L’ipocrisia della censura

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Foto: Italiano Sveglia (da Google)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Gentile redazione,
vi seguo ormai da qualche mese, e leggo con interesse i vostri articoli. Vi scrivo per darvi un paio di commenti personali in merito alla questione censura e apologia del fascismo. Prima di tutto, premetto di ritenermi di sinistra (socialista stile vecchio PSIUP, per la precisione), ma tutto fuorché un antifa che vede fascismo pure nei fondi del caffè. Innanzitutto, quello che mi preoccupa è l’impostazione “distruttiva” che sta dietro determinate leggi, la stessa mentalità, per intenderci, che anima l’ISIS, i reazionari polacchi che radono al suolo i monumenti dell’Armata Rossa e i liberal americani che ultimamente stanno scatenando la loro furia iconoclasta contro le statue confederate. È una mentalità, a mio avviso, terribilmente puerile, e indicativa della deriva sentimentalista che sta prendendo la politica attuale. L’ idea secondo cui distruggendo i simboli e censurando i gesti spariscano anche i fascisti è di una pochezza sconcertante. Inoltre, trovo che la legge Fiano vada a colpire quasi esclusivamente il fascismo caricaturale di quelli che vanno a Predappio vestiti di tutto punto con fez e camicia nera, gli stessi che si riempiono di chincaglierie come accendini e calendari del Duce e augurano su Facebook “buonanotte kamerati”: in sintesi, personaggi politicamente irrilevanti. Ciò che rimane intoccabile, invece, sono le cause che spingono molti a criticare da destra lo stato di cose odierne. Come ben sappiamo, la sinistra attuale ha dimenticato completamente le classi medie e basse. Ritengo infine che il vero obiettivo di questi provvedimenti sia, in ultimo, il progressivo isolamento di soggetti politici ritenuti non conformi ai dogmi liberal-liberisti; temo che assisteremo ben presto all’introduzione del reato di apologia di comunismo, a leggi analoghe contro l’antisemitismo (categoria che comprenderà, ovviamente, anche e soprattutto l’antisionismo), per passare a tentativi di abolizione del diritto di voto per i “meno istruiti”.

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