I macellai di Pravy Sektor e i mercenari neofascisti italiani all’ombra dei servizi

pravy_sector_340La strage di Odessa avvenuta il 2 maggio scorso dopo l’assalto del Palazzo dei Sindacati da parte dei militanti neonazisti di Pravy Sektor è stata documentata da foto raccapriccianti e da filmati degni dei peggior film splatter di serie B: corpi dati alle fiamme, uomini e donne uccisi col cranio sfondato a bastonate, corpi macellati a mani nude, con similitudini che ricordano molto i pogrom antiebraici perpetrati dalle SS nell’ex Unione Sovietica durante l’Operazione Barbarossa, come la giovane donna strangolata col figlio in grembo. Questi episodi – documentati da filmati che circolano sul web – nonostante la stampa sia stata incerta sui motivi scatenanti della tragedia o sull’identità dei carnefici, hanno indignato l’opinione pubblica. Ad eccezione di pochissime pubblicazioni online o di giornalisti come Giulietto Chiesa, in prima linea nello smascheramento dell’offensiva unipolarista statunitense che avanza truccata da «crociata per i diritti civili», periodici come l’ex quotidiano del Pci l’Unità, ora vicino al Pd, sono arrivati ad incolpare le vittime, cioè gli attivisti anti-golpisti, schierandosi col governo filo-Ue e filo-Usa autoinsediatosi a Kiev, lo stesso che permette tali scempi.

La notizia che questa settimana, sempre dalla giovane Repubblica Popolare di Donetsk, ha acceso gli animi è stata la scoperta dell’esistenza di mercenari provenienti dal nostro Bel Paese e da vari paesi d’Europa, tutti di provata fede neofascista, che hanno partecipato alla mattanza descritta sopra, confermato da vari video. Lo “scoop” è del giornalista Franco Fracassi per il Popoff Globalist, che riprende le rivelazioni pubblicate da Alessandro Lattanzio sul suo sito di informazione geopolitica Aurora. Fracassi ha rivelato che vi sono «Volontari italiani [che] combattono in Ucraina inquadrati nelle file degli squadroni paramilitari di Pravy Sektor», e uno di questi, secondo il giornalista, sarebbe Francesco Saverio Fontana, alias François Xavier Fontaine, nome di battaglia “Stan”. Massiccio, con indosso una felpa di CasaPound Italia (CPI) – nonostante questi neghi categoricamente di esserne un militante – e la tuta mimetica e il l’avambraccio tatuato dalla scritta, che è tutto un programma, «Si vis pacem para bellum» (“Se vuoi la pace prepara la guerra”), Fontana ammette di esser stato coinvolto negli scontri del 2 maggio: «Sono ad Odessa da ieri dove ho recuperato Ivan di SNA su richiesta di Kiev quando ci sparavano. Adesso lo accompagno su richiesta Svaraslog», scrive il neofascista, anche se non si capisce distintamente se si riferisca agli scontri in piazza o allo scempio al Palazzo dei Sindacati. Una cosa è certa: Fontana è amico sia di Gabriele Adinolfi, intellettuale neofascista fondatore negli anni ’70 del gruppo nazional-rivoluzionario Terza posizione, rifugiatosi in Francia dopo il blitz del 28 agosto 1980 a seguito dell’accusa di coinvolgimento nella strage di Bologna del 2 agosto dello stesso anno e punto di riferimento per CasaPound, che di Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale ed ex braccio destro del principe golpista Junio Valerio Borghese, ex leader del Fronte nazionale e della X Mas. Secondo il sito Aurora, Fontana sarebbe protetto dal nostro servizio segreto estero (Aise).[1]

Fontana, però, descrivendosi non come un “mercenario” – termine che ricorda certi episodi avvenuti anni or sono in Iraq, con certi individui poi candidati a furor di popolo nelle liste di Alleanza nazionale in quanto capaci di mostrare ai jihadisti di Al-Qaeda «come muore un italiano» – ma come una figura romantica, cioè come un “volontario”, cerca di riabilitare la sua persona. Sulla sua pagina Facebook, Fontana descrive con queste parole il suo soggiorno ucraino, difendendosi da ogni accusa di sostegno alla causa atlantista:

