tra il mondo sciita e il mondo sunnita perché esplodano ulteriori conflitti fratricidi. Conflitti che potranno interessare direttamente il mondo curdo date le profonde divisioni che sono al suo interno.
Le variabili conflittuali sono molteplici ed è certo che il Medio Oriente non conoscerà pace, grazie agli States e ad Israele e alla complicità interessata dei Sauditi e dell’Unione Europea.

note

1) Di grande interesse Salman Rafi Sheikh ” Il Kurdistan è un piano israeliano per la regione” in “Aurora” e Nasser Kandil “Iraq: lo scopo del referendum voluto da Barzani ” in “Globalization” riportato su “aurora”

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