Mercenario è chi percepisce una paga, io sostengo la rivoluzione nazionale in Ucraina, viaggio a mie spese anche se in verità mi danno molte zuppe e anche “salo” (lardo) a volontà. Almeno lì la rivoluzione la fanno invece di passare le giornate su internet a fare i commissari politici antifascisti credendosi per questo rivoluzionari. Non sono militate di Casa Pound, quindi vi prego di non chiamarla in causa se siete onesti. Quella maglietta ha molti anni ed era un regalo destinato ad un ucraino a Zaparozhya. L’ho indossata su richiesta del destinatario del regalo per esprimere la mia italianità in occasione di una bella e commuovente celebrazione religiosa precristiana in una foresta a sole 11 ore di bus da Odessa ove sono arrivato solo il 2. In quanto ad Adinolfi e Delle Chiaie non hanno bisogno che qualcuno parli al posto loro. Adinolfi poi mi sembra che abbia capito perfettamente coke stanno le cose e chi è contro chi; cosa che ai rivoluzionari da tastiera pare molto difficile. Mi sembra anche che tenga una posizione molto equilibrata e costruttiva. In quanto ai servizi è vero; li abbiamo incontrati spesso, contro le nostre organizzazioni degli anni settanta si sono mossi parecchio, ci hanno calunniato, hanno provato a costruire prove e che ci hanno sparato addosso. Sì, i servizi li conosciamo, noi; come conosciamo la guerra qui. Non deliriamo, questo lo lasciamo ad altri.[2]

Viene negata, quindi, la possibile filiazione di tali “volontari” coi servizi segreti esteri italiani, vicini alla giunta golpista di Kiev e agli Stati Uniti d’America. Tralasciando l’anziano Delle Chiaie, dagli anni ’70 al diretto servizio dei vari regimi militari di destra filoamericani presenti in Sud America, benché fosse un militante «nazionalrivoluzionario»,[3] Adinolfi è impegnato da mesi in una campagna a favore dei camerati ucraini, spiegando che lì è in corso una guerra fra due distinte Weltanschauung, differenti e antitetiche: una materialista – che sta coi filorussi e la Federazione Russa – e una spiritualista, “legionaria” e guerriera, che non racchiude senz’altro il governo di Kiev, ma i vari gruppi nazionalrivoluzionari ucraini:

per tutti coloro che su Pravy Sektor e sui nazionalisti ucraini sono perplessi o tendenzialmente ostili, esistono due possibilità nel muovere la loro critica: comportarsi o come i pussisti o come Evola. Nulla di più facile: seguite la vostra natura, perchè non è solo questione di cultura ma soprattutto di razza dello spirito. E quella è quella che è: non si riesce a simularla né a dissimularla, emerge nella sua essenza.[4]

Adinolfi si riferisce all’interventismo italiano fra il 1914 e il 1915 – gli interventisti che diverranno poi fascisti –, divisi fra quelli favorevoli all’ingresso dell’Italia con l’Intesa (Corridoni, D’Annunzio, Marinetti e lo stesso Mussolini) e Julius Evola, il filosofo della Tradizione e punto di riferimento per la destra radicale europea dal dopoguerra, favorevole all’appoggio degli Imperi centrali, visti come baluardi tradizionalisti contro l’incedere della modernità. Lo steso Evola, però, che in Gli uomini e le rovine (1953) – definito da Clemente Graziani, cofondatore di Ordine nuovo, il «Vangelo della gioventù nazionalrivoluzionaria», significativamente prefato da Junio Valerio Borghese, punto di riferimento di Delle Chiaie, nel momento in cui il principe rientra nel Msi –, sosteneva che di fronte all’incedere delle forze «sovversive» comuniste e con le forze dell’esercito e della polizia risultavano incapaci di difendere lo Stato, bisognava usare tutte le forze della “vera destra” in difesa della Nazione, che da un lato formi spiritualmente i quadri e dall’altro organizzi «forze addestrate e pronte all’intervento in caso di guerra al comunismo», compromettendosi anche con l’apparato atlantista e il «partito del golpe», come scrive l’ex ordinovista Vincenzo Vinciguerra, autore della strage di Peteano:

La «Bibbia» dei nazisti alla Rauti, Gli uomini e le rovine di Evola, nella quale si sostiene che bisogna difendere lo Stato, «anche uno Stato vuoto come questo», non fu altro che un’operazione strumentale che serviva a dare giustificazione al reingresso di molti ufficiali che avevano aderito alla Rsi e che, nel 1952, rientrarono nelle Forze Armate giurando fedeltà sul loro «onore» allo Stato repubblicano.[5]

Le posizioni di Gabriele Adinolfi e dei neofascisti italiani lì in Ucraina sono forse strumentali ad un’intesa fra neofascisti e l’atlantisti, retta dai seguenti denominatori, e cioè l’odio verso la Russia di Putin e, anche se appare alquanto anacronistico, l’anticomunismo? Secondo Alessandro Lattanzio, esperto di geopolitica sul sito Aurora, sì. Secondo questi la filiazione fra i vari gruppi neofascisti europei e l’intelligence occidentalista c’è, eccome. E sarebbe documentata. Lattanzio, dopo aver riportato l’avviso di mobilitazione lanciato dal Commissario del Movimento social-patriottico “Fronte Orientale” Nikolaj Solntzev – «Il popolo oggi fa quadrato. Mobilitiamo il popolo, oggi, per la resistenza popolare in ogni singola città, in modo che ogni cittadino del Donbass faccia muro per la propria libertà», i cui toni ci riportano indietro nel tempo, quando l’Urss mobilitò i suoi concittadini contro l’attacco dell’Asse, affiancate dai collaborazionisti ucraini, i 22.000 volontari della 14te Waffen Granadier Division der SS –,[6] descrive una situazione del tutto diversa da quella descrittaci da Fontana o Adinolfi. Se il primo, infatti, sostiene in un reportage apparso il 24 marzo sul sito di Gabriele Adinolfi, Noreporter, che «è stata dura far loro capire [a Pravy Sektor] che non solo non eravamo giornalisti e ancor meno quelli “normali” ma che siamo invece vecchi militanti NR [nazionalrivoluzionari]», le fonti riportate da Lattanzio, invece, sostengono che i neofascisti europei sono lì come «istruttori militari» al servizio del governo golpista di Turchinov, capace di sostituire la “colomba” Arsen Avakov, contrario ad un’offensiva ai danni della Repubblica Popolare di Donetsk, col “falco” Valentin Nalivajchencko, che guiderà invece l’assalto ai danni delle regioni russofone. Chi è costui?

Aleksandr Jakimenko, ex-capo del servizio di sicurezza dell’Ucraina, ha riferito che Nalivajchencko è un’agente della CIA da diversi anni, da quando era Console Generale dell’Ucraina a Washington tra il 2006 e il 2010. L’integralista evangelista Turchinov, la spia della CIA Nalivajchencko e il locale duce neo-nazista Dmitrij Jarosh [leader di Pravy Sektor. Ndr] si sono consultati prima di organizzare l’assalto a Donetsk, sull’organizzazione dei commando dei neo-nazisti, inquadrati da istruttori mercenari stranieri travestiti da ufficiali della SBU. Infatti il ministro degli Esteri russo ha detto che nell’operazione contro la città di Slavjansk partecipano elementi armati stranieri. Un aderente alle milizie di autodifesa dichiarava che le comunicazioni radio tra i militari ucraini avveniva anche in inglese, in “diverse occasioni”. Almeno 300 cittadini di Polonia e Stati baltici hanno avuto un passaporto ucraino per partecipare all’aggressione contro l’Ucraina russofona. “Il ‘ministro’ degli Interni Arsen Avakov e il capo dell’SBU Valentin Nalivajchencko, il 29 aprile hanno inviato istruzioni al servizio migrazione di consegnare urgentemente passaporti ucraini a 300 cittadini di Polonia e Paesi baltici. I cittadini di questi paesi agiscono da comandanti di campo e consiglieri delle unità paramilitari nel sud-est dell’Ucraina per combattere le milizie dell’autodifesa”. Sono presenti anche scandinavi, soprattutto mercenari e fascisti svedesi e danesi. Infatti, il mercenario nazi-atlantista John O. G. Christensen è stato catturato dalle forze patriottiche del Donbass.[7]

Le affermazioni del ministro degli Esteri russo sono confermate da un video, girato dal giornalista Marc Bernardini presso Slavjansk, che mostrerebbe addirittura un miliziano “ucraino”… che parlerebbe in italiano con un forte accento ciociaro! Secondo Ugo Maria Tassinari, giornalista e fra i massimi studiosi di “fascisteria” italiana – e a prova pubblica sul suo blog l’intero reportage redatto da Fontana – sostiene: «Per quel che mi risulta [Fontana] non è un mercenario ma un “volontario”, militante della destra radicale che da mesi fa la spola tra l’Ucraina e Torino».[8] Fontana, nel descrivere certi suoi camerati europei fa riferimento alla loro preparazione militare, evidenziando che magari lui è lì solo come «osservatore» per conto di Adinolfi e di Noreporter, ma che il ministro degli Esteri russo ha comunque ragione:

L’apripista di noi volontari non ucraini venuti a Kiev per dare – e non per chiedere o consigliare – è stato un francese, ora anche croato di passaporto ed adozione, Gaston Besson che seppur a soli 46 anni vanta di ben 5 guerre volontarie alle spalle, tra cui quella Karen e il risorgimento croato. […] Nella Maidan, tra le sue tende, da qualche giorno è sempre più difficile trovare quelle schiere di giovani che costituivano il nucleo forte delle Centurie di Auto Difesa, e dopo aver dismesso gli scudi tolti di forza ai poliziotti sono ormai partiti a centinaia per rinforzare i gruppi paramilitari di Pravy Sektor e dei Patrioti Ucraini dell’Est e del Sud Est. Ora si arruolano nella neo costituita Guardia Nazionale [responsabile dell’assedio di Slavjansk, composto per lo più da membri di Pravy Sektor e da altri gruppi neofascisti. Ndr], individuata come irripetibile occasione di armarsi da parte dei singoli, e così ricevere un addestramento militare e forgiare una truppa di soldati politici.[9]

Il «risorgimento croato»? A che si riferisce Francesco Saverio Fontana? All’infausta secessione della Croazia provocata dai finanziamenti miliardari del National Endowment for Democracy, dall’International Republican Institute e dall’Open Society Institute di George Soros, gli stessi centri del grande capitalismo nordamericano che hanno foraggiato i politici del il neogoverno di Kiev, i quali, facendo leva sul dinamismo economico delle regioni della Slovenia e della Croazia con l’appoggio del grande capitalismo tedesco (da poco riunificato), per potersi così sganciare dal “parassitismo” di Belgrado, cavalcando fattori sovrastrutturali come la razza, l’etnia e la religione, hanno provocato una guerra civile che ha insanguinato i Balcani nei primi anni ’90. All’epoca molti neofascisti europei si arruolarono nell’esercito della neonata Repubblica di Croazia, allora governata da Franjo Tudjman, il leader dell’ultranazionalista Hrvastska demokratska zajednica (Hdz, Unione democratica croata), forza politica ultracattolica che, con la scusa di una guerra in corso, instaurò un governo autocratico, formalmente pluralista e capace di riabilitare la memoria degli ustascia di Ante Pavelić, collaboratori delle forze dell’Asse responsabili del genocidio dei serbi e della minoranza ebraica. La Croazia di Tudjman divenne il crocevia di una rete europea di volontari neofascisti e neonazisti – italiani, tedeschi, francesi come il citato Gaston Besson, slavi, ecc. –, tutti arruolati nella “Legione Nera” del Partito croato del diritto (Hos) di Ante Djapić, erede diretto del partito di Pavelić. Anche all’epoca – come oggi con l’Ucraina – la “fascisteria” italiana ed europea si divise in due fazioni, una filo-croata «nazionalrivoluzionaria» – cioè più marcatamente vicina al modello dei fascismi storici – e una filo-serba, «socialista nazionale» a favore della Serbia di Milosevic, ortodosso, socialista e filorusso, e contrari all’indipendenza del Kosovo e della Bosnia-Erzegovina, dov’erano alleate le milizie jihadiste (rafforzate dalle milizie provenienti da tutto il mondo islamico, in nome della Jihad) e gli Usa… come se gli schieramenti che stanno combattendo in Siria si fossero “europeizzati”. Tornando ai “mercenari/volontari” neofascisti in Croazia, Federico Rucco, della Rete dei Comunisti, riporta un’interessante episodio avvenuto nel 2001:

La Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle stragi, a cavallo fra il 2000 e il 2001, chiese al Ministero degli Interni e al ROS dei Carabinieri l’acquisizione dei “Dossier balcanici” contenenti una ventina di nomi di neofascisti che avevano combattuto in Croazia e Bosnia durante la guerra civile che dilaniò la Jugoslavia negli anni ’90. In quelle settimane si stava indagando sull’attentato dinamitardo contro Il Manifesto che portò al ferimento e all’arresto dell’attentatore – il noto neofascista Andrea Insabato. Quest’ultimo, nel 1991 aveva promosso l’arruolamento in Italia di mercenari disposti ad andare a combattere per “la sorella Croazia che ora ha un nemico più grande. Si deve difendere dai serbi e dai comunisti”. Per la polizia c’erano almeno una trentina di neofascisti esperti di esplosivi e una ventina di loro aveva combattuto in Jugoslavia.[10]

Vi erano anche i francesi di Nouvelle résistance, movimento politico nazionalrivoluzionario animato nel 1991 dall’ex militante di Troisiéme voie Christian Bouchet (ora deputato del Front national di Marine Le Pen), che si ispirava, dal nome stesso, a Terza posizione di Adinolfi e Roberto Fiore, ora leader di Forza nuova, a cui era vicino Andrea Insabato, il quale, ci ricorda Tassinari, «Appena sbarca a Zagabria è bloccato dagli apparati di sicurezza […] e subito espulso come persona non gradita».[11] Questi gruppi mercenari vengono finanziati – secondo Giuseppe Scaliati e Guido Olimpio, giornalista del Corriere della Sera, citati da Federico Rucco – da una “Holding Nera”, un complesso finanziario messo in piedi dai fuoriusciti italiani di Terza posizione in Gran Bretagna, guidati da Roberto Fiore, poi leader di Forza nuova, e dall’ex terrorista dei Nar Massimo Morsello, che fonderanno poi Forza nuova. La più importante fonte di finanziamento è l’agenzia turistica Easy London e i circa 1.300 negozi della catena Meeting Point, tutti legati a Forza nuova, amici, proprio come Fiamma tricolore, dei nazionalisti ucraini di Svoboda.[12] Tra attività della “Holding Nera” vi è una catena di ristoranti, negozi alimentari di prodotti italiani, una casa discografica e scuole di lingua, come quella di Westminster Bridge Road dove, secondo la magistratura italiana, si tengono periodicamente congressi di organizzazioni fasciste di tutta Europa e il cui contratto d’affitto era intestato direttamente a nome di Morsello. Ma non solo:

Altre importantissime fonti di finanziamento – prosegue Giuseppe Scaliati – sono due organizzazioni ultra cattoliche che, fin dagli anni della latitanza hanno offerto protezione, ma soprattutto denaro, […] la St. George Educational Trust e la St. Michael Archangel Trust, vale a dire enti per la promozione degli insegnamenti della chiesa cattolica. Della prima Fiore è amministratore ed è direttamente collegata alla St. George League, un piccolo e ricchissimo gruppo nazista in contatto con personaggi e fondi delle ex SS; la seconda, alla pari della prima in quanto a ricchezza, prende il nome dall’Arcangelo Michele, santo patrono dei miliziani della Guardia di ferro del leader fascista rumeno Corneliu Codreanu.[13]

L’”Holding Nera” era alla base dei finanziamenti da Third Position International – un network neofascista nazionalrivoluzionario a cui era affiliato il British National Party e l’Npd tedesco –. Attraverso il “Gruppo dei Quaranta”, una rete che raccoglierebbe, come riporta un’inchiesta pubblicata da Guido Olimpio sul Corriere della Sera nel 1997, i resti di varie organizzazioni eversive dell’estrema destra, come il Movimento politico Ordine nuovo, i Nuclei armati rivoluzionari e Terza posizione,

Le [cui] tracce […] sono state individuate nella ex Jugoslavia, in Italia e ovviamente in Gran Bretagna. Usando come copertura ditte e società [quelle legate a Meeting Point, Easy London, ecc. Ndr] i neonazisti hanno arruolato lo scorso anno volontari da inquadrare nelle unità paramilitari della milizia croata HOS. Aiuti alla fazione sono stati inviati da Third Position International che ha patrocinato raccolte di denaro “in favore dei bambini croati”. […] E’ probabile che attraverso il centro di reclutamento i neofascisti sono riusciti a raccogliere miliziani dell’ultradestra europea disposti a dar manforte ai camerati croati.[14]

È possibile che tale rete, visto che le società legate alla “Holding Nera” sono tutt’oggi in auge, abbia permesso l’invio di volontari neofascisti europei ? Come mai Fontana, che si fa ritrarre con la felpa di CasaPound, nega categoricamente di essere legato a tale movimento, anch’esso erede, come Forza nuova, di Terza posizione? Vuole proteggere i camerati dall’onta mediatica o è effettivamente estraneo al movimento dei «fascisti del III millennio»? Perché i vertici di CasaPound, al posto di sconfessare Francesco Saverio Fontana, alias François Xavier Fontaine, nome di battaglia “Stan”, tacciono? Come mai, se scriviamo sul motore di ricerca Google le parole «Forza nuova Ucraina», i siti web che rimandano ad articoli inneggianti a movimenti come Svoboda appaiono ora oscurati? Una cosa è certa: in Ucraina ci sono i mercenari dell’agenzia privata americana Greystone Limited, come annunciato con “orgoglio” dal Servizio di Sicurezza del Paese (SBU), che prevede l’uso di tali mercenari in funzione di polizia politica e da Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, erede della “Blackwater USA”, una delle più importanti PMC (Private Military Company) del mondo. A questi – sbandierati dai quotidiani di mezzo mondo – si aggiungono i citati “volontari” europei collegati ai vari movimenti europei «nazionalrivoluzionari» neonazisti, capaci di affiancare nei combattimenti le milizie di Pravy Sektor.[15]

Se settimana scorsa questa rete appariva eccessivamente intricata e di difficile comprensione – Ma come? I neofascisti nazionalrivoluzionari non sono storicamente antiamericani e antisionisti? Perché allora affermano di ritenere «comunque l’attuale opposizione liberale come un male minore e la consideriamo come un alleato temporaneo», prestandosi ad esser sfruttati come bassa manovalanza dalle forze liberalcapitaliste? – ora, alla luce di questo salto indietro nel tempo, nella Croazia nei primi anni ’90, forse la matassa potrebbe iniziare a sbrigliarsi e la trama apparire più chiara: forse Pravy Sektor si presta consapevolmente a tali manovre, che faciliterebbero il passaggio dell’Ucraina, da una fase intermedia all’adesione all’Unione europea. Le proposte terzaposizioniste in ambito geopolitico ed economico di Pravy Sektor, come riportato dal reportage Fontana, consistono in: 1) no alla Nato; 2) sì solo ad un allargamento alla Ue dei prodotti ucraini ma non in quanto membro a parte intera; 3) continuazione e ripresa dello sviluppo dei rapporti tradizionali con la Russia; 4) costituzione di un’alleanza coi paesi baltici più affini in funzione di cuscinetto tra Russia ed UE in nome di un’equidistanza (“terza via”) ai due mondi. Non si mette in discussione, quindi, la legittimità e l’esistenza stessa dell’Unione europea, a cui vorrebbe invece aderire la giunta golpista. Non solo: i vertici di Svoboda –amici di Forza nuova – presenti in parlamento, si dichiarano apertamente disposti a negoziare l’ingresso nella Nato, chiedendo il sostegno agli Usa e all’Inghilterra per difendere l’Ucraina contro i russi e costituire un proprio arsenale nucleare rafforzando militarmente il Paese in chiave antirussa, concedendo addirittura spazi per costruire basi militari per la Nato, il tutto proprio come Pravy Sektor, rafforzando i legami economici con l’Ue.[16] Un po’ strana come “terza posizione”, non è vero? Come sarebbe possibile la «continuazione e [la] ripresa dello sviluppo dei rapporti tradizionali con la Russia» con un programma di questo tipo? La battaglia di queste componenti neofasciste, tutt’altro che “patriottica”, è invece funzionale all’avanzata del grande capitalismo occidentale, facilitando un’integrazione morbida – costruita sopra il sangue dei russofoni… ma le frittate, si sa, non si fanno senza rompere le uova! – nel sistema monetario dell’euro, che si regge sul liberoscambismo, e non su ipotetiche terze vie o terze posizioni neocorporative.

 


[1] F. Fracassi, Fontana, il mercenario italiano che combatte per Pravy Sektor, in Popoff Globalist, 7 maggio 2014.
[3] Su Delle Chiaie rimando al seguente libro: M. Caprara – G. Semprini, Destra estrema e criminale. Da Stefano Delle Chiaie a Paolo Signorelli, da Mario Tuti ai fratelli Fioravanti: storia, avvenimenti e protagonisti delle destra eversiva italiana, Roma, Newton Compton, 2007, pp. 19-37.   
[4] G. Adinolfi, dichiarazione riportata da F. Rucco, Fascisti italiani in Ucraina? Una storia lunga, in Contropiano.org, 7 maggio 2014.
[5] V. Vinciguerra, Ergastolo per la libertà. Verso la verità sulla strategia della tensione, Firenze, Arnaud, 1989, p. 199.
[6] Cfr. R. Lumsden, La vera storia delle SS, Roma, Newton Compton, 1997, p. 252.
[7] A. Lattanzio, Ucraina, il ritorno di Gladio, in Aurora, 3 maggio 2014.
[8] U. M. Tassinari, Mercenari in Ucraina, così a marzo Fontana raccontava Pravy Sektor ai lettori di Noreporter, in L’Alter-Ugo, 7 maggio 2014.
[9] Cit. in ibidem, pubblicato su Noreporter il 24 marzo 2014.
[10] F. Rucco, Fascisti italiani in Ucraina? Una storia lunga, cit., Atti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle stragi, seduta di martedì 9 gennaio 2001.
[11] U. M. Tassinari, Fascisteria. Storia, mitografia e personaggi della radicale in Italia, Sperling & Kupfer, 2008, p. 491.
[13] G. Scaliati, Le trame nere. I movimenti di destra in Italia dal dopoguerra a oggi, Genova, Frilli Editore, 2005.
[14] G. Olimpio, Corriere della Sera, 24 novembre 1997.
[15] Cfr. Genocidio in Novorossija e canto del cigno dello Stato ucraino, in Oriental Review, 6 maggio 2014, ora al sito web http://aurorasito.wordpress.com/tag/mercenari/, trad. di A. Lattanzio.

 

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